Categorie: Meccanica quantistica
Tags: fotoni laser molecola fotonica
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:11
Luce pesante ***
Non vi è stato bisogno di osservare stelle o galassie vicine o lontane per rendersi conto che la luce non ha ancora svelato tutti i suoi segreti. Ricercatori del MIT e di Harvard hanno effettuato un esperimento che ha quasi dell’incredibile e sembra aprire una porta segreta su una nuova forma della materia. In poche parole, gli scienziati sono riusciti a costringere i fotoni a unirsi insieme per formare qualcosa di molto simile a una molecola. Un risultato non del tutto imprevisto a livello teorico, ma che ben difficilmente si pensava di verificare praticamente.
Prima di entrare nei dettagli (cercando di essere oltremodo semplici, anche se non sarà del tutto banale), facciamo il punto della situazione. I fotoni sono stati a lungo descritti come particelle prive di massa che non possono interagire tra di loro. Provate a fare incontrare due fasci laser e vedrete che essi si attraversano indisturbati. Fasci laser che interagiscono “materialmente” esistono solo nella fantascienza e chi ama questo genere di film si ricorderà sicuramente le spade di luce dei cavalieri Jedi della saga di Guerre Stellari. Il risultato ottenuto dallo sforzo congiunto di Harvard e del MIT sembra essere molto vicino a quest’ultima situazione.
Agendo in modo speciale sui fotoni, questi ultimi hanno “costruito” vere e proprie molecole in grado di interagire fortemente tra loro. E non si parla di una strana analogia derivata da una matematica sofisticata o da discorsi probabilistici: i nuovi fotoni si spingono e si deviano realmente, proprio come nei famosi film.
Tuttavia, per ottenere questo straordinario risultato, i ricercatori hanno usato condizioni al contorno estremamente particolari e non si sono certo basati sulla celebre “forza” degli Jedi. Hanno inserito in una camera, in cui è stato fatto il vuoto, un fascio di atomi di rubidio (metallo alcalino con numero atomico 37) raffreddati fino a pochi gradi sopra lo zero assoluto. Questa nube atomica è servita a rallentare drasticamente dei fotoni inviati tramite un laser. Il singolo fotone si trascina in mezzo alla nuvola, cede gran parte della sua energia agli atomi che incontra ed esce mantenendo comunque la sua identità. Succede qualcosa di molto simile alla rifrazione dentro a un bicchiere pieno d’acqua. Il fotone regala parte della sua energia agli atomi che lo circondano, ma alla fine esce nuovamente come luce. La differenza tra l’esperimento di Harvard/MIT e la semplice rifrazione sta solo nelle condizioni estreme, ottenute imponendo un macroscopico rallentamento dei fotoni .
Quando i ricercatori hanno sparato due fotoni all’interno del rubidio, hanno visto, con non poca sorpresa, che essi uscivano come “corpo” singolo, equivalente a una vera e propria molecola. Cos’era successo? Non è certo facile rispondere esattamente e forse nessuno ne è veramente capace (io per primo, ovviamente). Andrebbe richiamato l’effetto Rydberg, che stabilisce che se un atomo viene eccitato, gli atomi vicini non possono esserlo nello stesso modo. La faccenda è piuttosto complicata e vi prego di prenderla, per adesso almeno, come un dato di fatto. Tradotto nel nostro esperimento, ciò vuol dire che i due fotoni si spingono e si attirano attraverso la loro interazione con la nube atomica, mentre l’energia si propaga da un atomo all’altro secondo regole non banali. In parole molto più semplici, possiamo dire che i fotoni interagiscono tra loro indirettamente, attraverso l’interazione che avviene tra gli atomi da loro eccitati. Questo comportamento simula perfettamente ciò che capita in una molecola atomica: quando i due fotoni escono lo fanno come se fossero legati assieme.
Non meravigliamoci se il tutto sembra assurdo. Ormai ci siamo abituati a un comportamento completamente illogico delle particelle-non particelle subatomiche. Non facciamo altro che aggiungere assurdità ad assurdità. Tuttavia, ancora una volta, benché il comportamento si possa spiegare (o -meglio- descrivere) solo come un qualcosa di puramente teorico, il risultato è, invece, applicabile a casi pratici. Che si voglia o no, i fotoni trasportano con loro un informazione quantica, che potrebbe teoricamente essere sfruttata dalla nano tecnologia più raffinata. Il problema era che i fotoni non potevano interagire tra loro. Potendo, invece, contare su interazioni effettive, si apre uno scenario fantastico che coinvolge sicuramente i computer quantici
Non siamo ancora al livello di messa in opera, ma questo esperimento spalanca una porta verso la gestione dell’informazione quantica trasportata dalla luce. Si pensa addirittura di usare la nuova “assurda” molecola “materiale”, formata da oggetti che non sono fatti di “materia", per costruire strutture tridimensionali complesse. Non chiedetemi come, vi prego! Siamo veramente nella fantascienza più scientifica o -se preferite- nella scienza più fantascientifica. Come accennavo prima, basta dire che le spade degli Jedi diventano un’ovvia applicazione pratica.
L’unica cosa che possiamo confermare, quasi con certezza, è che è stato scoperto un nuovo stato della materia, di cui le molecole fotoniche sono un esempio tangibile e riproducibile.
Ragazzi, mi gira la testa... Sembra che l’uomo continui a scoprire fenomeni assurdi, che riesce a utilizzare per i propri scopi, senza, però, capire cosa stia veramente facendo. La parola “assurdo” sembra più legata a una differenza tra applicazione e comprensione. Un “vuoto” o un “salto” che il cervello, prima o poi, dovrà fare.
L’articolo originale si può trovare QUI. Tuttavia, può essere scaricato solo a pagamento e la sua lettura non è certo cosa facile.
11 commenti
Avevo letto qualcosa a riguardo tempo fa, la cosa è molto intrigante.
Come al solito la mente parte a speculare per arrivare chissá dove, ma vi risparmieró le mie balzane considerazioni in attesa dei nuovi sviluppi della cosa (che sicuramente non mancheranno)
Grazie per l'articolo Enzo.
Caro Enzo, allora questi signori fotoni possono, diciamo, "costruire" qualcosa? Si può arrivare agli ologrammi che possono interagire? Essere toccati ? Un po' alla Star Trek...mamma, altro che giramento di testa.
Grazie Enzo, sempre instancabile.
Notizia intrigante non c'è che dire... Avevo già sentito parlare di rallentamento dei fotoni mediante rubidio. Credevo fosse una panzana scientifica o una cattiva interpretazione di assorbimento e riemissione da parte di elettroni. invece è come un buco nero fatto in casa. Ma per rallentare fin quasi a fermarsi, è come si l'indice di rifrazione tendesse ad infinito? Non ci capisco più niente.. sob sob!!
Chi vuole azzardarsi a leggere l'articolo originale, lo può scaricare gratis QUI.
Questa nuova scoperta potrebbe fare un po' di luce (è proprio il caso di dirlo!) all'esperimento della doppia fenditura? O no? Sto cercando di riprodurlo a casa, e una cosa banale, sono quasi riuscito a vedere il pattern di interferenza, non proprio nitido ma appena accennato, ma ho usato un led come fonte che probabilmente non è proprio monocromatico come richiesto l'esperimento, userò un laser quando ne avrò uno a disposizione. Come fa il rivelatore far cambiare comportamento ai fotoni? Prima si disse che il rivelatore interagisce col fotone e lo devia, cosa inverosimile (come hai premesso tu all'inizio del tuo articolo), quindi a ulteriore conferma di ciò il rivelatore si mise a valle delle fenditure per escludere una qualsiasi forma di interazione prima del passaggio e successe la stessa cosa da onda a particella. Ora si scopre che i fotoni a particolari condizioni interagiscono fra loro, ma il rivelatore di fotoni che si usa nell'esperimento della doppia fenditura emette fotoni? E comunque non siamo nelle condizioni descritte da questo articolo.
caro Marco, ricordati che la prova fondamentale della doppia fenditura è che, comunque, le particelle entrano una alla volta e quindi NON possono avere interazioni. In realtà, nell'esperimento dell'articolo non è proprio che i fotoni si uniscano, ma è come se lo facessero attraverso le interazioni che hanno con gli atomi. Sono loro, in fondo che tengono uniti i fotoni e simulano una forma di materia innovativa. Insomma, è un discorso terribilmente più complesso della doppia fenditura che caratterizza soltanto la proprietà base delle particelle. I fotoni interagiscono tra loro, attraverso gli effetti che inducono sugli atomi circostanti.
Quello che poi dici tu (se guardo qualcosa la disturbo... ) era una vecchia idea che è stata esclusa dagli esperimenti successivi.
non ci ho capito molto,comunque già dal tuo titolo un pò provocatore, le particelle non
si uniscono ok ,ma interagiscono tra loro diciamo "concentrandosi"? mettiamo di riuscire
a farlo in scala maggiore come la metterremmo con la massa? continuerebbe ad essere nulla?
caro davide,
più che concentrarsi essi riescono a interagire per indiretta persona (gli atomi che li frenano e che vengono eccitati). Alla fine abbiamo un "qualcosa" che permette ai fotoni di interagire fisicamente, una strana materia che è guidata da loro. Tuttavia, la massa dei fotoni resta nulla. Pensa solo agli effetti e non alla consistenza. Due spade con queste caratteristiche non possono attraversarsi impunemente ma sono costrette a interagire. Comunque, non è facile entrare veramente nel meccanismo e nel suo reale significato pratico...
Wow...non avevo mai sentito parlare di tutto ciò...siamo davvero al limite della fantascienza...
Salve ad Enzo ed alla ciurma.
Come prima cosa, anche se in ritardo, auguroni di cuore a tutti gli amici.
Ho nuovamente internet, dopo molti giorni.
Ma in pratica questi fotoni diverrebbero fotoni con massa?.che stranezza..:)
Enzo questa materia nuova è durata per pò di tempo?
Poi non ho capito quando nel tu post dici che l'effetto osservatore è un idea superata.
Potresti spiegarmi o rimandarmi ad unarticolo?
Grazie come sempre.
Un saluto.
Andrea.
caro andrea,
bentornato e tanti auguri anche a te!
dunque, non è che il fotone acquisti massa, ma acquista la possibilità di interagire con altri fotoni attraverso gli atomi da lui eccitai. Le interazioni tra nubi di fotoni fanno sì che l'insieme si comporti come una nuova forma di materia, nella quale le interazioni tra fotoni sono "concrete". Il tutto dura finché durano le condizioni di partenza, ma -penso- che gli effetti di questa configurazione possano essere sfruttati anche in condizioni normali (su questa parte, però, vado un po' a occhio e non considerarla una verità...).
Quella frase voleva dire che, una volta, si pensava che guardare una particella modificasse le sue caratteristiche per il fatto di avere perturbato con la luce il suo stato. Anche se un qualcosa del genere può sempre essere vero, la MQ ci dice che non è il "disturbo" a cambiare le caratteristiche, ma il fatto stesso di "sapere" in che stato è. In altre parole, una volta si cercava di spiegare certe manifestazione della MQ attraverso interazioni pratiche e logiche. Oggi sappiamo che certe trasformazioni avvengono solo perché si ha la certezza di una configurazione e non agendo con un qualche disturbo. Insomma, lana caprina, ma concettualmente importante...