Categorie: Fisica classica Meccanica quantistica
Tags: Aristotele atomo Democrito Epicuro struttura materia
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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La meravigliosa avventura dell’atomo. 1: la meccanica quantistica di Democrito ed Epicuro *
Per una trattazione completa, inserita in un contesto più ampio, dell’argomento affrontato in questo articolo, si consiglia di leggere il relativo approfondimento
Iniziamo il nostro viaggio storico-scientifico verso l’infinitamente piccolo, partendo dai grandi pensatori greci. Un viaggio che, come la struttura dell’Universo, subisce una pausa lunghissima e viene ripreso solo in tempi ormai moderni e maturi per la sperimentazione scientifica. Un inizio, però, ben lontano da ciò che una valutazione troppo frettolosa potrebbe definire ingenua e addirittura ”ridicola”. Anzi, proprio la meccanica quantistica odierna sembra dare alle teorie più antiche un valore scientifico assoluto.
Immaginiamo di essere un po’ come il principe che abbiamo usato spesso come entità al di fuori del tempo e dello spazio. Non abbiamo sensi che ci permettano di ricevere informazioni dall’esterno e/o di avere qualsiasi tipo di interazione con ciò che esiste (e se esiste). Abbiamo, però, una mente pensante e riflessiva. Improvvisamente, veniamo trasportati nel mondo reale e ci vengono regalati i cinque sensi. Per la prima volta vediamo che esistono tante cose, a volte uguali a volte estremamente diverse; a volte piccole e a volte grandissime. Molte si muovono e altre stanno ferme. Alcune non si possono rompere, altre si spezzano con grande facilità. Alcune ci sbarrano il cammino e altre si intuiscono soltanto. Un esempio? la vela di una nave che è spinta da un qualcosa che non si riesce a vedere o un otre che si gonfia se si soffia al suo interno solo il nostro invisibile respiro.
Domanda: “Solo e soltanto con i nostri limitati sensi saremmo capaci di descrivere la Natura?”. Devo dire la verità. Sull’uomo di oggi sarei molto pessimista. Sbaglierò, ma se non trovasse la “pappa pronta”, preparata da anni costellati di menti illuminate, l’uomo moderno saprebbe usare la tecnologia come potrebbe fare una scimmia, ma ben difficilmente capirebbe o -soprattutto- cercherebbe o vorrebbe capire ciò che lo circonda (presenti esclusi, ovviamente!).
La Natura resterebbe un mistero da accettare e da sfruttare: niente di più e niente di meno. Eppure, vi erano personaggi come noi, senza, però, alcuna “pappa pronta”, che già parecchi secoli prima di Cristo erano riusciti, se non a risolvere questo mistero, almeno a porselo e a trovare strade teoriche per descriverlo. Non voglio certo addentrami nelle meraviglie deduttive degli antichi popoli e soprattutto dei greci (perderemmo su tutti i fronti e non avrei pagine a disposizione), ma solo riferirmi a come alcuni pensatori abbiano rappresentato l’avventura forse più grande ed elaborata della storia del pensiero umano: la struttura della materia.
E’ un’avventura che unisce l’infinitamente piccolo con l’infinitamente grande e già questo dato di fatto illustra molto bene la sua complessità e vastità. Essa è nata in tempi in cui non esistevano microscopi, laboratori del CERN, telescopi per scoprire cos’erano quelle migliaia di luci che splendevano nel cielo. Spesso avevano solo un bastone, un dromedario e tanta … intelligenza. Infatti, ciò che sicuramente esisteva era la mente umana, quella attiva, sempre pronta a recepire e a elaborare.
Uno dei maggiori problemi “mentali” del secolo scorso è stato il passaggio dalla fisica classica alla relatività di Einstein e alla sua pacifica battaglia con la meccanica quantistica. Ancora oggi, però, le scuole di livello medio-alto tengono certi concetti ben lontani dalle conoscenze dei giovani, quasi fossero ancora “eretici” (la scusa della difficoltà è un alibi che non ha alcun senso) e potessero trascinare docente e discepolo in un qualche terribile tribunale della Santa Inquisizione. Un po’ come quando io frequentavo le superiori negli anni ’60 e la storia d’Italia finiva, per bene che andasse, con la prima guerra mondiale. Il resto era ancora top secret!
Quando si parla di meccanica quantistica con le persone comuni sembra di parlare di un qualcosa al di fuori delle possibilità umane. Spesso si registrano sorrisi, scrollate di spalle, mani che si tappano le orecchie e frasi del tipo. “No, non è per me!”. E siamo nel ventunesimo secolo dopo Cristo. Ben pochi immaginano che la meccanica quantistica era già nata, da un punto di vista concettuale, nel V secolo avanti Cristo (almeno, per quanto ne sappiamo, ma potrebbe anche essere prima). Ha dovuto aspettare secoli e secoli, così come lo studio dell’Universo, prima di poter tornare libera nelle menti dell’uomo (prendiamo questo periodo di buio scientifico come un dato di fatto e non commentiamolo).
Il duello matematica-fisica, ovvero spirito-materia
Vi ricordate il paradosso di Zenone, quello che dimostra matematicamente che Achille non potrebbe mai vincere una gara di corsa contro la tartaruga? L’abbiamo descritto come un esempio classico della differenza sostanziale che esiste tra matematica e fisica. La prima accetta tranquillamente il concetto di zero e di infinito, non teme il pensiero astratto; la seconda è costretta a muoversi a scatti, per piccoli che siano e si pone limiti invalicabili, “materiali”.
Non è forse un concetto molto simile alla MQ? Il problema di una Natura continua contrapposta a una Natura formata da “pacchetti” infinitesimi, fatta di pixel invisibili (tanto per far contenti anche coloro che sanno tutto su come fotografare una galassia, ma che non hanno la minima idea di cosa sia la costante di Planck) è un problema che persone come Democrito ed Epicuro avevano già espresso e sviluppato ben prima che la scienza di tipo “religioso”, spirituale, astratto, dogmatico e inconfutabile, bloccasse per paura le menti più libere per tanti secoli a venire.
L’atomo, l’indivisibile
Due nomi vanno ricordati sopra tutti, anche se le teorie e i nomi spesso non vanno d’accordo, dato che i pochi documenti sono frammentari e difficili da riferire veramente a persone singole o a gruppi … di ricerca: Leucippo e il suo allievo Democrito (ben più famoso). I pensatori greci si erano posti il problema della materia e vi erano due scuole di pensiero, che potremmo dire di tipo matematico e fisico. La prima considera la materia composta da parti divisibili all’infinito, un qualcosa di continuo, tale che per un intervallo piccolo a piacere esista sempre un pezzetto di materia più piccola. Una visione alla Zenone, insomma… La seconda invece assume che la materia sia composta da parti indivisibili, ossia di “atomi” (in greco significa proprio “non divisibile”).
Un problema essenzialmente filosofico, dato che non vi era alcuna possibilità di eseguire esperimenti, ma sicuramente una delle più grandi conquiste scientifiche della mente umana. L’idea stessa di pensare a come sia strutturata la materia andando verso l’infinitamente piccolo è una conquista di livello eccezionale. Leucippo e Democrito sono i veri paladini della visione materialistica della Natura.
Da quanto scrive Democrito sembra che Leucippo avesse diviso il Cosmo in due parti essenziali: l’essere e il non essere. L’essere è la materia, il “pieno”; il non essere è il “vuoto” (ma quello “vero” non l’aria che si respira). Le interazioni tra pieno e vuoto portano a tutte le azioni, ai movimenti e alle forme della Natura. L’essere, cioè, il pieno, è formato da un numero infinito di piccolissime strutture indivisibili, di dimensioni diverse, che muovendosi nel vuoto danno a luogo alla molteplicità delle cose tangibili e visibili.
Democrito va ancora avanti e scrive un trattato il cui titolo è già una meraviglia di modernità: “Il piccolo ordinamento dell’Universo”. Già allora era riuscito a legare in modo strettissimo l’infinitamente piccolo con l’infinitamente grande. Un concetto che dire rivoluzionario è dir poco. Il suo trattato approfondisce i concetti di Leucippo. Gli atomi hanno due proprietà: la forma e la dimensione. Unendosi in ordine e modo differenti, danno origine ai diversi composti materiali. Questi gruppi o ammassi atomici producono sensazioni e percezioni se interagiscono con i nostri sensi. Noi vediamo qualcosa quando un gruppo di atomi parte dall’oggetto e colpisce il nostro occhio.
Essenziale è, comunque, il loro movimento. Gli atomi si muovono per effetto di forze interne. Inoltre, il movimento determina la “massa” degli atomi, in quanto quest’ultima dipende dalla velocità che gli atomi hanno acquistato attraverso gli urti reciproci. Lo stesso moto e le interazioni susseguenti danno origine ai corpi materiali.
Sintetizzando: gli atomi sono di per sé immutabili e la mutevolezza della Natura è dovuta solo alle loro aggregazioni e separazioni causate dal movimento. Le cose nascono e muoiono senza alcuno scopo finale, secondo processi puramente meccanici, dovuti al movimento degli atomi in tutte le direzioni. Beh… sto parlando di Democrito e non di meccanica quantistica.
L’apparente ingenuità della visione scompare se si riflette più a fondo. Vi è già presente un movimento continuo delle particelle. L’interazione tra di esse dà luogo alla struttura delle cose, alla sua variazione, e alla sua percezione. Vi è persino una massa che dipende dalla velocità… Le uniche particelle per Democrito sono gli atomi, ma se si scende ancora di un gradino, non è difficile intravedere già gli elettroni, i fotoni, le particelle e le teorie più moderne. Mi chiedo: “Se Democrito fosse portato ai nostri giorni (un po’ come il principe) o -forse ancora meglio- all’epoca dei grandi fisici del secolo scorso, dopo un ovvio momento di sbandamento e acclimatamento, avrebbe grandi difficoltà a entrare nelle problematiche dei modelli atomici di Bohr e addirittura quantistici?". Qualcosa mi dice che si troverebbe a suo agio e anche abbastanza in fretta.
Il principio d’inerzia e della conservazione dell’energia
Senza volare troppo in alto, si può comunque intravedere qualche principio fondamentale della fisica: egli dice, infatti: “Nulla è creato dal nulla e nemmeno si distrugge nel nulla”. Non assomiglia in tutto e per tutto alla legge di conservazione dell’energia? Inoltre dice: “Il pieno, quando si trova nel vuoto, continua nel suo movimento eterno, del quale non si deve chiedere ragione proprio perché esso è primitivo ed è sempre avvenuto”. E’ o non è il principio d’inerzia?
Oltretutto, questa teoria è frutto solo e soltanto del pensiero, senza alcun supporto proveniente da esperimenti del tutto impossibili a quei tempi. Non ci resta che toglierci il cappello e andare avanti…
La mela di Epicuro
Epicuro prosegue il lavoro di Democrito con piccole variazioni, riguardanti soprattutto il numero infinito di forme e di atomi. Per lui il numero deve essere per forza finito. Inoltre inserisce come ulteriore proprietà fondamentale il “peso” dell’atomo. In tal modo dà una spiegazione al moto degli atomi. Essi “cadono”, per effetto del loro peso, dall’alto verso il basso, in linea retta proprio come la pioggia, tutti alla medesima velocità (qualsiasi riferimento alla mela di Newton NON è del tutto casuale!). Come possono allora scontrarsi e dare origine alla materia? Epicuro se la cava attraverso la “deviazione”, un fenomeno del tutto “casuale”. Questa visione apparentemente debole e priva di qualsiasi logica, ha fatto sorgere molte opposizioni alla teoria di Epicuro.
E’ estremamente interessante citare ciò che disse Cicerone, come presa in giro, e che oggi suona in modo ben diverso: “Come fanno gli atomi a decidere chi di loro deve deviare e chi no? Tirano a sorte?”. Anche qui il famoso Dio che gioca a dadi sembra essere anticipato di secoli e secoli e, analogamente, la conclusione di Feynman: “Nessuno può spiegare perché un fotone si rifletta nel vetro e un altro no”. Epicuro sceglie questa strada “azzardata” per una ragione ben precisa: accentuare proprio la casualità dei fenomeni e della struttura dell’Universo.
Sbaglio o sarebbe molto istruttivo tornare a leggere ciò che gli antichi hanno scritto, senza partire da visioni prevenute imposte dagli alibi di una tecnologia spinta verso eccessi mostruosi. Le capacità mentali e razionali non dipendono dalla tecnologia. Se mai, ma non sempre, è vero il contrario.
La materia deve essere impura: il lungo buio della mente.
Purtroppo questa visione del mondo piuttosto “atea” trova un validissimo oppositore in Aristotele, che divide il mondo in due parti distinte: quella celeste e quella terrestre. La prima è incorruttibile e segue regole perfette di una geometria immobile e invariabile. La seconda è corruttibile e imperfetta, formata da un continuo miscuglio di elementi. La visione atomistica diventa insostenibile e perseguibile come blasfema.
La Chiesa accetta in pieno l’idea aristotelica e vede nella teoria atomica un pericolosissimo concetto materialistico. La Natura non può certo basarsi su interazioni casuali di particelle. Chi osa proporle non può che essere considerato un eretico. Una situazione analoga a quella della visione geocentrica dell’Universo. Tuttavia, mentre quest’ultima deve aspettare il XVI secolo per essere finalmente messa in discussione, per la teoria atomica si deve attendere Dalton e il XVIII secolo.
14 commenti
Già solo l'inizio di questo viaggio è molto interessante I concetti espressi da Leucippo,Democrito ecc. dovrebbero essere affrontati (soprattutto nelle scuole) pensando a questi collegamenti,evitando così di essere dimenticati perchè considerati troppo "arcaici" quando invece sono essenzialmente "moderni" ! Aspetto il prossimo articolo
La cosa che trovo davvero incredibile è come siano riusciti a porsi tali domande ed a provare a fornire tali risposte, avendo a disposizione solo i 5 sensi ed il ragionamento.
Come commenterebbero l'anonima foto di una galassia?
Caro Enzo, a mio avviso, per fotografare una galassia basta un minimo di conoscenza della propria attrezzatura e un po' di esperienza, ma la cosa strana e preoccupante (dopo tanta fatica per immortalarla) è il non domandarsi quante e quali informazioni contiene quell'immagine.
Curiosità, porsi domande, cercare di fornire risposte, mi sembra sia proprio la chiave di accesso usata da Leucippo e Democrito per percorrere la lunga strada della conoscenza.
Più che arcaici a me paiono geniali anticipatori, ottimi compagni di viaggio per condurci nel regno dell'infintamente piccolo..... e grosso.
Paolo
caro Paolo... non posso che abbracciarti e condividere pienamente il tuo pensiero!
Questo dimostra che l'unico mezzo per poter conoscere l'universo lo abbiamo a disposizione.... basterebbe saperlo usare per le cose giuste. Chissà dove saremmo adesso se la scienza religiosa avesse bloccato tutto. A questo proposito mi viene in mente anche la storia di Ipazia, aveva risolto il problema delle orbite dei pianeti molti secoli prima di Keplero...
Ho letto questo articolo subito dopo aver letto il discorso di Feynman e li trovo un po' in contrasto.
Non vorrei sembrare irriverente nei confronti dei grandi pensatori antichi a cui innanzitutto va pienamente riconosciuto l'enorme merito di essersi posti per primi tali importanti domande. A mio avviso però si sono un po' lasciati prendere la mano fornendo anche le risposte a tali interrogativi pur non avendo alcuna base per farlo, non per colpa loro anche se resta un dato di fatto.
E' straordinario come più di 2000 anni fa (quando non esisteva la scienza e non si sapeva nulla di MQ, relatività, ecc...) dei filosofi attribuirono a dei moti casuali degli atomi la creazione del nostro Universo, senza chiamare in causa un progetto globale.
Ho trovato un bel passo di Lucrezio dove spiega che noi, e tutto quello che ci circonda, siamo una fluttuazione casuale in un Cosmo eterno:
Ma in ordine ora dirò in che modo quell’agglomerato
di materia abbia dato origine alla terra, al cielo
e alle profondità del mare, alle orbite del sole
e della luna. Certamente gli atomi non si disposero
ciascuno al suo luogo con mente sagace,
né stabilirono i moti che ognuno dovesse produrre.
In molti modi invece i primi elementi, da infinito
tempo sollecitati dagli urti e accelerati dal peso,
si muovono e sono spinti ad aggregarsi in molteplici
modi, sperimentando tutto ciò che dalla loro coesione
possa nascere. Ne deriva che disseminati
nell’immensità del tempo, provando senza sosta
ogni genere di coesione e di movimento, si radunano
infine quegli atomi che, aggregandosi in un attimo,
divengono spesso origine di grandi cose,
della terra, del mare, del cielo e di tutti i viventi.
Beh, Matteo, tieni presente che stiamo parlando di pensatori, non di scienziati nel senso moderno del tempo. Applicare a Democrito e Leucippo il giudizio di Feynman sarebbe, oltre che ingeneroso, profondamente anacronistico. Le teorie dei filosofi del tempo nascevano per spiegare "tutto" il reale, anche in quei campi in cui a tutt'oggi abbiamo le "cargo cult sciences", e su questo venivano vagliate dagli altri pensatori. Quelle che risultavano più plausibili in quanto spiegavano un maggior numero di fenomeni del reale (mischiando quelle che oggi chiamiamo Logica, Fisica, Antropologia etc..) ebbero, in fondo giustamente, maggiore successo rispetto a teorie più parziali come quelle di Democrito, anche perchè non esisteva un metodo sperimentale con cui validarle o falsificarle. Ma ciò nulla toglie, anzi!, alla stupefacente modernità di queste intuizioni.
magnifico Lucrezio (che tra parentesi aveva già intuito la relatività galileiana...) e concordo in pieno con Vito. Ai tempi dei greci non si poteva fare ancora scienza sperimentale, ma solo filosofia scientifica... Avere certe intuizioni vuole probabilmente dire che le menti elette "sentivano" già qual'era l'essenza più nascosta della natura.Ci sino voluti secoli e secoli, ma, alla fine, l'impostazione quantistica è uscita allo scoperto. Si dovrebbe insegnare subito nelle scuole. Forse l'uomo pensa (quando pensa...) proprio secondo queste regole che sono quelle naturali che tutti contengono al loro interno.
Va beh... non facciamo NOI i filosofi...
Senza la strada già spianata "l’uomo moderno saprebbe usare la tecnologia come potrebbe fare una scimmia, ma ben difficilmente capirebbe o sopratutto CERCHEREBBE e VORREBBE capire ciò che lo circonda".
Parole che riflettono in pieno la società di oggi; una desolazione che abbonda (purtroppo) in ogni campo (dalla storia alla scienza), che nulla ha a che vedere con l'"anima" e lo "spirito" di un tempo.
Ottimo articolo Enzo!
grazie Emanuele e temo che sia proprio la verità...
Sarò una voce fuori dal coro, ma devo dire che l'atomismo di Democrito ed Epicuro non mi impressiona più di tanto. Si dirà, sempre meglio delle teorie aristoteliche dei quattro elementi terra-fuoco-aria-acqua che disgraziatamente ci siamo tirati dietro fino al medioevo. Sì, ma entrambe le "teorie" sono figlie di un metodo puramente speculativo e retorico; solo perché Democrito ed Epicuro"ci fossero andati più vicini", questo non rende le loro idee più valide o mirabili.
Non voglio scrivere un trattato, quindi permettetemi qualche semplificazione. Nelle sue elucubrazioni, il filosofo partirà anche da osservazioni del mondo reale, ma prima o poi finisce a giocare con le parole e da esse estrae ed estrapola significati, nella migliore delle ipotesi verosimili, ma spesso e volentieri del tutto sconclusionati. Pensate alla teoria delle sfere di Pitagora (sì, quello del teorema): esteticamente affascinante ma, stringi stringi...
Viva Galileo: lui sì che li ha messi tutti in fila!
caro Mik,
sicuramente non facevano scienza come farà poi Galileo. Tuttavia, i loro discorsi strampalati hanno permesso ad altri colleghi di calcolare la circonferenza della Terra, di prevedere la parallasse annua delle stelle, di calcolare la precessione degli equinozi e molte altre cose. Credimi... pensare all'atomismo può sembrare ovvio adesso che si conosce. Non cadiamo troppo facilmente nell'uovo di Colombo... Io continuo a levarmi tanto di cappello
Anch'io mi inchino di fronte a queste menti....
Se pensiamo che molte persone al giorno d'oggi "non capiscono" dei concetti semplici seppur spiegati con tanto di metodo scientifico, solamente perchè non hanno voglia di impegnare la mente... Beh, c'è da pensare....
caro Mik,
vorrei spiegarti un po' meglio il mio pensiero riguardo alle menti dell'antichità. Nessuno vuol dire che essi abbiano scoperto la meccanica quantistica, ci mancherebbe altro. Tuttavia, io penso che la nostra mente abbia dentro di sé già innate le regole quantistiche, quelle che governano sempre di più la realtà. La difficoltà sta nel farle uscire, ossia sapersi adeguare ad esse e saperle utilizzare. Tuttavia, per intuirle bisogna avere una mente fresca, ancora pura da intrusioni esterne e inconcludenti.
La grandezza di una mente antica sta proprio in questo, nel saper sfruttare le proprie potenzialità, indipendentemente dalla tecnologia acquisita. Essi potevano pensare in termini quantistici primitivi, proprio perché tutto era ancora da scoprire.
Al tempo di Galileo, le menti erano, invece, pregne di frasi fatte, di credenze e di paure... non era più possibile pensare come Democrito. Bisognava legarsi alla realtà e agli esperimenti. La grandezza della mente doveva prendere altre uscite e altre direzioni. Ed è nata la scienza sperimentale.
Gli antichi hanno sbagliato molto? Ci mancherebbe altro, se no la fisica sarebbe arrivata al suo massimo già prima di Cristo. Anche Dalton ha fatto un modello atomico ridicolo e così pure Thompson, però sono opere geniali della mente, indispensabili per il progresso.
Le "pensate" di Democrito vedono la loro grandezza nella genialità dell'impostazione e non nella somiglianza con la realtà. Se pensiamo che l'etere è vissuto fino a ben poco tempo fa... eppure chi cercava l'etere non era certo uno sprovveduto.
La vera crisi della scienza e dell'uomo avviene solo quando non pensa e non cerca di farlo, preferendo accettare verità non dimostrabili, ma di comodo. Senza i secoli bui della mente, la lezione di Democrito avrebbe portato a risultati pratici molto prima del 1600...