Categorie: Matematica
Tags: accelerazione aree legge oraria spazio velocità
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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40. Il primo passo verso gli integrali: aree, velocità e poco di più **
Iniziamo, finalmente, il nostro lungo viaggio nel mondo degli integrali. Useremo due modi per definirli, per poi legarli strettamente attraverso un teorema fondamentale. Non abbiate paura, però: il discorso sarà molto semplice almeno fino alla “digestione” completa dei concetti più importanti. Riuscire, poi, a calcolare tutti gli integrali che si vorrebbero, diventa esercizio ben più arduo anche per i professionisti. Si usano vari “trucchi” e le serie ci aiutano. Ma… non corriamo. Cominciamo con qualcosa che è veramente alla portata di tutti: le aree dei rettangoli, dei triangoli e dei trapezi…
N.B.: i primi articoli sugli integrali sono comprensibili e utili a TUTTI, anche a coloro che non sono riusciti a seguire le tantissime lezioni sulla matematica. Vi invito perciò a leggerli ugualmente...
Non posso certamente presentarlo come un quiz… Tuttavia, facciamoci la domanda: “Come si calcola l’aera di un rettangolo?”. La risposta è corale: “Base per altezza o, più semplicemente, lato per lato”. E l’area di un triangolo qualsiasi? Ovvio anche questo: “Base per altezza diviso due”. E quella di un trapezio? “Somma delle basi per altezza diviso due”. Insomma, su queste cose siamo proprio preparati…
No, non voglio prendervi in giro, ma lasciatemi fare la Fig. 1, relativa al rettangolo. Forse la figura più facile che abbia mai presentato… tuttavia, ci verrà molto utile. Abbiamo utilizzato gli assi cartesiani e tracciato due segmenti paralleli agli assi x e y. Il nostro rettangolo OABC ha un lato uguale a x e l’altro uguale a y e la sua area è xy. Insomma, banalità, veramente banalità.
Per rispondere a coloro che vorrebbero vedere chiaramente i legami tra operazioni matematiche e/o geometriche e la fisica applicata, utilizziamo, nuovamente la Fig. 1 (chiamiamola Fig. 2 e ridisegniamola), dove al posto della x inseriamo la variabile t e al posto della y la variabile v. I simboli usati non sono casuali, ovviamente, e sappiamo bene a cosa corrispondono: t rappresenta il tempo e v la velocità. Facciamo, allora, un piccolo salto indietro e vediamo a cosa corrisponde fisicamente la Fig. 2. Beh, non è certo difficile, essa rappresenta il moto di un oggetto con velocità costante v0.
Il grafico, infatti, ci dice che qualsiasi sia il tempo t della misura, la velocità del corpo è sempre la stessa. E’ una situazione così banale? Assolutamente no, dato che siamo nel caso di oggetti che si muovono con velocità costante, ossia di moto rettilineo uniforme. Vi sembra poco? Accidenti, sicuramente no, dato che tutta la relatività ristretta si occupa solo di sistemi di riferimento che seguono questa regola. La Fig. 3 è, quindi, una rappresentazione fondamentale della fisica e non certo un gioco da bambini! Non facciamoci ingannare dalla semplicità e ricordiamo sempre che la Natura lavora in modo semplice.
Voglio tenervi sulle spine e faccio un piccolo salto (chiedendovi, ovviamente, di tenere bene a mente anche quello che abbiamo appena descritto).
Vi ricordate sicuramente come si descrive il moto di un corpo che si muove con velocità costante v0. Esso descrive una legge oraria (lo spazio percorso in funzione del tempo) che si scrive:
s = s0 + v0t …. (1)
Dove s0 è la posizione del corpo al momento in cui faccio partire l’orologio. Se immaginiamo di partire dall’origine (s0 = 0), la (1) diventa:
s = v0t …. (2)
Come si rappresenta quanto appena detto in un diagramma spazio-tempo? Lo vediamo immediatamente nella Fig. 3, dove gli assi rappresentano, adesso, proprio lo spazio s e il tempo t.
Non potete certo meravigliarvi se il moto del corpo descrive una retta, essendo un risultato che conosciamo ormai come le nostre tasche. In questo tipo di diagramma, la retta rappresenta proprio lo spazio percorso al passare del tempo. Abbiamo una retta per il semplice fatto che la velocità è costante ed è descrivibile con la pendenza della retta, ossia con il coefficiente angolare, ossia –ancora- con la derivata prima dello spazio rispetto al tempo. Essendo, però, questa velocità costante possiamo anche scrivere che la derivata non è altro che il rapporto tra qualsiasi s e il t corrispondente e, quindi:
s/t = v0
e, ovviamente:
s = v0t
Leggiamo questa formuletta in modo elementare:
lo spazio percorso dal corpo è uguale al prodotto tra la velocità (costante) e il tempo trascorso.
Guarda caso è una definizione che ci ricorda estremamente bene l’area di un rettangolo: lato per lato, che in questo caso diventa tempo per velocità. Lascio a voi fare l’ultimo passetto di un’ovvietà spaventosa, che confermo immediatamente:
lo spazio percorso da un oggetto in moto rettilineo uniforme è dato dall’area del rettangolo che si ottiene utilizzando la Fig. 2. In parole più costruttive, per conoscere lo spazio percorso da un corpo che si muove con velocità v0, basta calcolare l’area del rettangolo di lati il tempo trascorso e la velocità costante.
Sembrerebbe una sciocca e inutile conclusione, ma, in pratica ci dice che se conosciamo la velocità è possibile fare il contrario di quello che si fa normalmente in cinematica, quando si conosce lo spazio percorso nell’unità di tempo e si calcola le velocità. Adesso, invece, partendo dalla velocità ricaviamo lo spazio percorso.
Andiamo avanti con la cinematica elementare e immaginiamo di avere un moto uniformemente accelerato. Cosa vuol dire? Presto detto: la velocità varia in modo uniforme mentre l’accelerazione è costante.
Divertiamoci ancora un poco con i nostri grafici elementari e costruiamo la Fig. 4. Accidenti… ma è sempre la stessa. In realtà no, dato che al posto della velocità c’è adesso l’accelerazione in funzione del tempo. L’accelerazione è però una costante e possiamo calcolare facilmente l’area del rettangolo grigio. Essa è data da at.
Ma sappiamo molto bene cosa vale at quando a è una costante:
v = at
Come potevamo facilmente dedurre subito, l’area del rettangolo che ha come lati l’accelerazione e il tempo ci regala la velocità.
Possiamo quindi facilmente passare da accelerazione a velocità calcolando l’area del rettangolo, analogamente a quanto abbiamo fatto per velocità e spazio nel caso di moto uniforme.
Il giochino è veramente divertente e vediamo se, anche in questo caso, è possibile arrivare fino allo spazio percorso. Non ci resta che disegnare in Fig. 5 la velocità in funzione del tempo.
Questa volta non si ottiene certo un rettangolo, ma un triangolo (abbiamo posto v0 = 0, ossia l’oggetto parte da fermo). Sarebbe molto bello che l’area del triangolo fosse proprio lo spazio percorso… Beh… è proprio così! Basta fare un piccolo ragionamento.
La velocità, rispetto al tempo, descrive una retta. Si può allora considerare senza problemi una velocità media, data proprio da vM = v/2. Lo spazio percorso nel tempo t con velocità variabile linearmente è uguale allo spazio percorso con una velocità costante uguale a vM. In parole povere, tutto ciò che abbiamo guadagnato prima di t/2 lo perdiamo dopo t/2 e il risultato è lo stesso. Lo spazio percorso nel tempo t è dato allora da
s = 1/2 vt
Ripetiamo che non abbiamo fatto altro che trasformare un moto uniformemente accelerato in un moto uniforme con velocità uguale al valor medio tra le velocità iniziale e finale. Possiamo allora trasformare il nostro triangolo in un rettangolo che ha un lato uguale a t e un’altezza uguale a v/2.
Ma la sua area è proprio vt/2, ossia esattamente l’area del triangolo di partenza. Abbiamo dimostrato facilmente che anche nel caso di un moto uniformemente accelerato l’area compresa tra la traiettoria della velocità e l’asse delle x è proprio lo spazio s dato da:
s = 1/2 vt …. (3)
Il nostro moto è però uniformemente accelerato e dobbiamo far comparire l’accelerazione…
Possiamo “recuperare” quanto trovato nella Fig. 4, ossia:
v = at
Sostituendola nella (3) si ha:
s = 1/2 at2 …. (4)
Che è proprio la legge oraria di un corpo che si muove di moto uniformemente accelerato.
Nel caso che non si partisse dall’origine, ma da un punto di ascissa s = s0 con una velocità iniziale v0 (caso più generale possibile), l’equazione precedente diventerebbe la ben nota:
s = s0 + v0t + ½ at2 …. (5)
Per esercizio, potete anche provare a calcolare la (5) quando, ad esempio, la velocità iniziale non è zero, ma è v0. La Fig. 5 diventa la Fig. 6. Nessun problema, basta calcolare l’area del trapezio grigio.
Essa vale
(v0 + v)t/2 = v0t/2 + vt/2
Ossia, lo spazio percorso vale:
s = v0t/2 + vt/2 …. (6)
L’accelerazione, ovviamente, non è più v/t ma (v – v0)/t (costante)
Per cui
at = (v – v0)
E ancora:
v = v0 + at
Sostituendola nella (6)
s = v0t/2 + v0t/2+ at2/2 = v0t + at2/2
Insomma, calcolando le aree più comuni (rettangolo, triangolo e trapezio) siamo riusciti a passare dall’accelerazione alla legge oraria, ossia all’equazione che lega lo spazio al tempo. Veramente banale… quasi ridicolo!
No, non è assolutamente un concetto ridicolo, anche se lo sembra.
Immaginate per un attimo di passare a moti ben più complicati, come quello di un oggetto in orbita attorno al Sole su un orbita ellittica. Cosa possiamo realmente determinare con le osservazioni? Beh, la posizione apparente, la velocità e l’accelerazione, mentre si vorrebbe conoscere la traiettoria realmente descritta. Si esegue quindi proprio la parte finale del nostro discorso. Si usano velocità e accelerazione per arrivare alla legge oraria.
Possiamo anche vedere la faccenda in altro modo, ancora più “fisico”. La legge di Newton parla di forza e di massa. Ma la forza è proprio una massa moltiplicata per un’accelerazione. Si è quindi obbligati a partire dall’accelerazione per passare poi alla velocità e infine alla traiettoria. La realtà della meccanica celeste segue normalmente questo processo logico e matematico.
Non si usano certamente aree di poligoni semplici ed è utile introdurre un operatore che permetta di svolgere il compito delle aree. In poche parole, calcolare aree sempre più complicate è il primo passo che dobbiamo imparare.
Pensiamo, inoltre, che questa operazione che fa passare da derivate seconde a derivate prime e poi allo spazio è proprio il contrario di quanto siamo ormai capaci di fare: derivando lo spazio rispetto al tempo sappiamo calcolare la velocità, la cui derivata è l’accelerazione.
Da un lato abbiamo un problema di calcolo di aree, dall’altro un problema che sembra proprio l’operazione inversa della derivata. Due modi per ottenere lo stesso risultato. Due modi che corrispondono proprio ai due tipi di integrali, definiti e indefiniti.
Aree e operatori matematici: lo studio degli integrali sta tutto qui. Tuttavia, anticipiamo che, mentre il primo approccio è facilmente descrivibile con la geometria, ma non è assolutamente indicato per ottenere un risultato numerico, il secondo si basa solo su un processo matematico che permette il calcolo vero e proprio. L’ideale sarebbe usare il secondo per ottenere il primo, ossia trovare una relazione ben definita che leghi i due tipi di approccio. A questo ci pensa il teorema fondamentale del calcolo integrale, una scoperta fantastica che non potremo certo trascurare.
Sì, siamo andati un po’ troppo avanti, ma lo abbiamo fatto solo per illustrare la problematica nel suo insieme e cominciare a capire il perché di certi approcci che sembrano estremamente distanti tra loro. Dimenticate (per adesso) quanto ho detto nella parte finale e torniamo alle aree, affrontandole in modo generale.
Forse vi sembrerà che abbia messo troppa carne al fuoco? Potevo seguire uno schema più rigido, come viene fatto normalmente. Tuttavia, la scelta è dipesa dal fatto che volevo approfittarne per richiamare la legge oraria, il significato geometrico della derivata e introdurre il concetto più generale dell’area… Come al solito, cerchiamo i concetti prima delle regole, che rischiano di diventare troppo presto monotone e, quindi, pressoché inutili.
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14 commenti
Bella lezione Enzo, davvero tutt'altro che banale! Riesci a rendere appetibili anche quelle brutte bestie che sono gli integrali!
grazie Mik, mi fai davvero felice!
Caro Enzo, all'inizio dell'articolo quando indichi come si calcola l'area di un triangolo o di un trapezio si da per scontato che si conoscano le formulette per ricavarla...
Per anni mi è capitato di trascinarmi mostruose lacune in geometria , poiché evidentemente non avevo compreso a fondo il senso di quelle formulette...
Per chiarirmi meglio le idee, usando solo un ragionamento logico e grafico elementare, ho provato a riflettere su come ricavare le varie aree..... ed ho realizzato alcune figure
La prima figura è quasi da scuola elementare.
Parte dall'area di un quadrato e di un Rettangolo (per il Rettangolo ho usato i termini Base ed Altezza invece che Lati, poiché mi servirà poi per i Triangoli).. e cerca di dimostrare che la Diagonale di un quadrato o di un Rettangolo divide in due parti uguali la sua Area (dimostrazione, a mio avviso, tutt'altro che banale, se non si vuole scomodare un sistema di coordinate cartesiane)...
http://www.astrobin.com/full/225997/C/
A mio avviso già da questa prima figura emerge un possibile metodo, per cui si sommano più aree (per esempio quadratini) per ottenere l'area complessiva....
Una volta acquisito che la diagonale di un quadrato o di un rettangolo divide queste figure in due aree triangolari uguali, la seconda figura si occupa dell'area dei Triangoli.
http://www.astrobin.com/full/225997/D/
Sarebbe stato inutile proseguire con altri triangoli (ho usato apposta quello scaleno, per affrontare quello più difficile da trattare), poiché qualunque triangolo è scomponibile in due triangoli rettangoli...
In questo caso emerge più chiaramente come sia possibile usare figure geometriche elementari per “scomporre” e “ricomporre” figure geometriche più complesse.
La Terza Figura si occupa dell'area del Trapezio.
http://www.astrobin.com/full/225997/E/
Ho usato diversi metodi per calcolare l'area ottenendo ovviamente sempre il medesimo risultato.... tra cui la somma delle aree dei due triangoli e del rettangolo in cui ho scomposto il Trapezio (un po' come approssimare il trapezio usando figure più semplici...).
Usando lo stesso metodo è un attimo trovare per esempio l'Area di un Rombo.... basta scomporlo in due triangoli, che avranno come base comune una diagonale del rombo (d1) e come medesima altezza (h) la metà dell'altra diagonale del Rombo (d2), quindi:
Area Triangolo 1 = (d1 h)/2 = (d1 ½ d2)/2
Area Triangolo 2 = (d1 h)/2 = (d1 ½ d2)/2
Area Rombo =(d1 ½ d2)/2+ (d1 ½ d2)/2 = 2 (d1 ½ d2)/2= d1 d2/2
Spero di non aver detto qualche sciocchezza o solo banalità, dato che non ho seguito un metodo letto da qualche parte.... ho semplicemente improvvisato.... con tutti i rischi del caso... mi sembra però che l'idea di sommare aree di figure più semplici per ottenere l'Area di un figura più complessa sia importante, o sbaglio?
Il resto dell'articolo a me sembra chiarissimo..... inoltre questa complicità tra cinematica e calcolo di “Aree” è davvero interessante!
C'è un'unica cosa che non mi è molto chiara e riguarda come ricavare la traiettoria dall'accelerazione (usando la sommatoria di aree), nel senso che in questo caso si dovrebbero considerare delle grandezze vettoriali, ossia oltre al modulo si dovrebbero considerare anche direzione e verso di velocità ed accelerazione, o sbaglio ?
Paolo
caro Paolo,
tutto ciò che dici è più che logico e mostra come anche le cose apparentemente più semplici siano sempre meno banali di quanto possano sembrare. Le dimostrazioni delle cose più ovvie sono, inoltre, sempre le più difficili... D'altra parte, il calcolo delle aree, prima degli integrali, andavo fatto proprio per suddivisione in aree semplici. Le cose cambiano decisamente quando devi calcolare l'area racchiusa da curve qualsiasi...
Proprio quest'ultimo punto è quello che ci servirà per calcolare velocità e accelerazioni qualsiasi e, in particolare, i loro moduli. Tieni conto che quando calcoli un'accelerazione partendo dalla velocità devi eseguire l'operazione di derivata che da sola non ti indica la direzione, ma solo il modulo. Il calcolo vettoriale completa il discorso... Le equazioni differenziali servono proprio ad avere il quadro completo della situazione... ma questo è un altro discorso un po' più complicato (spero di arrivarci...).
caro Paolo,
in pratica è proprio come supponi tu...
scusa Paolo,
forse non avevo capito bene il tuo dubbio... ero appena arrivato dall'ospedale... Stiamo attenti che fino a qui stiamo parlando di moti rettilinei e non circolari... Forse il punto fondamentale che ti sollevava il dubbio è quello...
Grazie Enzo, le risposte sono più che esaustive.
Paolo
Pare che il punto B del grafico di figura 2 sia, per quanto mi riguarda, un vero..mistero!
Se si volesse studiare un fenomeno "reale" di un corpo che parte da fermo, con il grafico di figura 2 si sarebbe portati a dire che al tempo zero il corpo, che dovrebbe essere fermo, ha velocità diversa da zero, come dire... il corpo è in movimento prima di...muoversi!
giustamente si dice nell ' articolo che " qualsiasi sia il tempo t della misura, la velocità del corpo è sempre la stessa", ma non nel caso dei "corpi che partono dall' origine" , e pare proprio che nel mondo fisico non c'è fenomeno che non abbia un' origine. Inoltre, parer mio, quel che accade nei primi istanti (vorrei dire secondi ma non sarebbe appropriato) di qualsiasi fenomeno reale, dal punto di vista non solo matematico è un vero mistero, forse a conoscenza solo dei più esperti della materia.
Ho fatto queste considerazioni al primo tentativo di approccio a questo tipo di matematica (pare che si chiami anche infinitesimal calculus) , e mi hanno portato a concludere che:
la derivata ennesima di una qualsivoglia funzione polinomiale non passa "mai" per l' origine!
Volevo chiederle se qualche principiante come me le avesse mai fatto notare quanto detto, e cosa pensa a riguardo e...se lei sa cosa succede nei primi istanti di ogni fenomeno fisico!
Bel sito e argomenti interessanti,
saluti
caro Dan,
ti crei difficoltà dove non ce ne sono. Considera la Fig. 3... essa ti dice che un corpo che parte dall'origine descrive spazi uguali in tempi uguali. ciò vuol dire che la velocità è sempre costante. Se è costante, posso prendere una nuova origine e far coincidere questa con un tempo qualsiasi (che posso chiamare zero) in cui la velocità non è nulla.
Riguardo alla velocità, il primo principio della dinamica ci dice che un corpo continua a muoversi di moto rettilineo uniforme se niente lo viene a disturbare. Il suo moto, però, potrebbe anche essere zero, ossia il corpo è fermo. In quest'ultimo caso, per farlo muovere è necessario che io lo disturbi e questo lo faccio imponendogli una forza, ossia un'accelerazione. Poi smetto di acceleralo e il corpo si muoverà con velocità costante diversa da zero. Ed ecco il punto B: non è altro che il punto in cui smetto di accelerare il corpo che possiede ormai una certa velocità diversa da zero.
E' forse un mistero per te l'esistenza di una forza? penso proprio di no. Ve ne sono quante vuoi capaci di superare l'inerzia di un corpo e imprimergli un'accelerazione e e quindi una velocità. Ovviamente, più la massa (inerzia) è grande e più forza ci vuole per raggiungere una certa velo9cità di crociera.
Sulla derivata non capisco proprio cosa intendi. Un qualche funzione passa per l'origine quando la y vale zero in corrispondenza di x = 0. Per trovare i massimi e minimi di una funzione in un certo intervallo cerco proprio gli zeri della derivata prima e poi guardo il segno della derivata seconda. Nel caso di un flesso orizzontale, anche la derivata seconda si annulla. Ciò vuol dire che se inserisco la derivata come ordinata, trovo che essa può benissimo passare per l'origine. Prova con y =x2. la sua derivata è 2x e l'origine è il punto (0,0). Per x = 0 la derivata si annulla in tal punto, ossia la derivata passa per l'origine. Per y = x3 la derivata prima vale 3x2, ossia si annulla per x = 0 (ossia passa per l'origine). La derivata seconda vale 6 x e anch'essa passa per l'origine. Tutte le derivate successive sono zero...
No, non capisco proprio cosa intendi con la tua domanda.
Buonasera, intendevo : la derivata ennesima di una qualsivoglia funzione polinomiale "di grado n" non passa "mai" per l' origine!
(esempio grafico spazio,tempo)
y = x3 essendo di terzo grado, considero la derivata terza che non è zero ma è la Costante 6 (rappresentata come retta parallela all' asse delle ascisse quindi mai toccherà il punto di origine!), se avessimo avuto una funzione di quarto grado, sarebbe stata la derivata quarta a non passare mai per l'origine, ecc
Se tu intendi che esiste sempre una derivata di grado n che non si annulla, questo è ovvio, naturalmente. Ma che problema c'è?
Buongiorno, rileggendo la sua prima risposta ora mi è molto più chiaro il grafico di figura 2, e la spiegazione del punto B ( punto in cui smetto di accelerare il corpo che possiede ormai una certa velocità diversa da zero).
Per quanto riguarda la derivata n che non si annulla , io ero portato a credere che anch' essa, se rappresentata in un grafico cartesiano, dovesse passare per l' origine per poi inevitabilmente assestarsi al valore costante
Cordialità
caro Dan,
riguardo alle derivate di ordine superiore penso possano interessarti questi articoli
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/jerk/
Lo leggo subito grazie mille!