Categorie: Relatività
Tags: composizione velocità dinamica relativistica quantità di moto relatività ristretta
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Dinamica Relativistica.1: Cambiamo la quantità di moto. 1
Per una trattazione completa dell’argomento, si consiglia di leggere il relativo approfondimento nel quale è stato inserito anche il presente articolo
Questa parte non è altro che la risposta al QUIZ e va ancora considerata come una preparazione o -meglio- un allenamento per dedicarsi al vero studio di cosa comporti utilizzare la vecchia definizione in un caso relativistico. Per poterlo fare sarà necessario costruire un esperimento che serva allo scopo e non nasconda la polvere sotto al tappeto.
I solutori del QUIZ mi abbiano pazienza e considerino quanto segue solo come un ulteriore ripasso.
Componiamo le velocità
Prima di iniziare, ribadiamo un paio di concetti che ormai dovrebbero essere ben digeriti. Tuttavia, benché digeriti, è utile, comunque, sintetizzarli per cominciare al meglio il cammino verso la dinamica relativistica. La loro trattazione completa si trova, comunque, QUI e QUI. Sto parlando, ovviamente, della combinazione relativistica delle velocità.
Immaginiamo in Fig. 1, un sistema S’ (una nave interstellare con il suo capitano) che si muove rispetto a noi (un papallo S?) alla velocità v diretta secondo l'asse x. All’interno della nave vi è un oggetto P’ che si muove con velocità u' = u’x nella stessa direzione dell’astronave. Notate l’uso dell’apice.
La velocità v è qualcosa di cui ci accorgiamo noi e quindi è senza apice (sistema di S). La velocità u’x è un qualcosa di cui si accorge il capitano (S’) e quindi deve avere l’apice. Ciò vuole dire che, per il capitano che crede di essere fermo, l’oggetto P’ si muove solo secondo u’x. Ci chiediamo: “A quale velocità viene visto viaggiare l’oggetto P’ da noi, papallo S, ossia qual è la sua velocità ux senza apice (essendo misurata nel sistema S)?” Se rispondesse Galileo ci direbbe:
ux = v + u’x.
Se fosse realmente così, però, la somma v + u’x potrebbe diventare tranquillamente più grande di quella della luce. Ne segue che, in campo relativistico, bisogna evitare che ciò accada. Deve esistere una trasformazione tra chi sta fermo e tra chi si muove, che permetta di non correre questo rischio. E così cadiamo nelle trasformazioni di Lorentz. Applicandole correttamente, si trova che la somma galileiana delle velocità può ancora andar bene fino a che stiamo trattando con velocità molto basse, dopo di che la formula si complica e ci porta a eseguire la somma, tenendo conto di certi fattori di correzione.
ux = (v + u’x)/(1 + vu’x/c2) …. (1)
Il denominatore è una quantità sicuramente maggiore di uno, da cui segue che la velocità orizzontale finale è sicuramente più piccola della somma delle due velocità. Anche se imponessimo che sia v che u’x siano uguali alla velocità della luce, otterremmo un valore finale ux = 2c/(1 + 1) = c. Einstein ci sapeva fare...
Fin qui abbiamo trattato una composizione di velocità che hanno la stessa direzione. Vi dico subito che nel prosieguo dell'articolo questa componente ci interesserà ben poco, ma è sempre meglio averla sott’occhio.
Molto più interessante è il caso in cui la velocità u’ sia diretta in modo qualsiasi (ragioniamo comunque sempre su un piano e quindi con una componente x e una y). Per lavorare con sicurezza e chiarezza è necessario scomporre la velocità u’ nelle sue due componenti: una nella direzione del moto dell’astronave rispetto a noi (u’x parallela a v, come nel caso precedente) e una in direzione ortogonale (u’y) .
Per Galileo la velocità vista da S porterebbe a:
ux = u’x + v
e
uy = uy’
e niente, in fondo, cambierebbe, dato che la componente lungo x è già stata trattata prima, mentre quella ortogonale rimarrebbe immutata. Ne segue che la velocità totale vista da S si ottiene sommando i vettori ux e uy = uy’ (il modulo u si determina attraverso il banale teorema di Pitagora)
Nel caso relativistico le cose si complicano. Diciamolo prima a parole e poi passiamo alle formule.
La componente ux viene descritta dalla (1) ed è già stata risolta. Non dimentichiamo, comunque, che essa esiste e dovrà poi essere tenuta in conto! Cosa succede alla componente uy?
In altre parole, come si trasforma la componente della velocità u’ secondo y’ (com'è vista da S’), quando viene vista dal sistema S. Essa deve perdere l’indice e diventare una uy.
La risposta potrebbe sembrare ovvia: “Sappiamo che, anche nella RR, y = y’ (trasformazioni di Lorentz) e, quindi, anche le componenti delle velocità relative a questi assi devono rimanere uguali come succede per Galileo”. No, assolutamente no! Una velocità è data dal rapporto tra una lunghezza e un tempo e se è vero che le lunghezze secondo y si mantengono non è affatto vero che il tempo di S’ visto da S si mantenga. Anzi, sappiamo benissimo che cambia e come! Il che vuol dire che deve cambiare anche la componente della velocità ortogonale alla direzione del moto relativo dei due sistemi.
Consideriamo il caso più generale, ossia quello in cui stiamo proprio parlando di una componente di una velocità u’, diretta comunque, e separata nelle sue due componenti.
La velocità ortogonale u’y, vista da S diventa una uy , data dalla formula
uy = u’y (1 – v2/c2)1/2/(1 + v u’x/c2) …. (2)
Non dobbiamo certo stupirci che compaia la velocità v e la componente u’x (d’altra parte basta ricordare che tempo e coordinata x sono strettamente collegati… se cambia il primo deve cambiare anche la seconda, come ci dicono sempre le trasformazioni di Lorentz).
Tuttavia, la formula si semplifica non poco se la velocità u’ di P’ è diretta SOLO in direzione ortogonale, rispetto al moto di S’. In questo caso u’ coincide con u’y e abbiamo immediatamente che u’x = 0. La formula di prima si trasforma nella più semplice e intuitiva:
uy = u’y (1 – v2/c2)1/2 …. (3)
In parole povere, dato che il termine sotto radice quadrata è sempre minore di uno, la componente ortogonale della velocità dell’oggetto P’, lanciato all’interno dell’astronave ortogonalmente al moto dell’astronave, viene vista accorciarsi da S, rispetto a quella u’y che vede il capitano in S’. E più la velocità dell’astronave è grande è più la componente ortogonale della velocità dell’oggetto P’, visto dal papallo S, appare diminuire. Tuttavia, stiamo ben attenti che la velocità totale vista da S è qualcosa di ben diverso, dato che l’astronave continua a viaggiare sempre a velocità v.
Abbiamo visto che, sia per una velocità con direzione qualsiasi che per una velocità soltanto ortogonale dell’oggetto P’, la componente della velocità uy vista da S si riduce rispetto a quella u’y vista da S’. Nel caso che la velocità abbia direzione qualsiasi, questa riduzione è regolata da due fattori di correzione (2): uno è relativo solo alla velocità del’astronave v ed è dato da (1 – v2/c2)1/2 e l’altro anche dalla componente della velocità di P’ lungo x’ (u’x) ed è dato da 1/(1 + v u’x/c2) . Nel caso che la velocità di P’ sia solo diretta lungo l’asse y’ (3), il fattore di correzione si riduce solo al primo, ossia a (1 – v2/c2)1/2. L’altro, ovviamente, si riduce a 1, dato che u’x = 0.
La componente ux, se esiste u’x, segue sempre la contrazione relativistica data dalla (1). Se u’x è uguale azero, ux si riduce alla velocità v tra i due sistemi.
Come già detto, la parte appena conclusa risponde praticamente al quiz proposto da poco e per darne una visione grafica completa ci possiamo riferire alla Fig. 2, in cui tutto ciò che è visto dal sistema S’ è rappresentato in blu (con l’apice), mentre ciò che è visto da S è rappresentato in rosso (senza apice). Teniamo presente che le contrazioni dei vari vettori sono state introdotte “a caso” e non corrispondono a una qualche scelta particolare delle velocità. Insomma, la figura è solo qualitativa, almeno per quanto riguarda la parte relativa a Einstein (RR). Ovviamente, la velocità v relativa alla parte sinistra deve essere decisamente più piccola della v della parte destra!
Con queste nozioni acquisite, siamo in grado di affrontare la dinamica relativistica e vedere come le assunzioni della RR stravolgano la dinamica newtoniana, sempre e soltanto se le velocità si avvicinano di molto a quella della luce.
5 commenti
Hai fatto bene a fare una figura riassuntiva; non si riesce solo con le formule ad avere un quadro completo dei sei casi. Nel caso generale si vede poi bene l'ulteriore contrazione della Uy a causa di Ux<>0. Mettono poi in evidenza che nei casi 2) e 3) la velocità totale ha sempre due componenti. Io mi ero già confuso, e nei mie ragionamenti successivi sulla quantità di moto, non ne avevo tenuto conto nel caso 2). Quindi sbagliavo.
Eh sì caro Umberto, il non dimenticarsi che la velocità nei casi 2 e 3 continua a essere molto grande è fondamentale! Non possiamo guardare solo la componente y anche se sarà SOLO lei a risolvere il problema...
Tutto chiaro, Enzo, mi togli solo una curiosità, per favore? E dai tempi degli articoli sulla RR che vorrei chiederterlo, ma mi sono sempre dimenticata... Hai scritto, a suo tempo, che Einstein ha utilizzato per le sue formule il fattore di Lorentz che già era stato scoperto: ma perché Lorentz era arrivato a quel fattore? A cosa gli serviva?
Mi basta una risposta super-sintetica, si tratta solo di una banale curiosità!
cara Dany,
Lorentz le introdusse come una specie di gioco matematico per trattare le equazioni di Maxwell per osservatori in moto. Tuttavia egli attribuì le trasformazioni alle modificazioni che subivano gli strumenti di misura quando cambiava il loro moto rispetto al sistema di riferimento assoluto che era quello dell'etere in quiete. In qualche modo, egli anticipò Einstein ma non ne intuì il senso fisico. E' un po' come Brahe che capì che la Terra non poteva stare al centro , ma non pensò mai di porre al centro il Sole. o qualcosa del genere...
La storia di fine ottocento da Maxwell a Einstein è piuttosto contorta e piena di previsioni, ma in parte bloccata dall'esistenza dell'etere.
Grazie!