Categorie: Buchi neri Meccanica Celeste
Tags: buco nero cattura stella forze mareali super ammasso locale
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Lucertole stellari **
Chi giungesse a casa mia non avrebbe bisogno di vedere le quattro gattine che scorrazzano avanti e indietro nel giardino per capire che ci sono. Basterebbe che guardasse le lucertole che entrano e escono dai cespugli o che si arrampicano sui muri: vederne una con la coda è una vera rarità!
Le forze in gioco tra il simpatico rettile e il micidiale felino sembrano impari e, ogni tanto, qualche sauro è costretto a immolarsi tra le grinfie dei gatti. La maggior parte, però, sfrutta la capacità di perdere la coda e lascia il felino con un palmo di naso. Alle lucertole rinasce la coda, agli oggetti dell’Universo no, ma… il confronto potrebbe essere abbastanza azzeccato.
Spostiamoci nel Sistema Solare e facciamo qualche considerazione su un argomento che, spesso, non è affrontato attentamente. Un asteroide o -ancor meglio- una cometa, come la Siding Spring, sono, rispetto al Sole, ben piccola cosa, sicuramente ancora più indifese delle lucertole rispetto a un bel micione. Eppure anche loro si schiantano contro la nostra stella abbastanza di rado e il più delle volte si divertono a sfiorare la dominatrice del sistema planetario e tornano a raccontare, più o meno malconce, la propria avventura ai colleghi o alle colleghe.
La gravità è una forza che sembra non lasciare speranza, essendo legata drasticamente alle masse in gioco: la più piccola dovrebbe soccombere alla più grande. E più un oggetto si avvicina al Sole e più le forze dovrebbero dare la vittoria a quest’ultimo. Noi sulla Terra lo dimostriamo in ogni momento: qualsiasi salto tentiamo di fare ricadiamo pesantemente al suolo: la Terra non ci vede nemmeno…
Tuttavia, noi siamo fermi rispetto alla Terra e l’unico modo per vincere contro il nostro pianeta sono miseri balzi senza speranza. E, invece, a poche migliaia di chilometri da noi, quasi ogni giorno, oggetti di qualche metro sfiorano tranquillamente il pianeta, proseguendo la loro corsa spaziale con danni relativi (al limite cambiano il percorso programmato). Cosa analoga riescono a fare le comete che partono da distanza quasi stellari, giungono a un niente dal Sole e poi, quasi come fosse un gioco spericolato, riescono a salvarsi e tornare da dove sono venute.
Un gioco sicuramente molto rischioso, come quello, di tanti anni fa, in cui i ragazzi inglesi, per passare il tempo (?!), giocavano a essere l’ultimo a spostarsi dalle rotaie con un treno in arrivo.
Beh… sappiamo bene chi permette alle comete e agli asteroidi di compiere esercizi così azzardati: la velocità. Essa gli permette di trasformare una forza che dovrebbe inghiottirli senza speranza in una traiettoria che permette passaggi ravvicinati e fughe improvvise. In fondo, è un gioco di tempismo perfetto. Quando è massima la velocità di una cometa? Proprio quando passa vicina al Sole. Mentre, nel punto più lontano, la palla di neve sporca sembra riposarsi e camminare a passo molto lento. Abbiamo ribaltato la situazione, ma l’immissione in orbita può anche essere pensata in questo modo (trascurando la più seriosa conservazione di energia e/o di momento angolare).
Tante lucertole che riescono a sfuggire alle grinfie di un gatto. Si lasciano avvicinare e poi scappano lasciandogli solo la coda. Anche le comete lasciano molta materia in questo gioco pericoloso, ma a volte non ci lasciano solo la coda e si disintegrano come è successo poco tempo fa con la celebre ISON. Tuttavia, facciamo molta attenzione a quando si parla di disintegrazione. Il più delle volte non vi è nessun impatto tra la cometa, o l’asteroide vagabondo, e il Sole o un pianeta. Ovviamente, escludiamo gli effetti dovuti al calore. Ci si pensa poco… ma gli scambi di favori gravitazionali tra un oggetto mostruosamente grande e uno relativamente piccolo avvengono a distanza ravvicinata, ma senza un contatto diretto.
Prima che la distanza tra lucertola e gatto vada a zero, avviene il distacco della coda. La forze mareali (ne abbiamo parlato molte volte) agiscono prima del contatto diretto e se le dimensioni dell’oggetto non sono proprio ridicole, e la distanza è abbastanza piccola, sono in grado di deformare l’avventuriero e magari spaccarlo in due pezzi o sgretolarlo del tutto: è come se un gatto catturasse una lucertola solo con lo sguardo!
Quante comete si sono trasformate in una nuvola di detriti? Quanti asteroidi pericolosi sembrano formati da due oggetti a contatto? Beh… molte volte tutto ciò è stato causato dalle forze mareali, una distruzione o una modifica avvenuta a distanza, senza alcun contatto diretto. Sembra quasi che l’azione della marea sia l’ultimo avviso che il Sole dà ai suoi figlioli spericolati: “E’ l’ultimo avvertimento: se non fate qualcosa sarò costretto a ingoiarvi”. Alcuni non se ne curano e subiscono l’impatto finale, ma molti, la maggior parte, danno retta al gigante e se ne vanno, lasciando sul campo la loro … coda, come le lucertole.
Ragionandoci un po’ sopra, si riesce a entrare in quest’ottica e dare alla marea il suo giusto valore. In fondo, gli anelli di Saturno, le maree oceaniche, l’impatto della Shoemaker-Levy 9, la ISON, il riscaldamento di Io ed Europa, ecc., ecc., ci mostrano tutti i giorni questo effetto a distanza che funziona come un campanello d’allarme e che a volte non lascia segni indelebili su chi lo subisce.
Più difficile, mentalmente, è spostare questa logica nelle galassie, soprattutto quando chi comanda il rischiosissimo balletto è nientemeno che un buco nero gigantesco. Quante volte si sente dire: “Quella povera stella si è avvicinata a un buco nero ed è stata ingoiata come una tartina al salmone!” E, invece, anche tra stella e buco nero esiste l’avvertimento della marea e le stelle possono diventare lucertole.
Anche in questo caso la gravità dell’oggetto più potente dell’Universo deve tener conto della velocità con cui si avvicina la stella. Ricordate i sistemi binari che dopo un passaggio ravvicinato al buco nero sacrificano una stella, permettendo all’altra di lasciare il punto critico e addirittura andarsene dalla galassia a velocità altissima (le ormai celebri "stelle fuggitive")? Bene, in fondo questo sistema è simile a una lucertola che ha sacrificato la coda pur di salvare il resto del corpo.
In generale, non è così facile soccombere a un buco nero. Non abbiamo mai parlato di stella che cade dentro al buco nero e, se lo abbiamo fatto, è stato solo per riassumere frettolosamente la situazione. Una stella che subisce completamente la gravità del “mostro” viene prima deformata dalle forze mareali (l’ultimo avviso…) e solo dopo si sgretola e si sistema in un disco di accrescimento che viene ingoiato lentamente dall’affamato “mostro”. Una specie di cella della morte in attesa dell’esecuzione. E chi non conosce le urla che lanciano queste stelle ormai ridotte in polvere mentre girano attorno al “cannibale”, avvicinandosi sempre di più e aumentando la velocità? A volte le loro urla danno luogo a due getti potentissimi che si lanciano verso lo spazio oltre la stessa galassia.
Perché tanti discorsi (sempre utili, però)? Innanzitutto, per richiamare come la cattura, la distruzione e l’impatto tra un piccolo oggetto e un vero gigante è molto più articolato e complesso di quanto si creda. In altre parole, le probabilità di salvezza sono nettamente superiori a ciò che una prima visione superficiale potrebbe far pensare.
Soprattutto, però, perché è stata recentemente osservata una vera e propria lucertola stellare. La scoperta apre nuovi scenari sul modo di cibarsi dei buchi neri, in generale. Potrebbero, forse, ingrandirsi facendo solo spuntini e non attraverso banchetti pantagruelici. D’altra parte è meglio un pasto nutrito al giorno o tanti piccoli e numerosi assaggi? Un argomento che apre nuovi studi e nuove alternative sull’evoluzione generale dei padroni indiscussi delle galassie.
Veniamo, finalmente, al punto!
La All-Sky Automated Survey for SuperNovae (ASASSN, si pronuncia proprio come “assassino”!) è una strumentazione dislocata in vari osservatori mondiali e formata da gruppi di piccoli telescopi (14 cm di diametro ciascuno), capaci di “spazzare” il cielo alla ricerca di supernove particolarmente luminose (minori della magnitudine 17). Bisogna dire che sta lavorando molto bene e spesso e volentieri rileva improvvise fiammate che indicano l’evento. Tuttavia, proprio per come opera non è solo un cane specializzato nei tartufi bianchi, ma scopre tutto ciò che … "luccica", anche quelli neri.
E così che quel “falsh” osservato nella costellazione dell’Orsa Maggiore ha subito mostrato che era qualcosa di diverso. Ovviamente, la cattura di una stella da parte di un buco nero è un evento che è stato studiato teoricamente e attraverso modelli molto accurati, per cui si riesce a riconoscerlo subito. Anche quando si riferisce a un pasto non completo!
I piccoli telescopi hanno subito lascito il compito a colleghi più potenti e sono entrati in campo il telescopio robotico da 1 m del McDonald Observatory, quello da 2 m del Liverpool Telescope, Il 3.5 m dell’ Apache Point Observatory, e, "dulcis in fundo", l’8.4 binocolare. A questi si è aggiunto lo “spaziale” Swift. Nel frattempo si è andati a cercare nell’archivio dello Sloan Digital Sky Survey per localizzare l’oggetto che aveva subito la fiammata. Si tratta della galassia SDSS J110840.11.
Perchè tanto interesse? Proprio perchè l’energia rilasciata e le modalità dell’esplosione dimostrano che non è stato una distruzione mareale completa di una stella da parte di un buco nero, ma di qualcosa di ben più ridotto. Si è stabilito che una massa pari a solo un millesimo della massa solare è stata strappata alla stella che si è avvicinata al mostro (all’incirca la massa di Giove). Un processo di cattura parziale che era stato da tempo ipotizzato, ma che mai era stato visto così bene.
Si è anche stabilito da tempo che un banchetto stellare completo capiti in media ogni 10 000- 100 000 anni per buco nero. Un pranzo luculliano, ma troppo sporadico per dare ragione della sua crescita smisurata. E se, invece, le piccole merende fossero ben più frequenti e utili? Ovviamente, un solo caso non può dimostrare niente, ma è indicativo il fatto che, solo dopo pochi mesi dall’entrata in funzione dell’apparecchiatura predisposta, sia saltata fuori un caso del genere.
Ciò che è stato visto appartiene a qualcosa di relativamente vicino (solo 650 milioni di anni luce). La galassia fa parte del nostro super ammasso definito e identificato da poco (ne abbiamo parlato) con il nome Laniakea. Non resta, adesso, che continuare a scrutarlo da ogni lato con i piccoli ma abilissimi telescopi quasi amatoriali. Le idee e la loro realizzazione superano di gran lunga la tecnologia. Se poi le uniamo allora si lavora veramente bene!
La Figura mostra molto “rozzamente” quello che può essere capitato.
Questo evento ce ne ricorda un altro che doveva capitare e, invece… silenzio completo! Ricordate sicuramente che il nostro buco nero stava per catturare parte di un ammasso di gas e ci si aspettava qualche segno di attività. E, invece, niente di niente. Probabilmente il nostro “mostro” è molto ben educato e sa come stare a tavola!
Il lavoro ufficiale non è ancora uscito, ma se recupero altre notizie più precise vi informerò seduta stante... sulla coda della lucertola stellare.
2 commenti
Questa volta avevi davvero voglia di dilungarti e non ti sei sprecato con le metafore zoologiche.
Grazie, come sempre.
650 milioni di anni luce... sono veramente così pochi?