Categorie: Cosmologia
Tags: gravitone Nexus modello Nexus relatività quantistica Stuart Marongwe
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:14
Una semplice spiegazione del Gravitone di Nexus, data direttamente da Stuart Marongwe
Questo articolo è la traduzione letterale di quanto inviatoci direttamente dall'autore Stuart Marongwe per semplificare al massimo la teoria sul gravitone Nexus e le sue ricadute sulla gravità quantistica. Stuart lo ha chiesto e io trovo più che giusto darne ampio risalto. Ovviamente, non voglio minimamente entrare nelle polemiche che sono sorte a riguardo, non avendo una preparazione adeguata per contestare o confermare teorie di questo genere. Ringrazio, comunque, Stuart per averci inserito nel suo indirizzario e per la sua onestà scientifica e la sua disponibilità nel mettersi in gioco a viso aperto. Un piccolo-grande passo avanti anche per il nostro modesto blog…
Riassunto
Questo documento è stato preparato per coloro che sono interessati a capire la scienza senza formule troppo complicate. Proverò a descrivere il modello Nexus in modo che sia comprensibile a tutti i lettori che hanno una preparazione di livello medio. Inoltre, vi sono persone auto proclamatesi “esperte” di Nexus che potrebbero misinterpretare il modello sia intenzionalmente che non intenzionalmente sui loro blog. Io invito chiunque di tradurre questo documento nel suo linguaggio nativo a beneficio di coloro che non conoscono abbastanza bene l’inglese.
Introduzione
La nostra comprensione della Natura deriva da due grandi pilastri della Scienza costruiti nel ventesimo secolo: La teoria della relatività generale e la meccanica quantistica.
La relatività generale è un modello dell’Universo (a grande scala) dominato dalla gravità. Einstein descrive la forza di gravità come una curvatura dello spaziotempo causato dalla presenza di massa/energia. Il succo della teoria si sintetizza benissimo nelle parole di Wheeler: “La materia dice allo spaziotempo come curvarsi e lo spaziotempo dice alla materia come muoversi”.
La meccanica quantistica modella, invece, il mondo subatomico. Il comportamento della materia a questa scala è ben diverso da quello della nostra vita quotidiana. Il moto delle particelle è governato dalle leggi della probabilità e della statistica. Nel microcosmo degli elettroni non si può mai conoscere la posizione e la velocità di una particella nello stesso istante. In altre parole, l’azione di misurare una posizione altera la velocità e viceversa. Più breve è il tempo speso per la misura e maggiore è l’energia impartita alla particella. Ne consegue che la meccanica quantistica è stata sviluppata per prevedere il comportamento più probabile di una particella dopo la sua misura.
Se si prova a studiare la relatività generale a questa micro-scala, essa fallisce, dato che, se le distanze si approssimano a zero, si ottengono infiniti valori e questo risultato è privo di significato. Se, inoltre, si tentasse di studiare la gravità attraverso le leggi della meccanica quantistica si otterrebbero infiniti su infiniti, qualcosa di ancora peggiore.
Non si può che concludere che le leggi che regolano la materia a piccole e grande scale sono decisamente diverse. Inoltre, la gravità appare non essere comprensibile a piccole scale. La domanda fondamentale è, quindi: “Come si possono riconciliare i due tipi di leggi e, in particolare, come si può descrivere la gravità, a tutte le scale, utilizzando la meccanica quantistica?”. Questa è la domanda a cui cerca di rispondere il modello Nexus. Esso cerca di conciliare i grandi pilastri della scienza moderna analizzando a fondo i loro postulati. Se riuscisse a conciliare questi postulati, il problema della gravità quantistica sarebbe risolto.
Le basi della relatività generale
La relatività generale è stata sviluppata da Einstein a seguito della relatività speciale per includere la gravità. Lo spaziotempo della relatività speciale è uno spazio a quattro dimensioni chiamato spazio di Minkowski. Questo è uno spazio PIATTO, dove non vi è né accelerazione né gravità e niente può viaggiare più veloce della luce. Gli elementi, o misure, in questo spazio, vengono chiamati EVENTI. Essi misurano la distanza tra due punti e il minimo intervallo di tempo per viaggiare da un punto all’altro. Ne consegue che questo minimo intervallo di tempo deve essere quello relativo a una particella di luce, dato che la luce è l’entità più veloce. Gli elementi di questo spazio sono indicati come quadrivettori (vettori con quattro componenti, che soddisfano la trasformazione di Lorentz, n.d.t.). Lo spostamento nello spazio viene rappresentato come Δr e quello relativo allo spostamento temporale come c Δt. Risulta chiaro che l’entità che dona la misura è la particella di luce.
Si rappresenti, per semplicità, lo spostamento tra due punti dello spazio di Minkowski come una linea retta.
Le basi della teoria quantistica
Nella teoria quantistica la materia e l’energia esistono come “pacchetti”, chiamati QUANTI. Ciascuno di loro ha un’energia che è un multiplo del pacchetto minimo. Ne segue che l’energia di una particella di luce è rappresentata da:
E = n h f
Dove n = 1,2,3, …, N, h è la costante di Planck e f è la frequenza della particella di luce. Nel microcosmo se si usa questa particella di luce per misurare la posizione di un elettrone (ad esempio), si “disturba” la sua posizione (x) e/o la sua quantità di moto (p) in accordo con il principio di Heisenberg:
Δp Δx ≥ h/2π o ΔE Δt ≥ h/2π
Δ indica l’incertezza del rispettivo valore.
La base di Nexus
In Nexus si considera un vettore spostamento dello spazio di Minkowski, associato a una quantità di moto e a un’energia in accordo con il principio di Heisenberg. Questo vettore, a causa dell’incertezza nella posizione, descrive un volume di incertezza di raggio Δr che contiene un’energia ΔE e che esiste per un tempo Δt. Esso diventa il Gravitone Nexus ed è una particella elementare dello spazio di Minkowski.
Dalla teoria principale si trova che il gravitone Nexus ha un volume massimo uguale all’intero volume dell’Universo osservabile e il volume minimo relativo a un raggio pari alla grandezza di Planck. Più piccolo è il volume del gravitone, più alta è l’energia. Dato che il gravitone ha energia (massa) il vettore spostamento a lui associate è “distorto” secondo l’equazione della relatività generale di Einstein.
Un gravitone di alta densità d’energia ha una vita estremamente piccola, pari a Δt. Per potere estendere la sua vita, esso deve perdere energia emettendo un gravitone molto più stabile che abbia le dimensioni dell’Universo. La sua energia è uguale a:
E = h H
Dove H è la costante di Hubble.
Quando il gravitone ad alta energia emette il gravitone a bassa energia, esso si sistema in uno stato di energia minore e si espande in volume. Questo processo si manifesta come Energia Oscura e si svolge nello spazio di Minkowski. La velocità di espansione di questo volume può essere calcolato attraverso la conservazione della quantità di moto e si può scrivere:
v = H r
Che non è altro che la legge di Hubble.
Questa è la prima volta che la legge di Hubble viene derivata attraverso le leggi della meccanica quantistica. Si può notare che si sta descrivendo l’Universo a grande scala utilizzando la meccanica quantistica. E questo era proprio il primo obiettivo della ricerca.
La velocità dell’equazione precedente è associata al gravitone Nexus di raggio r e, poiché il vettore spostamento associato al gravitone è curvo, ne segue che ogni particella “inserita” nel gravitone assume un moto circolare costante.
L’accelerazione centripeta associata al gravitone risulta:
v2/r = (Hr)2/r = H v
Per il gravitone Nexus di minima energia risulta:
a = H c
Questo è il modo più semplice che sono riuscito a trovare per spiegare il gravitone Nexus senza complicazioni o formule complesse. Spero sia servita allo scopo. Grazie!
Stuart Marongwe
Articolo originale QUI
QUI un aggiornamento inviatoci da Stuart Marongwe (maggio 2017)
14 commenti
E' servito a far capire meglio sicuramente , anche perchè leggendo le formule, ancora prima che lo dicesse Marongwe , stavo intuemndo che si era , in qualche modo, giunti ad unire (finalmente?) il micro ed il macro, Planck ed Hubble. Se lo dice una piccola mente sperduta come la mia, caro Enzo, puoi giurarci che la cosa sia stata abbastanza semplice. Stuart Marongwe posso sicuramente dire che è un grande perchè è riuscito a dare una logica teoria che, naturalmente, resta tale, tutta da dimostrare, studiare, ampliare, confutare ecc. E' poi comunque un grande perchè è riuscito a semplificare il tutto anche per le povere menti come la mia, perchè ha avuto la giusta modestia di divulgare in questo blog e , probabilmente, in altri in modo semplice, umano.
Grazie Marongwe e naturalmente grazie Enzo per queste chicche ed il lustro che dai, in punta di piedi, a questo tuo blog ed a noi che lo frequentiamo.
il lustro deriva anche dal modo umile e consapevole che tutti danno a ciò di cui si discute... grazie Mario!
Il mio intervento va preso per quello che è, vale a dire semplice curiosità di un appassionato sostanzialmente ignorante.
Leggendo l'articolo di Mr. Marongwe, per ovvie ragioni molto semplificato, ho avuto l'impressione che si sia cercato di giustificare l'idea, sicuramente innovativa ed intrigante, agganciandola ad alcune note formule che costituiscono la base della fisica conosciuta.
Mi sembra che questo collegamento sia un pò tirato per i capelli.
Inoltre, se ho ben capito, ogni gravitone "normale" dovrebbe, di necessità, creare un gravitone Nexus; indubbiamente la Natura privilegia i sistemi a bassa energia. Ora però, nell'Universo dovrebbero esserci gravitoni (se esistono veramente!) in quantità industriale: l'emissione di gravitoni Nexus dovrebbe allora avvenire a ritmo serrato. Mi chiedo se questa attività possa imporre effetti più o meno rivelabili, chessò, onde gravitazionali ogniqualvolta avvenga la "scissione".
I gravitoni Nexus emessi nel passato avranno assunto le dimensioni dell'Universo al momento dell'emissione. I Nexus di oggi sono meno energetici di quelli di un miliardo di anni fa (essendo di maggiori dimensioni): ma l'energia oscura, "incarnata" dai Nexus, sembra aumentare e non diminuire con le dimensioni dell'Universo!
La durata dell'Universo dovrebbe essere pari alla durata del Nexus. Anche qui mi sembra ci sia una contraddizione. Più passa il tempo, maggiori sono le dimensioni del Nexus emesso, minore è la sua energia e maggiore la sua durata (Heisenberg): insomma più l'Universo invecchia e più tempo gli resterebbe da ... vivere!
E' molto probabile che io abbia capito ben poco di quanto riassunto da Mr. Marongwe e che le mie considerazioni siano del tutto fuori luogo.
Ho voluto esprimerle per il solo piacere di condividere questo spazio con il resto della compagnia.
Dai Enzo, non guardarmi di traverso!
caro Alvy,
penso che le tue considerazioni siano abbastanza condivisibili, almeno per me che non sono abbastanza esperto della problematica. Chissà che Stuart non legga il tuo commento e ci dia una risposta... Da quanto ho capito, però, l'idea di Stuart è proprio quella di cercare prove concrete, dato che il suo modello potrebbe presentare le giuste occasioni.
Sì, la discussione prende una piega interessante e diretta nel giusto binario...
Mi piace l'entusiasmo di Mario ma sono dalla parte di Alvermag. Aspettiamo i grandi. Complimenti a Enzo per la dimensione internazionale acquisita
Ciao Gaetano. Un saluto anche all'ottimo Mario.
Facendo un discorso molto generale, credo che la ricerca di soluzioni teoriche in grado di spiegare l'Universo passi inevitabilmente per speculazioni in cui l'approccio intuitivo sia improponibile.
L'uomo si è spinto, fortunatamente, troppo in là nell'indagine del cosmo e questo lo ha definitivamente allontanato dall'immediato contatto con la realtà.
Al tempo di Galileo, un individuo di pronta intelligenza avrebbe potuto seguire i suoi esperimenti facendosi un'idea, magari imprecisa ma verosimile, di quanto all'attenzione.
Oggi si parla di stringhe, di dimensioni nascoste, di materie ed energie oscure e di chissà quali altre diavolerie. Siamo ormai, probabilmente, al limite estremo del vecchio e saggio modo d'indagare promosso proprio da Galileo; non sto dicendo che i voli pindarici siano i benvenuti o che siano inevitabili, o che la prova sperimentale sia passata di moda, sia chiaro!, ma solo che l'incipit di una nuova teoria si trova nelle libere speculazioni di persone capaci di fare astrazione dalla realtà. In questo senso credo che il contributo di Mr. Marongwe, e di chi indaga in modo analogo, sia oggi irrinunciabile; va da sè che si attendono le conferme sperimentali!
Galileo, dalla semplice osservazione di fenomeni alla portata di molti (di tutti quelli capaci di osservare e riflettere, naturalmente), poteva pensare ed organizzare esperimenti atti a dimostrare quanto forse già sospettato; e se i suoi sospetti non avessero trovato conferma sarebbe comunque giunto a determinare una legge del moto gravitazionale.
Oggi si parte da un'idea, nata chissà come, la cui verifica sperimentale conduce magari in direzioni affatto diverse: anche questa è ricerca, ci mancherebbe, ma rende l'idea di un UOMO in balìa delle onde di un mare sconosciuto e forse insondabile.
Forse Einstein è stato l'ultimo scienziato pienamente galileiano.
P.S.: Attenzione a quest'ultima frase. Non vorrei che qualcuno mi ritenesse d'accordo con il Prof. Zichichi, il quale ritiene scienza solo quella galilaiana "sensu stricto" escludendo dal novero le scienze biologiche (a cominciare dall'evoluzionismo del grande Darwin) e chissà quante altre.
Mi piacerebbe porre due questioni distinte.
La prima riguarda la teoria proposta, ossia non mi è chiaro, ad esempio, come questa possa descrivere un buco nero.
Una porzione di spaziotempo in cui il gravitone è contenuto in una piccola porzione di spaziotempo, per cui la sua energia cresce esponenzialmente?
Ma se questo decade in un tempo breve, non dovrebbe dissolversi il buco nero?
Ciò che mi piacerebbe chiedere all'autore è se ritiene che tale teoria possa essere confermata o al contrario confutata, e se si quali esperimenti si possono pensare a tal fine.
Inoltre quali sono i punti critici di questa teoria , ossia quei fenomeni o quei dati che non sono in accordo con essa e se tale teoria può risultare predittiva, ossia capace di predire comportamenti verificabili con esperimenti o dati.
La seconda questione è di natura generale.
Alvy pone il problema delle mille teorie cosmologiche, un ginepraio in cui è difficile districarsi che vanno al di là delle nostre “normali” esperienze.
Io, però, imposterei la questione in altro modo.
In sintesi penso che sia un problema legato alle informazioni disponibili e l'intuito dettato dalla “normali” esperienze è legato ad un basso numero di informazioni disponibili, in cui a volte la realtà diventa poco comprensibile.
Galileo pensava che la luce si propagasse istantaneamente (aveva anche provato a verificare tale assunto, ma con gli strumenti di allora non era possibile accedere alla reale informazioni sulla velocità della luce), per cui la sua relatività era limitata alla misura dello spazio (percorso), con un tempo assoluto identico per qualunque sistema di riferimento.
Gli studi di Maxwell sull'elettromagnetismo, avevano già incrinato l'idea di propagazione istantanea.
Poi, grazie prima Lorentz e poi ad Einstein, il presupposto che la velocità della luce (non il tempo) è l'unico valore costante per qualsiasi sistema di riferimento, ha prima fatto vacillare e poi demolito l'idea di un tempo assoluto, tanto che questo diviene relativo e dipende dal sistema di riferimento da cui si cerca di misurarlo.
Ciò che voglio dire è che le nuove informazioni sulla luce hanno prodotto la necessità di cercare risposte innovative, poiché le vecchie risposte non funzionavo più (ciò non significa che tutte le diverse possibile spiegazioni erano corrette, anzi)!
Ora di informazioni se ne sono aggiunte molte altre, ed anche oggi il significato di tali dati è oggetto di dibattito ( e meno male).
Una teoria è un tentativo di rispondere a questi dati ed alle domande che ne scaturiscono, cercando una possibile spiegazione dei fenomeni ad esse associate.
Una cosa però è una teoria, altro è un postulato, un principio, riconosciuto e dimostrabile (come per esempio il principio di indeterminazione di Heisenberg, anche il principio è poco intuitivo, è dimostrabile).
Di teorie possono essercene mille, di supposizioni migliaia, ma solo quelle in accordo con le informazioni in nostro possesso (o acquisibili con esperimenti specifici) hanno qualche possibilità di sopravvivere, contribuendo così ad accrescere la comprensione dei fenomeni a cui assistiamo (poco importa se questi eventi sono molto distanti da noi), con la consapevolezza che in futuro probabilmente altre risposte risulteranno più efficaci ed esaustive di quelle odierne.
Senza teorie, però, di passi avanti non se ne possono fare ed allo stesso tempo senza conferme o smentite le teorie assomigliano molto all'alchimia (ma è anche grazie ad essa che è nata la chimica).
Paolo
caro Paolo,
dici cose molto giuste
Anch'io vorrei conoscere in dettaglio la teoria di Stuart, ma non sono in grado di dipanare tutti questi nodi che mi sembrano, comunque, fondamentali.
Sulle teorie, direi che hai toccato in pieno il problema.
dato che ne stiamo parlando, facciamo l'esempio della RR. Essa si basa su due postulati abbastanza verificabili, anche se quello derivabile dalle equazioni di Maxwell era comunque una possibile spiegazione (ma poteva anche non essere l'unica).
Einstein ha formulato una teoria che andava contro la realtà del mondo circostante e DOVEVA essere così, proprio perché doveva riguardare velocità irraggiungibili dall'uomo. Da un certo punto di vista sembrava la tipica teoria che poteva essere fatta tranquillamente, dato che non poteva essere verificata. Almeno a quei tempi era così o quasi...
Tuttavia, essa poneva delle chiare conseguenze che avrebbero potuto essere verificate cambiando gli strumenti a disposizione dell'homo sapiens. Una teoria strampalata, ma che prima o poi poteva essere verificata, compresi i suoi paradossi.
Anche la MQ è partita da speculazioni teoriche e non ha avuto nemmeno la possibilità di essere spiegata, ma solo descritta. Solo esperimenti di ultima generazione sono riusciti a comprovare le sue assurdità e addirittura a utilizzarle praticamente.
Diciamo quindi che una teoria può sempre sembrare un puro gioco matematico. Diventa fisica, quando presuppone una sua possibile conferma anche se con strumentazione fantascientifica al momento della sua elaborazione.
Sicuramente, come dici tu, una grande differenza la fanno i postulati di partenza. Se anche quelli sono del tutto "inventati", la teoria si allontana sempre di più dalla fisica. Un'altra differenza la fa il fatto che certe teorie "moderne" ammettono fin dalla partenza che non potranno mai essere verificate, qualsiasi sia la strumentazione futura.
Insomma, il confine tra teoria plausibilmente fisica e teoria puramente matematica è molto labile. In ogni caso, via libera a tutte, ma non cerchiamo di imporle come atti di fede! Nemmeno la RR lo è stata fino alle prime verifiche.
"In sintesi penso che sia un problema legato alle informazioni disponibili e l’intuito dettato dalla “normali” esperienze è legato ad un basso numero di informazioni disponibili, in cui a volte la realtà diventa poco comprensibile". Partirei da questa frase di Paolo per aggiungere qualcosa: A mio avviso, invece, le informazione sono troppe e troppo specializzate nei vari campi o, forse, manca la persona che riesca a farne una sintesi per ricavarne una teoria che tenga conto di tutte queste informazioni. A me sembra che Einstein ha elaborato le sue teorie da cose che già si sapevano. La prima misurazione della velocità della luce risale al 1640 (Romer) utilizzandi i satelliti di Giove.
Scusate se m'intrometto.
Il mio riferimento a Galileo era mirato agli esperimenti del piano inclinato e della velocità di caduta dei gravi. Per questo ho tirato in ballo un ipotetico osservatore, ignorante ma intelligente, che avrebbe potuto afferrare il senso dell'esperimento. Oggi li possiamo considerare esperimenti di meccanica "spicciola".
Parlare della velocità della luce già ci porta ad un livello superiore in cui si mette a dura prova l'intuito, dovendosi fare uno sforzo di astrazione.
Venendo al discorso di Paolo ed al problema dell'informazione, mi sembra di poter asserire che tutte le informazioni che abbiamo (straordinarie in verità) sono insufficienti, e credo inadeguate, all'elaborazione di una teoria omnicomprensiva.
Il punto su cui volevo attrarre l'attenzione è il fatto che una volta l'indagine scientifica iniziava da un'osservazione/sperimentazione diretta del fenomeno cercando la soluzione generalizzata applicabile a tutti i fenomeni della stessa "classe" (processo induttivo).
Oggi si parte dalle grandi idee (vedi, ad esempio, teorie del tutto) cercandone la conferma nelle esperienze singole in modo da poterle poi, eventualmente, generalizzare. D'altra parte ditemi voi come si fa a "spiegare" l'Universo sondando un singolo evento. Questo modo d'indagare (processo deduttivo) mi pare sia imposto dalla sostanziale, inevitabile, mancanza di riferimenti specifici; non per nulla si parla di stringhe, di brane, di gravitoni, di materia ed energia oscure, di questioni cioè che rimangono pure astrazioni mentali; personalmente ho il sospetto che non sarà mai possibile verificarle ... ma io sono pessimista di natura!
La teoria, anzi l'idea, di Mr. Marongwe non sta nè in cielo nè in terra, nel senso che non mi sembra discenda da esperienze che facciano pensare alle possibilità espresse dallo stesso! Si tratta di un modo nuovo e diverso di vedere le cose che nasce .... nella sua testa! Sarà verificabile? Esiste oggi una qualche strategia esplorativa che possa validare o confutare le sue idee?
Quello che posso forse concludere, tornando a parlare d'informazione, è che una volta c'erano meno informazioni in generale ma molte di più nello specifico settore, e più facilmente riscontrabili e verificabili.
Oggi abbiamo moltissime informazioni che abbracciano i più disparati indirizzi scientifici, anche in singoli campi di ricerca.
Se mi passate il paragone, è come avere miliardi di lampadine a grande distanza anzichè una sola lampadina ... sul comodino.
P.S.: esprimendomi come ho fatto nei confronti di Mr Marongwe non ho certo inteso offendere lui o la sua idea; volevo solo rendere un concetto generale. Spero si sia compreso!
Scusate, ma:
1) Cosa vuol dire "Nexus"? Se cerco "Nexus Graviton" in Google mi dà una serie di risultati che riguardano il "Google Nexus", un telefono cellulare prodotto da Google, con una ROM "Graviton"... mmm...
2) Da quando in qua uno scienziato serio si sente in dovere di giustificare/spiegare le proprie teorie inviando lettere ai blog di mezzo mondo, chiedendo di tradurla e distribuirla (tipo catena di Sant'Antonio)?
3) Qualcuno ha mai sentito parlare di questo sig. Stuart Marongwe? Il "Tutume Mc Connell College" presso il quale si accredita è una scuola secondaria superiore. Per carità anche Einstein era semisconosciuto e lavorava all'ufficio brevetti, però...
Se poi consideriamo con le pesantissime critiche che cominciano ad arrivare sul piano scientifico, 'sta cosa mi sa tanto di ciofeca mediatica...
Sinceramente l'articolo mi lascia un po' perplesso...
Nobile l'intento di voler unificare la relatività con la MQ, in tanti ci stanno provando anche nei modi più diversi e fantasiosi.
In effetti la Domanda (quella con la D maiuscola) che ci si pone è "come si conciliano Micro e Macro cosmo?". La risposta di Stuart a mio avviso vuol essere un tributo al pensiero attuale imperante, ossia materia ed energia *oscura*. Ed è proprio qui il suo limite e la sua debolezza: il basarsi su una teoria (ancora da dimostrare) per spiegarne un'altra...
calma ragazzi, calma...
è troppo facile sparare a zero. Io, personalmente, non ritengo di avere le informazioni complete per giudicare il lavoro di Stuart. La sua posizione è la seguente:
Stuart Marongwe who holds a licentiate degree in physics and electronics from Jose Varona University in Havana, Cuba now stationed at the physics Department of McConnell College in Botswana. La rivista che ha pubblicato l'ultimo lavoro è l' International Journal of Geometric Methods in Modern Physics, che attua il metodo dei referee.
Il fatto di far circolare un estratto semplificato del suo lavoro, non ha niente di scandaloso... anzi. Se lo facessero tutti, anche quelli molto più blasonati che vedono poi smentiti duramente i propri lavori... non sarebbe male. Non mi sembra che voglia imporre atti di fede e o cose del genere, solo attirare l'attenzione e poi ognuno (se di preparazione adeguata) può trarre le sue conclusioni.
Insomma, lasciamo che le rose, se sono tali, fioriscano. Altrimenti poco male. Ricordo che c'è una bella differenza tra far circolare un proprio lavoro che nessuno ha mai accettato di pubblicare e un sunto di un lavoro pubblicato in una rivista con referee...
Mai dire mai... e chiunque ha il diritto di una giusta valutazione!
Chi vuole può dare un occhiata anche a questo, che dovrebbe essere il lavoro di base...
http://dx.doi.org/10.4236/ijaa.2013.33028