Categorie: Sistemi extrasolari
Tags: asteroidi disco protoplanetario Hubble
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:4
I dischi tornano di moda *
Cinque dischi proto planetari hanno fatto la loro comparsa riguardando l’archivio Mikulski di Hubble. Trovare dischi di questo genere vuol dire leggere l’infanzia dei sistemi planetari e in mezzo a loro si annidano quasi sicuramente gli embrioni di pianeti che stanno completando la propria costruzione. Iniziano a formarsi lacune dove i planetesimi si aggregano e in mezzo alla polvere sorgono i primi edifici. In poche parole, qualsiasi asimmetria può indicare un pulcino che sta uscendo dall’uovo e che fa pulizia di ciò che trova intorno a lui. Un segno che indica la presenza di un processo vitale irreversibile.
Si torna indietro nel tempo, quando gli scontri erano la norma, e piccoli ammassi di polvere si costruivano e si distruggevano creando nuova polvere e nuovi detriti. Un po’ quello che sta capitando ancora oggi tra gli asteroidi.(dove, però non si può costruire più niente). Ma mentre la fascia tra Marte e Giove è solo un residuo dei tempi antichi, i dischi di Hubble sono, invece, l’inizio di una favola straordinaria.
Non è facile vedere la polvere, ma essa ha un segreto per farsi notare da lontano: diffonde la luce della stella che protegge il suo nido e sapienti occhi infrarossi la sanno cogliere perfettamente. Beh… non proprio perfettamente. Bisogna avere gli strumenti giusti per analizzare le immagini. Quelle di Hubble, comunque, restano, in attesa che la tecnologia sia in grado di leggerle a fondo.
E così è successo per cinque giovani stelle che hanno mostrato la propria maternità dopo molti anni di attesa. Ciò che era passato inosservato e impresso nei dati raccolti dal 1996 al 2006 è oggi apparso in tutto il suo splendore. Proprio in quei dischi si potrebbero vedere i semi dei futuri pianeti o magari i primi fiori o la creazione di un’altra Luna. Ci vuole ancora tempo, altri miglioramenti, ma Hubble sa aspettare. E poi, ci sarà tra breve il suo figlio prediletto: il Webb Telescope.
Chi ha reso possibile questo piccolo miracolo è stato il NICMOS (Hubble Near Infrared Camera and Multi-Object Spectometer). Non aveva, però, puntato a caso, ma seguendo indicazioni dategli da altri telescopi spaziali infrarossi. Solo tracce, nessun segno preciso. Ma NICMOS era troppo avanti per i suoi tempi e sembrava non avere scoperto niente. I dischi non c’erano. Oggi, finalmente, sappiamo che non era vero. Ci sono, e come ci sono! Bastava saper leggere con i giusti occhiali, che solo una tecnologia avanzata ha saputo costruire…
Questa ri-analisi ha portato il numero di dischi proto planetari, scoperti finora, da 18 a 23: cinque nuove gemme preziose. Una stella (HD 141943), in particolare, commuove addirittura: è una giovanissima sorella del nostro Sole. Forse, in mezzo a quella polvere e a quei sassi che si urtano, si distruggono e si aggregano sta nascendo una nuova Terra. Che miracolo l’Universo! Inoltre, il disco che si vede non è simmetrico, ma sembra essere scolpito da qualcosa di sicuramente enorme rispetto alla polvere che scappa e che viene continuamente rifornita da nuovi impatti. Un ostacolo invisibile che mangia e si sviluppa, svuotando le zone limitrofe. I bambini devono crescere!
Basta aspettare, però, e Webb saprà anche vedere questi giovani pianeti. Magari anche prima, guardando ancora meglio i dischi, mai obsoleti, dell’insuperabile Hubble.
4 commenti
Immagini incredibili!!
Come guardare vecchie foto dell'album di famiglia! Persino quel tocco di viraggio seppia!!
Anche noi da piccoli eravamo così?
Leggendo questo articolo, mi permetto di chiederti: qual'è la motivazione per cui nel disco di accrescimento, tutti gli elementi più pesanti sono rimasti vicino al Sole dando vita ai pianeti rocciosi, mentre quelli più pesanti si sono allontanati, creando i giganti gassosi? C'entra la forza centrifuga?
Grazie
Provo a risponderti io: no, se fosse forza centrifuga eventualmente sarebbe il contrario, le centrifughe di laboratorio (sedimentazione del sangue) spostano le sostanze più pesanti verso l'esterno. La ragione dello spostamento degli elementi più leggeri della nube è la radiazione solare.
La nube protoplanetaria è composta da idrogeno ed elio con tracce di elementi più pesanti, per effetto della gravità la nube comincia a contrarsi la maggior parte degli elementi pesanti cadrà verso la protostella. La nube per conservare il momento angolare diventa un disco in rotazione, quando si innescano le reazioni nucleari la stella smette di crescere, la radiazione spinge contro la materia che tende a cadere nel pozzo gravitazionale della stella. più piccola è la massa della materia più alta è la velocità impressa e maggiore l'asse dell'orbita. Quindi ci si può aspettare pianeti rocciosi con nuclei ferrosi più vicini alla stella e pianeti gassosi più lontani.
Variazioni della densità della nube protoplanetaria possono generare sistemi più complessi.
Mi fermo qui prima che Enzo mi cacci...
carissimi,
la ragione è molto più semplice: gli elementi pesanti sono dappertutto, mentre quelli leggeri risentono, innanzitutto, della temperatura e non possono condensarsi vicino al Sole. Solo elementi come il silicio, il nichel e il ferro resistono bene alle alte temperature, per cui i pianeti vicini al Sole hanno a disposizione solo elementi pesanti per creare qualcosa di solido. Questo spiega anche perché sono decisamente più piccoli. Inoltre, il vento solare è più forte, la loro gravità minore e i gas leggeri vengono trasportati verso l'esterno. Proprio lì, molti più elementi solidificano e molti più elementi leggeri sono catturati da gravità superiori. Oltretutto, il vento solare spinge di meno... E' solo questione di temperatura, con l'aggiunta del vento solare. Infine, a crescente distanza dal Sole, la circonferenza aumenta e quindi anche la materia che sta su ogni straterello del disco...
I più vicini hanno vita dura!!!