Categorie: Curiosità Racconti di Vin-Census
Tags: Racconti Storia di Vin-Census Vin-Census Vincenzo Zappalà vino vita
Scritto da: PapalScherzone
Commenti:3
La Vera Storia di Vin-Census (11): UNA SORPRENDENTE STORIA PROIBITA
Chi ha seguito fin qui le appassionanti vicende di Vin-Census alle prese con il mondo del vino e si è divertito con lui quando ci ha insegnato a ruotare il calice nel giusto modo e con la giusta forza per contrastare la "malefica" forza di Coriolis (QUI), oppure quando ci ha spiegato quale posizione del polso e della schiena il degustatore deve tenere per evitare che gli effetti della marea luni-solare spezzino la catena dell'alcol etilico (QUI), si sarà chiesto come mai il Nostro Eroe si è allontanato dai blog enologici per tornare ad abbracciare il mai sopito amore per l'astrofisica... i due articoli che propongo oggi forse vi faranno intuire la risposta.
LA SORPRESA
Recentemente un amico, un misero mortale come me, mi ha raccontato di una grande degustazione fatta da un nucleo di grandi professionisti, una vera “task force”, un manipolo di mostruosi e preparatissimi individui che passano il loro tempo a comprare ed a bere le bottiglie più care e poi a raccontarle a tutti gli altri. Potrebbe sembrare che le acquistino e le bevano solo per far invidia agli altri. No, no! Lo fanno con spirito da missionari, da pionieri delle sensazioni estreme. E non è un caso che quindi ognuno cerchi di superare il collega nella descrizione più sottile, preziosa e raffinata delle centinaia di profumi che si celano ai comuni mortali. Io le leggo con invidia e gelosia. E poi arrivo perfino ad arrossire di me stesso, quando sento nominare, quasi come fosse la cosa più ovvia e banale del mondo, il profumo di animale. Sì, ma quale, accidenti! Volpe, cane, gatto, maiale, cavallo, dromedario, tirannosaurus rex ? Niente da fare, la mia ignoranza mi guarda negli occhi e ride di me. Ed io mi sento veramente nessuno.
Ebbene quel gruppo di eletti ogni tanto si riunisce ed assaggia insieme. E’ un momento di estasi pura, dove le capacità dei singoli si uniscono in un coro inebriante di aggettivi, di frutta, di idrocarburi saturi e non, di ciprie della Parigi anni ’20, di spezie di cui si era persa notizia fin dall’ultima guerra cino-giapponese. Come dicevo, uno di questi sublimi momenti di incantevole ebbrezza sensoriale mi è stata raccontata da un “intruso”, da uno che sfortunatamente non riesce a fare il salto qualitativo fondamentale, uno come me, insomma, un “paria” del vino. Aveva avuto la fortuna di essere stato invitato in quel consesso di saggi. Con occhi illuminati e sognanti mi ha raccontato di sublimi paragoni, di confronti simili agli esercizi stupefacenti degli acrobati da circo, di sfumature svelate con una sicurezza ed una chiarezza sublimi.
Ma poi, ecco il momento topico, il punto focale di tutta la serata: un borgogna del 1937, reperito in una famosissima cantina di un ancor più celebre “chateau”. L’emozione era palpabile anche tra gli stessi smaliziati ed espertissimi professionisti. Si erano seguite tutte le regole di decantazione necessarie per un gioiello di tale importanza. E con gesto di suprema democrazia l’avevano fatta eseguire proprio al mio amico inesperto, che si era sentito talmente importante e fortunato da scoppiare in un pianto dirotto. Poi finalmente l’assaggio. Un attimo di silenzio e poi un tripudio di emozioni e sensazioni sconvolgenti. Ma fra tutte, quella più ricorrente, da loro spesso e volentieri usata con precisa maestria: “profumo di animale”. Qualcuno tentò con semplice pelo di gatto. Fu zittito. No, no era volpe delle Ardenne. Nemmeno quello, accidenti, era nutria del Rodano. “Ma state zitti, cari colleghi”, disse il più anziano “ è chiaramente furetto di sottobosco di querceto”.
Il più sapiente, giovane, aitante, quasi con l’aria da spiritato per quegli occhi persi nel vuoto, ma già con un’aria da “guru” centenario, disse finalmente la sua, atteggiando la bocca ad un sorriso simile ad una smorfia beffarda: “trovato! Profumo di secrezione di procione lavatore durante la stagione degli amori!”. E lo disse quasi urlando, con gioia e convinzione. Ne furono tutti conquistati e tuffarono nuovamente il loro prezioso naso all’interno del calice. “E’ vero!” dissero in coro e si inebriarono di quel profumo penetrante, coinvolgente, sublime. Che grande borgogna! Che stupendo pinot noir! Un capolavoro, un simbolo perfetto di quel terroir così prodigioso! Avevano speso una fortuna, ma ne era valsa la pena. L’intruso fu colto da commozione e da estasi mistica che cancellò in fretta quella sensazione di “puzza” che aveva invaso le sue narici ingenue ed impreparate.
Prese con delicatezza il decanter che conservava ancora una discreta dose di quel liquido stratosferico. Ne vide il colore “antico”, quel granata che ormai sfumava in toni marroni, spenti, ma quasi sacri. Se ne versò ancora un poco. Doveva approfittarne. Quando mai avrebbe potuto ripetere un’esperienza del genere? Forse mai nella sua monotona ed insulsa vita. Ma non venne giù soltanto quella divina poesia liquida. Le lacrime che gli erano scese copiose mentre svolgeva la sacrale opera di travaso glielo avevano nascosto alla vista. Ancora ben conservato, con il suo pelo irto e bagnato, un bel topo di media stazza scivolò nel suo ampio bicchiere. Non si dimenticò mai di quella mitica esperienza!
(11 Aprile 2009)
UNA STORIA PROIBITA
Questa è una storia di vino. Una storia segreta e con risvolti leggermente audaci, per cui se ne consiglia la lettura solo ad un pubblico adulto. D’altra parte le reazioni chimiche che avvengono durante la fermentazione e nelle fasi successive sono sempre avvolte da un velo di mistero e non se ne conoscono mai perfettamente le varie sfaccettature. Soprattutto, rimane oscuro il lato sentimentale e passionale che le caratterizza nei momenti più intimi. Tra le varie molecole, i polifenoli, le antocianine, i lieviti, ecc., ecc. esistono simpatie, antipatie, invidie, gelosie, ecc... ma esistono anche seduzioni, infatuazioni, amori violenti e appassionati.
Quella che voglio raccontarvi riguarda un’attrazione fatale tra due “personaggi” veramente importanti, sebbene ancora praticamente sconosciuti agli enologi meno esperti e smaliziati. L’eroina del nostro racconto è Cichitina, una molecola dall’apparenza timida e schiva che si nasconde soprattutto all’interno della polpa dei vitigni a bacca bianca. Amante dei climi caldi e ventosi è frequentissima nelle uve del vermentino e del pigato. Le colline vicino al mare ne favoriscono la crescita in maniera spaventosa. Tuttavia, la sua ritrosia nello stabilire rapporti con altri composti chimici, l’ha sempre resa praticamente invisibile e ben pochi ne conoscevano l’esistenza.
Sempre dimessa, mal vestita, senza trucco, nascondeva dietro a quella misera apparenza una vitalità e una bellezza travolgente. Ma nessun principe azzurro aveva ancora fatto la sua comparsa e lei rimaneva chiusa nella sua anonimità e tristezza. Nell’intimo sognava un lievito aitante, allegro, un po’ spavaldo ma anche gentile e tenero. Un vero lievito che la facesse vibrare di passione e le desse protezione e coraggio. Ma quelli che vivevano insieme a lei erano ben lontani da quel sogno. Gente di paese, lieviti banali, rozzi e volgari, indigeni senza classe e senza stile. Le sue amiche la prendevano in giro e ridacchiavano sussurrando tra loro che “quella là” li trovava tutti meschini e insulsi solo perché nessuno la voleva, brutta e slavata com’era. La solita favola della volpe e l’uva che si ripeteva ancora una volta. E loro, molecole dell’uva, la conoscevano molto bene!
La nostra eroina non aveva perciò mai potuto assaporare le delizie dell’amore e mai aveva concesso alcunché a quegli squallidi e ridicoli lieviti autoctoni. Fin dai tempi di Dioniso era stato così e probabilmente sarebbe durato per sempre: i principi azzurri esistono solo nelle fiabe. Ed invece ecco che un giorno arrivò da molto lontano, da un paese al di là del mare, un lievito che sembrava un miraggio. Era in tutto e per tutto uguale al compagno che aveva da sempre desiderato, bramato e stretto avidamente nei suoi sogni più reconditi e audaci. Le sue amiche lo guardarono con occhi languidi e speranzosi, i lieviti paesani lo odiarono immediatamente, invidiosi di tanta bellezza e seduzione.
Si diceva che era frutto di una lunga selezione avvenuta in laboratori prestigiosi d’oltreoceano. Stava girando per il mondo e ovunque veniva accolto come un re. Alla fine lo avevano inviato anche lì, nelle terre vicine al mare, dove i vini erano troppo ancorati alla salsedine a alle misere erbe aromatiche sempre in lotta col vento. Quella maledetta puzza di Liguria doveva essere cancellata per poter finalmente far rivaleggiare quei semplici e aspri profumi con le deliziose, aromatiche e signorili fragranze straniere. Quel lievito selezionato avrebbe fatto sicuramente il miracolo scatenandosi con le molecole locali.
Già il suo nome era un messaggio di seduzione, classe e nobiltà: Isamilio dei Saccaromici di Cerevisia, Milio per i pochi amici. Purtroppo, le molecole locali non erano proprio delle bellezze. Se andavano più che a genio ai lieviti indigeni, non davano certo grande stimolo ad un rampollo di tale lignaggio. Ne aveva viste e conosciute di ben altro livello e difficilmente avrebbe trovato tra loro una che potesse veramente far risplendere le sue arti amatorie. La situazione sembrava senza via di uscita.
Si tentò il tutto per tutto e alla fine si organizzò una festa meravigliosa a cui furono invitate tutte le molecole più attraenti dell’uva, chiedendole espressamente di rendersi più “appetibili” possibili. Niente da fare. Milio era troppo ben abituato e non si sognò minimamente di invitarne qualcuna a ballare. Ogni speranza sembrava svanita, quando apparve lei, la molecola timida e insipida, Cichitina. E chi l’avrebbe mai riconosciuta? Come una crisalide si era trasformata in una farfalla di bellezza stupefacente.
Un “oooh” di meraviglia serpeggiò nella botte e i lieviti indigeni si accorsero subito di quanto erano stati stupidi e ottusi. Sotto quel velo di anonimità si celava uno splendore senza pari. Ma ormai per loro era troppo tardi. Milio si alzò immediatamente, apparendo ancora più alto, bello e atletico. Il suo sorriso illuminò le pareti oscure, corse incontro a Cichitina, la prese tra le braccia e iniziò un ballo struggente che in breve li trascinò al di fuori della vista di tutti.
Quello che capitò dopo non è concesso raccontarlo nemmeno ad un pubblico adulto, ma non è difficile immaginarlo. Non passò molto tempo che il vino iniziò ad esprimere dei profumi meravigliosi e raffinati. Su tutti dominava l’aroma di banana, netto, profondo, inconfondibile. Milio era riuscito a risvegliare le doti nascoste e sopite di Cichitina ed ora la loro unione aveva dato nuova vita a quel vino bianco puzzolente. Non ci sarebbe voluto molto a legare il nome della molecola all’aroma che avrebbe potuto sprigionare, ma, si sa, la gente di paese…
Purtroppo, la realtà non è una fiaba e non sempre ha un lieto fine. L’unione meravigliosa di Milio e Cichitina ebbe un breve periodo di fulgore, ma gli odiosi e grezzi lieviti autoctoni non accettarono facilmente la sconfitta. Iniziarono a ribellarsi e a creare mille difficoltà. Qualche squallido vignaiolo all’antica li seguì e decise di rimandare alla sua terra di origine il lievito selezionato. Chiamò con disprezzo “bananalizzati” i vini nati da quella passione travolgente. A casa loro Chichitina non avrebbe più espresso il suo profumo esotico e sensuale. Sarebbe tornata ai suoi sogni e la maledetta puzza di Liguria avrebbe ripreso il sopravvento. Un vero peccato!
Però, però… chissà perché, mi piacerebbe tanto che quei pochi vignaioli ottusi e ammuffiti crescessero di numero… Forse non amo le storie a lieto fine…
P.S. Qualsiasi riferimento a luoghi, vini e vignaioli realmente esistenti è puramente casuale (?)
(24 Maggio 2010)
QUI Vin-Census spiega, senza ironia, come mai ha il dente avvelenato con i cosiddetti degustatori "professionisti"
Credete, forse, che Vin-Census abbia esagerato? Allora leggete quanto segue (tratto dal sito internet della Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori):
La natura dei profumi e la loro descrizione
Fondamentale per la buona riuscita di questa complessa e affascinante (e divertente) operazione è il grado di volatilità delle sostanze chimiche che danno origine agli odori del vino. Esse saranno percepite dall’olfatto del degustatore in un ordine ben preciso: prima quelle più leggere ed eteree (profumi floreali ed aromatici), quindi sarà la volta di quelle di media volatilità (profumi fruttati ed erbacei), infine toccherà a quelle più pesanti (profumi animali, empireumatici).
A facilitare il compito all’assaggiatore c’è la classificazione in serie o famiglie degli odori che comunemente si trovano nel vino. A dire il vero di queste classificazioni ce ne sono diverse, con il numero delle serie che varia dall’una all’altra. Le principali sono quelle di guimard e Noble edell’aseV (società americana di enologia e Viticoltura), accompagnate da due famose “ruote degli aromi” e quella, ormai divenuta classica, di Peynaud e Blouin che di seguito riportiamo:
Serie animale: ambra, selvaggina, cacciagione, salmì, pelliccia, cane bagnato, muschio, muschiato, zibetto, sudore, urina di topo, urina di gatto, carne, frollato, pesce di mare.
Serie balsamica: ginepro, pino, resina, trementina, incenso, vaniglia.
Serie legnosa: legno verde, legno vecchio, legni di acacia, di quercia, di cedro, di sandalo, matita, scatola di sigari, scorza di legno, rancio (odore che ricorda quello del marsala), cognac vecchio, brandy, armagnac.
Serie chimica: acetico, alcol, carbonico, idrocarburi, naftolo, fenolo, fenico, zolfo, solforato, solforoso, celluloide, ebanite, medicinale, farmaceutico, disinfettante, iodio, cloro, grafite.
Serie di spezie e odori aromatici: anice, anetolo, finocchio, funghi, tartufo, cannella, zenzero, chiodo di garofano, noce moscata, pepe, pepe verde, basilico, menta verde, menta piperita, timo, angelica, liquirizia, aglio, cipolla, origano, maggiorana, lavanda, canfora, vermouth.
Serie empireumatica: tabacco, affumicato, selvatico, incenso bruciato, tostato, bruciato, caramello, mandorla tostata, pane tostato, pietra bruciata, pietra focaia, silice, polvere, legno bruciato, caucciù, cuoio, caffè tostato, cacao, cioccolato.
Serie eterea (e odori di fermentazione): acetone, banana, caramella acidula, caramella inglese, smalto per unghie, alcol amilico, acetato di isoamile, sapone, candela, cera, lievito, pasta fermentata, frumento, birra, sidro, latte, latte cagliato, latticini, burro, yogurt, crauti, burro rancido, diacetile.
Serie floreale: fiore d’acacia, di mandorlo, d’arancio, di melo, di pesco, di ligustro, di sambuco, di vite, biancospino, rosa canina, caprifoglio, melissa, giacinto, narciso, gelsomino, geranio, ginestra altea, magnolia, miele, peonia, rosa, camomilla, tiglio, verbena, iris, violetta, crisantemo, violacciocca, garofano.
Serie fruttata secca: uva passa, uva di Corinto, uva sultanina, confettura candita, marmellata d’uva, kirsch, cherry brandy, mandorla, mandorla amara, pistacchio, fico secco, noce, nocciola,
Serie fruttata fresca: moscato, ciliegia nera, ciliegia selvatica, visciola, durona, amarena, prugna, susina, prugnola, nocciolo, bacche selvatiche, mirtillo, ribes nero, fragola, fragola di bosco, lampone, uva spina, mora, albicocca, mela cotogna, pesca, pera, mela golden, mela renetta, mela verde, melone, bergamotto, cedro, limone, arancia, pompelmo, ananas, banana, fico secco, melograno, granatina, noce, nocciola, oliva verde, oliva nera.
Serie vegetale: erba, erboso, erbaceo, fieno, fienagione, odore di prato, foglia verde, gusto di viticcio, foglia di ribes stropicciata o appassita, lauro, tisana, infuso, foglia morta, odore di verdura, artemisia, cavolo, crescione, edera, garofano indiano, rafano, ravanello, felce, caffè verde, the, tabacco, humus, polvere, terra di sottobosco, terroso, palude, muschio.
Per procedere sul terreno dell’identificazione dei profumi e della loro descrizione, il degustatore deve seguire un ben determinato percorso. innanzi tutto deve individuare quella che è la tonalità dominante di quel profumo, vale a dire il sentore che risulta più evidente, più netto (più pulito ed individuabile) ed intenso. Il passo seguente è individuare la serie o famiglia a cui appartiene e quindi ricercare all’interno di quella serie o famiglia l’odore più vicino a quello percepito. L’ultimo passo è infine quello di individuare il descrittore preciso per quel determinato sentore.
Facciamo un esempio: rileviamo che la tonalità dominante del profumo del vino che stiamo degustando richiama l’odore della frutta fresca. andiamo dunque nella serie fruttata e ci troviamo di fronte al bivio: frutta rossa o frutta bianca. Trattandosi di un vino rosso, andiamo a consultare la sezione dei frutti rossi e quindi all’interno di quella sezione specifica individuiamo quel sentore dominante ad esempio nel ribes nero.
Ad aiutarci nella rilevazione degli altri sentori presenti nel profumo del vino, come abbiamo già detto in precedenza, sarà il meccanismo dell’assuefazione, in forza del quale l’olfatto diventa progressivamente insensibile ad un odore più intenso, permettendo in tal modo la rilevazione di sentori più deboli.
Sulla base di quanto abbiamo detto, vediamo come il “vocabolario” della degustazione fornisce le parole per descrivere i vari caratteri dominanti di un profumo:
aromatico è il profumo in cui si fanno notevolmente sentire gli aromi primari del vitigno;
floreale è il profumo che richiama il sentore di fiori freschi;
fruttato fresco è il profumo che dà al naso un piacevole sentore di frutta da fresca a matura:
fruttato secco: profumo con sentori di frutta secca;
vegetale quando nel profumo c'è un richiamo di origine vegetale;
balsamico che richiama profumi di erbe officinali;
speziato quando i profumi ricordano le spezie;
minerale è il sentore tipico di certi vitigni o di taluni vini provenienti da determinati terroir con sensazioni olfattivi riconducibili a sostanze chimiche e/o minerali
boisè si dice del profumo influenzato particolarmente dai sentori derivanti dal mondo del legno, dal bosco alla barrique;
chimico si dice di un profumo che richiama i solventi, le vernici, le muffe, ecc;
etereo è il profumo dei vini invecchiati derivato dalla fusione degli alcoli fra loro e dai processi di esterificazione;
possono essere infine presenti profumi "vari" riferiti ai sentori di crosta di pane, feccino, miele, resine, empireumatici…
3 commenti
La prima cosa che mi viene in mente è il racconto di Andersen " i vestiti dell'imperatore". Chissà quanta autosuggestione, guidata dal desiderio di non restare tagliati fuori, opera nella testa di molti assaggiatori.
Poi, in seconda battuta, mi domando se un vino che sa solo di vino sia da buttare via. Quasi quasi sembrerebbe di sì. Se manca la fragranza dell'urina di gatto... perché accompagnare il sauvignon agli asparagi o alle mele al forno con salsiccia, o alle vongole, alla cucina Thai, o ai Dim Sum cantonesi, o a tutte quelle pietanze che non possono mancare sulla tavola di un metalmeccanico dai robusti polpastrelli, con cui lamina la ghisa rovente, o di un disoccupato full time.
E l'urina di cane o di cavallo? Quando uscirà alla ribalta? Forse occorre un innesto particolare? Oppure basta impiantare una vigna nei pressi dell'ippodromo?
Come diceva il grande Principe....Ma mi facci il piacere!!!
Per un po' ho resistito prendendo in giro e divertendomi... poi, il troppo stroppia e sono tornato a lidi più limpidi... Però, un bel po' di grandi bottiglie in omaggio me le becco sempre, dato che chi fa il vino è diverso da chi si considera capace di valutarlo. Ho tanti amici vignaioli e sono contentissimo, ma nessuno tra i giornalisti ultra esperti... Che mondo squallido, cari amici....
Sai cosa ti dico, caro Enzone?
E' stata una bella fortuna che questi giornalisti ultra esperti ti abbiano nauseato e ti abbiano spinto a tornare a questi lidi più limpidi... come avremmo fatto ad incontrarci se tu fossi rimasto a parlare di vino e dintorni?!?!