Categorie: Relatività
Tags: favola fiaba Muone prova relatività ristretta semiotica semiotica relativistica
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:35
La favola di Muo * (sempre relatività ristretta è ...)
Questo articolo potrebbe essere il numero ZERO del progetto sulla semiotica relativistica. Oppure un provino per metterci alla prova. Sta a voi dare un giudizio e criticarci o correggerci, se necessario. Sicuramente ci farete aggiustare il tiro che ha sempre un solo scopo impellente: insegnare a tutti la bellezza della scienza vera e capire che anch’essa può essere facile come una fiaba.
Prima di iniziare, va ricordato un concetto fondamentale, ossia la differenza tra fiaba e favola. La prima è una storia in cui subentra una magia, sia essa maligna che benigna. Una favola, invece, è un’avventura tra personaggi umani, ma più spesso animali o dei, che vivono nella realtà, anche se essa viene deformata e distorta per accentuare i suoi vari aspetti nel bene e nel male. Noi inizieremo con due fiabe, mentre la terza lo sarà solo apparentemente, dato che rappresenterà una verità difficile da scorgere, ma sicuramente reale.
Il significato di una favola nasconde sempre una realtà. Il significato della realtà nasconde sempre una favola.
Primo intermezzo
Questa che presentiamo è una fiaba (che diventerà favola) scientifica che vuole essere un esempio del nostro tentativo di unione tra semiologia e di relatività speciale. Partiamo da una classica fiaba che può essere raccontata invertendo i personaggi senza cambiare il significato. Due versioni completamente simmetriche di una stessa storia (o questa o quella). In altre parole, la fiaba si basa su uno scambio d’identità fra le due entità che vi partecipano.
Passeremo poi a una fiaba più complessa, dove entrambe le versioni devono convivere (e questa e quella) malgrado la magia sia unica e i risultati apparentemente contrastanti. Tuttavia, una simmetria fondamentale continua a esistere: se capita un qualcosa alla prima entità, la stessa cosa deve capitare all’altra, anche se con modalità apparentemente diverse… Le entità rimangono distinte e la magia conserva la sua unicità.
Finiremo inserendo la figura del “mago” e della sua magia. Spiegheremo, però, solo il risultato e il come abbia agito, ma non il perché. L’ultimo passaggio, il più arduo, ma il più entusiasmante, completerà il passaggio da favola a realtà. Il viceversa sarà poi semplicissimo…
Umberto Eco diceva che la magia della letteratura riuscirà un giorno a spiegare i misteri della scienza; noi vorremmo anche dimostrare che la logica della scienza potrà spiegare le magie della letteratura.
La principessa e il rospo
C’era una volta, una giovane principessa triste che amava passare i suoi pomeriggi nel grande parco circostante il castello, dove vi era un laghetto, in cui viveva un rospo assai bruttino, con cui lei parlava e si sentiva in questo modo meno sola.
Un giorno, però, la principessa particolarmente affranta, prese fra le sue mani il rospo supplicandolo di trasformarsi in un bellissimo principe, e gli diede un bacio.
Il rospo per magia si trasformo nel tanto desiderato principe.
Insieme si allontanarono, felici della magia.
Esiste, però un’altra versione della stessa fiaba (meno conosciuta dagli umani), in cui il celebre bacio trasforma la principessa in una bellissima “rospa”.
Siamo nelle condizioni in cui una fiaba è l’esatto opposto dell’altra, ma il significato resta perfettamente lo stesso: l’amore vince qualsiasi magia maligna e supera ogni apparente differenza.
Una morale facile e una costruzione molto semplice.
Tuttavia, a volte, le fiabe sono più complesse e la morale più difficile da cogliere. Nella prossima, per esempio, la magia è unica e porta nuovamente alla felicità di entrambi i soggetti. Il suo ruolo è però molto ambiguo. La felicità di uno non implica affatto la felicità dell’altro. Il significato diventa più ambiguo e il ribaltamento dei ruoli apparentemente impossibile: le due entità che vivono la fiaba restano nettamente distinte.
L’elfo e il contadino
C’era una volta, un vecchio contadino, di nome Gustavo, che passava le sue giornate a zappare la terra e a coltivarla, ottenendo faticosamente il necessario per poter far vivere dignitosamente la sua famiglia. Di certo non era una vita facile, ma a lui bastava osservare le meraviglie del cielo per poter sognare ad occhi aperti. Uno dei suoi sogni era quello di poter vedere, anche solo per un attimo, un elfo del cielo. Sapeva che era impossibile, dato che loro vivevano solo per pochi secondi ed erano troppo in alto per giungere sulla terra, anche se si muovevano a grande velocità.
C’erano una volta (proprio la stessa volta di prima), tanti giovani elfi del cielo, animaletti un po’ buffi, ma dal musino simpatico. Anche loro avevano un sogno, poter visitare anche solo per un attimo la superficie della Terra e vedere un uomo. Sapevano, però, che era impossibile, ma la speranza non li lasciava mai.
Un bel giorno, qualcosa di strano accade al nostro Gustavo, mentre era intento nel suo lavoro. Improvvisamente, vide giungere dal cielo un elfo, proprio un animaletto un po’ buffo ma dal musino simpatico. Sbalordito, chiese al piccolo: “Tu sei un elfo del cielo. Come hai fatto ad arrivare fin qui sulla terra, potendo vivere così poco? La tua breve esistenza non ti permette di viaggiare così a lungo!”. L’elfo apparve altrettanto stupito, e, invece di rispondere, chiese subito al contadino: “Ma no, caro amico, come hai fatto tu, i fiori, le piante, gli animali, la terra tutta, ad arrivare fino alla mia casa così lontano nel cielo? Io non mi sono mosso per niente e la mia vita non è ancora finita!” Poi scomparve, felicissimo di aver parlato con il contadino, altrettanto felice per aver visto un elfo del cielo.
Una sola felicità, ma anche una sola magia? Sembrerebbe proprio di no! Ognuno crede di avere visto una magia agire sull’altro e non riescono a capire come la stessa magia abbia, in realtà, agito su tutti e due, in modo solo apparentemente diverso.
Secondo intermezzo
Approfondiamo, allora, questa seconda fiaba facendo conoscenza del mago e delle operazioni da lui svolte per rendere felici entrambi i personaggi . La parte dell’elfo la farà una strana e simpatica particella, di nome muone che noi chiameremo Muo, quella del contadino sarà assunta dallo stesso mago, che chiameremo Albertino.
La fiaba sarà raccontata nei dettagli fino alla sua conclusione. Vedremo come si sono svolti i fatti e assisteremo alla magia (o le magie?), che resterà ancora tale.
Continueremo, negli articoli successivi, la nostra ricerca di comprensione della magia, dei suoi limiti e delle sue meraviglie, fino a capire il vero significato dall’apparenza ambigua e scopriremo, un po’ alla volta, come una fiaba abbia anticipato la realtà e come la realtà dia il vero significato alla fiaba, che diventerà una vera favola. Ah… dimenticavamo… la magia ha un nome ben preciso: RELATIVITA’ RISTRETTA O SPECIALE
La fiaba-favola di Muo
C’era una volta una simpatica particella, di nome Muo, capace di viaggiare a velocità altissime. Come tutti i suoi fratelli “muoni”, avrebbe avuto tanta voglia di conoscere e parlare con il mondo, laggiù in basso, ma, purtroppo, non ne aveva la possibilità. La sua vita era cortissima, ancora più corta di quella delle farfalle. Quelli come Muo nascevano come per magia (forse era proprio un mago a crearli) a una certa altezza nell’atmosfera, intorno ai diecimila metri.
Appena nati, vedevano la Terra che brulicava di persone, animali, fiori e piante e tantissime particelle simili a loro, ma con la vita molto più lunga. Che bello riuscire almeno a toccarli! Ma la loro vita era troppo corta per riuscire ad arrivare così lontano. Vivevano solo quindici secondi, sufficienti a percorrere solo 500 metri… Forse proprio la smania di raggiungere quel sogno gli aveva permesso di andare velocissimi. Ma non bastava. Sfioravano la velocità della luce, ma non era sufficiente e di più non potevano proprio. Tutti dobbiamo sapere, infatti, che la velocità della luce non può essere superata. Anzi, l’unica che riesce a raggiungerla è un’altra fantastica particella che si chiama fotone, il vero e unico trasportatore della luce.
Purtroppo, Muo era costretto a nascere, esistere, sognare e a non lasciare alcun segno di sé. Come conseguenza, gli abitanti del pianeta non potevano nemmeno immaginare la sua esistenza
Un giorno, però, qualcuno si accorse di Muo e della sua tristezza profonda. Era un mago eccezionale, di nome Albert Einstein, per gli amici “Albertino”. Per bravo che fosse, però, non poteva fare vivere i muoni veramente più a lungo… però, però, poteva forse permettergli di raggiungere il suolo. Solo per un attimo, ma già sarebbe stata una grande gioia per il piccolo muone.
Ecco la magia che preparò. Una magia non molto difficile da eseguire, tanto che la Natura la usa sempre anche se noi non ce ne accorgiamo.
Innanzitutto, aveva bisogno di qualcuno o qualcosa che andasse a velocità spaventosa. E Muo era proprio il candidato perfetto. A quel punto Albertino prese la sua bacchetta magica, che chiama “relatività”, e fece in modo che chi guardasse Muo dalla Terra, avrebbe visto il suo orologio (che portava sempre con sé) girare molto più lentamente. In altre parole, da terra sembrava che il tempo di Muo scorresse più lentamente rispetto a quello degli uomini.
Quell’orologio piccolo piccolo, in mano a Muo, avrebbe confermato se la magia funzionava oppure no. Il nostro piccolo amico guardò con trepidazione il suo orologio mentre cadeva verso la Terra. Accidenti a lui, sembrava che andasse normalmente… anche il mago Albertino aveva fallito. Ma no, un’attimo! Lui era ancora vivo, eppure la Terra era vicinissima, a pochi metri. Riuscì a sfiorare un bellissimo fiore, a far strillare uno scoiattolo e a sentire l’umidità del suolo prima di spegnersi per sempre. Era la prima volta che un muone moriva veramente contento.
Anche Albertino che stava guardando il cielo sorrise di gusto vedendolo cadere ai suoi piedi: la magia era riuscita!
Abbiamo già detto che Albertino non poteva realmente allungare la vita di un muone. Se essa durava 15 secondi non poteva farla durare 100 secondi, in modo da permettergli di arrivare a Terra. Tuttavia, chi lo vedeva da terra era convinto che l’orologio del muone andasse più piano del loro. Un’illusione? Prendiamola anche così… ma un’illusione molto REALE!
L’orologio, visto da terra, si era messo veramente a girare più piano e per Albertino, che era sulla Terra, tra la nascita e la morte del muone erano passati solo 15 secondi: così segnava quel suo piccolissimo orologio! Era quindi più che logico che fosse ancora in vita, dato che la sua vita durava quindici secondi. Tuttavia, magicamente, era riuscito a coprire 10 chilometri e non i soliti cinquecento metri. Tra parentesi, ma ne parleremo dopo, Muo e il suo righello apparivano schiacciati, come se si fossero accorciati nel verso del movimento, ossia verso la Terra.
Ma come fa un orologio ad allungare la vita, se è visto da una persona che sta ferma sulla Terra? Basta ricordare che anche il cuore è un orologio e Muo ce l’aveva, anche se piccolissimo. Invece di fare Tic.Tac.Tic.Tac, per chi lo vedeva da Terra appariva fare Tic…….Tac……..Tic……..Tac…….
Rallentare un orologio vuole quindi dire rallentare i battiti del cuore.
Possiamo definire la durata di una vita come il tempo in cui il cuore riesce a battere 100 000 volte? Sicuramente sì… e allora se si rallenta il numero di battiti del cuore la durata della vita deve allungarsi. Un battito del cuore nettamente più lento permette di sopravvivere più a lungo e percorrere uno spazio ben più lungo del normale.
La conclusione è che chi sta fermo sulla Terra assiste realmente alla caduta del muone, dato che assiste realmente a un cuoricino che ha battuto 100 000 volte! E per battere 100 000 volte ha impiegato giusto il tempo per arrivare fino al suolo.
Tutto molto bello e anche molto semplice, ma è solo chi sta a Terra che vede rallentare il cuore del muone e permettergli di raggiungere il suolo. Per il nostro piccolo amico l’arrivo a Terra rimane un sogno irrealizzabile. Solo Albertino lo vede cadere, ma Muo no… La magia funziona solo per i terrestri!
Sì, sembrerebbe proprio così: solo Albertino ha visto arrivare a terra Muo, ma per Muo non è cambiato niente, dato che il orologio e il suo cuoricino battono sempre allo stesso modo. Però, accidenti, lui è sicuro di aver toccato il fiore e assaporato la terra umida. Com’è stato possibile? Albertino poteva permetterselo perché vedeva l’orologio-cuore del muone rallentare, ma per il muone questo non succedeva, il suo cuore faceva sempre Tic.Tac.Tic.Tac… e tutto doveva rimanere come prima.
No, no, questo è un ragionamento completamente sbagliato che la Natura non può accettare.
Lei ha una regola ferrea che deve sempre seguire: se un fenomeno (l’arrivo a terra di Muo) capita se è visto dalla Terra, lo stesso identico fenomeno deve capitare ovunque lo si guardi. Ne segue che il fenomeno “arrivare a Terra” deve essere visto ed essere vissuto anche da Muo stesso. Dove sta, allora, il trucco?
Ricordiamoci cosa abbiamo detto prima. Chi sta a terra vede l’orologio rallentare, ma anche un’altra cosa molto strana: le lunghezze si accorciano. In altre parole, Albertino, oltre che a vedere il cuoricino del muone andare più piano, deve anche vedere restringersi il righello che ha in mano Muo e la stessa particella si deve schiacciare nel senso del moto… Se capita una cosa (rallentamento) deve capitare anche l’altra (accorciamento). La magia ha due effetti apparentemente separati!
Trasportiamoci vicini al muone e “cadiamo” insieme a lui. Ma… stiamo proprio cadendo? Se non ci fosse l’aria e la polvere che ci sbattono in faccia, e non guardassimo verso il basso) a noi sembrerebbe di stare fermi. Per noi, che viaggiamo insieme al muone, tutto è normale: orologio, cuore, righelli, noi stessi. Ci sentiamo o non ci sentiamo fermi? Sicuramente sì! Per noi è la Terra che si muove a velocità elevatissima verso Muo. La stessa cosa capita andando in macchina. Siamo noi che ci muoviamo o sono gli alberi lungo la strada? Per la fisica le due cose sono equivalenti!
Non solo la Terra, però, ma anche tutto ciò che fa parte di lei: uomini, animali, piante e la sua stessa atmosfera. Ma, allora, vedremmo anche gli orologi terrestri andare più piano del nostro? Sicuramente sì, ma poco c’importa (per adesso). Quello che è fondamentale è che vedremmo anche accorciarsi le distanze. In poche parole il muone (e noi con lui) vedrebbe la Terra molto più vicina di ciò che è in realtà (ma qual è la realtà?), ossia la distanza tra la Terra e lui diventerebbe molto più corta. Talmente corta che nel brevissimo tempo della sua vita (quindici secondi) la Terra e i suoi abitanti riuscirebbero a raggiungerlo.
Immaginiamo che vi sia un righello lungo 10 000 metri tenuto in mano da Albertino. Bene, se visto da Muo, il righello si accorcerebbe fino a diventare di solo 500 metri. In altre parole, la Terra si viene a trovare, per Muo, a soli 500 metri di distanza. Proprio la distanza che corrisponde alla sua vita che dura 15 secondi. Ma non è lui a percorrerla è La Terra che ha ridotto la sua distanza e gli viene incontro in modo tale che allo scadere del quindicesimo secondo si è portata accanto a Muo.
Se non è una magia questa?!
La magia ha funzionato sia per chi sta sulla Terra sia per il muone che può veramente arrivare al suolo. Illusione? Assolutamente no, dato che il fenomeno (caduta del muone al suolo) avviene sia per chi viaggia con lui, sia per chi sta al suolo ad aspettarlo. Non solo Albertino e il muone sono contenti, ma la legge della Natura che abbiamo enunciato prima, ossia “un fenomeno deve apparire lo stesso da qualsiasi luogo lo si guardi” è perfettamente seguita da entrambi i nostri personaggi.
La morale “scientifica” di questa fiaba è che se qualcuno (Muo) viaggia a velocità vicine a quella della luce, il suo orologio è visto rallentare e il suo righello accorciarsi, da parte di chi si considera fermo (Albertino e tutta la Terra). In questo modo il “qualcuno” è visto riuscire a toccare terra. Tuttavia, dato che chi viaggia (Muo) può considerarsi fermo e pensare che è tutto il resto (Albertino e la Terra con la sua atmosfera) che si muove velocissimamente attorno a lui, anch’egli vede rallentare gli orologi e accorciarsi le distanze del mondo esterno. Anche lui, quindi, vede la Terra che arriva vicino a lui. Questa magia si chiama “relatività ristretta o speciale” e questa fiaba, diventando favola, la riassume perfettamente. Ricordiamoci, però, che la magia funziona se e soltanto se abbiamo a che fare con una particella che viaggia a velocità prossima a quella della luce e se la velocità è uniforme, ossia non cambia mai.
Perché non ce ne accorgiamo? E’ facile rispondere: “Perché non c’è niente che si riesca a vedere, munito di orologio e righello, che possa viaggiare a velocità così alte. Ben diversa sarebbe la situazione se potessimo vedere quello che fanno le particelle come il nostro amico Muo”, nel loro mondo microscopico.
Abbiamo spiegato qualitativamente il risultato della magia, ma dobbiamo ancora spiegare molto bene come e perché funziona. Altre favole ci aspettano… e dimostreranno piano piano che la favola di Muo non è una magia ma solo la realtà.
Per gli adulti: la frase “ovunque lo si guardi” va tradotta in “da qualsiasi riferimento inerziale lo si guardi”. I numeri relativi alla durata della vita del muone e delle distanze non sono quelli reali.
QUI tutti gli articoli dedicati alla semiotica relativistica
35 commenti
A me piace!
grazie Alberto !!!
E' piacevole di sicuro, è simpatico e scorrevole.
grazie Mario...
Il fatto che sia piacevole per i cari affezionati lettori mi riempie di gioia, ovviamente... ma sarebbe bello sentire qualcuno "esterno". L'articolo è un tentativo di portare la relatività ristretta nelle menti di chiunque, dai ragazzi agli insegnanti e via dicendo. Sono loro che dovrebbero dire qualcosa, indirizzarci meglio, segnalare le parti ostiche e così via. Facciamo questi sforzi proprio per colmare una lacuna terribile nell'insegnamento in genere e nella conoscenza delle persone non addette ai lavori. La relatività DEVE essere patrimonio di tutti dato che rappresenta la base della fisica e tecnologia odierna. E' assurdo che ci si interessi di onde gravitazionali e si chieda il perché e il percome e poi si ci disinteressi completamente delle sue basi più semplici ed esplicative.
Come sarebbe bello rispondere a tanti interrogativi e cercare di modellare la trattazione sulla base delle varie esigenze. Boh... devo fare in modo di non farmi rattristare più di tanto...
Un veicolo viaggia a 30 Km/h e deve coprire 1.500 chilometri = 1.500/30 uguale 50 ore
Si trova però nel paese delle meraviglie dove 1 ora ne dura 25 = 1.500/(30*25) uguale 2 ore
Vale però il concetto secondo cui, per una legge ben precisa, non si possono superare i 30 chilometri all’ora. Pertanto dal momento che li superiamo (750 Km/h) bisogna inventare qualcosa che ce lo consenta: la contrazione delle lunghezze in misura inversa alla dilatazione del tempo. Ma se teniamo in considerazione entrambe le stregonerie avviene che = (1.500/25)/(30*25) uguale 0,08 ore
Siccome a noi interessa solo provare la RR ci serve solamente uno di quei prodigi. Dunque se prendiamo la riduzione delle distanze non ci serve il tempo dilatato = (1.500/25)/30 uguale 2 ore. Furbi, no?
Un veicolo viaggia a 30 Km/h e deve coprire 1.500 chilometri = 1.500/30 uguale 50 ore
Si trova però nel paese delle meraviglie dove 1 ora ne dura 25 = 1.500/(30*25) uguale 2 ore
Vale però il concetto secondo cui, per una legge ben precisa, non si possono superare i 30 chilometri all’ora. Pertanto dal momento che li superiamo (750 Km/h) bisogna inventare qualcosa che ce lo consenta: la contrazione delle lunghezze in misura inversa alla dilatazione del tempo. Ma se teniamo in considerazione entrambe le stregonerie avviene che = (1.500/25)/(30*25) uguale 0,08 ore
Siccome a noi interessa solo provare la RR ci serve solamente uno di quei prodigi. Dunque se prendiamo la riduzione delle distanze non ci serve il tempo dilatato = (1.500/25)/30 uguale 2 ore. Furbi, no?
ma quello che dici è proprio la RR...: per uno basta la dilatazione, per l'altro la contrazione...
Immaginiamo che una persona che è nata lo stesso anno che sono nato io si trovi su una stella a 50 anni-luce da noi. Parte a velocità prossima a quella della luce per venire da noi. Dopo 50 anni arriva. Al mio orologio sono passati veramente 50 anni e sono invecchiato di 50 anni. Che aspetto, invece, ha lui, che come detto è nato il mio stesso anno? Ricordando che anche al suo orologio (tempo proprio) sono trascorsi veramente 50 anni!
Professore, Saluti e grazie per la eventuale risposta,
Enzo
Scusate se intervengo spostando un po' il problema. Immaginiamo un terzo osservatore con un altro sistema di riferimento che osserva l'evento del viaggiatore dalla stella verso la terra. Egli vedrà distanze e tempi ancora diversi dagli altri due. Ognuno ha i suoi tempi e sue distanze. Il tutto è tenuto insieme dal principio di INVARIANZA. Quindi egli vedrà invecchiamenti diversi dei due altri, a seconda delle rispettive velocità e distanze. Ma allora chi invecchia di più tra gli attori di questa commedia?
Spero di non aver detto una grande corbelleria. In tal caso scusate, ma sono un autodidatta dilettante.
C'è una cosa che continuo a non capire sulla simmetria.
Come è possibile che due persone, che dovrebbero essere coetanee, vedano entrambe l'altro più giovane?
E come è possibile che la persona più giovane sia quella che cambia il sistema di riferimento?
Cosa succede se nessuno dei due cambia il sistema di riferimento?
Facciamo una bella cosa:
quando l'astronave incrocia la terra, i due si fanno un bel selfie con lo smartphone, aggiungono la didascalia "io ho 50 anni", se la inviano via wifi, bluetooth o come diavolo volete e poi l'astronave prosegue sempre in moto rettilineo uniforme.
Cosa succede?
Poiché non credo alla magia e al fatto che l'invio telematico possa in qualche modo modificare le due foto, c'è qualcosa che non mi quadra.
Consideriamo anche che, per effetto dell'altissima velocità dell'astronave, le trasmissioni non siano istantanee e che richiedano anche tempi diversi per arrivare a destinazione, ma un fatto è certo: le foto sono state scattate quando l'astronave era in corrispondenza con la Terra e i due gemelli avevano 50 anni e vedevano entrambi l'altro più giovane; non ha alcuna rilevanza l'età di ciascuno dei due alla fine della trasmissione.
La dicitura "un gemello vede sé stesso più vecchio e l'altro più giovane" non è esatta nella RR perché "sembra" non è sinonimo di "è" così come appare è diverso da essere.
Se nella Relatività Generale il paradosso dei gemelli è accettabile per effetto delle accelerazioni e decelerazioni, nella Ristretta mi "sembra" che, per far quadrare i conti, si cerchi di emulare una mosca che si arrampica su uno specchio.
La domanda è precisa e mi aspetterei una risposta che lo sia altrettanto: cosa succede ai selfie?
Grazie
Non mi sono spiegato bene e forse il malinteso è dovuto al fatto che ho parlato di gemelli mentre non intendevo fratelli gemelli ma persone della stessa età.
Perciò non parliamo di gemelli, ma di orologi (o meglio, di timer).
Sincronizziamo i due orologi che si trovano a decine di anni luce di distanza, uno sulla Terra e uno su un'astronave che procede a velocità paragonabile a quella della luce.
La sincronizzazione degli orologi così distanti in realtà non è possibile ma, trattandosi di un esperimento mentale, possiamo fare tutto quello che ci pare.
Nell'attimo in cui i due orologi vengono sincronizzati, l'astronave sta viaggiando verso la Terra, alla velocità di 0,8c in moto rettilineo uniforme.
Si tratta quindi di un solo viaggio durante il quale astronave e Terra si avvicinano reciprocamente.
Un unico viaggio, due soli sistemi di riferimento e nessuno cambia sistema di riferimento, né l'astronauta né il terrestre.
Quando l'astronave incrocia la Terra, i due orologi vengono analizzati e fotografati nello stesso preciso istante.
L'orologio sull'astronave ha percorso veramente la distanza che c'era tra la Terra e l'astronave stessa mentre l'orologio sulla Terra è rimasto invece fermo e la velocità di avvicinamento all'astronave è relativistica.
Se vogliamo proprio essere pignoli, anche la Terra si è mossa ruotando su sé stessa, girando intorno al Sole, girando con il sitema solare intorno al centro della Via Lattea, muovendosi con la nostra galassia verso la galassia di Andromeda, muovendosi per l'effetto di espansione dell'universo, eccetera.
Ma ovviamente consideriamo la Terra come se fosse ferma perché altrimenti non se ne esce più.
A questo punto i due sistemi di riferimento non entrano in contatto tra loro e rimangono separati, ciascuno esterno all'altro.
Ma (e senza utilizzare trucchi magici) le fotografie dei due orologi mostrano:
1 - l'orologio sull'astronave con un tempo di molto inferiore rispetto all'orologio sulla Terra
2 - l'orologio sulla Terra con un tempo molto inferiore rispetto all'orologio sull'astronave.
Si verifica l'assurdo di: A < T < A in cui A è contemporaneamente minore e maggiore di T.
Il bello è che nei due sistemi di riferimento ci sono le stesse due fotografie, l'originale e la copia inviata telematicamente all'altro sistema.
Di queste fotografie su una c'è scritto "Foto A, Astronave" e sull'altra c'è scritto "Foto T, Terra" ed è ovvio che le due foto A sono identiche tra loro e segnano lo stesso tempo, così come sono identiche tra loro e segnano lo stesso tempo le due foto T.
Quesito molto semplice: quale orologio segna il tempo minore?
Possibili risposte: A, T, nessuno: segnano entrambi lo stesso tempo.
Dopo la risposta sarebbe anche gradito il perché.
Cari amici,
vi siete accorti che ho eliminato molti commenti in questo articolo. La ragione non è certo quella di nascondere la polvere sotto il tappeto, ma quella di non creare inutile confusione.
Purtroppo, in questo periodo ho subito un grave calo di concentrazione e di attenzione, a causa, ovviamente, della tragedia che ben conoscete. Forse non me ne rendevo nemmeno conto, ma stavo proprio crollando anche da un punto di vista intellettuale. Non riconoscevo nemmeno il me stesso di qualche tempo fa... Il che mi ha fatto rispondere in modo rozzo, incorretto e soprattutto confuso.
A questo punto, oltre alle domande di Enzo e Marco, ecco che è arrivato Simone con un attacco frontale. In qualche modo è stato uno schiaffo che mi ha "svegliato". Grazie a lui e alla sua schiettezza mi sono svegliato dal torpore che stavo subendo e penso di essermi ripreso. Non so proprio come ringraziare Simone e la sua sincerità! Mi sento di nuovo quello di molti mesi fa, tutto mi è apparso più chiaro e ho ritrovato un po' di quella grinta e serenità che stavo perdendo del tutto.
Simone ed io, in privato, abbiamo continuato a discutere fino a che mi sono risentito quella di una volta e abbiamo deciso di scrivere un articolo insieme che illustri in modo definitivo (speriamo, ma con la RR non si può mai dire) l'intera problematica (gemelli, età, vecchiaia, ecc., ecc.). Lo stiamo elaborando, ma siamo prossimi alla conclusione. L'articolo sarà perciò la risposta migliore che abbiamo trovato per le domande di Marco ed Enzo.
Gli inutili miei commenti e le risposte relative creavano solo confusione per colpa mia e non voglio assolutamente che ciò accada.
Forza e coraggio e avanti così. Ma ci tengo a ribadire l'aiuto preziosissimo di Simone e i dubbi più che giustificati di Marco ed Enzo.
Grazie a tutti voi per avermi dato lo stimolo giusto per riprendermi e non lasciarmi andare lentamente verso una deleteria decadenza.
Ci risentiamo nell'articolo che sta per nascere!!!
Caro Enzo prof.
siamo noi che ti dobbiamo ringraziare per tante cose:
Per l'attenzione che ci dedichi; per lo stimolo che ci dai spingendoci ad approfondire ed a non accontentarci delle prime risposte; per il piacere di condividere con noi il tuo sapere; e per ultimo, ma non per importanza, per il fatto di renderci partecipi delle incertezze, dubbi ed anche debolezze di uomo, prima che di studioso.
Avanti con coraggio prof che abbiamo bisogno della tua intelligenza e del tuo insegnamento.
Attendiamo con ansia e curiosità il nuovo articolo.
A presto Enzo
Grazie Enzo,
è bello avere dei veri amici che condividono i tuoi momenti belli, ma anche quelli brutti...
Mi dispiace non essere d'accordo con il prof. Zappalà ma la favola di Muo secondo me non funziona e spiego il perchè.
A parte il fatto che non capisco perchè viene indicata una durata della vita del muone di 15 secondi; se così fosse Muo viaggiando a velocità prossime a quella della luce percorrerebbe milioni di km e non solo i dieci che lo separano dalla superficie della terra.
Ma a parte ciò che può essere stata una svista e quindi per me non è rilevante, quello che invece contesto è il fatto che Muo veda la sua distanza dalla terra contrarsi da 10.000 a 600 metri consentendogli di raggiungere così il suolo.
La teroria della Relatività parla di contrazione delle lunghezze che gli osservatori di ciascuno dei due sistemi di riferimento inerziali vede accadere nell'altro e non nella distanza che li separa in quanto essa non appartiane a nessuno dei due sistemi; Muo pertanto vedrebbe la terra accorciarsi, compreso il righello di Albertino, e non la distanza che lo separa da essa.
Ragionando in modo diverso si perverrebbe a conclusioni prive di significato: infatti se noi ipotizziamo che Muo, considerandosi fermo, veda la terra avanzare verso di lui da una distanza che gli appare contratta da 10.000 a soli 600 metri, allo stesso modo un osservatore terrestre vedendo Muo avanzare verso di lui dovrebbe misurare anch'egli lo stesso valore, 600 metri, della distanza che lo separa da esso.
Cosa significa tutto ciò? Significa che entrambi i sistemi di riferimento inerziali misurerebbero lo stesso valore della distanza che li separa e che quindi tale valore dovrebbe essere effettivamente di 600 metri, risultato palesemente assurdo in quanto tale distanza in realtà è di ben 10.000 metri.
La rigngrazio anticipatamente se avrà la bontà di rispondere a questa mia osservazione.
Vincenzo Melchiorre
P.S. La mia contestazione non riguarda solo la sua spiegazione, ma tutte le interpretazione di quella che viene considerata una conferma sperimentale della Teoria della relatività ma che in effetti non conferma assolutamente niente.
caro Vincenzo,
per evidenziar i vari errori che tu commetti ci vorrebbe un articolo apposta. Cosa che però c'è già...
Te ne rendo palese uno soltanto, ma estremamente significativo. Tu dici: un osservatore terrestre vedendo Muo avanzare verso di lui dovrebbe misurare anch'egli lo stesso valore, 600 metri, della distanza che lo separa da esso.
Questa frase dimostra che dovresti prima capire bene cosa sono i sistemi di riferimento... Quello del muone NON contiene lo spazio tra lui e la Terra. Quello spazio fa parte del sistema di Albertino. Il sistema di riferimento del muone è lui e lui soltanto. Ne segue che mentre il muone vede contrarsi le lunghezze dell'altro sistema, Albertino vede contrarsi solo le lunghezze del sistema del muone e lui soltanto.
Scusami tanto ma questa abitudine di non accettare ciò che è ormai stato accettato da più di un secolo rispecchia una cattiva conoscenza della RR. Ti consiglio vivamente di cercare di rileggerla con molta calma, senza tralasciare i punti fondamentali. Dire che qualcosa non funziona perché non l'abbiamo capita, è una delle peggiori abitudini che sta prendendo il mondo odierno. Non c'è niente di male a non capire una cosa. Il male arriva quando non si ha la volontà di ricominciare da capo e si pretende di avere comunque ragione.
Egregio professore
la ringrazio molto della sua cortese risposta, le confesso comunque che non capisco per quale motivo lo spazio esistente tra il muone e la terra faccia parte del sistema di Albertino e non anche del sistema di Muo; ho sempre saputo che per la teoria della relatività tutti i sistemi di riferimento hanno la stessa legittimità: non esistono cioè sistemi di riferimento privilegiati.
D'altra parte lei stesso, quando parla della morale scientifica della favola, afferma che Albertino vede il righello di Muo accorciarsi; pertanto se il righello di Muo fosse anch'esso lungo esattamente 10 Km, pari cioè alla distanza tra Muo e la terra, per Albertino sarebbe lungo esattamente 600 metri che è esattamente quello che ho detto io.
Riguardo poi alfatto che non sia possibile mettere in discussione teorie universalmente accettate da oltre cento anni. le ricordo che una decina di anni fa alcuni ricercatori dell'INFN del Gran Sasso affermarono di avere scoperto che i neutrino viaggiavano a velocità superiore a quella della luce smentendo così uno dei postulati fondamentali della RR.
Dopo alcuni mesi di verifiche però gli stessi ricercatori ammisero di aver fatto degli errori nelle misurazioni e nella taratura degli strumenti e tutto il clamore suscitato si sgonfiò.
Rimane però il fatto che scienziati, sicuramente di alto livello, abbiano pensato di poter contestare una teoria ormai ampliamente consolidata che evidentemente non li convinceva pienamente e io credo che non ci sia nulla di male in tutto ciò.
Caro Vincenzo,
per il semplice fatto che gli ipotetici orologi posti nell'atmosfera terrestre segnano la stessa ora di Albertino, dato che sono in quiete rispetto a lui. L'orologio di Muo è invece l'unico che è si trova in un sistema che si muove rispetto ad albertino. La faccenda può essere facilmente invertita: se Muo si considera fermo, vede muovere sia Albertino che l'atmosfera terrestre, dato che formano un unico sistema.
Per confutare prove ormai più che confermate occorrono dati osservativi. E, nel nostro caso, questi dati erano fasulli. Tutto lì. Confutare la RR va sempre di moda, ma nessun tentativo è riuscito a scalfirla, mentre i continui dati osservativi non fanno che confermarla.
Ovviamente, per sollevare critiche bisogna conoscerla bene... soprattutto capire evidenze come quella del muone, confermata e riconfermata più e più volte.
Egregio Professore
mi permetto di intervenire perché al mio indirizzo email giungono sempre graditi inviti a visionare suoi commenti e le pongo quindi questi miei convincimenti
La RR viene illustrata nell’esperimento dell’orologio a luce dimostrando che lo sviluppo di un fenomeno è visto in maniera diversa da chi si muove rispetto a chi è fermo. Posta così come è spiegata, senza ulteriori chiarimenti, la cosa è opinabile e non si vede quali altri chiarimenti potrebbero evitare di continuare a ritenerla tale. Ci limiteremo a dire perché il chiarimento non si può accettare. L’occupante del veicolo vede il raggio andare su e giù fra gli specchi pur sapendo perfettamente di essere in movimento perché è certo di essere partito da un certo punto per lui fermo mentre l’osservatore che si vede fermo non ha facoltà di vedere alcunché di ciò che avviene all’interno di quell’ambiente chiuso. Va detto anche che l’osservatore interno, se giudica esatte le affermazioni di quei divulgatori, dovrebbe lui stesso rendersi conto che la traiettoria del raggio è in realtà diretta in diagonale. Ecco perché la cosa deve essere posta bene affinché si possa valutare serenamente a fondo.
caro Gian Carlo,
il punto chiave è lo stesso illustrato da Galileo: nessuno dei due SA se si sta muovendo oppure no. Questo fatto essenziale è parte fondamentale dell'esperimento mentale. Entrambi sono convinti che sia l'altro a muoversi e niente può dare ragione a uno o all'altro. Relatività galileiana... non c'è bisogno di scomodare Einstein.
Egregio professore
ho letto con attenzione tutti i suoi articoli sui vari paradossi della RR, da quello del bacherozzo a quello di Andromeda e li ho trovati tutti molto simpatici ed interessanti anche se secondo me presentano tutti lo stesso errore di fondo, come ho scritto a proposito della favola di Muo, di cui però non voglio parlare perchè so già che non ci troveremmo mai d'accordo.
Lei sicuramente mi dirà di studiare meglio l'argomento e di aprofondirne i suoi vari aspetti; se posso permettermi anch'io vorrei chiederle di fare un piccolo sforzo e cioè di dimenticare per un po' tutto quello che ha detto Einstein e di immaginare di trovarsi alla fine del 1800 quando la fisica classica entro in crisi in seguito all'esperimento di Michelson e Morley ed alla presunta incompatibilità dei fenomeni elettromagnetici con la relatività galileiana.
Non credo che lei, per risolvere tali problemi, libero dall'influenza di Einstein, penserebbe di mettere in discussione concetti come lo spazio ed il tempo che fino ad allora erano sempre stati considerate grandezze assolute ma seguirebbe altre vie e magari riuscirebbe ad elaborare una nuova teoria più convincente.
Io ho seguito questa strada ed ho trovato una soluzione alternativa a quella proposta da Einstein che secondo me funziona meglio in quanto non mette in discussione concetti come lo spazio ed il tempo e non presenta i paradossi che la RR produce che, nonostante tutte le soluzione proposte dal lei e da altri valenti fisici, forse non convincono pienamenti altrimenti non continueremmo a chamarli paradossi.
Caro Vincenzo, tu hai perfettamente ragione a considerare una barzelletta la storia di Muo ma ti fai coinvolgere nel modo colorito e assurdo di porre le cose. Albertino e Muo non vedono un bel niente perché se l’uno guarda in alto, vede solo il cielo e l’altro non ha occhi né tantomeno capacità di ragionamento; siamo noi umani che dobbiamo ragionare e dobbiamo e immaginare che ogni spazio dell’universo è VISTO in dimensioni diverse da ogni corpo celeste che lo attraversa poiché procede a velocità diverse. Gli astri e lo spazio esistevano anche prima dell’uomo, e si crede anche il tempo, che significato ha dunque dire che il tempo si dilata e le distanze si accorciano? Per chi, se non c’è nessuno a costatarlo?
Caro Gian Carlo,
e che male c'è a cercare di umanizzare le creature del Cosmo per cercare di rendere il tutto più semplice? La Scienza deve essere per forza "seriosa" ? Ricordiamoci che le favole hanno scandito la storia dell'Umanità...
A parte il fatto che ciò che dici non è vero. Il muone (magari, ma non ne sarei così sicuro...) non si accorge di niente, ma Einstein lo vede arrivare a terra quando non dovrebbe, invece, riuscirci... Essendo uomo curioso si è, ovviamente, premunito di portare con sé il rilevatore adatto...
Per esempio, un rilevatore come quello usato nel celebre esperimento del monte Washington...
https://www.youtube.com/watch?v=NSoJibhoxrQ&t=5s
A parte certe mie convinzioni strampalate, la fisica mi appassiona enormemente. Ora sono giunto alla determinazione che la caduta dei gravi non sia, come si dice, un’accelerazione uniforme. Penso che se un grave che cade a terra da 5 metri impiega 1 secondo, se cadesse da 10.000 metri, nel primo secondo dovrebbe percorrere meno spazio. Magari la differenza sarà così minima da potersi ritenere insignificante ma pur sempre esistente. Un po’ come le dilatazioni del tempo a velocità non troppo elevate. Cosa può dirmi Lei professore?
caro Gian Carlo,
può anche darsi che tu sia stato capace di far meglio di Einstein. In tal caso non sono certo io a poter dare un giudizio definitivo. Se sei convinto delle tue ragioni, scrivi un bell'articolo a riguardo e invialo a una rivista scientifica internazionale con referee, come Astrophysical Journal. In quel caso sarà visionato da veri esperti del settore che confuteranno oppure no le tue argomentazioni. Questo blog non può certo prendere il posto delle riviste veramente professionali. La scienza si muove in tal modo: si esprimono le proprie argomentazioni con le prove del caso e si affrontano i giudizi degli esperti. Non basta dire: "Io ne sono convinto...". Se hai ragione cosa c'è di meglio che affrontare i giudizi dei massimi esperti del settore?
caro Professore
mi sono permesso di chiederLe un parere sulle mie perplessità nella convinzione che potesse rispondermi considerando come sa trattare argomenti inerenti alla RR di Einstein. Circa poi ai consigli di rivolgermi a riviste specializzate sono convinto che intendesse scherzare perché so che si sarà reso conto che io tratto la materia a livello di discussione, mi permetta, tra amici e nulla più.
a risentirci G. C. F.
caro Giancarlo,
tu non mi hai chiesto un parere sulla RR ma su una conclusione che è del tutto normale, ma che tu presenti come una tua scoperta. Chi ha mai detto che l'accelerazione di gravità è costante? Essa dipende dalla distanza dalla massa che crea il campo. Cosa questa ben conosciuta da tutti... senza bisogno di scomodare Einstein
Cito la tua frase: "Ora sono giunto alla determinazione che la caduta dei gravi non sia, come si dice, un’accelerazione uniforme".
Appunto, cosa ben nota...
a = G M/r2
Ti consiglio vivamente di studiare con maggiore attenzione la fisica classica oltre che la RR prima di giungere a conclusioni che Newton conosceva già molto bene. Studio e umiltà sono fondamentali per affrontare la Scienza.
Tu caro Vincenzo non ami divulgare la scienza ma ti diverti a sfottere chi umilmente ti chiede gentilmente un parere sul fatto che lui trovi una discrepanza quando la scienza ufficiale afferma: “La fisica classica ci insegna che un corpo in caduta libera accelera verso il basso con un’accelerazione costante indicata con g, che sulla Terra e’ pari a 9,81 m/s²”; “Le equazioni che descrivono questo moto sono dunque costituite dalla legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato:”(questi virgolettati sono copia–incolla). Ora, ti pare bello prendere in giro chi non ha avuto la fortuna di studiare come hai avuto tu? (pensa, io ho smesso di andare a scuola quando sei nato tu). Allora invece di deridermi mandandomi alla ricerca del Nobel avresti dovuto evitare di far finta di non saper rispondere perché anche se non sei propriamente un fisico ma un matematico e un astronomo, si.
Caro Gian Carlo,
la differenza tra chi chiede spiegazioni e tu che, invece, sollevi dubbi, interpretazioni personali e critiche inesistenti è enorme. Sei tu che manchi di modestia e di poca volontà di imparare.
Se tu mi avessi chiesto di non aver capito qualcosa, tutto sarebbe stato giusto e degno di risposte adeguate. Ma tu trai conclusioni e fai affermazioni che dimostrano la poca voglia di imparare.
Non voglio creare polemiche in questo sito, ma mi sembrerebbe più che giusto che tu cominciassi a capire la fisica classica prima di passare alla RR (e criticarla pure...). Si assume costante l'accelerazione di gravità quando le distanze sono relativamente piccole. Ma la legge di Newton dice CHIARAMENTE che l'accelerazione non è costante, ma dipende dal quadrato della distanza. La frase che tu riporti NON è ciò che viene insegnato: " La fisica classica ci insegna che un corpo in caduta libera accelera verso il basso con un’accelerazione costante indicata con g, che sulla Terra e’ pari a 9,81 m/s²”; “Le equazioni che descrivono questo moto sono dunque costituite dalla legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato". Studiando Newton a livello elementare si capisce subito che il considerarla costante è solo una prima approssimazione, valida finché si varia di poco la distanza r. Ma le cose cambiano drasticamente se ci spostiamo di molto nel campo gravitazionale. Questa non è una tua scoperta, ma la lettura pura e semplice della legge di Newton.
Comunque, rimani pure della tua idea e rivolgiti pure a qualcuno che apprezzerà le tue critiche inesistenti... Io ho cercato di rendere semplici anche le cose più difficili, ma fondamentale è lo studio (come hanno fatto tutti coloro che fanno Scienza) e non le conclusioni tratte troppo in fretta per poca voglia di chiedere aiuto nella comprensione. Leggi i tuoi commenti... tu non chiedi aiuto, ma esprimi dubbi e critiche.
In particolare questo:
"Ora sono giunto alla determinazione che la caduta dei gravi non sia, come si dice, un’accelerazione uniforme". Non è una tua determinazione, ma la legge di Newton!!! Evviva l'umiltà...
Vorrei avere la possibilità di dire al professor Vincenzo Zappalà di essere più accorto nello scegliere chi gestisce a nome suo questo blog. Io leggo in rete non una ma dieci, cento affermazioni come queste: “La fisica classica ci insegna che un corpo in caduta libera accelera verso il basso con un’accelerazione costante indicata con g, che sulla Terra e’ pari a 9,81 m/s²”; “Le equazioni che descrivono questo moto sono dunque costituite dalla legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato:” sostengo poi che a mio parere non sono messe giù bene, e c’è chi a nome suo mi sfotte. Suvvia professore gli tiri le orecchie!
Caro Gian Carlo
non so se ti riferisce a me nel tuo commento delle 15.16 del 7/04/22 visto che io ed il professor Zappalà abbiamo lo stesso nome e tu ti rivolgi a lui anche chiamandolo per nome.
Riguardo alla tua polemica col professore poi, posso dirti che tu hai perfettamente regione quando dici che un grave che cade da 10.000 metri è soggetto ad un'accelerazione leggermente inferiore a quella che avrebbe se si trovasse a livello del mare, cosa su cui il professore per altro concorda.
Egli dice giustamente che però l'accelerazione non è costante in quanto, come prevede la legge di Newton, essa è inversamente proporzionale al quadrato della distanza.
L'equivoco nasce dal fatto che secondo te l'aggettivo "costante" significa che in ciasun punto della terra l'accelerazione di gravità deve essere la stessa il che non è possibile in quanto se ci troviamo a livello del mare o in cima all'Everest la nostra distanza dal centro della terra è diversa e con essa l'accelerazione di gravità.
Secondo me l'aggettivo "costante" non si riferisce al fatto che essa sia la stessa in tutti i punti ma al fatto che essa sia la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dalla loro massa come aveva già detto Galileo molto tempo fa.
Mi vorrei poi rivolgere al Professor Zappalà chiedendogli, visto che non credo abbia intenzione di seguire il mio invito di cercare una teoria alternativa alla RR, se mi può dare qualche consiglio su come proporre le mie idee ad esempio rivolgendomi alla rivista scientifica da lui citata e se nel caso posso farlo in italiano in quanto altrimenti, considerata la mia scarsa conoscenza dell' inglese rischierei di non essere chiaro e preciso nella mia esposizione.
Grazie
I
caro Vincenzo,
le riviste internazionali accettano solo l'inglese. Potresti rivolgerti al Giornale d'Astronomia della Società Astronomica Italiana:
http://giornaleastronomia.difa.unibo.it/
caro professor Zappalà
ti comincio a dare del tu perché ho visto che sono più anziano di te di ben undici anni e poi ormai ti considero un amico. Nel mio intervento del 08/04/2022 at 11:26 intendevo che dappertutto, in rete, è scritto che le leggi che regolano la caduta massi sono le stesse che regolano il MRUA (lo dice anche Wikipedia). Io ne ho prese le formule e ho fatto dei programmini Excel per trovare la gravità alle diverse quote oltre ai tempi di caduta e velocità dei gravi. Mi sono poi chiesto come sia possibile che questi dati siano gli stessi a qualsiasi quota senza inficiare il concetto di eguaglianza fra MRUA e accelerazione di gravità. Ti ho quindi posto allora un semplice quesito e mi rimane difficile credere che tu non lo sappia risolvere: nei pressi della crosta terrestre, un grave in caduta, percorre 5 metri in un secondo; a quote altissime succede lo stesso?