Geografia o storia? *
L’avevo promesso, poi è stato sotterrato da news e altri argomenti. E’ ora che torni a galla, dato che è un argomento che continua ad affascinare. Rendiamolo, però, ultra semplice, dato che il concetto di base non cambia. Di cosa sto parlando? Della solita cara, vecchia e insostituibile velocità della luce! Alberto mi perdoni se il suo peso variabile aspetta ancora un poco, ma la luce ha la precedenza.
Faccio subito delle approssimazioni e delle ipotesi drastiche. Innanzitutto, l’Universo non si espande. Vi sembra troppo? Beh, dal punto di vista che c’interessa non è poi così grave, dato che posso sempre scegliere delle coordinate che si dilatano come l’espansione e ridurre il tutto a questa situazione (coordinate comoventi). Come posso allora rappresentare (in due dimensioni) l’Universo? Con poche rette, come riportato in Fig. 1. L’asse orizzontale rappresenta il tempo, quello verticale lo spazio.
Immaginate quindi che tutto lo spazio, in un dato istante, sia la retta perpendicolare. Faccio anche un’ulteriore semplificazione (veramente grande questa…): l’Universo è finito. E’ tutto compreso tra le linee azzurre orizzontali. La linea centrale rossa si riferisce alla Terra (ma potevo mettere qualsiasi altro pianeta di un’altra stella). Il fatto di avere un Universo finito, comporta che gli oggetti più esterni lo vedono solo da un parte… ma non è grave, dato che è facile allargarlo quando e come voglio.
In questo Universo, molto comodo (apparentemente), inserisco le galassie. So che sono nate tutte assieme (altra semplificazione, ma non poi tanto diversa dalla realtà). La loro vita è rappresentata da linee orizzontali parallele alla nostra (non vi è espansione). All’interno delle galassie vi sono le stelle che però continuano a nascere, vivere, morire, rinascere, seguendo un ciclo senza fine. Come rappresentarle nel nostro Universo? Beh vivono solo per un tempo limitato e quindi sono solo un segmento di retta orizzontale. Non posso disegnarle insieme alle galassie perché ne fanno parte. Faccio così: nella parte sopra la Terra metto solo le galassie, nella parte sotto metto qualche stella, scelta a caso. Faccio partire tutto all’istante t = t0 e lascio che il tempo scorra liberamente. In t0 le galassie cominciano a formarsi e per far capire questa situazione, la loro giovinezza la segno con una linea tratteggiata. Le stelle invece sono segmenti che si ripetono ciclicamente lungo il loro asse del tempo. Nello stesso luogo (retta orizzontale) dove ne è vissuta una, dopo un po’ di tempo ne vivrà un’altra. Bene, sono pronto a fare le mie considerazioni.
Immagino che la velocità della luce sia infinita. Ossia, in un intervallo di tempo nullo la luce arriva dove vuole. L’Universo è finito e allora ogni sorgente luminosa riesce a toccare tutto il Cosmo. La Terra all’istante t = OGGI vede tutto l’Universo in tempo reale. Che meraviglia! Ho una geografia perfetta e completa! Avrei una foto fantastica. Se sapessi come fare a misurare le distanze potrei veramente disegnare, in scala, tutto l’Universo attuale. Disegnerei una mappa simultanea, meglio di Google Earth! Potrei anche capire che le stelle hanno una vita abbastanza corta, dato che guardando verso il basso vedrei stelle appena nate e stelle vicino alla loro fine. In qualche modo, forse, riuscirei a capirci qualcosa.
Beh… se non riuscissi a capirci qualcosa adesso, basta che aspetti un po’ di tempo e fare un’altra foto. Eh no! Qui casca l’asino! Non vedrei nessuna differenza! Devo mettere la foto in un cassetto e sperare che un pro-pro-pro-pro nipote la tiri fuori tra qualche milioni di anni. Una speranza poco realistica, anche perché le differenze con le foto future sarebbero difficili da scovare. Al limite riguarderebbero solo poche stelle e non certo le galassie: loro non hanno una vita ciclica: ciò che è stato è stato!
E non posso nemmeno cercare di scovare vecchie foto in qualche altro cassetto. L’uomo è nato da troppo poco per sperare che qualche antenato, vissuto nelle caverne, abbia preso una fotografia che non sia quasi perfettamente uguale alla mia. L’unica speranza è incontrare degli alieni, ancora vivi, che ci mostrino le loro foto prese qualche miliardo di anni fa. L’alieno 1 non poteva esistere. Quella fase di preparazione è persa per sempre. L’alieno 2 mi direbbe qualcosa in più.
Conclusione? Conoscerei benissimo la geografia galattica attuale, avrei qualche vaga idea dell’evoluzione stellare, ma per potere studiare la storia dovrei affidarmi solo e soltanto a degli alieni praticamente immortali. Mah… un’aspettativa che non mi ispira tanta fiducia.
Inoltre, la mia ipotesi dell’Universo statico, e non in espansione, non potrebbe mai essere verificata. Infatti, la mia foto istantanea, non mi direbbe assolutamente niente a riguardo. La luce non risente minimamente del fatto che l’Universo si allarga oppure no. Ci vorrebbe un filmato, ma non posso ottenerlo perché il tempo passa troppo lentamente. Sempre una solo foto, sempre la stessa in cui un eventuale allargamento dell’Universo sarebbe difficile da intuire, dato che la luce delle stelle arriva tutta insieme, siano esse vicine o lontane. Redshift? E che cos’è? La luce è istantanea e non perde tempo a essere allungata oppure no.
Sono contento? Mah… sono un grande geografo spaziale, ma un pessimo storico! Ovviamente, non penserei minimamente a un Big Bang e a qualsiasi teoria evolutiva dell’Universo. Accetterei che è sempre stato così.
OK, OK, questa ipotesi non mi piace. Voglio conoscere la storia e vedere come sono nate le galassie o almeno avere un’idea della loro gioventù. Un colpo di bacchetta magica e rallento la luce. Per essere sicuro di vedere tutto bene e con calma la faccio andare molto lentamente. Poche migliaia di chilometri all’ora o giù di lì. Il tragitto spazio-temporale della luce non è più la linea verticale, ma ha adesso un’inclinazione molto bassa, poco differente da una linea orizzontale che significherebbe velocità uguale a ZERO. Ricordate che lo spazio percorso nell’unità di tempo, per una velocità costante, è rappresentabile proprio con una retta nel diagramma spazio-tempo (s = vt). Disegno la Fig.2.
Bene, prendo una foto oggi. Cosa vedrei? ben poco. Che l’Universo sia finito o no avrebbe ben poca importanza. Mi arriverebbe solo la luce inviatami, in vari momenti, dalla parte verde dell’Universo. Al tempo OGGI vedrei la nascita di qualche galassia antichissima e qualche galassia già matura come la mia. Sì, avrei un po’ di storia, ma la geografia sarebbe ben poca cosa… La maggior parte dell’Universo mi sarebbe precluso alla vista. Dovrei aspettare che passino miliardi e miliardi di anni prima di riuscire a vedere tutto l’Universo, ovviamente relativamente a tempi diversi. I bordi sarebbero antichissimi e il centro giovane come me. Insomma, per iniziare a fare geografia sarei ancora troppo giovane: 14 miliardi di anni sono solo un battito di ciglia. Anche i pronipoti capirebbero ben poco di più. Gli alieni immortali vicini (non possono superare la velocità della luce) mi direbbero cose che posso sapere anch’io da solo, OGGI.
Se poi ci si mettesse anche l’espansione dell’Universo, dovrei aspettare ancora di più, anche se il redshift entrerebbe in gioco a darmi qualche aiuto storico e geografico. No, sarei dovuto nascere tra molti miliardi di anni, 14 sono troppo pochi, accidenti!. Ma ci riuscirei veramente? Se la velocità della luce fosse molto bassa, l’espansione se la porterebbe via con sé e non riuscirei mai a vedere se non le cose più vicine geograficamente (per capirne di più andate a rileggervi gli articoli sull’Universo Osservabile e sulla sfera di Hubble…) No, nemmeno così va bene… un po’ più di storia, ma una pessima geografia. Forse concluderei che l’Universo è veramente solo poco più della mia galassia
Cari amici, mi sono messo a fare un po’ di conti, troppo complicati per descriverli, ma vi voglio dare, comunque, il risultato. Per potere conoscere sia la geografia che la storia del nostro Universo, la luce dovrebbe viaggiare a una ben definita velocità. Non stupitevi più di tanto… ho trovato un valore di 300 000 km/sec, chilometro più, chilometro meno!
Va bene, ho scherzato, non è proprio così, ma questa specie di favola può dare il via a pensieri ben più profondi e stimolanti…
14 commenti
In un universo così ipotizzato, non in espansione e velocità della luce infinita, il paradosso di Olbers sarebbe realtà?
caro Alberto, direi proprio di sì.... se non avessi scelto un Universo FINITO... Acci a voi, non vi scappa più niente!!!
La velocitá limitata della luce e quello che comporta é un pensiero che mi ronza spesso per la testa
Quello che ci hai proposto é un esperimento mentale che mi affascina da un po' di tempo, Enzo.
La domanda che voglio fare riguardo a tutto questo é : Qualcuno o qualcosa che esiste nel nostro ipotetico universo istantaneo riuscirebbe davvero a percepire lo spazio e il tempo?
Personalmente é un po' che ci rifletto e sono arrivato a pensare (sempre tenendo ben presente che sono un ignorantone ) che lo spazio-tempo sarebbe "indefinito" se non adirittura inesistente.
Insomma, considerando le conseguenze "fisiche" della velocitá illimitata della luce, non ci troveremmo in presenza di un specie di singolaritá ?
caro Andrea
non sono d'accordo... In fondo, nel nostro mondo la luce ha una velocità praticamente infinita, eppure il tempo lo percepiamo e anche lo spazio... O forse non ho capito il concetto che vuoi esprimere...
Cercavo di ragionare dal punto di vista piú "largo" possibile.
In effetti quando consideriamo distanze "umane" potremmo anche considerarla gia praticamente infinita la velocitá della luce.
Quello che mi da da pensare é il fatto che ci arriverebbero da tutte le direzioni le "informazioni" di qualsiasi oggetto esattamente come sono al momento in cui sono partite (quindi anche quelle di oggetti lontanissimi nello spazio-tempo).
Ragionando su questo avrebbe senso parlare di distanze e di tempi?
A me veniva da pensare che sarebbe come essere "bloccati" in un sovraccarico costante di informazioni. Un lungo e interminabile istante in cui "succede tutto" continuamente!
A me questo pensiero fa venire in mente il concetto di singolaritá
caro Andrea...
continuo a non essere d'accordo del tutto. Una cefeide varia in tempi rapidi e quindi seguibili comunque. Il suo periodo dipenderebbe sempre dalla distanza... E lo stesso vale per le supernove... In fondo conta poco se la loro luce arriva in ritardo oppure no per determinare la distanza. Impossibile sarebbe usare il redshift... D'accordo, invece, sulla mancanza di storia... ma solo perché abbiamo un'età limitata. Se qualcuno immortale o quasi venisse a raccontarcela la conosceremmo... Non capisco perché parli di "singolarità"? Succederebbe, su scale di distanze enormi, quello che viviamo tutti i giorni e che ci dà una chiara idea del tempo e anche dello spazio.
Provo a spiegare in un altro modo. Abbi pazienza Enzo, ma non é facile articolare la cosa come vorrei (soprattutto se devo farlo mentre gioco 'sto benedetto dieci e lotto per i miei clienti ).
Nella mia mente bacata ció che conferisce a un oggetto o un avvenimento una "sostanza" sono le informazioni che questo ci trasmette, non l'oggetto/avvenimento in se.
Se queste fossero davvero istantanee mi viene da pensare che allora sarebbero presenti indiscriminatamente in qualsiasi punto dello spazio-tempo, sarebbero continuamente ovunque e sempre, e sarebbero le stesse(stessa intensitá etc..) a prescindere dalla collocazione di chi riceve.
Insomma, per come la vedo io, sarebbe come se un oggetto/avvenimento fosse presente simultaneamente ovunque nello spazio-tempo, come se fosse effettivamente a "contatto" con tutto il resto.
Questo mi fa pensare a una sorta di singolaritá
caro Andrea,
tu dici: "Se queste fossero davvero istantanee mi viene da pensare che allora sarebbero presenti indiscriminatamente in qualsiasi punto dello spazio-tempo, sarebbero continuamente ovunque e sempre, e sarebbero le stesse(stessa intensitá etc..) a prescindere dalla collocazione di chi riceve.". E questo non lo capisco proprio. Avendo una distanza comunque diversa, massa diversa, età diversa ( e non ovunque e sempre), costituzione diversa (non uguale intensità)... l'unico cambiamento che io vedo è il fatto di estrapolare ciò che descriviamo nel nostro mondo limitato (in cui però riconosciamo comunque entità diverse con un loro spazio e tempo) a distanze infinite. E' come se la sfera di Hubble coincidesse con l'Universo intero. Cambia la nostra percezione e il riferimento spazio-temporale di ciascuna entità, ma non cambia la loro essenza. Perché mai dovrebbero esistere ovunque e simultaneamente nello spazio e nel tempo? In questo modo di vedere, anche ciò che esiste oggi sarebbe la stessa identica cosa... L'informazione che mandano è la stessa, ritardata in un caso e immediata nell'altro... ma gli oggetti celesti esistono comunque indipendentemente dal fatto che li vediamo in ritardo. Noi vediamo chi è oggi già morto, ma questo non tocca l'esistenza dell'oggetto che nasce e muore sempre nel suo stesso tempo personale.
Magari non riesco proprio a capire il tu dubbio di fondo...
bell'articolo enzo,ma come fai a partorire ste cose?
quindi in questo caso noi vedremmo tutto in tempo reale e tutto quello che esisterebbe al momento e allo stato attuale....il concetto di relatività non avrebbe valenza quindi?
caro davide,
senza espansione sì.... ma se ammettiamo che l'universo si espande bisognerebbe valutare l'allargamento dello spazio istante per istante. Le cose si complicano perché la luce non ci darebbe informazioni e se ne fregherebbe altamente. Bisognerebbe controllare direttamente la variazione di distanza... ma come?Senti... facciamo una cosa? Accettiamo la nostra lumachina che va a 300 000 km/sec e che già ci regala abbastanza problemi...
ma non avremmo "indizi" sull'espansione e non ci accorgeremmo di essa,no?
cmq si, teniamoci i trecentomila km,che è meglio
Forse sì, davide.... misurando la distanza di una galassia attraverso una sua supernova oggi e poi tra qualche centinaio d'anni attraverso un'altra supernova. Magari, con la tecnologia più sofisticata, basterebbero pochi anni per accorgersi che le galassie si allontanano tutte da noi...
Comunque, sì... teniamoci ciò che l'universo ha deciso di regalarci... un motivo ci sarà...
ciao enzo, come va la vacanza?spero benone. metto qua un rompicapo,porta pazienza;
allora galassia x a più di tredici miliardi di anni luce ok? noi la vediamo nella sua infanzia ,giusto?mettiamo che essa si stia allontanando da noi a una velocità superiore a quella della luce,e fra chessò 500 milioni di anni essa sparirà dal nostro universo visibile,ok? l'immagine sempre più fioca che vedremo di essa,prima che scompaia,si riferirà ad un'epoca ancora più antica o sarà la stessa immagine che "combatte" con l'espansione cosmica?cioè una sorta di fermoimmagine(per noi osservatori)...spero di essermi spiegato
caro Davide,
tutto bene grazie! Anzi, se piovesse per un giorno non piangeremmo tanto... Abbiamo le gambe distrutte...
Spero di aver capito esattamente la tua domanda. Dunque, noi vedremmo la luce della galassia fin tanto che un suo fotone riesce a vincere l'espansione. Ovviamente è un fotone molto vecchio perché per arrivare a noi ha impiegato 13 miliardi di anni, ossia ha lasciato la galassia 13 miliardi di anni fa. Il fotone dopo, invece, non riesce più ad arrivare fino a noi o magari impiega molti altri miliardi di anni...
Ti consiglio di riprendere in mano i diagrammi sui coni di luce e pensare proprio a una galassia che è partita verso una direzione molto diversa dalla nostra. I suoi fotoni per un po' arrivano, ma poi vedi che più si sposta la galassia (si allontana da noi) più i fotoni devono percorrere molta strada in più e alla fine non ce la faranno mai. In qualche modo ricadiamo nella sfera di Hubble. Se la galassia esce dal suo interno scompare alla nostra vista. Anche su di lei avevo scritto qualcosetta.
Prova così, se no tienimi al caldo il dubbio e vedrò di riprendere il discorso al mio ritorno...
OK?
Abbi pazienza...