Categorie: Meccanica quantistica
Tags: entanglement fotosintesi Heisenberg intelligenza
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:19
Tu chiamala, se vuoi, intelligenza… io preferisco “entanglement”… */****…****
Questo articolo è inserito nella sezione d'archivio "L'intelligenza che non ti aspetti" (in "Vita, Intelligenza, Astrobiologia")
Questo articolo o -meglio- esternazione è soprattutto una provocazione. Il succo è semplice: i macrosistemi, tra cui anche noi stessi, non sono altro che “giochi”, sempre più complicati, costruiti e gestiti dal microcosmo. Il principio di Heisenberg è stato capace di costruire le particelle elementari e queste si stanno divertendo un sacco nel crearsi giochi sempre più complicati che risolvono abilmente attraverso le loro proprietà fantastiche. Parlando di “giochi” sembrerebbe più che ovvio che venissero descritti e insegnati soprattutto ai bambini, nelle scuole. Ovviamente, prima bisognerebbe che li imparassero gli insegnanti. Niente di tutto ciò accade e questa è un’assurdità ben maggiore di quella solo “apparente” della Meccanica Quantistica.
In particolare, parlerò di intelligenza. Qualcosa che assomiglia molto a quello che cerchiamo di fare noi con quella artificiale. un'imitazione di quella che possediamo naturalmente. E se la nostra non fosse altro che un'imitazione di quella vera, ancora più naturale, che possiedono da sempre le particelle elementari?
Ma lasciatemi partire lentamente…
Che cos'è l’intelligenza? Una risposta in tal senso è ancora ben lontana dall’essere data in modo univoco. Molto dipende dalla visione culturale di chi la dà. Lasciamo perdere le soluzioni che si legano alla furbizia e alla capacità di prendere in giro i propri simili e quelli che si rifanno all’esistenza dell’anima. Teniamoci nell’ambito scientifico. Alcune definizioni sembrerebbero più o meno azzeccate di altre. Faccio un esempio: la capacità del cervello di affrontare situazioni nuove, di apprendere utilizzando le conoscenze precedenti, di pensare in modo innovativo. In questo contesto può trovar posto sia la concretezza manuale che il pensiero astratto e l’arte, intesa come modo personale di esprimere sensazioni ed emozioni. Le stesse emozioni sono legate strettamente all’intelligenza.
Da questo punto di vista, la differenza tra l’animale e l’uomo non potrebbe essere più evidente: l’animale è condotto dall’istinto, che a sua volta è mosso da reazioni innestate da stimoli ambientali. Reazioni che sono diventate automatiche dopo lunghissimi periodi di adattamento e di evoluzione. Tentativi casuali che hanno portato lentamente fino a quelli più efficienti. L’uomo, al contrario, si affida ormai alla ragione e alla volontà, per mezzo della quale può governare se stesso. Potremmo parlare e disquisire per ore, aggiungendo e rifinendo i concetti, ma, alla fine, la differenza più eclatante sembra proprio la differenza tra istinto e decisione. Il primo è un’azione che deriva da un’abitudine elaborata e consolidata nel tempo, la seconda sulla capacità di pensare, di elaborare situazioni future, di scegliere e poi di agire.
Tutto così semplice? Dal mio punto di vista non tanto e la differenza si assottiglia sempre più a mano a mano che le capacità d' interazione della materia con la luce vengono comprese sempre meglio (diciamo più esattamente, per adesso, DESCRITTE sempre meglio). Ciò che sto per iniziare non vuole assolutamente essere una teoria alternativa, un lampo di genio o -ancor peggio- un nuovo modello standard basato su stringhe, corde e lacci vari. No, vorrei solo prendere coscienza (proprio attraverso quel poco di intelligenza che possiedo) della Natura che ci circonda (visibile e invisibile) e delle sue leggi, attraverso una visione legata agli insegnamenti che il microcosmo continua a fornirci, che sappiamo già utilizzare, ma che non abbiamo ancora capito come estrapolare al macrocosmo.
Avrete già capito che parlerò di meccanica quantistica e delle interazioni veramente speciali che esistono tra le particelle. Sappiamo che possono essere trattate attraverso onde di probabilità, ma questo non deve ingannarci più di tanto. E’ un argomento descrivibile attraverso una matematica ultra sofisticata, ma è anche un qualcosa di estremamente concreto e reale: il microcosmo lavora proprio così ed esso non segue di certo equazioni matematiche. Quelle sono solo espedienti che la nostra intelligenza usa per riuscire a comunicarle ad altre intelligenze.
Ricordiamoci cosa diceva Feynman sul bicchiere di vino (l'ho citato QUI): noi lo sezioniamo e lo descriviamo attraverso la fisica, la chimica, la geologia, la biologia, ecc., ecc.; ma tutto questo la Natura non lo sa di certo e lei non fa altro che seguire le sue regole con le quali si è formata e si è evoluta.
La QED, dello stesso Feynman, ci ha già dato molti esempi in tal senso, aprendo interrogativi di portata enorme e generale.
Un esempio fra tutti, il più immediato. Perché su 100 fotoni, che colpiscono uno specchio, solo 4 tornano indietro mentre gli altri 96 proseguono? Probabilisticamente è facile descrivere la situazione, ma capire perché un certo fotone agisce in modo diverso dai suoi simili perfettamente uguali è un mistero apparentemente insormontabile. La Fisica classica, anche la più complessa ed elaborata, non può che uscirne sconfitta.
Non picchiatemi proprio adesso, vi prego… Potremmo facilmente dire che il fotone è in grado fare una scelta, dato che nessun adattamento evolutivo ha potuto prepararlo al comportamento che manifesta. In poche parole, esso non agisce per istinto ma per una ben determinata volontà. Non possiamo certo pensare che i fotoni abbiamo imparato ad attraversare il vetro a seguito di una reazione istintiva, imparata attraverso la ripetizione di certe situazioni. Il fotone non si è adattato per necessità di ottenere il massimo per la procreazione della sua specie.
Questa visione “animalistica” sarebbe molto più fantascientifica di quella di un fotone con una capacità di scegliere senza alcun ricordo tramandato dalle generazioni precedenti. Le stelle di 13 miliardi di anni fa e quelle di oggi possiedono fotoni ed elettroni che si comportano nello stesso modo: non esiste un’evoluzione nella risposta. La scelta è una capacità innata nel fotone il quale, oltretutto, deve già conoscere perfettamente come si comporterà l’elettrone che ha scelto.
Chiamiamo tutto ciò probabilità, ma essa nasconde qualcosa di ben più profondo. Una strategia perfetta che risponde a necessità (ma non sappiamo, in realtà, che nome darle) che siamo ben lontani dal comprendere. Potremmo semplicemente chiamarle leggi della fisica quantistica, ma in qualche modo nasconderemmo la polvere sotto al tappeto. Tuttavia, l’esempio che ho fatto è ben poca cosa di fronte ad altre caratteristiche, ormai provate e riprovate, della meccanica quantistica, prima fra tutte il celebre e sconvolgente entanglement, o “intreccio” che dir si voglia.
Spesso esso viene “snobbato” a livello generale, dato che sembra manifestarsi solo nel caso di particelle microscopiche che possano rappresentare sistemi isolati, chiamati coerenti. Il gatto di Schrodinger ne è una prova. I sistemi complessi interagiscono con l’esterno e tra di loro, rompendo la coerenza e annullando qualsiasi fenomeno di entanglement. Si conclude che l’entanglement non potrà mai essere rappresentato nel macrocosmo e che quindi resterà una proprietà dell’infinitamente piccolo. Conclusione estremamente azzardata e, da un certo punto di vista, completamente errata o -meglio- impossibile.
Dobbiamo, infatti, pensare che anche nei sistemi apparentemente privi di coerenza sono sempre e soltanto le particelle che determinano lo svolgimento delle varie azioni ed esse sono sempre perfettamente capaci di riproporre quella sovrapposizione di stati che permette di informare i propri simili, sbeffeggiando tranquillamente la lentezza della luce. La materia del macrocosmo è fatta di particelle del microcosmo e quindi ogni sistema complesso deve contenere al suo interno episodi di entanglement. Anzi, i sistemi complessi basano ogni loro azione sulle capacità delle particelle che li compongono, sembrano veri e propri contenitori passivi (forse ho esagerato?!)
Questa è una cosa ovvia, che tutti conoscono, ma che viene troppo spesso trascurata. Se si accetta questa visione, molte cose acquistano un significato completamente diverso a partire dall’istinto, per finire con l’intelligenza. Ci torneremo sopra tra non molto… per adesso restiamo nell’entanglement.
In fondo, in fondo, è un problema che affrontiamo tutti i giorni. Come abbiamo già detto parlando di MQ, usciamo da casa senza minimamente sapere se saremo allegri o tristi. Potremmo dire che la nostra mente vive in un doppio stato sovrapposto e che si comporta proprio come le onde delle due fenditure (QUI e QUI una semplice descrizione del celeberrimo esperimento della doppia fenditura di Feynman, alla portata di grandi e piccoli!). Nel momento stesso in cui un qualche accadimento ci fa fare una scelta (una multa inaspettata, una strada bloccata, uno sciopero inatteso, ecc., ecc.) ecco che l’onda “allegra” scompare immediatamente, dovunque essa si trovi (o si possa probabilisticamente trovare). E’ scattato una specie di entanglement o -meglio- abbiamo avuto la prova della sua esistenza. Eseguirò una serie di azioni di mia volontà, come stracciare la multa oppure andarla subito a pagare. Una scelta o un’ulteriore sovrapposizione di stati?
Parlando, però, in termini così astratti si finisce per entrare nel mondo della speculazione filosofica e si può dire tutto e il contrario di tutto, senza riuscire a dimostrare un bel niente. E’ necessario entrare nel mondo dell’interazione tra particelle e assistere a come esse reagiscono di fronte alle alternative che le si pongono davanti. La nuova tecnologia sa benissimo come sfruttare molte di queste situazioni, anche senza capirle, ma proprio per quell’alone di mistero che le circonda esse sono costrette a stare ben lontane dall’insegnamento odierno ed essere etichettate come una specie di magia (magari anche “nera”), mentre invece hanno la stessa validità (se non maggiore) delle leggi della fisica classica, capace di descrivere solo e soltanto i sistemi complessi, ossia una “copia” imperfetta della realtà minuscola (frase molto azzardata, lo ammetto…).
A questo punto torniamo all’istinto animale… anzi addirittura alle piante. Se gli animali hanno intelligenza di gran lunga minore, figuriamoci le piante, obbligate come sono a stare ferme e a non potere agire in nessun modo agli stimoli esterni. E qui arriviamo, finalmente, alle recenti ricerche che hanno portato a possibilità e interpretazioni a dir poco sconvolgenti (ma di cui si parla sempre troppo poco, proprio per quella visione da stregoneria che accompagna la MQ).
Stiamo parlando di uno dei processi più efficienti della Natura: la fotosintesi. Altro che i pannelli fotovoltaici… le piante sono capaci di trasformare quasi il 100% dell’energia luminosa solare in energia chimica. E lo fanno con una catena di montaggio estremamente semplice: vi sono antenne che raccolgono la luce ed essa viene poi trasferita fino al centro di reazione, il motore vero e proprio, dove si esegue la trasformazione chimica. Ricordiamo sempre, se ce ne fosse bisogno, che la parola chimica non differisce di molto da fisica, dato che si tratta sempre e comunque di un’azione svolta da particelle, in particolare i nostri cari amici elettroni. Un processo che si è ottimizzato nel tempo e che ha raggiunto la massima efficienza a furia di tentativi più o meno riusciti? Sarebbe forse così se fosse impostato e gestito dalla fisica classica, quella che lavora con i macrosistemi… E, invece, si è ormai certi che esso può avvenire solo e soltanto attraverso il meccanismo quantistico dell’entanglement.
Un meccanismo primordiale, assoluto, che è capace di rispondere nel modo migliore al variare delle condizioni al contorno. Esso permette di fare scelte senza una storia evolutiva alle spalle. Detto in parole estremamente rozze, le antenne poste nelle foglie raccolgono i fotoni e questi devono essere trasferiti di molecola in molecola fino al centro di reazione. Il trasporto quantistico richiede le giuste condizioni: la catena di trasporto può realizzarsi solo attraverso una specie di “corridoio” in cui si sfrutta l’eccitazione delle molecole che presentano una sovrapposizione di stati quantici. Chi raccoglie i fotoni prende il nome di cromoforo, capace di produrre un eccitone, una “particella” di energia quantica che viene trasferita a un altro cromoforo. Questo trasferimento, però, avviene solo e soltanto attraverso le leggi quantistiche, attraverso le famose onde, che vanno sempre intese come onde di probabilità, non avendo parola migliore da utilizzare. Gli eccitoni mostrano coerenza quantistica, ossia rappresentano stati sovrapposti con differenti probabilità ad essi associati. In altre parole, il trasferimento avviene solo attraverso il fenomeno dell’entanglement, fino a portare l’energia al centro di raccolta e di trasformazione.
Il risultato mette in crisi un'ipotesi molto diffusa tra i ricercatori, che pensano ancora che i sistemi viventi si basino su meccanismi insensibili alle proprietà quantistiche come l’entaglement, dato che queste caratteristiche dovrebbero decadere rapidamente attraverso l’interazione con l’ambiente esterno. E, invece, la catena cromoforo-eccitone-cromoforo-… può essere considerata tranquillamente un sistema unico, anche se composto da molte particelle. La pianta, macrosistema per antonomasia, si nutre e sopravvive grazie a una caratteristica innata nelle particelle che la eseguono, capaci di adattarsi alle condizioni in cui devono agire.
Si potrebbe dire che gli organismi si sono evoluti e che solo a un certo punto è scattata la magnifica fotosintesi. Beh… è sicuramente vero, ma la spiegazione è che non vi erano ancora le condizioni per eseguire un certo processo quantico. Prima se ne utilizzava un altro… niente di così strano.
Ma… cosa c’entra l’intelligenza in tutto ciò? Beh… io direi che c’entra molto. La catena esegue il suo gioco energetico “scegliendo” la strada migliore a seconda delle condizioni ambientali, come la temperatura, la pressione, il carburante che la circonda. In particolare, i cromofori devono posizionarsi alla giusta distanza tra di loro in modo da dare il risultato ottimale. Sempre e comunque la strada scelta è quella del “non troppo caldo, né troppo freddo”, la strada intermedia, quella che ci dice, ad esempio, che la vita sulla Terra ha bisogno di acqua liquida, non troppo calda (gas) né troppo fredda (ghiaccio).
Una situazione di sovrapposizione di stati, o -se preferite- una transizione di fase. Le cose si complicano sicuramente, ma solo per la nostra visione fossilizzata a concetti troppo lontani dall’apparente assurdità della MQ. Scegliere sempre la strada migliore, quella più efficiente, non è forse una scelta? Un atto di volontà? Considerarla solo come un istinto nato da ripetizioni casuali non può più soddisfare la Scienza del futuro.
Fantasie, magie? Direi di no: in laboratorio è stato costruito un virus capace di agire quantisticamente e di trasportare perfettamente l’informazione energetica tra cromofori. Una porta aperta per la nostra intelligenza che forse riuscirà a produrre la fotosintesi per i suoi scopi energetici. Chi ci riuscirà avrà il Nobel e quindi rappresenterà un picco di intelligenza. Pochi penseranno che non ha fatto altro che ripetere, senza ancora capire, un fenomeno che le piante (o meglio le particelle che le raggiungono e che interagiscono con i loro elettroni) sanno applicare da moltissimo tempo e che sanno gestire a seconda degli ostacoli che si trovano di fronte. Basandosi sulle loro capacità, sono sempre pronte a fare scelte e a intervenire di conseguenza.
D’altra parte, cari amici, l’Universo è composto da particelle che all’inizio erano tutte a contatto tra di loro e che quindi avevano le caratteristiche giuste per essere intrecciate (entangled). Poi vi sono state transizioni di fase che hanno portato a sovrapposizione di stati, a scelte, alla nascita della materia dal niente (o quasi). Come questo sia stato possibile ha bisogno di tenere in conto il principio di Heisenberg, l’unico in grado di creare qualcosa dal nulla (una specie di Creatore…). Le particelle, comunque, sono sempre loro o i loro figli nati da interazioni quantistiche. L’entanglement è sempre in agguato e il ricordo della prima fase resta indelebile. I sistemi complessi sembrano annullare questa possibilità, ma essi sono formati da sistemi semplici, coerenti e quindi essi stessi devono essere dominati dalla MQ, anche se non in modo visibile e facilmente osservabile.
Permettetemi di ricordare una ricerca che è stata da poco finanziata come di “punta”, a livello europeo, e che ha l’ambizioso scopo di comprendere le capacità del cervello umano (e quindi dell’intelligenza). Riporto una sola frase, che la descrive, e che non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentare:
“Creare una simulazione del funzionamento cerebrale su grande scala, con particolare riferimento alla propagazione di onde cerebrali durante il sonno profondo e l’anestesia, e durante la transizione allo stato cosciente, per mezzo delle cosiddette reti neurali”.
Onde, propagazione di onde, molto probabilmente gestite a livello microscopico… Pensare all’entanglement è quasi ovvio. Noi possediamo una corteccia cerebrale molto più estesa e probabilmente meglio connessa di quella degli animali. Cosa ha fatto crescere la corteccia cerebrale? Si pensa, oggi che sia un gene particolare, che è presente nei vari ominidi, ma non nelle scimmie antropomorfe. Una reazione tra onde (probabilistiche?), tra stati sovrapposti, alla ricerca della maggiore efficienza. Sì l’uomo sarà forse il più intelligente degli animali, ma l’intelligenza è forse solo e soltanto un’altra magia della MQ, basata essenzialmente sul gioco quantistico dei nostri neuroni, come la fotosintesi sembra spiegare molto bene…
Attenzione, però. Non voglio certo andare contro l’evoluzione delle specie. Voglio solo dire che gli infiniti passaggi necessari a costruire sistemi sempre più complessi possono essere stati risolti di volta in volta attraverso l’intelligenza quantistica (chiamiamola così…).
Una stella che subisce la contrazione e l’aumento della temperatura al suo interno è sicuramente un sistema complesso e non isolato. Tuttavia, la soluzione al suo problema avviene quando entrano in gioco le interazioni di microsistemi che obbediscono alle leggi della MQ (pensiamo alla fusione nucleare). Una scelta intelligente? Un gioco particellare?
Mi rendo sempre più conto, nel mio piccolo, che l’intera storia dell’Universo e delle sue creature potrà essere interpretata correttamente solo quando verrà capita l’azione generale della meccanica quantistica e non solo la sua applicazione ai sistemi isolati. Inoltre, tanto per essere ancora più fantascientifico, sembrerebbe proprio che l’intelligenza dei sistemi macroscopici cerchi di “imitare” sempre più quella dei microcosmo. Il nostro cervello con i suoi scambi tra neuroni ne è ancora molto distante, ma -forse- ci sta provando.
Se scrivessi quest’articolo di nuovo, probabilmente ne uscirebbe qualcosa di completamente diverso. Non so nemmeno io come raccogliere le idee che provengono un po’ da tutti i campi di ricerca e che sembrano convergere tutte verso quella sorta di magia incompresa che è la MQ.
Prendetelo come uno spunto per riflettere e pensare. Attaccatemi e cercate di capovolgere certe certezze o ipotesi. Non stiamo costruendo nuove teorie, ma solo cercando di comprendere l’unica che governa l’Universo come ormai ampiamente dimostrato.
In fondo, facendo questo, siamo quasi sicuri che attiveremo nel nostro cervello qualche rete di trasferimento e di elaborazione che si diverte a giocare con le leggi assurde della MQ. Heisenberg ne è il controllore assoluto, ma ricordiamo che l’entaglement può addirittura superarlo. Una particella intrecciata con un’altra può fornirci o la quantità di moto o la posizione. Su questo non ci piove. Ma l’altra potrebbe fornirci la caratteristica mancante. Uno più uno fa due. L’entanglement nasce da Heisenberg e potrebbe permetterci di superarlo con una capacità straordinaria che non teme distanze. Se non è intelligenza questa… E, infatti, questo superamento appare ovvio e necessario solo a chi cerca di studiarlo: le particelle e le loro magie si divertono a compiacersi di loro stesse, creando l’occasione di auto ammirarsi. Beh… adesso sto volando un po’ troppo con la fantasia… e si rischia di cadere in una visione di tipo… religioso.
Qualsiasi sia la verità finale, però, lasciatemi dire che il non insegnare la meccanica quantistica nelle scuole è un vero crimine!
L’articolo più recente è QUESTO, ma dalla sua bibliografia si può risalire alla storia che l’ha preceduto…
Ulteriori riflessioni sull’argomento le trovate QUI, QUI e QUI
QUI un interessante analogia tra la trasmissione delle informazioni nel cervello umano e in un ammasso galattico
19 commenti
Molto molto interessante questo approccio.....
Leggendolo mi chiedevo cos'è ciò che chiamiamo evoluzione?
Lo “stato” più “utile” in certo contesto, tra infiniti possibili stati?
La sovrapposizione di stati consente di “operare una scelta” avendo un ampio ventaglio di possibilità.
Il fatto stesso che non tutte le particelle si comportano allo stesso modo (per esempio 96 fotoni proseguono e 4 rimbalzano) lascia sempre aperte altre possibilità, altri possibili comportamenti.
Se le condizioni cambiano, ciò che prima poteva essere relegato all'insolito, potrebbe divenire il comportamento più efficace, semplice, comodo...
Chissà...
Paolo
grazie Paolo del tuo contributo...
In realtà io non ho le idee chiare (ci mancherebbe...) e solo discutendone e trovando alternative e/o modifiche si può tentare di acquisire una maggiore padronanza di un problema che è forse il vero Problema...
Attendo molti altri commenti, magari anche dai silenziosi...
Il caso vuole che il mese scorso abbia letto "La Fisica della vita - la nuova scienza della biologia quantistica" di Al-Khalili e McFadden (visto e preso al volo dallo scaffale della libreria mentre mio marito era già alla cassa!)... è proprio nell'ultima pagina di questo libro che ho letto quella citazione di Newton che si sente come un bambino sulla spiaggia che ti è piaciuta tanto, sai Prof.?
Con molta onestà intellettuale i due autori raccontano il loro punto di vista su quanto la MQ sia alla base dei meccanismi della vita e spiegano i due casi scientificamente dimostrati (l'entanglement nella fotosintesi e l'effetto tunnel nelle reazioni enzimatiche), nonché altri "sospetti" (per esempio un' ipotetica bussola quantistica nel passero europeo che lo orienterebbe nelle migrazioni grazie al modo in cui i fotoni colpirebbero delle cellule specializzate nella retina).
Come conciliare, però, il fatto che i sistemi quantomeccanici abbiano bisogno di un forte isolamento e temperature molto basse per non uscire dalla coerenza quantistica? Come è possibile pensare che possano continuare ad esistere inseriti nella turbolenza delle leggi fisiche che governano il macrocosmo?
A questo gli autori rispondono con una loro visione (che non esitano a definire pura speculazione filosofica priva di qualunque riscontro scientifico) che proverò a sintetizzare al meglio.
Immaginiamo che la vita (basata sulla MQ) sia una nave la cui chiglia si trovi in equilibrio su una serie di atomi perfettamente allineati: questa situazione è assimilabile allo stato di coerenza quantistica che una minima perturbazione (anche l'impatto con una singola molecola d'aria) potrebbe distruggere facendo cadere la nave.
Ma sappiamo benissimo che la nave non ha problemi a restare a galla in un mare composto da un numero incredibilmente alto di molecole d'acqua che si muovono in modo caotico secondo le leggi della termodinamica... quindi la vita sfrutterebbe il caos del macrocosmo per mantenere il contatto con le leggi quantistiche che la governano, per perderlo solo quando il caos diventa eccessivo (uragano che fa naufragare la nave), in tal caso si avrebbe il passaggio da vita a morte.
Sarà solo una speculazione filosofica, ma a me la visione di questa nave è piaciuta molto!
Grazie Daniela!
veramente interessante... la nave mi piace moltissimo. D'altra parte, la fotosintesi avviene anche in condizioni di temperature elevate, eppure la catena quantica funziona perfettamente. L'intelligenza quantica sa benissimo come mantenere l'ordine e lavorare anche in mezzo al caos cittadino! Forse, lo stesso caos non è poi tanto caotico come immaginiamo... Almeno per le particelle...
Non posso che citare nuovamente Penrose e il suo libro La Mente Nuova dell'Imperatore dove affrontava, credo pioneristicamente, gli stessi temi. Se ricordo bene, la sua idea era che Intelligenza, Intuito e la stessa Coscienza fossero manifestazioni macroscopiche di processi microscopici nei quali la mente, sfruttando la sovrapposizione quantistica degli Stati, esamina "in parallelo" un numero enorme (infinito?) di possibilità scegliendone infine una, quella che corrisponde al collasso della funzione d'onda.
Per questo motivo è anche impossibile simulare accuratamente il comportamento di un sistema neurale complesso con un sistema digitale (computer) il quale nemmeno in linea di principio può computare la sovrapposizione di infiniti stati quantistici.
Questo almeno è quello che sostiene Penrose...
Ho trovato questa intervista dove uno sienziato scrittore nel suo libro vuole dare un significato il più possibile congruo (in linea con il campo dei nostri interessi) del termine "entanglement".
Buona lettura!!
LIBRI NUOVI PER NUOVE PAROLE
Dell’entanglement se ne parla in molti forum scientifici, e ognuno, magari partendo dal dizionario che ha, ne tenta la definizione più congrua possibile. Tale fenomeno infatti coinvolge il campo della scienza e non meno quello dei sistemi viventi, ormai riconoscibile nell’arte e nelle relazioni.
Una parola nuova che fa venire le vertigini, come dice Dean Radin - senior scientist all’Istituto di Scienze Noetiche – in un intervista apparsa su Scienza e Conoscenza n°19: “Le vertigini vengono perché il senso comune è messo a dura prova. La maggior parte del tempo mi sento separato dagli altri e dalle loro cose. Quindi è arduo fare il salto di fede – e in questo caso il salto riguarda la realtà vera e propria – che da un altro punto di vista io non sono isolato, come i sensi continuano a dirmi”.
A proposito di Entanglement , ecco la novità
Il libro:
L'intreccio nel mondo quantistico: dalle particelle alla coscienza
Massimo Teodorani
Macro Edizioni – luglio 2007
"Scienza e Conoscenza" ha chiesto all’autore – astrofisico, dotato di una conoscenza sincretica e interattiva delle varie materie della scienza - che cosa , in poche parole s’intende per entanglement
Entanglement, che significa?
Scienza e Conoscenza: Entanglement, una parola esotica o un termine tecnico? E' uno di quei termini che sembra non trovare una traduzione "stabile" nel vocabolario italiano. Inoltre indica un fenomeno al primo approccio altrettanto sfuggente, inafferrabile. In poche parole fruibili a tutti, che cosa si intende per entanglement?
Massimo Teodorani: E’ il termine inglese usato in maniera standard dai fisici quantistici e tradotto alla lettera in italiano significa “intreccio”. Diciamo che il termine è abbastanza azzeccato perché denota uno stato prettamente fisico di legame indissolubile tra due particelle elementari – come ad esempio due elettroni o due fotoni – che hanno interagito almeno una volta. Il legame è di natura quantistica e significa che entrambe le particelle si comportano come un tutt’uno. La prova cruciale di questa specie di miracolo della natura la ebbe per la prima volta il fisico francese Alain Aspect con un epocale esperimento effettuato in laboratorio nel 1982. Si osservò che se si cambiava una proprietà (come ad esempio lo spin o la polarizzazione) della prima particella anche la stessa proprietà dell’altra cambiava istantaneamente. Questo cambiamento avviene semplicemente all’atto della misura, dove sulla scala quantistica, l’osservatore interagisce ineluttabilmente con l’osservato: l’atto della misura perturba la prima particella e istantaneamente influenza anche la particella gemella. Più che sfuggente, il fenomeno dell’entanglement è tanto inquietante quanto reale, soprattutto se si pensa che esso si realizza a qualunque distanza le particelle si trovino l’una dall’altra, sia essa anche di miliardi di chilometri. Questo fenomeno quantistico è ufficialmente confermato solo nel caso del mondo microscopico. In realtà, modelli teorici recenti molto sofisticati accoppiati ad uno studio attento del cervello, come ad esempio quello di “neurodinamica quantistica” proposto dal matematico Roger Penrose e dall’anestesiologo Stuart Hameroff, prevedono che i microtubuli che costituiscono l’ossatura dei neuroni cerebrali funzionino su tutta la massa cerebrale in uno stato di “entanglement orchestrato” tra loro, proprio quello che genera un atto di coscienza. Ma non sembra che ci si debba fermare a questo: secondo certi modelli di cosmologia quantistica, l’universo prima della sua nascita era in realtà un “multiverso”, costituito da un numero sconfinato di universi paralleli coesistenti che si trovavano in stato di entanglement tra loro. E non è finita. Fisici teorici come Brian Josephson, fisici sperimentali come Robert Jahn, e psicologi sperimentali come Dean Radin e Roger Nelson, ritengono che i cosiddetti “poteri telepatici” e i casi di “coscienza collettiva”, non solo siano eventi reali ma anche che essi rappresentino uno stato di entanglement tra le coscienze di due o più persone separate, le quali così riescono a comunicare in maniera istantanea in base ad un meccanismo fisico simile alla risonanza. In sintesi, l’entanglement è una proprietà teoricamente e sperimentalmente dimostrata delle particelle elementari, ma alcuni indizi piuttosto recenti fanno ritenere che esso si realizzi in una forma speciale anche nella scala biologica, nella scala psichica e nella scala cosmologica.
SeC: Dal mondo delle particelle a quello della coscienza quali sono le variazioni sul tema?
Per es. nel campo della fisica si predilige il significato d'intreccio, nel campo della coscienza - che include il quotidiano, le relazioni - si preferisce il significato di irretimento, nel senso di essere impigliati, magari con la vita e il destino di qualcun altro. Partendo dal comportamento dell'entanglement nelle particelle, si è secondo te davvero liberi di scegliere i propri legami?
MT: Direi proprio che, allo stato attuale delle conoscenze, le uniche variazioni sul tema dell’entanglement passando dalle particelle alla coscienza sono puramente differenze di dominio, non di significato o di sostanza: il significato fisico (che è l’unico che conta) è esattamente lo stesso per entrambi gli aspetti, e con ogni probabilità è in tutti i casi governato da proprietà quantistiche. Per quello che riguarda il modello biologico e psichico (entrambi interagenti e di pertinenza alla coscienza), si sta cercando tuttora una teoria matematica derivata dalla meccanica quantistica, ma più complessa.
Per quanto concerne il “libero arbitrio” nelle nostre azioni e interazioni personali, ciò vale per quello che riguarda la nostra coscienza, non la nostra “volontà” in termini razionali e convenzionali. E’ il nostro inconscio semplicemente a “ricordarsi” (e non a “decidere”) improvvisamente che esiste ad esempio un’anima gemella che vive da sempre in simbiosi con noi, e allora tutto accade in maniera sincronica, anche se a noi appare che questo avvenga per caso. Capire una cosa è meno importante di averne coscienza, eppure sono necessarie entrambe per farne una scienza. Il giorno che capiremo scientificamente le cose con coscienza allora saremo arrivati alla fisica ultima, che appunto comporta una interazione perfetta tra la coscienza e il dominio della materia-energia.
Dal dizionario(Il Ragazzini – Zanichelli)
Entanglement:
1) l’impigliarsi; l’intrecciarsi; l’irretire; l’essere irretito
2) imbroglio; intrico; groviglio
3) coinvolgimento (dei sentimenti); relazione amorosa
4) (mil.) reticolato
Cari amici,ho letto velocemente per ragioni di lavoro questo articolo importante di Vincenzo e lo rileggerò con calma e attenzione maggiore appena posso,ma una cosa mi balza sempre in testa quando leggo qualcosa che riguarda la MQ,come ci misuriamo con il concetto di grande e piccolo,(a parte l'aspetto pratico ineludibile).Un primo aspetto è il più ovvio,si parte dall'ultra semplice al complesso,il secondo è che avendo avuto tutti la stessa madre (big bang),è facile che siano legati e che abbiano la stessa educazione/ istruzione,tantè che nell'universo tutto assomiglia ad esso,ci deve essere un profumo che impregna quello che noi percepiamo come piccolo o come grande e che lega tutto in maniera orizzontale.
Sai, Mik, Penrose in "Shadows of the mind" (non l'ho letto, ma è citato ne"La Fisica della vita"... l'unica volta che ho provato a leggere un libro di Penrose mi sono arresa dopo poche pagine ) va anche oltre e, in collaborazione con un professore di anestesiologia e psicologia, arriva a ipotizzare che il cervello sia un vero e proprio computer quantistico i cui qubit siano costituiti da strutture dei neuroni chiamate microtubuli (lunghe strisce di una proteina detta tubulina).
La principale obiezione a questa teoria consiste nel fatto che i microtubuli, essendo formati da milioni di particelle, siano strutture troppo più complicate delle singole particelle (o piccoli gruppi di particelle) che di norma costituiscono la parte quantistica dei sistemi biologici.
Altri scienziati, invece, sostengono che il campo elettromagnetico del cervello, generato dall'attività elettrica di tutti i suoi nervi, ne sarebbe a sua volta influenzato, creando una sorta di circolo autoreferenziale che sarebbe una componente essenziale della coscienza
@Daniela si ho sentito che i microtuboli di Penrose non sono molto benvisti. L'idea è comunque accattivante. E condivido l'opinione che laggiù la MQ la deve fare da padrona...
grazie ragazzi... è bello vedere tanti entanglement neuronici tutti assieme!
Grazie a te, Prof., per l'opportunità!!
Wow! Enzo.... forse è vero "Dio non gioca a dadi con l'Universo".
Sono sempre più convinto che, grazie all'approccio di questo "circolo", l'infinito teatro del cosmo sia un posto meraviglioso, dove poter andare oltre i confini ristretti in cui siamo relegati e con la mente cercare risposte a domande che nascono solo dalla nostra immatura e limitata conoscenza.
Sull'argomento aggiungo solo una riflessione. Le "decisioni" del microcosmo sono certamente alla base delle manifestazioni esteriori del macrocosmo (due fenditure) ma il macrocosmo, a sua volta, determina alcune manifestazioni del microcosmo. Non so se una stella "decide" di nascere, ma è certo che se non "sparo" i fotoni dalle fenditure non uscirà nulla...
Ps. grande articolo per riaccendere i commenti
Pensa che noia sarebbe, Luigi, se nascessimo con una conoscenza illimitata: nessuna domanda, nessuna risposta, nessun libro da leggere, nessun Circolo, nessun Prof...
E se la velocità della luce fosse illimitata?! Nessuna possibilità di studiare l'evoluzione dell'Universo...
Evviva la limitatezza!!
Eh sì, ragazzi... guai se non ci rendessimo conto della nostra limitatezza e se non facessimo tesoro dell'aiuto degli altri. Nessuno può lavorare da solo. Perfino i fotoni si devono ... sdoppiare e intrecciare!!!!
ma che bella banda che siete, mi piace avervi scoperto!
grazie Gianni! E aspettiamo con grande piacere ogni tua provocazione, commento o proposta...
Il nostro circolo, da un lato vuole fare divulgazione, ma dall'altra stimolare a pensare nei giusti binari scientifici. Fantasia e Scienza possono convivere, sempre che comandi il tutto una grande umiltà culturale!
Per quanto possano apparire coerenti e ragionevoli i modelli aritmetici o geometrici, la rappresentazione del cosmo non è oggettiva. Risponde comunque alla nostra realtà cerebrale.L’universo non è matematico e la nostra vista non è mai dalla parte di Dio.Il passo fondamentale è cercare quello che nella realtà appare immutabile,ancorché mutevole,camaleontica :”l’ENERGIA”
Credo che la sua trasformazione perenne,in forme diverse e complesse sia l’INTELLIGENZA.Le piattaforme fisiche costruite a matriosca attraverso le quali gli eventi vengono generati e scritti nello spazio, il segno che rimane,l’informazione,è più importante del pennarello che lo scrive perché potrebbe contenere il know how per fabbricare un pennello più sofisticato,o semplicemente un arnese di riserva per qualche altra potenzialità .Quello che VINCENZO ha scritto è condivisibile,credo che alcuni spunti verrebbero superati solo che noi pensassimo un po' di più in termini di piattaforme,un vagone microscopico può contenere la stessa realtà di uno enorme,che lo ospita,e quello che contiene evolvere in maniera diversa,capita ogni giorno anche sulla terra. Rimane un’altra energia,quella dello stato fondamentale con i suoi tremori quantistici,che possono essere incredibilmente energetici,ma essendo innocui suppongo non interagenti;eppure visto che niente è la per caso...Sono convinto che anche questo circolo sia una piattaforma che vive esattamente come un essere vivente,lo schema operativo è lo stesso e ciò che genera è intelligenza,diversità stimolo,inserito nello spaziotempo esattamente come qualsiasi catena di eventi, e se togliamo l’etica,un arnese che non è detto sia molto interessante per il mondo al di fuori di noi,altrettanto importante di qualsiasi altra manifestazione di energia.