02/05/14

Una foresta nello Spazio ***

Questo articolo è stato inserito nella serie "L'Infinito Teatro dei Buchi Neri", che raccoglie in modo organico gli articoli più significativi sull'argomento.

 

Prima di riportare le news vere e proprie, penso sia necessario richiamare “brevemente” il significato di  foresta di Lyman. Lo faccio in modo molto semplice e -spero- intuitivo.

L’Universo non è vuoto

Se osserviamo un certo oggetto celeste, che sia una stella o una galassia, dobbiamo mettere in conto che la sua luce può avere incontrato lungo la sua strada qualcosa in grado di disturbarla. L’Universo non è certo vuoto e più la luce ha dovuto viaggiare e più è probabile che qualche ammasso di gas si sia trovato proprio lungo la traiettoria spazio-temporale che lo lega a noi. Ciò che vediamo, quindi, deve in qualche modo recare i segni di questi intrusi che si sono piazzati proprio tra l’oggetto celeste e l’osservatore.

Ovviamente, queste nubi non emettono luce, essendo composte essenzialmente da idrogeno neutro e quindi da materia inerte e invisibile. Tuttavia, disturbano certamente le sorgenti lontane. Ad esempio, qualche lunghezza d’onda della luce potrebbe essere bloccata del tutto, mentre altre molto meno (vedi QUI fig. 24).

Se volessi studiare solo la sorgente dovrei scegliere le lunghezze d’onda che meglio riescono a superare queste barriere nuvolose. Soprattutto dovrebbero essere molto energetiche per arrivare fino a noi. In altre parole, il Sole si vede anche attraverso nuvole leggere. Parlando di oggetti primitivi e antichissimi  (rispetto ad oggi) dovremmo tener conto del redshift, ossia di quanto la lunghezza d’onda originaria sia stata allungata durante il percorso, a causa dell’espansione dell’Universo. E’ il solito vecchio problema, amore e odio degli astronomi.

Tuttavia, ormai è diventato un utile grattacapo e se si sceglie una certa linea di emissione, in cui la sorgente è particolarmente “vivace”, essa si riesce a riconoscere anche dopo che è stata spostata verso il rosso e ha attraversato le varie nubi dislocate lungo il suo percorso. La limitata velocità della luce, rispetto allo spazio da percorrere, diventa uno strumento fondamentale per misurare il Cosmo. Lo spostamento tra l’emissione teorica e quella osservata riesce a indicare la data del viaggio. Basta applicare una semplicissima formula che lega il redshift e lo spostamento della lunghezza d’onda. La possiamo scrivere subito:

λ = λ0(1 + z)

Conoscendo la lunghezza d’onda di partenza (λ0) e misurando quella di arrivo, osservata nello spettro della sorgente, posso subito ricavare z, ossia il redshift e quindi la distanza dell’oggetto in esame o –meglio- il tempo che ha impiegato la sua luce per giungere fino a noi.  Fin qui ben poco di nuovo. Le nubi di gas non sono riuscite a rovinarci la misura.

Si potrebbe, però, cercare di studiare anche loro. La scelta della lunghezza d’onda di riferimento deve essere, allora, ben indirizzata. Deve essere tale che i suoi fotoni siano in grado di lasciare un segno indelebile nello spettro della sorgente quando incontrano la nube. Magari proprio “sparendo” del tutto. Ad esempio, cedendo la propria energia nel far saltare un elettrone di orbita.  L’arrivo di quella lunghezza d’onda sulla nube creerebbe una riga d’assorbimento netta e ben visibile. Una segnale che indica chiaramente che la lunghezza d’onda ha colpito nel segno. Ma questa interruzione di luce, che capita solo per una certa lunghezza d’onda, verrebbe anch’essa spostata dal redshift prima di giungere fino a noi, ma, sicuramente, meno di quanto si sia spostata la linea di emissione della stessa lunghezza d’onda che è partita dalla sorgente.

La nube è più vicina a noi e la riga si è formata lì. La riga mi dice, quindi, dove è situata la nube, in quanto posso misurare, come prima, la differenza tra la lunghezza d’onda originale (che conosciamo benissimo perché è quella che causa il fenomeno) e quella che si osserva oggi. Come ben sappiamo, questa differenza è legata al redshift della nube perché indica lo spostamento della riga da quando è stata creata fino ad oggi. Ovviamente più la nube è vicina a noi e minore è lo spostamento osservato.

Il discorso è allora abbastanza semplice: si deve scegliere una lunghezza d’onda che ci faccia vedere la sorgente che l’ha emessa, ma anche tutte le varie interruzioni che ha subito e che hanno dato luogo alle righe di assorbimento.

Cosa succede, in pratica, se scegliamo, ad esempio, la linea Lyman Alpha, che ha una lunghezza d’onda di 1215.7 A (Angstron)? La sua emissione parte dalla sorgente e giunge fino a noi indicando il suo redshift. Tra parentesi, l’emissione avviene proprio quando un elettrone scende di orbita liberando un fotone, proprio l’inverso di quello che succede nella nube. A questo punto so quindi chi ha causata l’emissione e dove si trova. La luce della sorgente, però, prima di arrivare da noi, incontra la prima nube. L’emissione nella lunghezza d’onda originale, di 1215.7 A, non interessa più (lei ormai serve solo per essere misurata oggi) dato che ha ormai spostato la sua lunghezza d’onda a causa del redshift subito nel percorso tra sorgente e nube. Passa e va senza lasciare segni, diretta verso di noi che la stiamo aspettando con trepidazione. Tuttavia, la luce che è partita dalla sorgente era composta da molte altre lunghezze d’onda, molte delle quali più corte della Lyman Alpha. Tra loro, ve ne sarà una che si è spostata, a causa del redshift, di quel tanto che basta per essere, nel momento magico dell’incontro con la nube, uguale proprio a 1215.7 A. Le luce giusta al momento giusto. L’energia è quella necessaria per bloccarsi, trasferendosi agli elettroni e generare una riga di assorbimento.

Per lei quello è il punto zero che si riferisce, ovviamente, a 1215.7 . Ha appena iniziato il suo viaggio e quando arriverà all’osservatore si sarà spostata verso il rosso, ma in maniera minore di quanto non abbia fatto la linea  di emissione partita dalla sorgente. D’altra parte, è più vicina a noi.

Possiamo proseguire, ma il processo non cambia. Alla nube successiva ci saranno sicuramente dei fotoni con lunghezza d’onda di 1215.7 che daranno vita a una nuova riga di assorbimento. Essa inizia il suo viaggio verso di noi, ma da distanza ancor più ravvicinata, e, quindi, quando arriverà da noi si sarà spostata ancora meno verso il rosso. Insomma, ogni nube lascia un segno indelebile a quella lunghezza d’onda e le righe che vediamo nello spettro finale ci dicono a che distanza si trovavano le nubi incontrate durante il viaggio.

Più nubi ci sono e più righe di assorbimento si vedono a lunghezze d’onda  “apparentemente” tutte diverse, ma relative sempre e soltanto alla lunghezza di 1215.7 A.  Questa selva di righe di assorbimento viene proprio chiamata “foresta” di Lyman. Quelle meno spostate verso il rosso ci indicano le nubi più vicine a noi, quelle più spostate si riferiscono a posizioni sempre più vicine alla sorgente.

La Fig. 1 riassume quanto detto. Vi è una sorgente posta a z = 3 (redshift) la cui linea di emissione si è spostata nello spettro osservato fino a 4862 A. Poi tre nubi a z = 2.5, 2 e 1.5  che mostrano la loro riga di assorbimento a 4255, 3647 e 3039 A, rispettivamente. Ricordiamo che sia alla partenza dal quasar (emissione), sia ogni volta che la luce ha incontrato una nube (assorbimento) la lunghezza d’onda era la stessa 1215.7.

fig.1
Figura 1

La Figura 2 può anche aiutare nella comprensione. Sullo spettro del lontano quasar (non è indicata la linea di emissione, ma sarà verso il rosso spinto) le varie nubi lasciano le loro righe di assorbimento (quelle nere) in zone diverse a seconda della loro distanza.

fig.2
Figura 2

La Fig. 3 mostra gli spettri di due quasar, uno piuttosto vicino (sopra) e uno molto lontano (sotto). Nel primo caso è ovvio che le nubi siano in numero minore, sia perché lo spazio percorso dalla luce è più corto sia perché più si va indietro nel tempo e più numerose sono le nubi neutre in attesa di formare qualcosa. Le lunghezze d’onda in ascissa sono state riportate a quelle che avevano alla “partenza” dai quasar.

fig.3
Figura 3

La linea Lyman Alpha nasce nell’ultravioletto e quindi non sarebbe visibile da Terra nella sua versione originale (l’atmosfera blocca l’ultravioletto). Ci riesce, invece, se è abbastanza spostata verso il rosso. Da ciò segue che le nubi troppo vicine a noi, e quindi ancora nella zona ultravioletta, rimangono inosservate. Ma interessandoci i quasar, e le loro vicinanze, siamo più che soddisfatti. Ovviamente, forma, profondità, larghezza della riga, donano informazioni preziose sulla nube, sia relativamente alla massa che alla grandezza e addirittura alla velocità.

Possiamo ora passare alle due news che, in qualche modo sono legate al procedimento appena descritto.

 

In mezzo alla nebbia

Questa ricerca cade proprio a fagiolo. La sorgente è però un Gamma Ray Burst, l’esplosione di una stella supermassiccia molto, molto vecchia. Lo studio delle righe di assorbimento nelle sue vicinanze ha gettato luce su un periodo in cui le stelle e le galassie stavano ancora lottando contro la nebbia precedente la fase di re–ionizzazione, quando l’Universo si sarebbe finalmente rischiarato.

L’inizio della nuova era è stato innescato dalle prime galassie che si sono accese e dalle loro stelle. Gli atomi di idrogeno smettevano di essere neutri e cominciavano a gettare luce e ad eccitare tutto ciò che li circondava in una reazione a catena. In questa impresa ciclopica, i nostri pionieri si trovavano immersi in nubi dense di gas neutro. Proprio le radiazioni UV diedero il via alla vita luminosa dell’Universo “moderno”.  Sarebbe, quindi, fondamentale sapere  quando tutto ciò è cominciato. Bisogna, però, disporre di sorgenti ultra-luminose, immerse ancora in quella nebbia.

Oggi si è in grado di distinguere fenomeni molto energetici relativi a circa un miliardo di anni dopo il Big Bang. Intorno a loro dovrebbe ancora esserci molta nebbia, proprio quella che si vorrebbe studiare. Come abbiamo detto prima, i quasar sono quasi perfetti, ma sono anche in grado di ionizzare il gas che li circonda e quindi complica la vita alle righe di Lyman. Molto meglio poter individuare un’esplosione stellare, localizzata e simultanea, ossia un GRB, che probabilmente avrebbe intercettato idrogeno neutro ancora abbastanza vicino. Impresa difficilissima, ma non impossibile per il telescopio Subaru che è riuscito a osservare GRB 130606A e a studiare il suo spettro in grande dettaglio.

L’oggetto ha un redshift molto alto, prossimo all’era di re-ionizzazione (stimata teoricamente), di 5.9. (oggi, la famosa riga a 1215.7 è arrivata fino a circa 8400 A!). Le righe di assorbimento vicine allo “scoppio” vanno d’accordo con grandi quantità di idrogeno neutro, almeno pari al 10% dell’idrogeno totale.  Questa percentuale può essere la prima indicazione diretta e osservativa del rapporto tra gas neutro e gas ionizzato che esisteva circa un miliardo di anni dopo il Big Bang. Una foto, ancora locale, di ciò che poteva essere la situazione che circondava le prime luci osservabili dell’Universo. Un punto di partenza fondamentale per i futuri telescopi  che avranno occhi ben più potenti. La nebbia si sta diradando anche ai nostri occhi e non solo nella nostra mente.

Articolo originale QUI

 

La materia semi-oscura

Questa ricerca è meno legata alla foresta di Lyman, in quanto studia in particolar modo le linee di emissione della stessa lunghezza d’onda. Tuttavia, si riferisce sempre a materia composta da gas primordiale, già molto ionizzato dalla presenza di galassie in fase di formazione. Utilizza una strumentazione innovativa e tale da permettere una visione veramente tridimensionale e non solo lungo la linea di vista della sorgente. Si è usato il “vecchio” telescopio di Monte Palomar, adeguatamente equipaggiato allo scopo e si è studiato il gas primigenio che collega le galassie tra di loro. Lo strumento si chiama proprio Cosmic Web Imager.

Stiamo parlando di quei filamenti che si suppone esistano tra galassia e galassia, praticamente impossibili da osservare se non attraverso il fastidio che danno alla luce di quasar ancora più lontani. La ricerca in oggetto ha puntato verso due campi. Uno attorno al quasar QSO 1549+19 e l’altro addirittura attorno a una specie di “blob” (chiamato proprio Lyman Alpha) che si nota all’interno di un ammasso galattico in formazione (SSA22).

Vicino al primo oggetto si è identificato un filamento molto stretto lungo circa un milione di anni luce, che si dirige verso la galassia che contiene il quasar. Una specie di “tubo” per il rifornimento di materiale. Il gas fluisce verso la neonata e le fa crescere. Siamo proprio durante una fase di formazione primigenia.

Ancora più sorprendente è ciò che si vede attorno al blob. Ben tre filamenti lo circondano e tutti diretti verso il centro. Stiamo probabilmente osservando la nascita di una galassia, tre volte superiore alla nostra, che già emette nella linea Lyman Alpha. Non è ancora veramente accesa, sta solo costruendosi.

Che meraviglia, però, poter assistere a questo cantiere spaziale così enorme ed estremamente dinamico e concitato. La Fig. 4 mostra un’immagine reale del blob ripresa con il Cosmic Web Imager e una simulazione al computer basata sui dati precedenti.

blob
Figura 4. Fonte: Christopher Martin, Robert Hurt

L’età dei due oggetti è di circa 2 miliardi di anni, un momento in cui le galassie si stavano formando a ritmo frenetico e in cui i filamenti dovevano essere molto consistenti. A questo gas diffuso tra le galassie, sistemato lungo specie di canali che si incrociano e trasportano materia primigenia, è stato dato il nome di dim matter, ossia materia semi-oscura, qualcosa di intermedio tra materia vera e propria e materia oscura. Ovviamente, la dim matter è normale materia barionica, formata da idrogeno neutro e/o parzialmente ionizzato, ma risulta invisibile solo perché emette ben poco e riesce soprattutto ad assorbire. Qualcosa di molto diverso da ciò che doveva circondare le fasi del Cosmo successive al rumore cosmico di fondo? No, assolutamente no ed ecco che ci agganciamo alla prima news.

Gli articoli originali sono scaricabili QUI e QUI.

23 commenti

  1. Michael

    Decisamente affascinante. Resto sempre spiazzato da quanti metodi siamo costretti ad inventarci per poter calcolare qualcosa che non vediamo direttamente.
    Colgo l'occasione, visto l'argomento grandi distanze astronomiche, per porti all'attenzione un dubbio che mi è sorto leggendo il tuo libro. Quando si dice che una stella è distante un miliardo di anni luce, si considera la sua distanza nel momento in cui la sua luce è partita per arrivare fino a noi adesso, quella attuale, oppure quella che ha dovuto percorrere la luce (che ritengo potrebbe essere la più ovvia, visto che in genere si parla di quant'è antica l'immagine che riceviamo)?

  2. caro Michael,
    si dovrebbe dire che un miliardo di anni è il tempo che la luce della stella ha impiegato per arrivare fino a noi. Dire che è una distanza è sbagliato, anche se si usa normalmente. Alla stella sono legate varie distanze, come puoi trovare nell'articolo sulle distanza che vi è nella sezione approfondimenti di astronomia.com. In particolare, posso calcolare sia quella "attuale" (coordinate comoventi), sia quella al momento dell'invio della luce. Esse sono legate tra loro dall'espansione dell'universo e quindi dal redshift. La distanza percorsa dalla luce è ancora un'altro numero, dato che deve tener conto dello spazio che le è aumentato mentre viaggiava. Questa distanza è quella che viene descritta nel cono di luce... ed è diversa dalle altre due... D'altra parte è un percorso spazio temporale, mentre noi misuriamo le distanze solo sulla superficie sferica del palloncino che si gonfia. O la misuriamo quando è partita o la misuriamo oggi...
    OK? 

  3. Michael

    Enzo,
    temo di essermi espresso male e la tua risposta ha girato intorno al mio dubbio.
    Nel momento in cui un astrofisico (o Wikipedia, o un libro) dice che la Piccola Nube di Magellano dista 200.000 anni luce, quale "adesso" sta considerando? 

  4. SANDRO

    Caro Enzo, ho l'impressione che mi sono perso in un bicchier d'acqua! Se tendi un dito provo a risalire.
    Il dubbio è questo: al momento che la luce arriva ai nostri strumenti e ben allungata causa l'espansione dell'universo, come facciamo a distinguere quella  Lyman di partenza dall'oggetto?
    Grazie

  5. caro MIchael,
    nel caso della nube di magellano e di tutte le galassie vicine la distanza è talmente piccola che  la distanza di quando è partita la luce e quella che avrebbe adesso sono praticamente uguali. Il redshift è praticamente nullo.

  6. caro SANDRO,
    nessun problema... l'emissione dovuta alla Lyman (ma non solo, ovviamente) è abbastanza caratteristica e si riconosce anche se si è spostata nello spettro. Non per niente per misurare il redshift si usano linee di emissione o di assorbimento...

  7. Zeneize

    Ciao caro Enzo, 
    dopo circa un mese di assenza per motivi di lavoro sono tornato e credo di essere di nuovo in pari con gli articoli.
    Mi aggancio ad un commento precedente per chiederti se nell'indicare la distanza delle galassie più lontane comunemente si usa la distanza comovente o qualche altra misura..
     In sostanza dire che una galassia dista da noi 4 miliardi di anni luce, se non specificato diversamente significa che Oggi si trova a quella distanza ?

  8. Michael

    Ecco, forse Zeneize ha centrato la mia domanda...  :-o

  9. Mario Fiori

    Scusa Enzo, con questo nuovo escamotage quanto ci avviciniamo ulteriormente al "botto iniziale" ? Anche se ovviamente lo so' che dovremo fermarci proprio vicino al più bello.

  10. cari amici,
    la risposta è che non usiamo né una né l'altra... Noi intendiamo dire che il tempo impiegato ad arrivare fino a noi è di t miliardi di anni. Dato che t è un tempo, basta che lo moltiplichi per la velocità della luce e ottengo uno spazio. Questa è una distanza che dice ben poco come distanza, ma che è legata al redshift, ossia a quanto lo spazio si è espanso. Per quello vi ho consigliato l'articolo che segue...
    http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2016/10/23/universo-osservabile-e-velocita-della-luce-per-tutti/
    Questo modo "inesatto" di dare una distanza coincide con una vera distanza quando le galassie sono abbastanza vicine e si può trascurare l'espansione dell'Universo... Si può usare sempre, ma basta capire che cosa vuol dire...

     

  11. Michael

    Grazie per la delucidazione, Enzo. :) Ora mi leggo l'articolo che hai segnalato.

  12. caro Mario,
    in pratica non ci avviciniamo di più, dato che il rumore cosmico di fondo è più antico come tempo rispetto a noi. Quello è il limite "visibile" che abbiamo già raggiunto. Queste osservazioni permettono di vedere meglio ciò che vi è durante una certa fase dell'Universo. Abbiamo già osservato galassie più lontane, ma senza poter studiare ciò che le circondava. Potevano essere sia in mezzo a uno spazio "vuoto" come no. Questo tipo di osservazione ci permette di vedere cosa c'era intorno a loro...

  13. Mario Fiori

    Grazie Enzo, forse non mi era ben chiaro ora lo è e intanto affiniamo meglio le nostre osservazioni.

  14. Valerio Ricciardi

    In ogni caso, penso che sia quasi in fondo abbastanza fuorviante parlare di distanza, in generale e non solo per quanto attiene l'errore maggiore o minore dovuto al Red Shift. Distanza da qualcosa che... esisterà ancora, oggi? Sarà lì? Sarà dove estrapolando il suo moto proprio, se riusciamo a dargli un vettore, dovrebbe essere?
    Noi oggi vediamo arrivare una immagine costituita da luce, che possiamo con metodi raffinati dire "ha impiegato (che ne so) 2.347.000.000 di anni per giungere sino a noi".
    Il che può farci dire che 2.347.000.000 di anni fa, "là" c'era quella cosa che vediamo.
    A distanza di 2.347.000.000 di anni da quel momento, quale possa essere stata l'evoluzione di quell'oggetto e di ciò che lo circondava nelle sue immediate vicinanze, per noi resta un mistero, una estrapolazione certo via via più accurata, ma basata sul principio di attualismo di Lyell applicato al Cosmo, non a un dato di fatto certo.
    Non sappiamo per certo neppure se quel quasar, quella lontana galassia, quell anube di polvere esistono ancora o meno.
    La possibilità di conoscere, o se vogliamo, di vedere l' «oggi» dell'Universo è limitata a ciò che ci sta accanto: più lontano guardiamo, più guardiamo nel passato, dunque la contemporaneità ci è negata per principio e per sempre.
    Il grande telescopio alla fine, più è grande... più, con la Trowel (la cazzuoletta a punta triangolare), lo specillo tecnico, la stadia e il setaccio e così via... è uno strumento da archeologo, o da storico della Scienza, perché l'"oggi" relativo al "lontano" non ci è né ci sarà dato di conoscere, ma solo di ipotizzare, prevedere, utilizzando modelli sempre più sofisticati basati su leggi che abbiamo ottime ragioni per ritenere valgano anche "molto lontano" se funzionano bene qui.     

  15. Michael

    Valerio,
    tanto alla fine, come gli archeologi, poco possiamo fare per poter modificare il futuro relativo di ciò che vediamo (futuro per il presente che vediamo, ma in realtà passato reale di ciò che è laggiù), né abbiamo o probabilmente avremo mai le tecnologie per poter essere questa una reale preoccupazione, come dover programmare un viaggio nello spazio profondo con la speranza di capitare nel posto giusto.
    Divertente pensare ad una ipotetica civiltà che possa scoprire ed osservare ADESSO il nostro Pianeta e magari vederci mentre stiamo imparando ad accendere il fuoco. Non potrebbero comunque influire sul nostro futuro da quel momento sino ad adesso, neanche presumendo potessero viaggiare a velocità infinita.

  16. caro Valerio,
    la distanza è molto importante per studiare la "geografia", inutile o quasi per studiare la "storia". Lasciamo stare le stelle che hanno una vita continua (nascono, muoiono e si riformano) e pensiamo alle galassie che possiamo immaginare, in prima approssimazione o come ipotesi, nate una volta soltanto e tutte insieme. Sapere a che distanza si trovano oggi è una questione di geografia pura, ma niente può dirci della loro storia. Se la luce avesse velocità infinita sarebbe eccezionale per la geografia dell'Universo. Vedremmo tutte le galassie dove sono oggi (sempre che scoprissimo il modo di misurare le loro distanze ovunque si trovino), ma non potremmo sapere NIENTE della loro storia. Ci sarebbe per sempre negato a meno di non farci raccontare qualcosa da chi vive per miliardi di anni (alieni immortali, ad esempio). Potremmo scrivere qualcosa oggi e poi i nostri pro-pro nipoti tra due miliardi di anni farebbero il confronto con ciò che vedono e quello che abbiamo scritto noi. Fortunati loro, se mai esisteranno. Ma noi? Cosa sapremmo della vita dell'Universo? Al limite capiremmo come nascono e muoiono le stelle, ma la vita delle galassie ci sarebbe proibita.
    Solo il fatto che la luce viaggia molto lenta rispetto alle distanze da percorrere ci permette di conoscere la storia delle galassie, pur vivendo un attimo. Potremmo mai dire grazie abbastanza alla limitatezza della velocità della luce? 
    Ecco perché il tempo acquista un valore insostituibile... :wink:

  17. caro Michael, avevo scritto un articolo, riportato su l'Infinito teatro del Cosmo, che si riferiva proprio agli incontri con gli alieni e alle relative problematiche. Non è facilissimo e bisogna aver compreso molto bene il significato del cono di luce, tuttavia è abbastanza significativo per il discorso sollevato... Se hai voglia (e tempo) potresti dargli un'occhiata...

    http://www.astronomia.com/2011/10/14/incontri-con-gli-alieni-dove-come-e-quando/

    P.S.: scusa Michael, ma ti devo sempre rincorrere sul sito... Mentre mi arrivano i messaggi degli altri lettori che mi avvisano di un commento pubblicato, i tuoi (e fino a ieri anche quelli di Giorgia) non mi arrivano e li trovo solo andando direttamente sul blog. Non vorrei, però, perderne qualcuno per strada se arrivassero troppi commenti dopo il tuo... Ho chiesto come mai a Stefano, ma sembra che nessuno sappia perché! La colpa non è sicuramente di gmail, ma ... speriamo che si risolva da solo! In ogni modo, se non ti dovessi rispondere, sai perché... 

  18. Mario Fiori

    Logicamente caro Michael è probabile che gli alieni, se esistono (io penso abbastanza di si), ci vedano mentre impariamo ad accendere il fuoco o forse anche prima, così noi eventualmente nei loro confronti, quindi dove è l'interesse per noi o viceversa per  loro se potessimo vederli? Forse mi sto' annodando un po' ma il concetto del tempo come ostacolo è un po' questo, a meno che non ci sia qualche scorciatoia o qualche aspetto della fisica che non conosciamo (penso siano tantissimi) che cambi talvolta un po' le regole e possa, appunto, far percorrere in altro modo certe distanze, ma questo è un altro argomento...la luce (e quindi eventuali immagini) al momento si comporta così :roll:

  19. Michael

    Enzo, ma esiste un argomento di cui tu non abbia ancora mai trattato qui, su astronomia.com o in un libro? ;) se domani riesco a ritagliarmi un po' di tempo, lo leggerò e proverò a capire. 
    Riguardo alle mail, sei sicuro di aver  omesso il filtro "rompiscatole"?  :mrgreen: Magari questo spiega perché non hai mai risposto alla mia email di un mesetto e mezzo fa.
    Mario, sono perfettamente d'accordo con te, ma temo che non sarà mai possibile superare la velocità luce.  

  20. MIchael,
    questa volta è arrivato!!!  Non ho mai messo filtri strani, ma... chissà che non abbia schiacciato qualcosa . Però adesso funziona di nuovo.... mah...  Se avevi fatto una domanda rifammela... :wink:

    Eh sì, hai ragione ho scritto davvero tanto... e adesso devo darmi una regolata... siete troppo svegli e pronti e azzeccate moltissime domande che mi istigano a scrivere, ma sto andando un po' in tilt.... (mia moglie mi guarda male!  :twisted:)

    Però la velocità della luce mi ha stimolato un nuovo argomento e poi c'è il peso che cambia e la forza centrifuga e le derivate e l'aberrazione e le news e .... AIUTO!!!!!  8-O

  21. Mario Fiori

    Occhio , il pericolo mogli è sempre pronto...però hanno a volte anche un po' (molta?) ragione. Pensa io ho anche il pericolo figlia...ma ne sono tanto felice.
    Dai Enzo, tranquillo , dedicati anche alla famiglia ed altuo riposo...noi siamo sempre qui ad aspettarti e ce sempre tanto da leggere e rileggere.

  22. Michael

    Alla fine ho letto l'articolo ieri sera tardi perché non ce la facevo ad aspettare e, incredibilmente, ho capito molto bene la questione... ultimamente sto facendo una scorpacciata di informazioni riguardanti velocità della luce ed espansione dell'universo. 
    Grazie ancora. :) 

  23. caro Mario,
    dopo 46 anni di matrimonio riesco a tenerla a freno... ma domani le ho promesso di uscire!!!!

    caro Michael
    bravissimo!!!! Sto proprio scrivendo (e pubblicherò tra poco) una riflessione sulla velocità della luce... Roba elementare, quasi una favoletta, ma perfetta per i più giovani e inesperti... Così la userete anche voi per i bimbi o amici sprovveduti...

    caro Alberto,
    mi spiace, ma ho pensato che sarebbe meglio completare, prima, la trattazione della forza centrifuga, se no sarei costretto a dire cose senza averle ancora trattate...  Abbi ancora un po' di pazienza, tanto tu hai già capito tutto...

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