Categorie: AGN Buchi neri Supernove
Tags: collisioni galattiche Eta carinae Stella variabile blu supernova trottole
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Una stella che non voleva morire o un buco nero cacciato da casa? **
Sembra proprio un processo all’italiana. Sono passati più di 60 anni e ancora non abbiamo un verdetto. Anzi, non sappiamo nemmeno cosa sia realmente accaduto. Sicuramente, però, è qualcosa di veramente eccezionale. Ne ho approfittato per parlare un po' di trottole...
All’interno dell’Orsa Maggiore si trovano moltissime galassie interessanti (ma esiste una galassia NON interessante?). Tra queste ve n’è una piuttosto piccola, una “nana”, che ha il nome di Markarian 177 e si trova a 90 milioni di anni luce da noi (notate che parlo di distanza e non di tempo impiegato, lo posso fare perché siamo nella nostra periferia).
Piccola sì, ma sicuramente non tranquilla. Il suo centro mostra un’attiva formazione stellare (addirittura due nuclei molto luminosi) che non può che far pensare a una “recente” collisione galattica. Normalmente, quando due galassie si scontrano eseguono un balletto affascinante e poi si uniscono insieme, seguite in questa pacifica conclusione anche dalla fusione dei due corrispondenti buchi neri. Un momento importantissimo perché “strapazza” il tessuto spaziotemporale e dà luogo alle tanto cercate onde gravitazionali. Purtroppo, come ben sappiamo, l’intensità di questa deformazione non è sufficiente ai nostri strumenti di misura e le onde gravitazionali rimangono come l’araba fenice: che ci sian ciascun lo dice dove sian nessun lo sa… O meglio, nessuno riesce a sentirne il segnale (NEWS!! Rilevate le onde gravitazionali)
Noi, però, ci fidiamo ciecamente delle previsioni di Einstein e siamo sicuri che è solo questione di tempo e di strumenti. L’unione di galassie resta, comunque, un processo intimamente legato alla formazione di onde gravitazionali. Tuttavia, non sempre la conclusione di uno scontro è così pacifica e indolore. Può capitare che vi sia una netta differenza di massa tra i due buchi neri coinvolti nella danza e che il più grande riesca ad avere il predominio e a cacciare letteralmente l’intruso dalla “sua” galassia. Casi di questo genere si sono già visti e Markarian 177 potrebbe essere un esempio di questo tipo.
Spieghiamo meglio cosa può succedere quando due buchi neri si fronteggiano nella loro ultima “tenzone”. Se i due mostri decidono di unirsi, si sistemano in un sistema doppio che lentamente decade fino alla fusione (come QUESTO, per esempio). Il tutto avviene con continua variazione delle velocità relative e quindi in regime di masse continuamente accelerate. Accelerazione vuol dire produzione di onde gravitazionali. Tuttavia, il processo è continuo e non ha direzioni favorite, per cui possiamo pensare a una distribuzione uniforme. Se, invece, vi è una netta disparità di massa la traiettoria di un buco nero attorno all’altro è decisamente più complicata ed è facile che si creino onde gravitazionali asimmetriche. Questa evenienza potrebbe facilmente agire contro il buco nero più piccolo e farlo rinculare a grande velocità fino a cacciarlo dalla stessa galassia in cui cercava di accasarsi (magari era proprio la sua…). Probabilmente si allontana secondo un’orbita molto ellittica, ma può anche facilmente perdere ogni legame gravitazionale e vagare isolato nello spazio intergalattico. In ogni modo, è sempre un buco nero con una massa non trascurabile e, quindi, si porta con sé un ricordo tangibile della sua permanenza lunga o breve nella galassia: un ammasso di gas che lo circonda e che viene ingoiato lentamente sistemandosi nel ben noto disco di accrescimento. Prima o poi lo divorerà tutto, ma finché ne avrà un po’ a disposizione segnalerà la sua presenza con emissione di luce di intensità più o meno variabile.
E' un momento in cui stiamo parlando molto di momento angolare e di quantità di moto, oltre che di navicelle che si avvicinano a corpi celesti. Vorrei dire qualcosa in più, in modo estremamente semplificato, su come due buchi neri possano sia amarsi alla follia sia rifiutarsi.
Cosa prendere per simulare nel modo migliore due buchi neri? Beh... la stessa cosa che si usa spesso per le particelle elementari munite di "spin". Solo e soltanto due belle trottole! La rotazione delle trottole simula bene la rotazione dello spazio indotto dai buchi neri e quindi possiamo vederli come due oggetti che riescano veramente a scontrarsi. Bene, prendete due trottole (chiedete ai bambini se ancora le usano... temo di no...), mettetele in rotazione e cercate di mandarle una contro l'altra. Vedrete che il risultato può essere nettamente diverso a seconda di come ruotano le due trottole.
Se hanno rotazioni INVERSE, appena si toccano vengono ricacciate lontane, mentre la rotazione continua come prima. Se, invece, hanno rotazioni CONCORDI, si bloccano immediatamente e smettono di ruotare cadendo a terra. Il secondo caso possiamo considerarlo un'unione completa.
Per capire la situazione (in modo oltremodo semplificato, ovviamente, e anche solo indicativo), pensate a come si toccano le trottole che girano in senso inverso. Nel punto di contatto vi sono due vettori velocità che si sommano, andando entrambi nello stesso verso della rotazione di entrambe le trottole. Dato che si deve conservare sia il momento angolare che la quantità di moto, le due trottole si allontanano invertendo la direzione del moto e mantengono la rotazione. Nel caso di rotazione concorde, le due trottole si toccano con due vettori che vanno in verso opposto. Nuovamente la conservazione del momento angolare e della quantità di moto non può che portare a un risultato nullo per entrambe le grandezze (l'impatto di una frena la rotazione dell'altra e viceversa, mentre dato che i versi dei vettori velocità erano uguali e contrari la conservazione della quantità di moto impone una quantità di moto finale del sistema uguale a zero, così come lo era prima dell'urto, dato che i vettori avevano segno opposto). In realtà, non si possono trascurare gli attriti e le due trottole che cadono si surriscaldano. Inoltre bisogna anche tener presente il movimento lineare delle trottole... insomma un problemino niente male, che, inoltre, non tiene conto della relatività... Un gioco, insomma; abbastanza istruttivo, però.
Prendete quindi l'esempio come qualcosa di veramente indicativo e non cercate di volere risolvere la situazione solo con la fisica più semplice... La Fig. 1 vi mostra la situazione vista dall'alto. Sopra i versi inversi, sotto quelli concordi. Ai più bravi non sarà scappato che siamo di fronte a un tipico problema di simmetrie di vario tipo, proprio come capita alle particelle elementari. Quando e se parleremo di modello standard le trottole verranno molto utili...
Pensate che il "rinculo" non sia sufficiente a sbattere via il buco nero più piccolo? Guardate il filmato, che ho trovato, relativo al passaggio ravvicinato di due asteroidi di massa diversa e vedrete che il risultato finale è assicurato (ottavo video dall'alto di questa pagina) . Quanto sono utili gli asteroidi, anche se piccoli e... virtuali, come in questo caso!
Bene, torniamo a noi...
Vicino alla galassia Markarian 177 vi è una sorgente che sembrerebbe proprio fare al caso nostro. Essa è stata chiamata SDSS1133 e mostra molte caratteristiche perfette per essere un buco nero cacciato e vagante. La sua distanza dalla galassia è di 2600 anni luce. Una sorgente particolarmente fortunata (almeno per noi) dato che sono ben 60 anni che viene osservata. E qui cominciano i … guai.
La radiazione nell’ultravioletto e nel visibile confermerebbe l’ipotesi del buco nero. Però, altre osservazioni di righe spettrali sono in disaccordo con un buco nero circondato da un disco di accrescimento e sembrerebbero riferirsi più giustamente a ciò che capita nelle fasi precedenti a una esplosione di supernova. Anzi, all’inizio delle osservazioni, la sorgente era stata proprio considerata una pre-supernova. In altre parole, una stella variabile blu che continuava a perdere materia in attesa dello scoppio finale. Sì, tutto bene, ma quando finalmente ci fu la sospetta esplosione si era ormai nel 2001 e gli anni passati nella fase preagonica erano decisamente troppi. Sarebbe un caso eccezionale di durata, un disperato tentativo di resistere senza arrivare al tracollo. E non parliamo poi della sua enorme luminosità, del tutto inaspettata per una stella del genere. Insomma, se fosse stata una pre-supernova sarebbe il primo caso del genere, di importanza fondamentale per lo studio dell’evoluzione stellare di oggetti estremi. L’unico oggetto che sembrerebbe assomigliarle è la celeberrima Eta Carinae, che però non è mai arrivata a tanto e la durata di una fase comparabile a quella della sorgente SDSS1133, non ha superato i dieci anni. Oltretutto, prima del 1950 la strana sorgente non era osservabile, ma poteva già essere attiva.
Perché non accettare definitivamente l’opzione del buco nero espulso brutalmente ? Come dicevo, molte osservazioni lo soddisfano, ma altre sembrano proprio inconciliabili. C’è poco da fare: non si può ancora emettere un verdetto finale. Non resta che continuare a osservare, sapendo che si è di fronte a qualcosa di straordinario, in un caso o nell’altro.
Speriamo solo che non vi sia prescrizione anche nel Cosmo…
Un bel video che simula l’origine di SDSS1133, nell’ipotesi del buco nero espulso, si può vedere QUI
Articolo originale QUI
6 commenti
Quindi Enzo, le onde gravitazionali, creando "increspature" nel tessuto spazio-temporale dell'universo possono perturbare il moto di oggetti che si trovano in zone attraversate dalle OG stesse.
Questo da cosa dipende? Mi figuro le OG un pò come le onde del mare con una continua alternanza di creste e ventri. Se le OG alterano la geometria dello S-T allora possono creare dei ventri all'interno dei quali gli oggetti possono essere spinti dalla necessità di muoversi secondo traiettorie geodetiche dello S-T?
Insomma, alle modificazioni locali di curvatura dello S-T prodotte da campi gravitazionali già presenti, si aggiungono quelle introdotte dalle OG producendo una nuova geometria locale dello S-T con le relative modifiche delle traiettorie.
E' così?
in qualche modo sì. In fondo, essere catturati o scacciati dalla gravità dipende dal tessuto spazio temporale. Perfino la luce devia... Figuriamoci quando il tessuto si raggrinza...
Per inquadrare meglio la questione delle ipotetiche onde gravitazionali ho pensato di postare questo articolo sperando possa essere di ulteriore chiarimento.
Buona lettura.
A caccia di onde gravitazionali e della loro origine
Previste dalla teoria della relatività generale quasi cent'anni fa come conseguenza di eventi cosmici estremi, quali la collisione di due stelle di neutroni o di due buchi neri, le elusive onde gravitazionali non sono mai state rilevate. Nei prossimi anni però potrebbero esserci le condizioni per raggiungere questo risultato epocale, grazie a un enorme sforzo mondiale di fisici e astronomi
L'anno fatidico per la teoria della relatività generale di Albert Einstein potrebbe essere il 2017, cioè quasi cent'anni dopo la sua pubblicazione, avvenuta nel 1916. Per il 2017 infatti è prevista l'entrata in funzione della versione aggiornata di LIGO, un apparato sperimentale che completerà un esteso network mondiale di strumenti per rivelare le onde gravitazionali, secondo Mansi M. Kasliwal, della Carnegie Institution di Pasadena, in California, che in un articolo apparso su "Science" fa il punto della situazione in questo delicato ambito della fisica sperimentale.
Secondo la teoria generale della relatività, particolari eventi che coinvolgono oggetti estremamente massicci, come la fusione di due stelle di neutroni o di due buchi neri, sono in grado di produrre “increspature” sul tessuto dello spazio-tempo. Da anni, molti scienziati in tutto il mondo sono alla ricerca di un modo per rivelare queste increspature, ma il compito è estremamente arduo. Innanzitutto, gli eventi che potrebbero generarle sono molto rari, si stima che avvengano una volta ogni 10.000 anni per galassia. Inoltre, i loro effetti sono estremamente deboli, al punto che sono necessari strumenti in grado di rilevare una variazione di lunghezza di una parte su 10 alla 21: in altre parole, per ogni chilometro l'effetto è di un miliardesimo di nanometro.
Tuttavia, i fisici continuano il loro lavoro e presto potranno vedere all'opera diversi strumenti insieme: la contemporaneità della rivelazione degli eventi candidati è infatti un elemento fondamentale per aumentare l'affidabilità e la precisione dei dati. Tra poco sarà disponibile la "triangolazione" tra il nostro VIRGO, frutto della collaborazione tra INFN e il CNRS francese, in funzione dal 2003 e costruito nel comune di Cascina,
in provincia di Pisa, e due interferometri della collaborazione LIGO, il primo denominato LIGO-Hanford, situato a Richland, nello Stato di Washington, e il secondo chiamato LIGO-Louisiana, presso la Louisiana State University a Livingston. Attualmente le strutture originali di LIGO sono in fase di smantellamento per lasciare posto alla versione aggiornata Advanced-LIGO. Seguiranno poi il proposto LIGO-India, attualmente nella fase di selezione e validazione del sito, e il giapponese Kagra (Kamioka Gravitational wave detector, Large-scale Cryogenic Gravitational wave Telescope), un progetto iniziato nel 2010 e che prevede l'installazione dell'apparato sperimentale nella miniera di Kamioka, la stessa che permise la rivelazione di neutrini provenienti da uan supernova nel 2002.
Al di là delle differenze di costruzione e dimensionali, questi rivelatori hanno in comune il principio di funzionamento: un interferometro di enormi dimensioni in grado di incrociare il cammino percorso da un fascio laser producendo una figura d'interferenza sensibile alle minime variazioni di lunghezze dello stesso percorso dovute al passaggio di un'onda gravitazionale. Tuttavia, anche nel caso in cui gli interferometri riescano a rilevare un'onda gravitazionale, non ci sarà alcuna indicazione sul punto dell'universo in cui è stata generata: per identificarlo, i ricercatori dovranno chiedere la collaborazione dei colleghi astronomi. (E' un po' come essere sulla battigia ed essere investiti da un'onda anomala: se non alziamo lo sguardo verso il mare aperto non possiamo sapere quale imbarcazione può averla generata).
Ma quale segnale ci si dovrebbe aspettare? Nessuno lo sa con esattezza, ma gli astrofisici teorici hanno già elaborato qualche modello plausibile. Innanzitutto dovrebbe avere una luminosità inferiore a quella prodotta da una supernova (l'esplosione estremamente energetica di una stella di grande massa giunta al termine del suo ciclo evolutivo) ma maggiore di quella di una nova (l'esplosione nucleare che avviene in una nana bianca, notevolmente meno energetica di una supernova). Inoltre, il segnale dovrebbe durare da alcune ore a pochi giorni e avere una luminosità rossastra.
Gli astronomi si stanno dunque attrezzando per scandagliare il cielo con un campo di osservazione che sia il più ampio possibile. L’astronomia ottica è quella con la maggiore disponibilità di strumenti: la Dark Energy Camera, uno strumento da 2,5 metri in Cile e la gigantesca camera da 8,2 metri, denominata Hyper Suprime Cam, dell’Osservatorio astronomico nazionale giapponese, montata sul telescopio spaziale Subaru, entrambi completati nel 2012, e infine lo Zwicky Transient Facility (ZTF), un telescopio da 1,2 metri di diametro, che rappresenta un aggiornamento dell'attuale Palomar Transient Factory, presso lo storico Osservatorio del Monte Palomar, in California, che sarà pronto nel 2015.
Gli astronomi che osservano il cosmo nell’infrarosso non sono così fortunati, e per ora gli strumenti di osservazione ad ampio campo in questa parte dello spettro si limitano a due progetti: un telescopio a terra, denominato Synoptic All-Sky Infrared telescope (SASIR), che verrà ospitato dall'Observatorio Astronómico Nacional, nelle montagne di San Pedro Martir, nella Bassa California (Messico) e uno spaziale, il Wide-Field Infrared Survey Telescope (WFIRST), un progetto della NASA che vedrà la luce forse nel 2023.
Il problema principale è che il “cielo transitorio” cioè l’insieme delle esplosioni che si possono osservare nello spazio, è estremamente dinamico, e un evento riconducibile alla produzione di onde gravitazionali è il proverbiale ago in un pagliaio. Il rischio di “falsi positivi” è elevato, se si osserva una zona di cielo in cui sono presenti diverse galassie. Per questo motivo, l’altra priorità per arrivare finalmente alla conferma astronomica di un’onda gravitazionale giunta fino a noi è il completamento dei cataloghi delle galassie, attualmente insoddisfacenti per questi scopi.
Anche questo articolo aiuta ad approfondire.
A OLTRE 4 MILIARDI DI ANNI LUCE DA NOI
E’ un trio cosmico davvero sui generis quello scoperto da un team di astronomi. A comporlo sono infatti tre buchi neri supermassicci , raccolti nella regione centrale di una galassia distante da noi oltre quattro miliardi di anni luce. A individuare il sistema è stato un team di astronomi guidato da Roger Deane dell’Università di Città del Capo in Sudafrica, grazie ad accurate osservazioni nelle onde radio con la tecnica denominata Very Long Baseline Interferometry (VLBI). Questo metodo combina i segnali raccolti da grandi antenne radio sparse sulla Terra, per ottenere immagini di oggetti celesti con un livello di dettaglio elevatissimo, addirittura 50 volte migliore di quelle del telescopio spaziale Hubble. In questo caso sono stati utilizzati i radiotelescopi della rete europea VLBI insieme a quello di Arecibo a Puerto Rico.
“L’obiettivo della nostra indagine era quello di cercare delle tracce prodotte da buchi neri supermassicci, tipicamente della stazza di 100 milioni di masse solari, raggiunta grazie a fenomeni di fusione, a partire da strutture più piccole” spiega a Media INAF Gianni Bernardi, ricercatore presso la Rhodes University di Grahamstown in Sudafrica e membro dello SKA South Africa, che ha partecipato all’indagine, pubblicata on line sul sito web della rivista Nature. “In particolare eravamo interessati a individuare sistemi multipli di buchi neri perché le simulazioni che ricostruiscono l’evoluzione delle strutture nell’Universo suggeriscono che, nel tempo, così come avviene per le galassie, anche i buchi neri si devono incontrare e quindi fondere, oppure devono entrare in una relazione gravitazionale molto stretta. Però queste sono situazioni molto difficili da scoprire. Ci sono state alcune scoperte di sistemi doppi di buchi neri e ancor più raramente di sistemi tripli. Abbiamo scelto un sistema sulla base di osservazioni ottiche precedenti e lo abbiamo osservato in banda radio in modo da indagare strutture su distanze di alcune centinaia di anni luce”.
Il quadro che emerge da queste immagini è che due dei tre ‘mostri cosmici’ sono separati da circa 400 anni luce e si muovono l’uno rispetto all’altro a una velocità di circa 100 chilometri al secondo, cioè quasi 400.000 chilometri orari. “In più – aggiunge Bernardi – abbiamo osservato che i getti radio emessi da uno dei due buchi neri risulta distorto e assume una forma simile ad una ‘esse’, che interpretiamo come l’effetto prodotto dall’interazione gravitazionale prodotto dal compagno. Ma è notevole il fatto che stiamo studiando un sistema che era già presente quando l’universo aveva circa un terzo della sua età attuale, la prova osservativa della presenza di buchi neri interagenti già nell’universo molto giovane. Ci aspettiamo che questo non sia un caso isolato nell’Universo”.
Oggetti come quelli appena scoperti hanno molto da raccontare agli astrofisici. Il loro studio è determinante per comprendere i processi evolutivi delle galassie e le interazioni che esse hanno con i buchi neri supermassicci presenti al loro centro (quello che gli addetti ai lavori chiamano feedback). Inoltre, i sistemi strettamente orbitanti come quello appena scoperto, sono sorgenti di onde gravitazionali nell’Universo, secondo le previsioni della Teoria della Relatività Generale di Einstein.
“Anche questa implicazione della nostra ricerca è a mio avviso molto importante e ci permette di iniziare a caratterizzare le proprietà che dovrebbero avere le onde gravitazionali emesse da queste sorgenti estreme” aggiunge Bernardi. “Noi infatti conosciamo bene, per esempio,il comportamento della Gravità sulla Terra o nel Sistema solare. L’intensità di questa forza fondamentale dipende dalla distanza e delle masse coinvolte. Per testare il suo comportamento in situazioni estreme, che implicano la presenza di masse di milioni di volte quella del Sole o addirittura maggiori, dobbiamo ricorrere all’unico laboratorio di cui disponiamo, ovvero l’Universo stesso, che ci mette a disposizione proprio i buchi neri supermassicci o, meglio, i sistemi
caro Foscoul,
la news sui buchi neri con i getti aggrovigliati l'avevo già riportata qui:
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2014/07/03/quando-i-buchi-neri-si-divertono/.
Ok perfetto hai fatto bene a farmelo notare colgo l'occasione per rileggermelo.