Categorie: Matematica
Tags: flessi polinomi di terzo grado studio di funzioni
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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28. Flessi e cubiche: un binomio indissolubile ***
Riprendiamo (finalmente!) le lezioni di matematica da dove le avevamo lasciate (flessi obliqui). Non è stato facile riprendere il filo del discorso e può darsi che alcune cose siano già state dette in precedenza. Vi prego, perciò, di farmelo notare –se necessario- e vedremo di sistemare al meglio il passaggio dal vecchio al nuovo.
Abbiamo parlato “teoricamente” dei flessi, sia orizzontali che obliqui, ma non abbiamo ancora trovato una funzione “reale” che ce li mostri.
Sarebbe ora di passare dalle parole ai fatti. Non è assolutamente difficile: basta aumentare l’ordine del polinomio. Cercheremo di iniziare con un discorso generale, basato su funzioni in cui compaiono le lettere. Come sempre l’uso di espressioni letterali porta a un minimo di confusione e a formule che “appaiono” complicate. Tuttavia, poi passeremo subito ai casi numerici e le difficoltà si scioglieranno come neve al Sole. Promesso!
Come mai finora non abbiamo trovato nessun flesso, né orizzontale né obliquo? Beh…potevamo arrivarci, matematicamente, molto prima. Se il polinomio è di secondo grado, la derivata seconda deve per forza essere un numero costante, dato che ogni operazione di derivata abbassa il grado del polinomio. La funzione è di secondo grado, la derivata prima è di primo grado e la derivata seconda è di grado zero, ossia una costante. Vedete come tutto torna. In una funzione che è un polinomio di secondo grado la derivata seconda è una costante e non vi possono essere punti di flesso. Poche formulette fanno le veci di tante parole…
Gira e rigira abbiamo solo descritto in vari modi come trovare i punti di massimo e di minimo e abbiamo concluso che per avere dei flessi bisogna che la concavità cambi di segno in un qualche punto. I polinomi di secondo grado non possono farlo perché la derivata seconda è una costante.
Sì, lo so, l’abbiamo fatto molto lunga e siamo arrivati allo stesso risultato usando proposizioni diverse. Qualcuno potrebbe anche dire che ho creato solo confusione e che era molto meglio dare una regola precisa e tralasciare tutte queste varianti sul tema. Permettetemi di fare un esempio con una lingua straniera. Ci sono due modi per affrontala: usarla solo per riuscire a sopravvivere all’estero, per un viaggio di piacere, oppure impararla e usarla correntemente. E’ una scelta soggettiva e ognuno è libero di decidere come agire. Se, ad esempio, ci presentano un personaggio che non conosciamo ci hanno detto che la frase di circostanza è: “Please to meet you”. Tradotta letteralmente: “Piacere di incontrarti”.
Tuttavia, si potrebbe usare anche senza saperne il significato. Probabilmente, il discorso finisce lì e ce ne possiamo andare al buffet o a sederci da qualche parte. Tuttavia, potremmo invece volere imparare la lingua in modo che si possa andare avanti con il discorso. Non solo, ma potremmo anche usare frasi alternative per presentarci, magari ironiche, divertenti o più o meno riverenti. Sfumature che possono essere molto importanti. Conoscere una lingua straniera vuol dire saperla adattare al concetto che vogliamo esprimere. Se ne siamo padroni possiamo usare decine di frasi che vogliono dire la stessa cosa e non abbiamo bisogno di imparare a memoria una frase standard che magari nemmeno sappiamo cosa voglia dire.
La matematica è un linguaggio e segue le stesse regole. Si può imparare una regola a memoria e poi usarla sempre e comunque. Ma si può anche volerla conoscere ed esseri capaci di usare frasi alternative per esprimere lo stesso concetto. Conoscerla bene è sicuramente più faticoso che imparare a memoria una decina di frasi (regole), ma permette di poterla gestire a piacimento. E’ proprio quello che cerco di fare con il mio sistema di descrizione dei vari concetti. Voglio abituarvi a dire la stessa cosa in vari modi, ossia insegnarvi a usare la matematica come una lingua da parlare correntemente. Il mio modo di agire non fa al caso di chi vuole imparare le poche regole base… per loro è solo una confusa e intricata serie di frasi da ricordare a memoria e quindi inutile.
Prendete quanto ho detto come una piccola parentesi che dà un’ulteriore descrizione terra-terra di cosa sia la matematica e di come vada affrontata per farla diventare una seconda lingua madre. Ovviamente, siamo arrivati a un punto in cui è meglio “abbandonare”, se avete scelto le regole di sopravvivenza nel mondo fisico. Se invece, volete riuscire a vivere nel mondo della fisica, questa è l’ora di cominciare ad amare la matematica e a divertirsi nell’usare tutte le sue sfumature di linguaggio.
Va bene. Torniamo ai nostri flessi. Per descriverli, abbiamo bisogno che il polinomio da studiare non sia di secondo grado. Perché non usarne uno di primo grado? Sappiamo che è una retta, ma chissà mai? Beh… la risposta matematica è semplice: “La derivata seconda di un polinomio di primo grado vale sempre e comunque ZERO e la derivata prima NON è mai zero. Sembrerebbe tutto OK per un flesso obliquo… Purtroppo no! La derivata seconda è sempre zero, non solo in un punto, e quindi la curva non può avere concavità”. So di aver detto una banalità, ma è sempre meglio usare il nostro linguaggio anche per dire sciocchezze (magari solo apparenti).
No ci resta, allora che aumentare il grado del polinomio. Consideriamone uno di terzo grado e prendiamo il più semplice possibile.
La nuova funzione sia:
y = x3
Una bella “cubica”. La x è al cubo, da cui il nome…
Non ci resta che studiarla e cercare i punti in cui si annulla la derivata prima:
y’ = 3x2 = 0
L’unico valore di x che annulla la derivata è di nuovo ZERO, tale e quale al caso della parabola. Tuttavia, notiamo che x2 = 0 è una equazione di secondo grado, per cui vuol dire che deve avere due soluzioni. In questo caso le due soluzioni sono coincidenti e valgono entrambe zero. Ai fini dei calcoli successivi c’interessa poco, ma non dimentichiamolo. Il punto zero è come se annullasse due volte la funzione di partenza. Ne parleremo…
Calcoliamo la y corrispondente alla x che annulla la derivata:
y = x3 = 03 = 0
abbiamo ottenuto lo stesso risultato della parabola, il punto particolare coincide con l’origine degli assi.
Non ci resta che fare la derivata seconda della y = x3 e vedere cosa succede
y” = 6x
Come volevasi dimostrare: la derivata seconda è rappresentata da una retta che passa per l’origine (ossia per il punto particolare che annulla la derivata prima). Ciò vuol dire che passa da valori negativi a valori positivi attraversando il punto particolare. In altre parole, la derivata seconda, ossia la concavità della funzione di partenza, passa da valori negativi a valori positivi. Non è più una costante!
Il punto O(0,0) non solo annulla la derivata prima e quindi è punto particolare, ma annulla anche la derivata seconda. Se annulla la derivata seconda il punto non può essere né un massimo né un minimo e quindi non può che essere un punto di flesso orizzontale.
Possiamo ripetere la solita regoletta che abbiamo ricavato direttamente sul campo. Un punto di massimo e minimo deve avere la derivata prima uguale a zero e la derivata seconda diversa da zero. A seconda del segno che ha può essere sia minimo che massimo.
Se, invece, in un punto si annulla sia la derivata prima che la seconda il punto è un punto di flesso orizzontale (orizzontale perché la derivata prima è uguale a zero, ossia la tangente alla curva in quel punto è l’asse delle x o parallela a lui).
Senza bisogno di fare tante figure basta annullare la derivata seconda e si trova:
y” = 6x = 0
Ossia:
x = 0 e di conseguenza, sostituendo nella funzione di partenza, anche y = 0
Qual è la differenza che abbiamo trovato rispetto ai punti di massimo e minimo? Solo e soltanto che ora la concavità della curva (la derivata seconda) è negativa prima dell’origine (6 moltiplicato per un numero negativo è un numero negativo), diventa zero nell’origine (6·0 = 0), e poi passa a valori positivi (6 moltiplicato per un numero positivo è un numero positivo). Nell’origine abbiamo un cambiamento di concavità: questo punto è allora un flesso orizzontale. Ascendente o discendente? Ce lo dice subito la derivata seconda. Se passa da valori negativi a positivi vuol dire che passa da concavità verso il basso a concavità verso l’alto e quindi è un flesso orizzontale ascendente. Se invece facesse il contrario il flesso sarebbe discendente .
Tuttavia, possiamo anche farlo in modo più rapido. La derivata seconda è adesso una retta (e non più una costante). Basta vedere il suo coefficiente angolare dato che è proprio lui che ci dice se la derivata seconda si dirige verso l’alto o verso il basso (ossia passa da valori minori di zero a valori maggiori di zero, oppure il viceversa). Ma chi è che ci regala il coefficiente angolare di una retta? La sua derivata. Non ci resta allora che eseguire la derivata della derivata seconda, ossia la derivata terza e vedere se è positiva o negativa. Se è positiva vuol dire che il coefficiente angolare della derivata seconda è positivo e quindi essa passa da valori negativi a positivi (flesso orizzontale ascendente). Se, invece è negativo il flesso è discendente.
Proviamo subito:
y” = 6x
yIII = 6
Il flesso è ascendente.
Se avessimo avuto y = - x3
Avremmo ora
yIII = - 6
Il flesso sarebbe discendente.
Una considerazione che può essere molto utile per il proseguo del discorso. Per funzioni così semplici come quelle trattate finora era necessario fare molti calcoli? Assolutamente no. Bastava pensare che quando una funzione è un quadrato di x vuol dire che sia per x negativi che per x positiva la y deve sempre essere positiva. Quindi… tutto ciò che capita a sinistra del punto di minimo deve avvenire nella parte destra: basta ribaltare il tutto rispetto all’asse verticale. Ovviamente, se davanti al quadrato c’è un meno, il tutto va ribaltato rispetto all’asse orizzontale e si ha un massimo.
Se, invece abbiamo un cubo, a valori negativi di x corrispondono valori negativi di y e viceversa e quindi abbiamo funzioni o crescenti o decrescenti. Questo fatto ci può, pero, fare pensare che quanto detto non capiti solo per il quadrato, ma anche per qualsiasi esponente PARI e non solo per il cubo, ma per qualsiasi esponente DISPARI. Cominciamo a mettercelo bene in testa, ci verrà molto utile in seguito.
Inoltre, se abbiamo un cubo succede qualcosa di apparentemente prevedibile. Ricordate cosa avevo detto rispetto al fatto che nella funzione cubica il punto x = 0, y= 0 annullava “due volte” la derivata prima? Bene, in realtà, sembra proprio che questo fatto si ripercuota nell’andamento della funzione. nel massimo e nel minimo della parabola la curva sembra toccare appena il punto O(0,0), mentre nel caso della cubica, la funzione sembra soffermarsi sullo stesso punto, quasi non volesse abbandonarlo subito. Ciò è proprio dovuto al fatto che la derivata si annulla due volte. Una visione estetica che porta però a ben più sofisticate conseguenze, che, parzialmente, vedremo in seguito.
Ricapitoliamo quanto detto finora. Per avere un flesso è necessario che la curva sia almeno di terzo grado. Ma il flesso è sempre orizzontale? Beh… non è così ovvio. Come mai y = x3 ci ha dato un flesso orizzontale? Solo perché si annulla la derivata prima! Ma se lei non si annullasse, potremmo avere un flesso? Andiamo a vedere cosa può succedere…
Consideriamo una funzione di terzo grado completa
y = ax3 + bx2 + cx + d …. (4)
Facciamone la derivata prima e annulliamola
y’ = 3ax2 + 2bx + c = 0
Cari amici, le cose si complicano… abbiamo ottenuto un’equazione di secondo grado completa che ammette due soluzioni diverse tra loro (andate a rivedervi la soluzione delle equazioni di secondo grado …).Come detto prima, facciamo questo esercizio generale per coloro che vogliono veramente comprendere quanto il linguaggio matematico permetta di sintetizzare rapidamente qualsiasi situazione. Tuttavia, dopo, tratteremo casi numerici e le cose appariranno subito molto più semplici, anche se derivano tutte dalle formule generali che andiamo a ricavare.
Per un’equazione completa data da:
AX2 +BX + C = 0
si ha
X1 = (- B + (B2 - 4AC)1/2)/2A
X2 = (- B - (B2 - 4AC)1/2)/2A ….. (5)
Nel caso attuale, relativo alla cubica generica, abbiamo che
A = 3a
B = 2b
C = c
Sostituendo nella (5) abbiamo le ascisse dei punti che annullano la derivata prima, ossia quelli che potrebbero essere dei massimi, minimi o flessi orizzontali. NOTARE CHE STIAMO ANALIZZANDO SOLO I PUNTI CHE ANNULLANO LA DERIVATA PRIMA. Essi possono essere sia massimi che minimi o flessi, ma solo flessi orizzontali!
x1 = (- 2b + (4b2 -12ac)1/2)/6a = (- 2b + 2(b2 - 3ac)1/2)/6a = (- b + (b2 – 3ac)1/2)/3a
x2 = (- b - (b2 – 3ac)1/2)/3a …. (6)
sostituendo nella (4) si otterrebbero i corrispondenti valori y1 e y2.
Mah… sarà vero? Come mai prima (y = x3) abbiamo ottenuto solo un flesso e adesso abbiamo due punti che possono essere qualsiasi cosa? Tutto dipende dai valori che diamo ad a, b e c. Nel caso della parabola (polinomio di secondo grado) si spostava il vertice ma la curva aveva sempre o un massimo o un minimo, adesso invece le cose si complicano non poco.
Continuiamo a lavorare in modo generale.
Affinché vi siano due valori di x che annullano la derivata prima è necessario che
(b2 – 3ac) ≥ 0 ….. (7)
Perché? Facile rispondere: se non fosse così la radice quadrata che compare nell’equazione (6) sarebbe minore di zero e sappiamo tutti molto bene che è impossibile che accada qualcosa del genere. In altre parole, la soluzione di questo tipo sarebbe impossibile, o -molto meglio- sarebbe una soluzione immaginaria (radice quadrata di un numero negativo!). Non andiamo oltre perché questa è una matematica che non fa per noi… Ci basti dire che se NON capita quanto detto dalla (7) non vi sono soluzioni, ossia nessun punto della curva ha una derivata prima uguale a zero. Non esistono, quindi né massimi né minimi né flessi orizzontali.
Se, invece, la (7) è confermata, esistono due punti che possono essere massimo, minimo o flesso orizzontale.
I due punti, però, possono anche diventare uno solo (di quelli “lunghi”) quando la (7) è verificata con il segno uguale. In questo caso, infatti, la radice quadrata va a zero e le due soluzioni coincidono tra loro e valgono:
x1 = x2 = - b/3a …. (8)
per veder se è un punto di flesso (orizzontale dato che annulla la derivata prima) basta andarlo a mettere dentro alla derivate seconda. Se l’annulla è un flesso orizzontale. Proviamo…
y” = 6ax + 2b = - 6a(b/3a) + 2b = - 6b/3 + 2b = -2b + 2b = 0
Perfetto!
La derivata seconda si annulla proprio in quel punto. Il che vuole che abbiamo un solo punto particolare ed è un flesso orizzontale. E’, infatti, l’unico punto che annulla la derivata prima e, inoltre, annulla la derivata seconda.
Ma c’è di più. Anche se avessimo trovato due soluzioni che annullano la derivata prima (oppure le avessimo trovate impossibili) l’ascissa (8) è l’unica che annulla la derivata seconda, condizione necessaria affinché vi sia un flesso di qualsiasi tipo.
y” = 6ax + 2b = 0
x = - 2b/6a = - b/3a
Orizzontale o obliquo che sia un flesso è, infatti, sempre un qualcosa che deve annullare la derivata seconda, dato che per definizione la concavità deve invertire il segno in quel punto.
In parole povere, l’unico punto di flesso è quello per cui:
xF = - b/3a …. (9)
qualsiasi siano i valori che annullino la derivata prima.
Se questi diventano uno solo, allora il flesso diventa orizzontale. In generale, però, la relazione … (9) ci dona l’ascissa del punto di flesso obliquo, quando esistono (o sono immaginari) due punti che annullano la derivata prima. Per vedere se questi flessi obliqui sono ascendenti o discendenti basta studiare il segno della derivata seconda prima e dopo tali punti (non si deve usare la derivata terza perché porta a situazioni ambigue). La (9) ci dice anche che esiste uno e un solo flesso in una cubica qualsiasi. Anzi, esso esiste sempre! Quando l’annullamento della derivata prima porta a un solo risultato, il flesso è orizzontale; negli altri casi obliquo. Questo è risultato più importante relativo alle cubiche.
La yF corrispondente si otterrà sostituendo la xF nella funzione di partenza. Non vale la pena scriverlo nel caso generale… l’importante è che si sappia cosa fare.
Quando abbiamo due soluzione che annullano la derivata prima, cosa dobbiamo fare per sapere se sono massimi o minimi (flessi non possono più esserli dato che per averne uno orizzontale le due soluzioni devono coincidere)? Facilissimo… la solita cosa che abbiamo fatto per la parabola, ossia calcolare la derivata seconda in quei punti. Se è maggiore di zero avremo un minimo se è minore di zero avremo un massimo.
Anche in questo caso non vado certo a mettere le soluzioni generali dentro alla derivata seconda. L’importante è sapere come si deve procedere.
Mi rendo conto di avere fatto una trattazione che difficilmente si trova sui libri. E ammetto anche che non è stata molto facile. Tuttavia, se avete seguito tutti questi passaggi avete sicuramente imparato molto bene a parlare il linguaggio della matematica (ed è già qualcosa). Non solo, ma avete anche toccato con mano come si trovano massimi, minimi, flessi orizzontali e obliqui nel caso di due funzioni particolari (parabola e cubica). Non sarà difficile poi estrapolare il risultato anche a funzioni più complicate. Per adesso, però, fermiamoci e vediamo con qualche esempio tutto ciò che abbiamo svolto a livello generale.
Faremo il lavoro in due modi. Il primo, continuando a usare l’equazione generale di tipo letteraria (che ci fornirà formule adatte per qualsiasi coefficiente) un po’ più difficile da seguire; il secondo prendendo, caso per caso, esempi numerici. Un ben modo per verificare quanto fatto finora per prendere maggiore dimestichezza con i calcoli letterali.
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3 commenti
Leggere di matematica è sempre piacevole, anche il giorno di Ferragosto. Grazie Vincenzo per il bell'articolo!
Concordo, questo genere di trattazione non si trova sui libri, ma la trovo veramente logica e completa. Non sono in grado di giudicare la qualità degli articoli di tutte le altre sezioni, ma di questa un po me ne intendo e, per quanto valga la mia opinione, la definirei spettacolare. Grande Enzo!
grazie di cuore ragazzi!!!