Categorie: Supernove
Tags: idrogeno sistema binario supergigante gialla supernova tipo IIb
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Si fa presto a dire supernova **
Si fra presto a dire “supernova”. Non è difficile dare una descrizione molto approssimativa e cavarsela con poco. Una stella di grande massa, tale da superare un certo valore più o meno definito, che vive molto poco e che una volta giunta alla fabbricazione del ferro non riesce più a proseguire nelle sue reazioni nucleari all’interno del nucleo e non può più opporsi al collasso della materia verso il suo centro. La conseguenza è un violento rimbalzo degli strati superiori che vengono scaraventati nello spazio, lasciando al centro un residuo stellare molto particolare che, nuovamente, a secondo della sua massa, diventa una stella di neutroni o un buco nero. Punto e a capo.
Purtroppo -o per fortuna- questo schema è seguito molto raramente e le supernove acquistano molte sfaccettature. Una di queste è ben nota e si tratta della supernova di tipo Ia, quella che serve da candela standard per la misura delle distanze a livello di galassie relativamente vicine. Una nana bianca viene rifornita di materia dalla compagna che ha riempito il proprio lobo di Roche e ingrassa fino a raggiungere un valore ben preciso di massa, circa 1.4 masse solari, ed è costretta a collassare producendo una supernova in qualche modo “guidata” dalla compagna.
Esistono, però, molte altri tipi di supernova. Alla fine, quelle originate da stelle singole, ultra massicce, che evolvono secondo gli schemi “tipici”, sono proprio le più rare. Normalmente si chiamano di tipo II. Tuttavia, le differenze diventano sempre più sottili, soprattutto da quando la spettroscopia ha dato la possibilità di leggere all’interno della flebile informazione luminosa che la stella esplosa manda nello spazio.
Praticamente, non passa un secondo che da qualche parte dell’Universo esploda una supernova, ma a causa della distanza da noi, poterla vedere e studiare è impresa abbastanza rara. Nella nostra galassia bisogna aspettare anche centinaia d’anni (in fondo è anche una fortuna, dato che l’energia che si libera potrebbe non essere molto salutare per il nostro pianeta). Fortunatamente, i telescopi hanno ormai tali occhiali che possono risolvere le stelle in molte galassie vicine e -a maggior ragione- assistere a qualche esplosione. Normalmente, è ben difficile prevedere dove e quando esploderà una stella e si deve studiare il fenomeno solo attraverso l’analisi di quelli che sono i residui lasciati dopo l’esplosione. Le informazioni sono tante, soprattutto grazie alle righe spettrali che ci raccontano dei gas che sono all’interno della nuvola lanciata verso lo spazio, ma ben diversa sarebbe l’informazione se si potesse studiare la stella che esplode, anche prima dell’evento.
Nella nostra galassia, sappiamo che molte stelle sono prossime alla loro fine, avendo già mostrato i primi segni di grande instabilità. Potremmo dire che da un momento all’altro esploderanno. Ma, il “momento” dell’Universo è qualcosa di molto diverso dal nostro “momento”. Magari sono cento, mille, diecimila, centomila anni. E’ bello aver riconosciuto l’oggetto in questione e seguirlo passo passo nella sua “trasformazione” (non voglio assolutamente usare parole come “morte” o “agonia” per oggetti che non finiranno mai di esistere), ma vi è ben poca speranza di vederlo esplodere (e, come già detto, forse è anche meglio da un punto di vista puramente “umano”). Non ci resta che guardare le galassie vicine e sperare di vedere qualche supernova, ma, soprattutto sperare di avere osservato precedentemente la stella che ha dato luogo al fuoco di artificio (per puro caso, il più delle volte).
Come vi dicevo, analizzando le righe spettrali si vedono le abbondanze dei vari elementi presenti nella nube post-esplosione. A volte vi è tanto idrogeno, a volte molto poco. Nel primo caso si pensa che la stella sia veramente da sola ed esploda secondo il modello classico. Nel secondo, si pensa che l’idrogeno le stia stato strappato da una compagna. Queste frasi molto empiriche, fanno, comunque, capire che non è facile capire come realmente esplode una stella e quanto questo momento fondamentale della sua vita sia legato o no alla presenza di una compagna.
Non possiamo andare nei dettagli più tecnici, ma sappiamo che esiste un tipo di supernova piuttosto strano e indecifrabile: quella di tipo IIb. Essa, per certe caratteristiche, sembrerebbe la classica stella solitaria che esplode. Tuttavia, la nube che produce è scarsa di idrogeno e questo non va tanto bene con una vita solitaria. Inoltre, nella fase post-esplosiva le caratteristiche assomigliano a quelle della supernova di tipo Ib, anch’essa con problemi analoghi di idrogeno mancante e anch’essa in forte sospetto di essere aiutata da una compagna. Insomma, un bel puzzle.
Riassumendo, per capire bene cosa siano le progenitrici delle IIb bisognerebbe vederle, studiarne i residui ma, soprattutto, vedere se hanno o non hanno una compagna. Qualcuno potrebbe dirmi:”E poi cosa ancora? Magari un biglietto vincente per la lotteria di Capodanno?”. Non avrebbe torto, dato che tutto ciò lo dobbiamo cercare in galassie che non sono la nostra e che l’alta energia di queste stelle, sia prima che dopo l’esplosione, è particolarmente visibile nell’ultravioletto, una parte dello spettro luminoso che non si legge molto bene da terra. Sì, abbiamo Hubble, ma non può certo passare il suo tempo a seguire tutte le stelle e sperare che prima o poi una esploda. Insomma, ci vuole un bel colpo di fortuna, oltre che un notevole lavoro di “testa”.
Veniamo così alle due “news” di cui vogliamo parlare.
La prima riguarda una supernova di tipo IIb osservata nel 1993 nella galassia M81, veramente molto vicina, a soli 11 milioni di anni luce da noi. Già questo è un bel colpo di fortuna, poiché la SN 1993J (il nome e cognome della supernova) è la più vicina di tipo IIb mai osservata.
In questo caso c’era poco da fare per vedere come si presentava la stella prima dell’esplosione (troppo debole anche se si fosse guardato casualmente proprio in quella direzione senza occhiali speciali). Non restava che cercare una possibile compagna. Se esisteva, sarebbe stato un punto importante a favore del sistema doppio. La compagna, proprio quella che alla fine si era cibata dell’idrogeno della sorella che stava per trasformarsi. Per vent’anni è stata cercata disperatamente, all’interno della nube che copriva una vasta zona di spazio attorno alla posizione originaria della stella esplosa.
La tecnologia, però, avanzava e Hubble era pronto a leggere sempre meglio lo spettro di ciò che rappresentava il residuo dell’esplosione. Se una compagna era ancora là dentro doveva avere caratteristiche abbastanza peculiari. Sicuramente doveva essere molto calda e doveva emettere nell’ultravioletto. Bastava, allora, cercare in questa lunghezza d’onda e vedere se in quella nuvoletta lontana vi fosse qualcosa di strano. Dopo aver tolto la luce spuria delle stelle vicine, restava ancora un netto eccesso di UV, proprio quello che ci si aspettava se all’interno della nube ci fosse una stella molto calda con le giuste caratteristiche di una stella capace di aver causato nella compagna uno spettro da supernova di tipo IIb.
Lo so, lo so… sarebbe molto meglio vedere direttamente la stella, ma quanto ottenuto è già un passo enorme per stabilire che, con buona probabilità, le supernove di tipo IIb si formano in un sistema binario. Sapendo cosa cercare, però, dovrebbe essere solo questione di tempo; tempo umano, ovviamente…
Già questa scoperta è stato un bel colpaccio. Ma, come dicevo, anche la fortuna non viene mai sola… Trasferiamoci a Tokio, dove lavora Gaston Folatelli. Il nome la dice lunga… e da buon “Gastone” è stato sicuramente fortunato (ma anche molto bravo e deciso). Nel 2011 esplode una supernova (SN 2011dh) nella galassia M51 a 24 milioni di anni luce da noi. Essa sembra proprio una supernova di tipo II, con ottime possibilità di essere una IIb, dato che vi è carenza di idrogeno.
Questa volta, però, la stella progenitrice è stata osservata abbastanza bene, dato che era particolarmente luminosa già prima di esplodere. E qui casca l’asino… La stella è chiaramente una supergigante gialla, una stella che non può esplodere immediatamente come supernova, senza qualche aiuto esterno che la faccia sembrare diversa da quello che è. Anche qui avremmo bisogno di entrare nei dettagli delle righe spettrali, ma possiamo sorvolare facilmente.
Per potere esplodere, una stella singola deve essere o una supergigante rossa o una Wolf-Rayet (incapace di trattenere i suoi strati esterni a causa del vento stellare impetuoso). E, invece, no, la stella è qualcosa di ben diverso. Gastone unisce alla fortuna anche l’intuizione e decide che deve esistere una compagna di caratteristiche ben definite: una stella blu molto calda (e questa decisione necessita di un profondo lavoro di sintesi dei dati in possesso e di un modello teorico molto complesso, non dimentichiamolo). Basta trovarla!
Finalmente, nel 2014 Hubble dirige i suoi occhi verso la zona in questione con i suoi occhiali ultravioletti. Beh…. questa volta non vi è alcun dubbio: in mezzo alla nube risplende una stella blu. La compagna è stata vista direttamente e le supernove di Tipo IIb sono sempre più accostate a una appassionata e complessa vita di coppia.
Adesso, c’è tanto lavoro da fare, modificare, rifinire modelli e avvicinarsi sempre più agli ultimi anni di vita, “quasi” normale, di una coppia molto agitata e vicina. Non possiamo certo stupirci della gioia che ha espresso con parole molto appassionate il nostro Gastone: “Uno dei momenti più eccitanti della mia carriera scientifica. Pensate: un astronomo che aspetta con ansia il risultato di Hubble e vede comparire proprio quello che aveva previsto molti anni prima!”
Non possiamo che dargli ragione, ammirando la figura che segue.
Forse, noi di questo blog non facciamo grande fatica a metterci nei panni di Gastone e sentire un leggero brivido lungo la schiena. L’astrofisica e le sue scoperte non sono solo tecnologia, ma tanto ragionamento, tanta fiducia e tanta passione in cui tutti i sensi dell’uomo sono coinvolti. Proprio come diceva Feynman quando parlava di “Universo in un bicchiere di vino”. L’Universo non si studia soltanto, ma si SENTE, perché noi ne facciamo parte, anche se oggi si fa di tutto per dimenticarlo!
Al di là delle solite frasi, possiamo renderci conto di quanta informazione c’è in quel piccolo pacchetto di energia che i corpi celesti lontani ci regalano e come sia straordinario riuscire a decodificare il messaggio “cifrato” che contengono.
Articoli originali QUI e QUI. Notate come il titolo stesso dell’articolo di Gastone e colleghi sia un vero e proprio grido liberatorio!
NEWS!! Il genio di Einstein, un pizzico di fortuna e tanta preparazione (nonché una buona tecnologia), hanno reso possibile l’osservazione “in diretta” dell’esplosione di una supernova.
5 commenti
Scusa Enzo ma, nel caso di SN2011dh, non mi è chiaro quale "aiuto" all'esplosione della supergigante gialla possa aver dato la stella blu.
Se non ricordo male una supergigante gialla è una stella uscita dalla sequenza principale che sta virando verso la condizione di gigante rossa per poi eventualmente esplodere.
Una stella blu è invece una stella molto calda di sequenza principale e quindi - al netto di situazioni locali e tipologia di stella - teoricamente stabile.
La reciproca azione gravitazionale non dovrebbe andare nella direzione per cui la blu (una stella con intenso campo gravitazionale ai suoi estremi) ruba materia alla gialla (una stella "gonfiata" e quindi più "predisposta" a perdere materia) ?
Se questo è vero quale accelerazione evolutiva può trarne la gialla?
Hai già chiarito che intervengono molti fattori e che la trattazione è tutt'altro che semplice e non ti voglio stressare ... ma qualche considerazione generale me la puoi regalare?
P.S.: A proposito si stelle instabili, mi puoi dire se nell'elenco c'è anche Arturo (una stella che mi ha sempre incuriosito) e se è vero che la stiamo perdendo, nel senso che è una stella fuggitiva?
Dunque... il fatto è che la supergigante appare gialla proprio perché il suo idrogeno è stato assorbito dalla blu (insomma sembra più calda di quello che è). Tuttavia, ciò non toglie che ormai la stella abbia il destino segnato. Non dimentichiamo, poi, che le stelle blu possono sia essere stelle di sequenza principale non troppo grandi, sia in fasi evolutive molto avanzate di stelle giganti. Quale sia la fase della compagna non è ancora chiaro, ma fatto sta che solo lei può aver succhiato l'idrogeno alla vicina. I particolari delle interazioni sono troppo tecnici per queste pagine e bisognerebbe andare a fondo dei lavori originali.
No, Arturo è una stella di tipo solare già uscita dalla sequenza principale e finirà disperdendo una nebulosa planetaria...
"L'universo non si studia soltanto ma si sente" ... appunto: qualsiasi cosa naturale non si studia soltanto: si sente, forse anche prima di studiarla. Allora entri veramente in contatto con essa.
caro Lontano,
è proprio quello che ormai non esiste più... l'uomo non si sente più parte della natura e pensa di poterla cambiare a suo piacimento. Mai superbia fu più grande. L'uomo pensa solo di poterla osservare e al limite trasformarla. Non ha più un vero contatto con lei. E questo capita sia nel senso "cattivo" che nel senso "buono". Dobbiamo farne parte, non vederla come un avversario e nemmeno come un qualcosa che solo noi possiamo salvare. Ma il discorso si farebbe troppo complesso e lungo...
Siamo figli delle stelle, anzi, delle supernove