Categorie: Corpi minori Satelliti e anelli Sistema Solare
Tags: cratere impatto frattura superficiale raccontiamo i corpi planetari satelliti Saturno Teti troiani
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:1
Raccontiamo i corpi planetari. 3: Teti e le sue guardie del corpo *
Questo articolo è stato inserito nella sezione d'archivio "Raccontiamo i corpi planetari", compresa in "Sistema Solare"
Decisamente più grande di Mimas, Teti supera di poco i mille chilometri di diametro (poco più grande di Cerere) e si comporta da corpo planetario sotto tutti gli aspetti. Oltre alle sue caratteristiche intrinseche ha il privilegio di avere due guardie del corpo che non possono che fare piacere al grande Lagrange (o, meglio ancora, Giuseppe Lodovico Lagrangia).
Abbiamo saltato Encelado, non tanto perché già trattato ampiamente, ma -soprattutto- perché stiamo aspettando le novità sui suoi getti caldi che potrebbero rivelare un “sistema biologico” sotterraneo. Dedichiamoci quindi a Teti. Anch’esso è decisamente bianco, benchè leggermente “sporcato” dalle particelle trasportate dal campo magnetico di Saturno e da quelle dell’anello E di cui è responsabile il nostro amico Encelado con i suoi geyser. La densità è perfino minore di quella di Mimas e non raggiunge quella dell’acqua (0.98). Insomma, potrebbe galleggiare… Se mai contenesse un nucleo roccioso questo dovrebbe essere veramente piccolo.
Come Mimas, anch’esso è caratterizzato da un gigantesco cratere, chiamato Odisseo. Le sue dimensioni sono veramente impressionanti, raggiungendo i 450 km. Facendo un po’ di conti potremmo dire che le dimensioni relative al diametro lo portano ancora più in là del gigante di Mimas. Invece di 1/3, qui siamo di fronte a un rapporto 2/5. Perché, allora, Teti non è stato completamente distrutto nell’impatto?
Facciamo un esempio molto terra-terra. Prendiamo una pallina di vetro e colpiamola con un certo proiettile. Sicuramente va in mille pezzi. Prendiamo, adesso, una pallina perfettamente uguale come dimensioni, ma fatta di gomma. Stesso proiettile che, però, torna indietro senza lasciare nessun segno.
Per essere più vicini alla realtà della situazione di Teti, pensiamo a una pallina di pasta di pane (ad esempio). Si creerebbe un bel cratere ma la pallina rimarrebbe intera. Non solo, un po’ alla volta il buco si rilasserebbe e il suo “fondo” tenderebbe a ritornare alle condizioni iniziali pre-impatto. Ciò implica che l’interno di Teti è riuscito a resistere, data la sua viscosità, all’energia liberata dal proiettile cosmico. In qualche modo l’ha assorbita senza permettere alle onde sismiche di frantumare il corpo. In altre parole, più che un corpo rigido, il suo calore interno lo ha reso “pastoso” e capace di riprendere la forma primitiva (o, almeno, provarci). Aiutato in questo dalla gravità.
Il fatto di essere composto essenzialmente di acqua non fa certo pensare a un riscaldamento interno dovuto al decadimento radioattivo. Ci deve essere stato dell’altro e quest’altro non può essere stata la risonanza 2:1 con Mimas, che, come abbiamo già visto, agisce principalmente sull’inclinazione e non sull’eccentricità, l’unica che può giocare nel mantenere caldo un interno di un corpo così piccolo.
Si pensa, perciò, a una vecchia risonanza 3:2 con Dione che è stata poi abbandonata, ma che ha lasciato segni indelebili non solo nel rilassamento del cratere. Soffermiamoci, però, ancora un po’ sul cratere gigantesco. Non pensiamolo come completamente cancellato dal rilassamento, dato che domina la struttura generale con dei bordi che si elevano fino a 6-9000 metri di altezza rispetto al fondo e rivaleggia con quello di Mimas. La vera differenza la vediamo nella Fig. 1, dove sono riportate le due sezioni dei crateri. A parte il picco centrale, quello di Mimas mantiene la forma parabolica, un vero e proprio buco che è cambiato di poco. Quello di Teti, invece, ha il fondo che ripete l’andamento della superficie, indicando il rilassamento dell’intera struttura.
Esiste su Teti una caratteristica ancora più gigantesca che fa pensare a una fase molto simile a quella dell’attuale Encelado. Un’enorme “valle” avvolge quasi l’intero satellite per circa 2000 km, raggiungendo una profondità di 3000 metri. Il nome ufficiale è Ithaca Chasma e rappresenta una spaccatura larga intorno ai cento chilometri. La sua origine dovrebbe dipendere dall’esistenza di un oceano sotterraneo (tanto per cambiare) mantenuto dalla risonanza con Dione, finché essa è durata.
Cessato l’effetto del “termosifone” mareale, l’oceano si è ghiacciato aumentando di volume e producendo una frattura lungo tutta la superficie: il pulcino di ghiaccio ha spaccato il guscio…
La forma circolare di Ithaca Chasma ha anche fatto pensare a un legame con il cratere Odisseo, che è molto vicino al “polo” del cerchio definito dalla lunga valle circolare. Un effetto dovuto all’onda sismica che ha attraversato l’intero corpo planetario. Qualcosa di simile agli anelli concentrici sui crateri di Ganimede e Callisto.
Tuttavia, questa ipotesi, del tutto plausibile, sembra dover essere abbandonata del tutto dato che Ithaca Chasma è decisamente più antica del cratere. Inoltre, un’antica attività geologica con tanto di criovulcani, sembra essere avvalorata da zone pianeggianti e meno craterizzate che si notano in varie parti di Teti. Insomma, un Encelado mancato o, almeno, solo un abbozzo di Encelado.
Il fatto di essere composto quasi esclusivamente di ghiaccio d’acqua rimane, comunque, un piccolo-grande mistero e si prospettano scenari molto più violenti e caotici in cui Teti, e forse anche gli altri satelliti interni, siano ciò che rimane di un satellite ben più grande , la cui distruzione ha causato anche gli anelli di Saturno. Una ipotesi difficile da provare a meno di non tornare indietro nel tempo. Tuttavia, ciò che oggi sembra così pulito e ordinato, ne deve avere visto di cotte e di crude.
Un segno di questa vita avventurosa potrebbero essere i due satelliti che condividono l’orbita di Teti, Telesto e Calipso. Due splendidi troiani posti rispettivamente in L4 e L5. Piccole lune (intorno ai 25-30 km), ma guardie del corpo che pochi alti oggetti possono vantare.
Insomma, anche Teti, con i suoi numerosi crateri e le sue caratteristiche superficiali che indicano un passato tutt’altro che monotono, non è certo oggetto da considerare di scarso interesse. E chi può negargli il ruolo di corpo planetario?
La serie completa degli articoli sui corpi planetari la trovate QUI
1 commento
E' si caro Enzo sono sempre più convinto del piccolo è bello. E sono sempre più convinto di seguire queste "lezioni" che sono arivate alla n. 3.
Seguiamo i misteri di queste lune letteralmente di ghiaccio e di questi oceani sotterranei onnipresenti.