Categorie: Meccanica quantistica
Tags: meccanica quantistica oggettività Schrodinger soggettività
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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L’Universo e Dio: la domanda decisiva */***
Nell’articolo su Dio e Universo ci siamo spinti verso l’idea (del tutto personale e non certo accertata, ci mancherebbe…) che esso possa considerarsi come una singola entità, il Tutto, e che in tal modo potrebbe facilmente (?) appropriarsi delle prerogative divine. La sostituzione del Cosmo al Dio delle religioni non comporterebbe nessun drastico cambiamento nella visione generale di ciò che esiste. Abbiamo anche provato a vedere se la fisica classica o la meccanica quantistica possano in qualche modo avvicinarci o allontanarci da questa particolare interpretazione. Non è facile rispondere e ogni ipotesi può essere espressa abbastanza razionalmente sia in un certo modo sia esattamente nel suo contrario. Alla fine, tutto converge verso una sola e unica domanda: “L’Universo si basa sull’oggettività o sulla soggettività?” Se ci pensiamo bene, la risposta, se univoca, risolverebbe problemi ben più trascendenti (apparentemente) che normalmente si esprimono con domande più immediate: “Chi siamo, dove siamo, dove andiamo e –soprattutto- perché siamo?”
Ho scelto allora uno dei tanti paradossi della meccanica quantistica proprio per tentare di capire se è possibile dare una risposta a questa domanda così fondamentale. O -quantomeno - se è possibile comprenderla appieno. Se ci pensiamo bene, Universo soggettivo od oggettivo vuole praticamente dire se vale una regola deterministica o se vale invece una visione basata solo sulle reciproche interazioni. La prima “scelta” sembrerebbe implicare uno schema di azione preordinato, basato sul continuo legame tra causa ed effetto. Si andrebbe inesorabilmente verso il disegno divino. In altre parole, esistiamo perché così vuole il Creatore di Tutto. E’ la visione di Einstein e del Dio che “non può giocare a dadi”.
La meccanica quantistica sembra invece accettare una continua incertezza, che solo le interazioni tra le particelle e la nostra presa di coscienza possono decidere. Questa subdola conclusione non vuole però dire che noi siamo Dio, colui che decide, ma solo che viviamo ed esistiamo in un sistema vago e indistinto che si realizza, in un certo modo, istante per istante e a seconda delle interazioni che avvengono del tutto casualmente. Ho semplificato troppo la situazione? Sicuramente sì. Cerchiamo allora di approfondire la questione.
Come già detto, utilizzerò allo scopo uno dei più celebri paradossi della meccanica quantistica, il famoso gatto di Schrodinger. Prima di cominciare devo chiedere un paio di scuse. La prima a Red, dato che sto portandogli via un argomento che avrebbe, forse, trattato. Non pensò, però, sia molto importante per lui, dato che di paradossi equivalenti ve ne sono a iosa. Oltretutto, il “gatto” lo possiamo introdurre anche con le poche basi che ci siamo costruite fino ad adesso, tenendo presente il geniale esperimento della doppia fenditura di Feynman. Le seconde scuse le devo ai miei amati “gatti”. Pensare a un gatto mezzo vivo e mezzo morto mi mette un po’ in crisi. Ma, poterlo pensare come entità capace di cambiare l’Universo, mi ripaga abbondantemente.
La ragione più profonda dell’esperimento (teorico, fortunatamente per il gatto) è quello di estendere le conclusioni probabilistiche della meccanica quantistica anche al mondo macroscopico e quindi a tutti e a tutto. Se fosse così, daremmo una spinta decisiva alla visione soggettiva dell’Universo e all’inesistenza di un piano preordinato.
Richiamiamo velocemente il semplice, ma geniale, paradosso formulato da Edwin Schrodinger nel 1935.
Un bel gattone, in piena salute, è posto all’interno di una scatola di piombo (l’aria è sufficiente per tutta la durata dell’esperimento). Insieme a lui inseriamo un diabolico apparato costituito da un granello di una certa sostanza radioattiva, da un contatore geiger, da un martello e da un’ampolla contenente una dose di cianuro sufficiente a uccidere il nostro micio. Nell’intervallo di un’ora, sappiamo con certezza che un atomo della materia radioattiva potrebbe decadere. In particolare, siamo sicuri che le probabilità che ha di decadere o di non fare niente sono entrambe del 50%.
Se dovesse decadere il contatore geiger lo segnalerebbe e in qualche modo, più o meno raffinato, la sua lancetta che si muove libererebbe il martello che infrangerebbe l’ampolla col cianuro che si spargerebbe per tutta la scatola. Una catena di eventi, tutti strettamente collegati. che farebbero morire il gatto in un attimo. Questi eventi sarebbero però decisi solo e soltanto da un atomo, ossia da una particella soggetta alle “leggi” probabilistiche della meccanica quantistica. Su questo non abbiamo più dubbi dopo aver ammirato l’esperimento della doppia fenditura. Sappiamo benissimo che solo un atomo potrebbe decadere nell’intervallo di un’ora. Quanto basta per uccidere il gatto, ma con una probabilità del 50%.
Riassumendo, nell’arco di un’ora l’atomo avrebbe una probabilità del 50% di decadere oppure no, così come il celebre elettrone di Feynman aveva il 50% di probabilità di passare da una o dall’altra fenditura. Tuttavia, sappiamo ormai molto bene che se nessuno va a controllare il passaggio dell’elettrone questo formerà una figura d’interferenza, ossia si comporterà come un onda probabilistica, ossia la famosa funzione d’onda. L’atomo, all’interno della scatola, si comporta esattamente nello stesso modo. Esso è rinchiuso in una scatola completamente sigillata rispetto al mondo esterno e quindi DEVE comportarsi come una funzione d’onda, ossia “sdoppiarsi” in due possibilità esattamente uguali: decadere e non decadere. Il nucleo della sostanza radioattiva si trova, perciò, in due “stati”: nucleo decaduto e nucleo non-decaduto, e soltanto una misura può fare in modo che ne assuma uno solo.
La funzione d’onda dell’intero sistema atomo-contatore-martello-ampolla-gatto dipende dallo stato dell’atomo. In parole povere: “Il gatto è vivo o morto a seconda che l’atomo decada o non decada”. Come già detto, però, il decadimento di una sostanza radioattiva (l’emissione di una particella da parte di un nucleo atomico che si trasforma in un altro elemento) è un fenomeno regolato dai principi della meccanica quantistica. Fino a che non effettuiamo una misura, non possiamo sapere se il decadimento ha avuto luogo. Ne consegue che anche la vita del gatto, ossia di una struttura macroscopica, è costretta a seguire le regole probabilistiche della meccanica quantistica.
Schroedinger poteva tranquillamente concludere che fino a che non si apre la scatola il gatto è mezzo vivo e mezzo morto. L’apertura della scatola altro non è che una misura ed è questa a decidere le condizioni del gatto. In altre parole, anche il gatto può essere descritto da una funzione d’onda.
Ma se lo è un gatto, lo può essere qualsiasi cosa, anche noi. Forse non ce ne accorgiamo, ma è proprio così. La nostra mente cerca di nascondercelo e ci riesce molto bene. Lo vediamo negli altri, ma non in noi stessi. Tuttavia, il gatto di Schrodinger ci ha messo di fronte a una conclusione che dobbiamo accettare senza alcuna scusa. L’Universo si basa solo e soltanto sulla presa di coscienza di un certo fenomeno, ma questo può essere sia relativo alle particelle più piccole che ai corpi più grandi. Tutto l’Universo è in continua interazione e prende le proprie decisioni sulla base di casuali prese di coscienza.
Porca miseria! Avevamo faticato non poco a digerire il fatto che un elettrone o un fotone o cosucce del genere assomigliassero un po’ a delle onde e un po’ a delle particelle ed ecco che adesso ci vediamo quasi costretti a vedere tutto intorno a noi come funzione di onda.
Però, però, questo, in fondo, ci dà una visione dell’uomo veramente eccezionale! Siamo, infatti, noi a decidere da che fenditura passa l’elettrone e se il gattone può sopravvivere oppure morire avvelenato. In quest’ultimo caso, non c’è stato nemmeno bisogno che andassimo a guardare cosa stesse facendo un invisibile piccolo atomo dentro un pezzetto di materiale radioattivo, è bastato aprire una grande scatola e vedere un grosso gatto.
Domani, proveremo a fare lo stesso con una stella o con una galassia. Anzi, no, lo stiamo già facendo ogni volta che le osserviamo. Mamma mia, abbiamo il potere di dare la vita e la morte, di smuovere oggetti giganteschi, di creare stelle che finiranno come buchi neri e altre che non riusciranno mai a bruciare quel poco di idrogeno che posseggono. D’altra parte è ovvio. La stella è una funzione d’onda e solo se io la osservo posso decidere se è grande o piccola, se è viva o morta, se è calda o è fredda. Finché i nostri strumenti non ce l’hanno permesso esse vivevano come onde galleggianti senza identità. Un po’ alla volta, abbiamo cominciato a vederle, a misurarle e a trasformarle in ciò che volevamo. Altro che il paese assurdo di Alice e la sua arrogante regina. Noi siamo ben più potenti, anzi onnipotenti! Possiamo dire con non poca superbia che : “L’uomo è Dio, l’unico che prende decisioni e che comanda le regole dell’Universo”. Lo stesso Paradiso e Inferno sono solo due fenditure da cui possiamo passare e che possiamo decidere da soli.
Un attimo, un attimo, scendiamo da questo piedistallo troppo comodo e antropocentrico. Diciamo le cose in altro modo, anche se sempre in linea con la meccanica quantistica. Quando un oggetto o un essere vivente non interferisce con i nostri sensi (in altri termini, non viene misurato) possiamo dire di sapere qualcosa su di esso? Fino a quando non solleviamo il coperchio della scatola (il che equivale a effettuare una misura) ha senso chiederci se il gatto è vivo o morto?
Prima di vederci come Dio, fermiamoci a pensare a come mai le nostre concezioni “normali” non riflettono le cose che abbiamo appena descritto. Nessun problema, è solo un metodo usato dalla nostra mente per evitarci di sentirci veramente Dio, anche perché ci sarebbero tanti, troppi Dio, miliardi e miliardi di Dio. Cadremmo in una confusione che ancora non riusciamo a controllare. Così come non riusciamo ancora a realizzare la morte di un Dio. Abbiamo costruito un mondo apparente che ci fa vivere come esseri succubi degli eventi, mentre invece siamo noi che li comandiamo a piacere.
Insomma, la vita (fittizia) che ci circonda ci serve soltanto per far fronte a un ambiente che non abbiamo ancora compreso completamente. Una specie di messa in scena per dare tempo alla mente di prenderne coscienza a mano a mano che si evolve. Sì, sì, bellissima visione antropocentrica. Un Dio che cerca di non sentirsi tale perché non ancora in grado di gestire tutto ciò che può e deve controllare, creare e gestire.
Torniamo con i piedi per terra. Il paradosso ci ha portato troppo lontano. Questa visione è un castello di carta, troppo comoda e piena di buchi che fanno acqua da tutte le parti. Per uscire dal paradosso dobbiamo solo ripensare la nostra visione del mondo e accettarla come realtà e non come rappresentazione completamente soggettiva di “comodo” per non farci sentire veramente Dio. Molto probabilmente non lo siamo per niente e quindi cerchiamo di vedere ciò che ci circonda come realmente diverso da quello che sembra. In questa nuova ottica, che è poi quella della scuola di Copenhagen, il paradosso del gatto può essere risolto soltanto attraverso un cambiamento del modo di pensare. Ci basterebbe dire: “Non siamo assolutamente interessati al gatto quando è dentro alla scatola. O -meglio- non possiamo sapere niente di lui. Non è giusto chiederci se è vivo o morto. Lo sapremo solo quando apriremo la scatola. La funziona d’onda può esistere o no all’interno della scatola, ma non ci crea nessun problema esistenziale. La realtà che capiamo inizia non appena si alza il coperchio”. Insomma, la meccanica quantistica può benissimo coesistere con il mondo che conosciamo e che ci circonda. Non è un nostro artificio, ma la realtà macroscopica. Le nostre decisioni non possono fare veramente tutto ciò che vogliono. Possono solo prendere atto che le particelle hanno una doppia natura e che la loro osservazione le porta a una decisione, che, probabilmente avevano già dentro di loro, come avevamo detto nell’articolo precedente. Una via di mezzo, in un certo modo, tra l’uomo Dio, l’uomo che si crede Dio, e l’uomo che capisce che il sentirsi Dio è una situazione già prevista dalle particelle prima che lui esistesse. Soggettività ed oggettività che vanno a braccetto?
Va bene, va bene… ma cosa succede realmente all’interno della scatola. Il gatto è vivo o è morto? Continuiamo a pensare a noi, sempre a noi, e non a quel povero gattone in pericolo di vita. Che egoisti! Decide solo l’atomo che decade? Bene, allora vuol dire che prima che l’atomo abbia preso la decisione il gatto è sicuramente vivo e tale rimane fino alla fine se il contatore geiger sta fermo. Nel momento in cui, invece, il martello colpisce l’ampolla (se lo fa) il gatto sicuramente muore. Tutto si decide dentro la scatola, altro che onde e gatti mezzi vivi e mezzi morti.
Quando apriamo la scatola, non facciamo altro che verificare un qualcosa che è già successo e non ci dà nessuna capacità divina. Avete visto, però, che per ottenere questo risultato, che sembra più logico anche se comunque legato all’ambiguità della decisione dell’atomo, ho dovuto parlare di contatore geiger, di martello, di ampolla, e -soprattutto- di gatto. Ognuno di questi oggetti sempre più macroscopici è costretto a verificare direttamente quello che succede all’atomo. Ognuno di essi è allora in grado di misurare la situazione e prendere una decisione. Quando apriamo la scatola, accettiamo un dato di fatto che è stato sicuramente deciso dal gatto o dal martello o dal contatore geiger o da quello che volete o da tutti assieme in modo più o meno gerarchico.
Dove si ferma la catena quantistica? Dobbiamo accettare che qualsiasi oggetto macroscopico sia in grado di decidere o dobbiamo pensare che qualsiasi oggetto macroscopico abbia il comportamento di una funzione d’onda? Entrambe le soluzioni sono critiche rispetto ai fondamenti della meccanica quantistica, a meno di non pensare che il sistema gatto+macchinario+atomo non sia realmente isolato, ma abbia una qualche interazione con l’esterno, ossia informi della sua decisione il mondo che sta fuori dalla scatola, che essendo macroscopico, non mostra più le caratteristiche delle particelle elementari. Insomma, si può dire tutto e il contrario di tutto.
Si potrebbe anche pensare a una funzione d’onda universale (nel vero senso del termine). In questo contesto (prospettato da vari scienziati “seri”) il gatto non è assolutamente un paradosso, ma solo uno dei due possibili stati dell’Universo. Noi stessi se vediamo il gatto vivo apparteniamo a uno stato dell’Universo, mentre se lo vediamo morto apparteniamo all’altro. Universi separati e poi nuovamente intrecciati e via dicendo. O -se volete- Universi che si creano momento per momento.
Ci siamo messi a volare e abbiamo perso di vista lo scopo iniziale di questa lunga farneticazione?
No, non è vero. Cosa abbiamo imparato o, quantomeno, cosa abbiamo macinato tra logica e illogica nel nostro cervello? Molte soluzioni al problema del gatto (mai un gatto si sarà sentito così importante e decisivo e -forse- anche decisionale), ma quasi tutte legate a interazioni soggettive, che siano nostre, di un gatto o anche solo di un elettrone o di un protone o di una particella che decide di spostarsi da un atomo.
Altro che il battito di una farfalla e il relativo caos. Qui basta che un atomo decada, rilasciando una particella infinitesima, così piccola che la farfalla ne ha milioni e milioni sulla sua sottile e aggraziata ala, ed ecco che un fantastico capolavoro della Natura come il gatto può vivere o morire. Due situazioni diametralmente opposte. Ben di più di quello che avviene da noi a seguito di ciò succede in Himalaya dove vive la farfalla. In quel caso ci accontentavamo di una giornata di Sole o di pioggia. Adesso, invece, passiamo dalla vita alla morte, da una fenditura all’altra. Se il caos è già di per se molto critico nei confronti del determinismo, facendo scricchiolare l’oggettività, il gatto nella scatola ci porta proprio verso un Universo del tutto soggettivo.
Esso, l’Universo, decide tramite le interazioni tra le sue varie parti, indipendentemente dalle loro dimensioni. E’ un continuo passa-parola tra oggetto e oggetto, dalle particelle più piccole agli astri più immensi. E, in ogni istante, tutto può cambiare anche solo se un fotone o un elettrone ha deciso di spostarsi, di sgranchirsi le gambe (o quello che ha, magari la rotazione o la capacità di passare attraverso un muro o una qualsiasi delle sue caratteristiche).
Non ci resta che concludere che l’Universo è soggettivo, non perché ci siamo noi, ma perché esiste. Noi siamo uno dei tanti osservatori che decidono una piccola parte della sua esistenza, facciamo parte di un esercito immenso che prende coscienza, che elabora, che agisce e cambia tutto. Ci aspetteremmo un caos terribile. E invece tutto è ordine, precisione, talmente perfetta che siamo anche riusciti a creare delle leggi fisiche oggettive che sembrano perfino funzionare.
A questo punto, se cerco di immedesimarmi in questo caos super ordinato, di cui sono uno degli infiniti artefici, non riesco che a dire che tutto, il Tutto, è pura soggettività, a qualsiasi livello. Il “perché” perde di significato, dato che cade qualsiasi disegno preordinato. Tutto è Dio, e Dio è il Tutto, ancora una volta.
Si vive alla giornata, ragazzi! Scusate… devo lasciarvi, ho voglia di crearmi per una frazione di secondo (ma che cos’è poi il tempo?) un Universo pieno di colori e con una forma a tronco di piramide. Un attimo e poi rimetto tutto a posto!
Fatto! Peccato che sia durato così poco. Domani ci riprovo…
Tuttavia, mentre ero in quell’Universo tutto mio, ho pensato a cosa c’era all’inizio di tutto. Mi sembrava di avere una risposta facilissima. Un brodo di pseudo-particelle che si scambiavano informazioni e che hanno un po’ alla volta creato altre particelle e nuovi tipi di scambio di informazioni. Perfetto. Niente di diverso da quello che succede oggi. Se ho dei mattoncini a mia disposizione posso costruire un muro semplice, semplice, ma anche una grattacielo con mille soluzioni architettoniche. Chiamiamola se volete evoluzione della soggettività. O -se preferite- entropia. Quello che è strano è che l’entropia va proprio in verso opposto. Invece di tendere al più complicato sembra tendere al disordine, ossia tornare al punto d’inizio. Una stranezza in un mondo che vive di soggettività. L’Universo ha fatto tanta fatica per costruire sistemi complessi per poi distruggerli lentamente. Beh… in fondo i bambini fanno così, costruiscono i castelli di sabbia solo per poterli rompere in pochi attimi. Un Universo bambino? Beh… perché no!
Tuttavia, un dubbio mi resta ancora in testa. Quel brodo primordiale, in cui brulicavano onde che si trasformavano in particelle, da quanto tempo esisteva? E soprattutto, perché esisteva? Potrei cavarmela in fretta. Queste domande non hanno alcun senso, dato che il tempo non esisteva e non vi era un prima. Torniamo a farci aiutare dalla matematica: era un punto, senza dimensioni e senza tempo, uno ZERO (ma anche un infinito). Insomma, una singolarità e le singolarità esistono, fino a che non nasce un tempo e uno spazio. In fondo, in fondo, non hanno bisogno di nessun perché …
Forza, divertitevi e picchiate duro!!!
30 commenti
caro enzo,
ma è il buco nero a nascere prima o la galassia che lo ospita?
@tutti compreso enzo
riguardo i commenti recenti al lato nel menu del sito non è il caso che al posto della data cliccabile ci sia il titolo dell'articolo?
ops scusami enzo pensavo di essere nell'articolo del buco nero
Potrei proporre un controesperimento! Magari mettiamo due osservatori(rigorosamente isolati e impossibilitati a comunicare tra loro), gli chiediamo, prima di aprire la scatola, se il gatto é vivo o morto....e gli chiediamo il "perché" della loro decisione. Poi apriamo la scatola e verifichiamo..
Che senso avrebbe un esperimento del genere? In apparenza nessuno, entrambi dovrebbero affidarsi al caso per decidere......La cosa mi fa riflettere.
Cosa é fondamentale per "decidere"? Beh, per come la vedo io, le "informazioni".
Io penso sia tutto basato su questo : lo scambio di informazioni.
Proprio da questo pensiero sono nate le mie interpretazioni personali sulla questione.
Forse il paradosso nasce perché lo abbiamo creato noi stessi rendendo l'interno della scatola un sistema "chiuso", qualcosa in un qualche modo "escluso" dall'Universo, anche se materialmente ne fa comunque parte.
Forse tutto nasce dal fatto che noi possiamo in un qualche modo "scegliere" le informazioni di cui vogliamo prendere coscienza (o forse siamo semplicemente vittima di un limite fisico).....ma, per quel poco che ne so io, c'é sempre qualcuno o qualcosa che riceve le informazioni che noi ignoriamo......Forse é per quello che il caos é ordinato
Ammesso che singolarità non ha tempo , potrebbe perciò essere compresa anche in ogni tempo,( perchè no ?) in ogni momento del tempo , presente, passato , futuro . Se il nostro universo convivesse in ogni istante con la singolarità ovvero il brodo primordiale , entità che non è possibile osservare e quindi modificare , e se questa entità contenesse le basi costruttive dell'evoluzione costituite dalle informazioni , dal tempo ,dalle particelle , le funzioni d'onda , le costanti , tutto ciò che serve a far stare insieme l'universo ed ad imprimere un verso evolutivo poi lasciando al caos il divenire , sosterremmo la tesi di Dio creatore ed anche i pricipi della MQ , ovvero un compromesso storico . Abbiate pazienza .....
Anch'io desidero emergere "ad usum delphini" e segnalare il mio interesse per le lezioni di Enzo (che ho già avuto modo di conoscere via mail) da molto tempo.
Quest'ultimo suo intervento lo trovo particolarmente interessante ed ammirevole, quasi una provocazione rispetto all'appiattimento culturale che si trova su gran parte dei media.
Per quanto riguarda le "domande ultime", credo sia il caso di menzionare anche la ricerca di un senso di fronte al male, cioè: Perchè il male?
Dio, oggi come sempre, è conforto all'angoscia dell'umanità, la sua risposta è quanto di meglio si possa trovare.
Bravo Enzo, continua così e grazie!
caro peppe,
ti rispondo qui, anche se poi è meglio spostare la discussione...
Beh... non è ancora chiaro o-quantomeno- sono valide entrambe le possibilità. Una galassia può essere nata accumulando materia attorno a un buco nero primordiale (nato dal Big Bang) oppure esso può essersi formato dall'unione delle prime stelle trasformate al centro della galassia. O, perchè no, da entrambe le cose: un seme che si è ingrandito. Insomma, non si sa ancora molto sull'uovo e la gallina...
caro Andrea,
il problema del tuo esperimento è che non vi sarebbe nessuna osservazione del gatto e quindi la MQ può solo mantenerlo nel suo stato ambiguo. Questo tipo di informazione a distanza sembra valida solo per particelle "coerenti". In altre parole, non potremmo comunque capire se il gatto è esso stesso un'onda di probabilità o sia già un oggetto che ha preso la sua decisione. Forse le informazioni dell'Universo ordinato avvengono solo tra oggetti che si liberano dai sistemi chiusi in cui potrebbero essere rinchiusi. Però, hai ragione anche tu a dire che non esistono mai sistemi veramente chiusi. In fondo è poi la spiegazione migliore che si dà oggi al paradosso. Mah... tante parole, ma alla fine dobbiamo accettare di non sapere ancora niente...
caro Claudio,
tu stai sollevando l'unica e vera differenza che c'è tra scienziato non credente e credente (in Dio):
al primo è sufficiente che esita l'Universo, al secondo è necessario un Creatore dell'Universo. Tutto il resto è perfettamente condiviso da entrambi. Il problema è che il secondo ha comunque bisogno di un atto di fede, perchè le prove mancano. Anzi, se ci fossero, cadrebbe nelle condizioni del primo e anche un Dio spiegabile sarebbe parte dell'Universo. Non credo però che quest'ultimo dubbio o scelta o come vogliamo chiamarlo sia veramente importante per un vero studioso del Cosmo. L'importante è che la visione "religiosa" non interferisca e/o non stravolga la ricerca sperimentale. Cosa che purtroppo è avvenuta per secoli e secoli... La visione artificiosa di Dio data dall'uomo, le sue leggi e le sue supposte regole hanno bloccato e rallentato la presa di coscienza umana. E continua ancora oggi... basterebbe, invece, accettare la scintilla iniziale, o non accettarla, senza per questo interagire sulla comprensione dello svolgimento successivo.
caro Alberto,
benvenuto!
Sai, io penso che il bene e il male siano una creazione dell'uomo, della sua mente e della libertà di agire. Nell'Universo intero non vi è traccia di bene e di male. Le cose esistono o non esistono (a volte nemmeno così semplicemente). Il male è una serie di azioni dell'uomo che portano a un bene personale a scapito di quello degli altri. Il senso di colpa o il desiderio di punire chi ha sbagliato ha fatto nascere l'esigenza di un giudice, sia severo che compassionevole (a seconda della religione). Secondo me, la religione è stata creata dall'uomo proprio a causa delle sue variazioni di comportamento verso chi lo circonda. Un artefatto del suo pensiero. Non tutte le particelle contribuiscono allo stesso modo all'esistenza dell'Universo. Forse anche per loro esiste un male o un bene, forse se lo sono creato anche loro. Noi tuttavia non lo percepiamo. Forse questo vuol proprio dire che non esiste realmente, ma che è solo creazione personale, SOGGETTIVA. Un'anima separata dal corpo è forse necessaria per quantificare meglio questa contraddizione che è frutto solo della mente.
Devo ammettere che non ho parlato di bene e di male, proprio perchè sono convinto che non sia un qualcosa di appartenente all'Universo, ma solo una nostra illusione che ci aiuta (ma a volte ci distrugge) a trascorrere il tempo...( ).
Se penso al valore del bene e del male attraverso i secoli mi accorgo che non sono lontano dalla verità. Pensa all'inquisizione religiosa (dov'era il bene e il male? Non erano forse spesso invertiti?), alle guerre, alle stragi che hanno sempre un buono o un cattivo, ma che cambia continuamente la sua posizione: ciò che oggi è bene, domani diventa male.
Potrei forse accettare una "regola morale", nel senso di una condotta più utile per una migliore funzionalità dell'Universo. Se un uomo fa male ad un altro, in qualche modo crea un vortice inutile nello scorrere dell'Universo. Il Cosmo tende a costruire e non a distruggere. Quando lo fa è in realtà solo una trasformazione. Noi a questi comportamenti un po' strani diamo il nome di bene o di male... Chissà... O magari il bene nell'Universo è il raggiungimento della massima entropia. Tutto ciò che cerca di opporsi è il male. Ma sono nostre parole e non parole dell'Universo... Abbiamo perfino costruito i principi della termodinamica per dare aun bene e a un male un senso scientifico. E poi, invece, lo creaiamo per noi e non riusciamo a spiegarlo.
Fammi fare un esempio del tutto provocatorio. L'Universo nasce dalla massima entropia, dal caos assoluto. Questa nascita è un po' come la creazione dell'uomo fatta da Dio. Lo scopo era buono, ma il risultato non è stato all'altezza delle aspettative. Bisogna tornare allo stato primordiale, al brodo del Big Bang (a Dio, al bene assoluto), alla massima entropia e poi magari riprovare un'altra volta. Solo che gli sbagli si commettono in un attimo. Aggiustare un vaso rotto in mille pezzi abbisogna, invece, di un tempo lunghissimo (come diventare perfetto come Dio). Insomma, la religione è in fondo una similitudine inconscia dell'intero Universo, una artificiosa copia che sia più comprensibile a tutti.
Va beh... non esageriamo, se no ci prendono per matti e ci chiudono il blog!!!!
ma allora è proprio il caso di dirlo:
....la curiosità uccide il gatto!!!!
eh.. non so se l' uomo riuscirà mai a dare una risposta a certe domande.. già il fatto che le cerchi è una cosa molto particolare per me, il fatto di essere una parte di un qualcosa che si fa delle domande su se stesso!!
Per quanto mi riguarda la meccanica quantistica oltre a farmi capire qualcosina sul mondo subatomico mi ha fatto capire che il nostro senso comune ci rema contro ed il confine tra razionale e assurrdo è molto sfocato..
Una mia opinione personale su questo argomento non ce l ho ancora..comunque grazie per i preziosissimi spunti di riflessione!!!
comunque mi piacerebbe che ci fossero ulteriori discussioni su questi temi, veramente molto interessanti!
La domanda finale... mi ricorda un titolo di un racconto di Asimov.
E' davvero necessaria una Divinità per la creazione dell'Universo?
La supposta Divinità ha una morale da noi condivisibile?
Noi dovremmo essere al corrente delle motivazioni della Creazione?
Poi si andrebbe a cadere in un campo minato estremamente pericoloso: la nostra "funzione d'onda" comprende anche un'anima?
Esiste una vita eterna? anche se presumiamo che lo stesso Universo ha avuto un'inizio ed avrà un'evoluzione finale.
Il Cosmo è un Teatro, cerco di godermi la rappresentazione, almeno fin che posso...
A mio avviso caro enzo siccome non sappiamo nulla ne di dio o presunto tale ne tanto meno del nostro universo che ogni giorno ci svela qualche cosa che va oltre ogni logica e ci fa riscrivere leggi e visioni di esso che avevamo date per certo come ad esempio l'esistenza reale e non solo matematica dei buchi neri,la cosiddetta materia oscura ecc.
Bhè in entrambi i casi che esista o non esista dio vi e una domanda che non ha risposta e cioè: se esiste dio lui chi la creato? se invece e tutta opera del multiverso anche con triliardi di possibilità per descrivere leggi energetiche biologiche ecc adattatosi a fare l'uomo ma da dove e uscito anche egli?
Possiamo dire che sia il multiverso le sue leggi o dio stesso devono provenire da qualcosa o qualcuno e siamo allo stesso punto di partenza.
Da non credente io opto per il multiverso da dove abbia avuto origine? sinceramente non mi importa poiché oggi esisto domani non lo so e preferisco solo sperare che una o più specie umane si spera migliori di noi possano vivere in pace il poco tempo 120 anni max dati dalla natura,tutto il resto non conta nulla!
Ciao a tutti!
veramente complesso l'articolo, i 3 asterischi li merita proprio! VEdiamo se questa sera, alla terza lettura, riesco a fare il punto della situazione!
A costo di cadere nel qualunquismo, io le domande del perché, percome, quando, dove e se non me le pongo.
Parafrasando il titolo di questo blog e il libro di Enzo, per me l'Universo e l'esistenza stessa sono un Teatro e noi siamo al tempo stesso spettatori e attori.
Non credo in un dio nel senso che gli danno le religioni, e se dio è il Cosmo allora non è dio, ma il Cosmo stesso.
Non so se mi sono capita...
Vorrei proporvi una riflessione e una domanda che mi girano in testa da un po' di tempo
A me pare, riflettendo sulle cose che imparo pian piano, di poter affermare che ogni cosa ha un suo ruolo "attivo" nel Cosmo.
Ci sono messaggeri, ricevitori, coltivatori, pastori....piú o meno tutti i ruoli che riescono a venirmi in mente, se ci rifletto un poco!
Forse prima di cercare di capire il quadro generale e il motivo che lo ha generato (sempre se ce n'é uno!) dovremmo capire il "ruolo" che ricopre la vita.......A che serve?
Magari risolvendo questo enigma riusciremmo a "capire" anche tutto il resto. Che dite, il ragionamento fila?
caro andrea. se non c'è nessuno ad osservare l'infinito teatro del cosmo che gusto c'è?
Non ti sembra troppo comodo peppe? Tutti si danno da fare e contribuiscono e noi(inteso come parte della vita) siamo gli unici fortunati che devono solo "guardare"?
beh siamo il pubblico e vediamo lo spettacolo gratis
quello che mi fa riflettere e che noi siamo cosi perchè l'universo è basato su precise leggi fisiche con determinati parametri. io ho sempre fantasticato quando guardo il cielo stellato cosa sarebbe accaduto se questi parametri fossero stati diversi o solo leggermente diversi
caro Andrea,
bellissimo il tuo commento sui pastori, contadini, messaggeri, ecc., ecc. E ottima anche la risposta (anche se un po' antropocentrica e superba...). Tanto per provocare ancora un po rispondo alla tua domanda: "Forse prima di cercare di capire il quadro generale e il motivo che lo ha generato (sempre che ce ne sia uno!) dovremmo capire il “ruolo” che ricopre la vita…….A che serve?" con un altra domanda: "A che servono veramente le stelle, le comete, le galassie?" Per noi hanno un certo ruolo...ma ne siamo sicuri? O è solo uno dei tanti risvolti soggettivi e interpretativi delle infinite facce dell'Universo?. Pensa un po' se una stella ci guardasse e pensasse:"Tutto ciò che vedo ha una sua ragione di essere, ma io a cosa servo?". E' sempre difficile capire il ruolo di noi stessi e forse vale per tutte le creature dell'Universo.
So di non avere risposto..ma
No, in effetti non hai risposto Enzo, ma mi hai suggerito un'altra riflessione
Non sapevo dove postarlo, un libro che forse vie a "taglio" come si dice dalle mie parti...
http://oggiscienza.wordpress.com/2013/10/30/libri-fisica-quantistica-per-poeti/
opps!! viene a "taglio"... rileggere prima di postare!!
La mela che Sempronio mangiava il 16 luglio 1329, esiste tuttora, non meno di quando era attaccata ai rami dell’albero e prima ancora che l’albero esistesse ne’ col 16 luglio la sua funzione venne a cessare, poiche’ nel tutto che si accumula ogni cosa rimane operante, Dio e i suoi pensieri essendo la medesima cosa e non potendo un aspetto separato di questa cosa modificare la natura della cosa stessa. Dio e’ eterno e inconsumabile, onnipotente e multiforme e noi, parte di Dio, siamo la stessa cosa che Dio. -------------
È un periodo che cerco di capire questo personaggio inquietante per vedere dove finisce la sua eccezionalità e dove comincia il suo essere uomo che si porta comunque dietro la sua cultura secolare.
Ciao Gianni Bolzonella
Scusa mi sono dimenticato di scrivere che il personaggio si chiamava Gustavo Rol. Probabilmente lo conosci anche tu,era di Torino. Ciao
Il opezzo finisce.."In fondo, in fondo, non hanno bisogno di nessun perché …"
Mah, solo se un essere pensante decide di NON pensare.
A differenza di tutti i viventi che conosciamo, un essere umano è quello che chiede"perchè?",
lo stesso motivo che ha portato alla stesura dell'articolo. A questo punto però, sulla singolarità
iniziale, dovremmo decidere di spegnere l'interruttore e smettere di essere umani.
Ma perche??? :-)
Solo perchè un specifico gruppo di uomini dovrebbe solo occuparsi del "come?" e non del "perchè"?
e non vuole andare oltre per forma mentis?
Questi , rispettabilissimi, ci porteranno in giro per il cosmo, ma si fermeranno sempre davanti all'ultimo
"perchè?", in quanto troppo grosso per loro.
Comunque bell'artricolo
caro Aldo,
il problema è che io riesco a pensare, a volte, che i grandi "come" e i grandi "perché" siano domande a cui solo il microcosmo possa dare una risposta (la vera intelligenza...?). D'altra parte sono loro che decidono se il gatto deve morire oppure no. Una singolarità è un qualcosa che la nostra scienza non riesce a capire e forse mai riuscirà. L'unica possibilità è legare razionalmente la MQ con la RG. Ancora una volta il perché sarebbe in mano del microcosmo. O, ancora meglio, tutto sarebbe ovvio se e solo se si capisse il vero passaggio da micro a macro e se esistesse un'unica legge valida per tutto. Torno all'inizio... solo quelle onde particelle possono e potranno rispondere? Noi siamo troppo grandi e rozzi per capire la vera intelligenza dell'Universo. Sai, spesso mi sembra di vedere fotoni ed elettroni che ridono di noi con un po' di compassione...
Secondo me, l'unica cosa che ha senso, è chiedersi quali fossero le condizioni iniziali (iniziali ... quando ?!); quali leggi operassero in quel momento ... e poi viene tutto di conseguenza.
Non ricordo bene dove, ma ho letto che, cambiando alcune condizioni iniziali, poteva venir fuori un universo fatto di blocchi di metalli pesanti, di plasma etc... è venuto fuori quello fatto di H, He e Li e leggi che hanno dato poi origine a quelloche vediamo oggi.
E' la visione più semplice e lineare possibile.
A me basta questo. Affettivamente no, e allora... Dio.
Però se anche questo è soggetto alle leggi dell'evoluzione darwiniana, mi devo chiedere (si fa per dire: se lo sono chiesti, in realtà, antropologi culturali) perché si è affermato questo credere in Dio diffuso in tutte le popolazioni della Terra. E' stato utile, indispensabile, sembrerebbe, per poter far nascere la cooperazione in grandi gruppi e, in fondo, le società umane.
C'era bisogno (suggerisce quello studio) di qualcosa che ci spingesse ad aggregarci di più, a cooperare molto di più: la sola "selezione per consanguinei" non poteva spingerci a tanto. Allora ecco l'idea di Dio, soprattutto di un Dio che punisce i trasgressori della sua legge
Questo, però, non ha nulla a che vedere né con l'universo, né con Dio se veramente esiste. Cioè, l'idea che abbiamo di dio, potrebbe non avere nessuna relazione con la sua esistenza e con la sua "natura"... Forse, messo così, funziona tutto: la descrizione scientifica dell'universo e il sentire Dio.
Certe volte mi chiedo se sarà trovato il gene di Dio, il gene (o i geni) che ci spingono al bisogno di sentire Dio. Il gene che sarebbe responsabile del comportamento adattativo che, tramite l'idea di un dio punitivo, ci ha spinto ad assumere forme sociali che ci hanno permesso di sopravvivere ed avere successo quando tutto era più forte di noi, quando noi, in mezzo a bestie feroci molto più potenti di noi, potevamo contare solo sull'amigdala e ... sul gruppo. Mi "spoetizza", ma razionalmente mi sembra che funzioni di più. Affettivamente però, "esprimo" (biologicamente parlando) il gene di Dio.
Personalmente, quando penso ai grandi "come" e ai grandi "perché", la questione che piu mi affascina é quella legata al "movimento" in tutte le sue interpretazioni e manifestazioni.
Per quel poco che penso di aver capito, mi pare che il movimento sia il vero grande unificatore per tutto cio che esiste.
Se vediamo il concetto "dio" come volontá o intenzione che ha dato inizio al tutto, allora penso che sia proprio con il primo movimento verificatosi che ci avviciniamo al suddetto concetto.