Categorie: Cosmologia Spazio-Tempo
Tags: legge di Hubble orizzonte degli eventi sfera di Hubble Universo Osservabile velocità della luce
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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La sfera di Hubble e tutto ciò che non vedremo mai **/***
Questo articolo è stato inserito in due sezioni dell'archivio: velocità della luce e spaziotempo / cosmologia
Dopo l’Universo Osservabile, cerchiamo di affrontare, più o meno semplicisticamente, altre due “siepi” dell’Universo, oltre le quali sarà possibile guardare, forse, solo con la mente.
Abbiamo ormai conosciuto molto bene l’Universo Osservabile, che può essere considerato (nelle quattro dimensioni) come una sfera con noi al centro e di raggio (misurato proprio come distanza spaziale) uguale a circa 42 miliardi di anni luce. La sua rappresentazione nelle tre dimensioni (un cerchio disegnato su una superficie sferica) è abbastanza facile utilizzando il palloncino che si gonfia e ancora di più nelle due dimensioni (arco di una circonferenza), come abbiamo fatto, prevalentemente. Ovviamente, il tutto vale per un certo istante t.
E’ meglio disegnare un po’ rozzamente queste tre situazioni nella Fig. 1.
In alto a sinistra abbiamo la sfera, con noi al centro, che definisce l’Universo Osservabile (UO) nelle quattro dimensioni (tre spaziali), dove tutta la sfera contiene oggetti celesti ed è solo relativa a un certo tempo toggi. Noi siamo al centro della sfera UO. Non è, ovviamente, possibile individuare il tempo come un asse cartesiano, dato che abbiamo già consumato le tre dimensioni, le uniche rappresentabili. La sfera UO è la descrizione più realistica e si riferisce solo una piccolissima parte dell’intero Universo, di cui non sappiamo certo tracciare i confini (sempre che abbia senso definirli).
In alto a destra abbiano la rappresentazione a tre dimensioni (il classico palloncino che si gonfia), il cui centro è il Big Bang, mentre noi ci troviamo lungo l’asse dei tempi verticali, al tempo toggi. In questa situazione, possiamo disegnare (brutalmente) il cono di luce passato, di colore arancione, mentre l’UO è la calotta sferica (una parte della superficie sferica… mi raccomando!), disegnata a tratto marcato. Lo spazio ha due sole dimensioni e gli oggetti celesti, al tempo toggi, sono localizzati SOLO sopra la calotta. L’intero Universo coincide con la superficie sferica totale.
Infine, in basso, abbiamo la rappresentazione più semplice, a due dimensioni, dove lo spazio (a una dimensione) è rappresentato, al tempo toggi, dalla circonferenza di centro il Big Bang. Possiamo ancora disegnare la figura piana arancione che indica il cono di luce passato. L’UO è l’arco di circonferenza più marcato con noi al centro. L’intero Universo coincide con tutta la circonferenza.
L’Universo Osservabile è un qualcosa che vediamo oggi come era in tempi passati. La luce che invia oggi l’Universo Osservabile è, invece, qualcosa di ben diverso… Per comprenderlo possiamo introdurre un’altra “siepe” più vicina a noi: la Sfera di Hubble, dove ancora una volta (forse in modo più evidente) ci si accorge della limitatezza della velocità della luce. In parole povere, dato che lo spazio si espande liberamente e non è soggetto ai limiti imposti dalla velocità della luce, deve esistere un confine spaziale odierno in cui l’espansione supera la velocità della luce.
I fotoni, che si trovano oltre questo confine, vorrebbero raggiungerci ma vengono trascinati, più velocemente, in senso opposto dall’espansione, che li allontana da noi. Questo limite di osservazione della luce inviataci dalle galassie è nuovamente ben rappresentabile con una sfera il cui raggio sia una certa quantità riconducibile direttamente alla costante di Hubble.
Questa costante, indicata con H, lega, come dovremmo già sapere, la distanza di una galassia alla sua velocità di allontanamento da noi (dovuta ovviamente alla dilatazione dello spazio), secondo la formula ultra semplice:
v = H d …. (1)
dove H è la costante di Hubble, v la velocità di allontanamento e d la distanza dell’oggetto da noi.
Essa vuole dire, molto semplicemente, che più un oggetto celeste è lontano spazialmente da noi (d), tanto più è grande la sua velocità di allontanamento (v). Il rapporto tra la velocità e la distanza è proprio la costante H.
La (1) può essere scritta:
v/d = H
In poche parole, essendo H una costante, se aumenta la distanza deve aumentare anche la velocità.
H è, però, una costante per un certo istante t. Ossia, vale per tutto l’Universo, ma solo in un ben definito istante. Cambiando il tempo, cambia anche la costante. La sua variazione dipende soprattutto dal tasso di espansione e dalla variazione della sua velocità.
Da quanto detto, non è difficile ricavare il raggio r della sfera di Hubble OGGI, che è definita come il luogo dei punti (spaziali) in cui la velocità di allontanamento delle galassie (e di qualsiasi altra cosa) vale proprio c, ossia la velocità della luce. Può quindi essere scritto semplicemente come:
r = c/H
Per chi si ricorda come si può determinare l’età dell’Universo, questa formula non è nuova. Proprio l’inverso di H è il tempo di esistenza del Cosmo. Infatti, sappiamo che una velocità è uguale a uno spazio diviso per un tempo, ossia v = s/t. Ammettendo che l’espansione sia sempre stata costante, possiamo considerare la distanza s uguale alla distanza d del Big Bang. Ne segue dalla (1) che:
v = s/t = dBB/tBB = H dBB
ossia:
tBB = 1/H
Ne segue che, teoricamente, il raggio della sfera di Hubble dovrebbe essere proprio la distanza percorsa dalla luce durante la vita dell’Universo, 13.7 miliardi di anni (tempo!), ossia 13.7 miliardi di anni luce (distanza!). In realtà, questo raggio è leggermente più lungo a causa della non regolarità di variazione della costante di Hubble durante le varie fasi evolutive e si pensa si aggiri intorno ai 15 miliardi di anni luce.
Stiamo cercando di costruire la distanza di Hubble, continuando a utilizzare il palloncino che si gonfia. Anzi, la circonferenza che si allarga con il tempo. Stiamo anche usando soltanto la meccanica classica. Ovviamente, questa semplificazione non può, per definizione, essere esatta, ma la possiamo ritenere sufficiente per dare un’idea del concetto, semplificando al massimo il modello cosmologico. Sotto quindi con questo nuovo confine!
Consideriamo la Fig. 2.
BB sia sempre il Big Bang considerato come un punto. Il tempo viaggia sulle rette che partono da lui e che rappresentano le linee di Universo descritte da tutti gli oggetti solo a causa dell’espansione. Sia s lo spazio al tempo t e s’ quello al tempo t’. Ovviamente, siamo ricaduti nello spazio a una dimensione che ormai, però, dovremmo inquadrare molto bene. Siano O la Terra e A, B, C, D quattro galassie a distanza crescente. Le loro distanze al tempo t si misurano lungo la circonferenza s e sono gli archi OA, OB, OC e OD. Immaginiamo che s’ sia lo spazio dopo un tempo dt = t’- t, relativamente piccolo.
In tale contesto possiamo considerare come velocità di allontanamento delle galassie da noi il rapporto ds/dt. Quanto vale ds?
Possiamo trovarlo graficamente, riportando gli spazi OA, OB, OC e OD, misurati su s al tempo t, sul successivo spazio s’. Le distanze OA, OB, OC e OD diventano le O’A, O’B, O’C e O’D (basta seguire le linee tratteggiate). All’istante t’, però, le galassie si sono portate in A’, B’, C’ e D’ seguendo le proprie linee di Universo. Le nuove distanze O’A’, O’B’, O’C’ e O’D’sono ovviamente più grandi di OA, OB, OC e OD, ossia di O’A, O’B, O’C, O’D.
E’, allora, banalissimo calcolare le grandezze ds sulla circonferenza s’. Esse sono proprio A’A, B’B, C’C e D’D. La differenza di tempo dt è uguale per tutte le galassie e quindi le velocità di allontanamento sono proporzionali alle differenze ds. Anzi, se prendiamo un intervallo di tempo unitario, le velocità di allontanamento hanno per modulo proprio la differenza di spazio percorso dalle galassie per effetto dell’espansione.
I vettori neri sono quindi le velocità cercate, applicate ai rispettivi punti dello spazio s’.
Innanzitutto, si vede benissimo come oggetti più lontani si allontanino più velocemente, proprio ciò che dice la legge di Hubble. Ciò che capita per O capita, ovviamente, per tutti i punti dell’Universo: basta cambiare la linea di riferimento.
A questo punto è facilissimo disegnare il vettore velocità della luce (arancione) che è uguale in ogni punto dello spazio. Ovviamente, a noi interessa il vettore diretto verso di noi lungo s’, ossia quello che potrebbe regalarci, prima o poi, la luce delle galassie. Se la freccia arancione è superiore a quella nera, la luce giungerà a noi, seguendo il famoso cono di luce, ossia la traiettoria spazio-temporale che tiene conto della velocità della luce rallentata dall’espansione.
Se invece la freccia nera è più lunga di quella relativa alla luce, non c’è niente da fare: la luce cerca di venire verso di noi ma viene trascinata in senso opposto. Il povero fotone cerca di fare un passo in avanti, ma è costretto a farne due in senso opposto e si allontana da noi pur avendo lasciato la galassia da cui è partito. Andando a occhio (me lo permettete?), ho segnato il punto H, corrispondente alla distanza di Hubble.
Tuttavia, come sappiamo, H varia col tempo e non sappiamo nemmeno se l’espansione accelera veramente oppure no. Ne deriva che il raggio della sfera di Hubble (una sfera vera che ha noi come centro e si misura nello spazio s’ al tempo t’) cambia col tempo. Ciò vuol dire che la luce di un oggetto che al momento non riesce a dirigersi verso di noi, ed è rimasta più o meno a “bagnomaria”, lo potrebbe fare in futuro quando la sfera si allargherà. Vale però anche il viceversa a causa della continua espansione.
Ad esempio, la maggior parte degli oggetti che fanno parte del nostro Universo Osservabile e che sono riusciti a inviare la loro luce fino a noi quando erano all’interno della sfera di Hubble, non potranno più farlo da un certo punto in poi, dato che oggi sono ben al di là di tale confine. Se pensiamo che la distanza di Hubble è di circa 15 miliardi di anni luce, mentre l’Universo osservabile ha un confine pari a 42 miliardi di anni luce, la conclusione è abbastanza intuitiva.
Tutto ciò senza tener conto che più percorso deve fare la luce tanto maggiore è il suo redshift, ossia lo spostamento della luce verso grandi lunghezze d’onda. Prima o poi le lunghezze d’onda, a cui viene spostata la luce, renderà invisibile la sorgente da cui è partita. Un Universo futuro sempre meno illuminato, sia nel caso di un’espansione accelerata sia nel caso che essa sia rallentata, ma continua.
Un’ultima considerazione che ci fa pensare all’Universo come a un immenso buco nero. La sfera di Hubble rappresenta in qualche modo un orizzonte degli eventi, in quanto è il limite corrispondente a un valore della velocità di espansione uguale a quello della velocità della luce. Noi saremmo al suo interno. Tuttavia, ogni punto dell’Universo avrebbe un suo orizzonte degli eventi.
Qualche approfondimento
Sappiamo cosa rappresenta la sfera di Hubble. Essa è lo spazio (istantaneo) attorno a noi che ha come confine il luogo dei punti che hanno una velocità di espansione (rispetto a noi) uguale alla velocità della luce. Ciò vuol dire che la luce emessa da oggetti che stiano al di là di essa (esistenti perché fanno parte dell’Universo anche se non visibile) non può raggiungerci, dato che verrebbe trascinata più velocemente in senso opposto dall’espansione dell’Universo. Finora l’abbiamo definita e descritta basandoci solo su considerazioni di meccanica elementare (somma di vettori). Ci eravamo, però, limitati a un certo istante, ad esempio a t = OGGI.
Tuttavia, per meglio comprenderla nella sua globalità vale la pena vedere la sua variazione col tempo. Teniamo conto, però, che le figure che mostrerò sono solo qualitative e non quantitative e che seguono le ipotesi più comuni su espansione e densità dell’Universo. Ciò che ci interessa è capire il concetto e non svolgere calcoli di relatività generale e molto altro.
Consideriamo la Fig. 3.
Sappiamo bene come tracciare, nel famoso palloncino (anzi cerchio) che si espande, il cono di luce passato (CL) della Terra O all’istante OGGI. Esso rappresenta tutta la luce che ci ha raggiunto finora. Tracciato lui, è facile anche tracciare le linee di Universo che definiscono l’Universo Osservabile all’istante OGGI (UO), che come sappiamo ha un raggio di circa 42 miliardi di anni luce. All’istante considerato si può pensare a lui come a una sfera, con centro la Terra, di raggio uguale a 42 miliardi di anni luce. Attenzione, però: Se modificassimo il centro, nulla cambierebbe: si avrebbe un nuovo cono di luce, un nuovo Universo Osservabile e una nuova sfera di Hubble.
Al momento del Big Bang (che continuiamo a raffigurare come un punto, ma che non ha dimensioni per definizione) sia la sfera di Hubble (H) che il cono di luce hanno ovviamente dimensioni uguali a zero. L’espansione è molto violenta e il cono di luce diventa rapidamente più esteso della sfera di Hubble. Cosa vuol dire questo fatto? Che la stragrande maggioranza dello spazio che si sta creando si espande a velocità maggiori di quella della luce. Di conseguenza, le prime galassie si allontanano dalla nostra a velocità ben più grandi di c. L’Universo ci sta scappando di mano! Continuasse in quel modo riusciremmo oggi a vedere ben poco.
La sfera di Hubble è molto piccola, ossia basta una “piccola” distanza perché la luce non riesca a raggiungerci in quanto trascinata verso l’esterno. Come possiamo vedere questa situazione? Facile. Basta notare che il cono di luce (la traiettoria della luce per giungere fino a noi) si ALLONTANA dalla nostra linea di Universo BB-O. Ciò indica che la luce (o -se volete- i fotoni) si stanno facendo trascinare dall’espansione e sembra che non abbiano speranza di raggiungerci.
Le cose, fortunatamente, iniziano a cambiare e il cono di luce inizia a deformarsi e a curvare. Questa caratteristica l’abbiamo già toccata con mano quando lo abbiamo costruito per punti (vedi QUI). Poco alla volta la somma del vettori velocità della luce e velocità di espansione comincia a dar ragione alla prima (attenzione: possiamo sommare un vettore velocità a quello della luce in quanto stiamo parlando di espansione dello spazio e non di moto di oggetti all’interno dello spazio).
Il cono di luce tende a piegare e a non allontanarsi più dalla nostra linea di Universo. Nel frattempo cresce anche la sfera di Hubble. A un certo punto, la traiettoria del cono di luce inizia ad avvicinarsi alla nostra linea di Universo. Questo inizio, che vuol proprio dire che la velocità della luce diventa più grande dell’espansione corrisponde esattamente (per definizione) all’intersezione tra sfera di Hubble e cono di luce. I fuggitivi stanno tornando a casa!
Le galassie che erano oltre alla sfera di luce sono rientrate nei ranghi: la loro luce ha potuto viaggiare verso di noi anche se rallentata dalla componente dovuta all’espansione dell’Universo (rallentata vuol dire che ha dovuto percorrere uno spazio maggiore e non che ha cambiato il proprio modulo, ovviamente). In parole povere, possiamo dire che la maggior parte degli oggetti che vediamo oggi hanno passato un periodo di tempo in cui la loro velocità di espansione era maggiore di quella della luce, ossia erano esterni alla sfera di Hubble. D’altra parte, però, ci hanno dato un “contentino” dato che prima o poi non li vedremo più.
Se guardiamo l’Universo Osservabile, ci rendiamo conto di questo fatto, dato che ormai, OGGI, sono arrivati a distanze mostruosamente più grandi del raggio della sfera di Hubble. Oggi, infatti, le galassie più lontane che riusciamo a vedere si trovano a 42 miliardi di anni luce, mentre la sfera di Hubble ha un raggio di solo 15 miliardi di anni luce. Qualcosa si riuscirà ancora a ricevere? Sicuramente sì, dato che la sfera di Hubble tende ad aumentare il proprio raggio. Inoltre, l’Universo Osservabile potrà ancora aumentare, anche se non di molto.
Cerchiamo di vedere questo fatto allargando il cerchio che rappresenta l’Universo oggi e tracciamo il nuovo cono di luce corrispondente. Attenzione, però. Non potrete aumentare quanto volete l’Universo Osservabile. Anche se il tempo dell’Universo fosse infinito non si potrebbe andare a valori molto più alti. Probabilmente non più del doppio di quello attuale. Credetemi sulla parola, dato che la dimostrazione andrebbe troppo in là.
Tuttavia, possiamo mostrare un limite grafico (un altro confine, che prima avevamo fatto coincidere con la sfera di Hubble): quello che descrive la parte di Universo che non potrà mai essere vista. E’ qualcosa di legato alla sfera di Hubble e ne rappresenta praticamente il suo limite per t che tende a infinito. Lo chiamiamo Orizzonte degli Eventi (OE) del nostro Universo, una siepe veramente “terribile”, tranne che per la mente. Nella Fig. 4 è la curva arancione.
Esso tiene già conto di ciò che non si può vedere a un tempo t, ma che potrebbe entrare nella sfera di Hubble in un tempo successivo. E’ un limite invalicabile per la luce. Un vero confine per il nostro punto di osservazione, per il nostro “colle” leopardiano.
Non confondiamoci, però. Al di là di esso esiste ancora Universo, anzi la maggior parte, ma esso è vietato alla nostra osservazione e non certo per carenze tecnologiche. Il fatto che la linea arancione contenga, all’inizio, al suo interno le linee verdi che definiscono l’attuale Universo osservabile, ci dice che qualcosa riusciremo ancora a ottenere, ma non molto di più. Non spaventiamoci, però. Non pensate che improvvisamente l’Universo si faccia buio. Abbiamo ancora tanta luce da ricevere dagli anni passati dell’Universo, anche dai suoi primi vagiti.
So di essere stato un po’ troppo vago e qualitativo. Si dovrebbero inserire le coordinate comoventi e magari il tempo conforme per avere figure più semplici. Ma la semplicità sarebbe apparente dato che quello che viene inglobato nelle grandezze in gioco sarebbe di ben più difficile comprensione.
Direi che le nostre “siepi” sono state illustrate in modo accettabile, anche se non comprese nei loro risvolti più profondi…
Per arricchire la comprensione di “siepi” e “ultimi orizzonti”, QUI avete a disposizione il più illustre esperto in materia…
NEWS!! - La legge di Hubble ha ufficialmente cambiato nome, d'ora in poi di chiamerà LEGGE di HUBBLE-LEMAITRE. Il motivo ve lo raccontiamo QUI
NEWS: Una nuova stima della costante di Hubble "mette in crisi" il modello cosmologio standard
12 commenti
In questo momento su Facebook mi sto guardando in diretta le riprese di un astronauta che sta lavorando nello spazio,Meraviglioso!!! Ore 12,44 ciao
Gentilissimo prof. Vincenzo Zappalà ultimamente ci sentiamo spesso ma questa è l'ultima domanda e poi non la disturberò più promesso (almeno per un po' di tempo). La domanda è banale e penso tutti se la siano posta: come fa lo spazio, oltre la sfera di Hubble, ad espandersi più velocemente di c se Einstein ha dimostrato che nulla può muoversi più velocemente di c? Forse perché lo spazio è vuoto e quindi il vuoto essendo nulla non è obbligato a soggiacere alle leggi della fisica? Grazie "infinite".
caro Giampaolo,
non mi disturbi affatto! Son qui per questo (finché riesco a rispondere... ovviamente). In questo caso, la risposta è semplice. Niente può andare più veloce della luce nello spazio (dice Einstein), ma non lo SPAZIO stesso! Lui può espandersi a qualsiasi velocità... In realtà, non vi è movimento e/o velocità, ma è lo spazio che si dilata continuamente o, se preferisci, è come se tra due oggetti nascesse sempre più spazio. Gli oggetti restano fermi, ma la loro distanza continua ad aumentare. E più sono distanti, più aumenta... Pensa al palloncino che si gonfia: i punti disegnati sopra non si muovono, è, invece, lo spazio che li separa che cresce senza dover seguire nessuna legge legata alle velocità.
Mi smentisco subito ma lei è gentilissimo, anche per la velocità delle risposte.
Ma allora se dalla Terra potessimo vedere un orologio fissato su una stella che sta oltre la sfera di Hubble, che quindi si allontana da noi ad una v>c, come scorrerebbe il suo tempo, lo vedremo completamente fermo o addirittura andare all'indietro?
caro Giampaolo,
lo vedremmo identico al nostro, perché entrambi seguiamo la nostra linea di Universo, ossi SIAMO FERMI uno rispetto all'altro, con velocità relativa nello spazio uguale a ZERO. La velocità di recessione non è una velocità intrinseca della stella, ma solo dovuta allo spazio. La RR si rivolge solo a oggetti in moto relativo tra di loro. Noi e la stella formiamo un unico sistema di riferimento (lo spazio) che può espandersi a piacere. I puntini del palloncino si allontanano, ma non si muovono assolutamente nel loro spazio (superficie del palloncino) che s'ingrandisce sempre più.
La luce invece deve percorrere uno spazio che diventa sempre maggiore fino a che tanto avanza lei e tanto lo spazio è aumentato = sfera di Hubble
Gentile professore in questo articolo si sostiene che la luce di galassie in fuga da noi a velocità superiore a quella della luce, non ci potrà mai raggiungere. Ovviamente non mi permetterei mai di confutare tale affermazione se non avessi letto su "Le teorie impossibili" Marcus Du Sautoy che invece potrebbe essere che, in un tempo sufficientemente lungo, la luce di dette galassie potrebbe arrivare sino a noi. A sostegno di ciò, invoca l'aiuto della serie di D'Oresme. A tal fine allego le pagine ove si tratta la questione (pag. 255, 256, 257). Se potesse aiutarmi a chiarire questo dubbio, le sarei infinitamente grato. Grazie
Ing. Enzo Scalone
caro Enzo,
non ho detto quello che mi fai dire
Riporto una frase:
Esso tiene già conto di ciò che non si può vedere a un tempo t, ma che potrebbe entrare nella sfera di Hubble in un tempo successivo
e un'altra:
Tuttavia, come sappiamo, H varia col tempo e non sappiamo nemmeno se l’espansione accelera veramente oppure no. Ne deriva che il raggio della sfera di Hubble (una sfera vera che ha noi come centro e si misura nello spazio s’ al tempo t’) cambia col tempo. Ciò vuol dire che la luce di un oggetto che al momento non riesce a dirigersi verso di noi, ed è rimasta più o meno a “bagnomaria”, lo potrebbe fare in futuro quando la sfera si allargherà. Vale però anche il viceversa a causa della continua espansione.
Ne segue che molti dipende dall'espansione dell'Universo e dalla variazione della costante di Hubble con il tempo.
Non vedo, inoltre, le pagine che dici di avere allegato...
Gentilissimo professore, grazie per la pronta risposta.
Circa le pagine fotocopiate dal libro di Du Sautoy, non riesco ad allegarle alla presente. Peccato!
Se potessi avere una mail dove inviarle, penso che ci riuscirei. Comunque non la voglio disturbare ulteriormente, e grazie di nuovo.
Gentile Professore la ringrazio per le interessantissime lezioni di Cosmologia e vorrei chiederle se è corretta questa frase, tanto per rendermi conto se ho capito alcuni concetti : "Nella sfera di Hubble (raggio di circa 15 miliardi di a.l.) lo spazio si dilata a velocità inferiore a c, all'esterno la dilatazione trascina gli oggetti a velocità maggiore di c e questi oggetti possono far parte anche loro dell'universo osservabile (raggio circa 45 miliardi di a.l.) che contiene tutti gli oggetti la cui luce arriva oggi sulla terra (che sia possibile o no vederla con i nostri strumenti) e che ce li mostra come erano in passato quando erano molto più vicini , quindi oggi vediamo oggetti oltre la sfera di Hubble perchè la loro luce è partita quando l'oggetto che li ha emessi era entro la sfera di Hubble".
Spero di non essermi incasinato troppo e grazie ancora.
caro Giovanni,
la sfera di Hubble si riferisce all'Universo odierno. Il che vuol dire che gli oggetti al di fuori di essa hanno una velocità di allontanamento che è superiore a quella della luce. Ne segue che se le cose non cambiassero non potremmo mai vederli. Se riusciamo a vederli vuol dire che sono riusciti ad arrivare fino a noi con velocità di allontanamento minore di quella della luce e quindi fanno parte dell'Universo osservabile. Tuttavia, la luce di questi oggetti che ci raggiunge è partita in tempi molto antichi. Se essi sono OGGI oltre i limiti della sfera non potremmo più vederli. Tieni conto che l'espansione non è costante e, a seconda del tasso di espansione, nel futuro la sfera potrebbe allargare o diminuire il suo diametro e quindi certi oggetti scomparirebbero dalla nostra vista futura oppure potrebbero finalmente riuscire a raggiungerci.
Sintetizzando: la sfera di Hubble è un qualcosa che si riferisce a OGGI e rappresenta il limite oltre al quale la luce delle stelle inviata oggi non potrebbe raggiungerci in futuro, a meno di variazioni del tasso di espansione. Quella che è arrivata fa parte dell'Universo osservabile. Una stella che vediamo oggi potrebbe benissimo essere uscita dalla sfera di Hubble.
Buongiorno,
non si dovrebbe cambiare il nome di universo osservabile con quello di universo comprensibile? Questa regione dello spazio, simile ad una corona sferica, contiene oggetti di cui conosciamo le proprietà fisiche, perchè le osserviamo cosí come erano quando erano nella sfera di Hubble. Ma oltre al "quando" bisognerebbe riflettere sul "dove". La luce di una giovane stella, che ci giunge da una distanza di 13 miliardi di anni luce (quindi al di qua del limite di Hubble), ci mostra il corpo celeste cosí come era 13 miliardi di anni fa e può darci tutte le indicazioni su cosa sia accaduto a questo astro nel frattempo (grazie alle precise predizioni degli astrofisici), ma qualsiasi cosa esso sia diventato, il corpo celeste in questione si trova ora a 45 miliardi di anni luce da noi, oltre la sfera di Hubble e non potrò mai più vederlo, al piú potrò congetturare sul suo destino. Non è fuorviante il termine osservabile quando ci si riferisce ad oggetti distanti piú di 15 miliardi di anni luce? Oltre ció non si osserva proprio niente...
caro Ermanno,
in fondo, dovunque e comunque sia adesso, esso è ciò che riusciamo ad osservare.