Categorie: Fisica classica Meccanica quantistica
Tags: conservazione decadimenti nucleari decadimento radioattivo elettroni energia neutrini neutroni nucleo atomico particella alfa particella beta positroni protoni raggi gamma
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Decadimento nucleare **/***
Questo articolo è stato inserito nell'approfondimento "Dall'atomo alle stelle" e in "Radiazioni di fondo: quante sono?"
Questo processo è legato al solo nucleo e non a tutto l'atomo, anche se nell'ultimo caso trattato vedremo che avviene una "rapina" esterna. Tratteremo i tre decadimenti principali, andando nei particolari solo per il decadimento alfa e beta meno. Ne avevamo già parlato due anni fa, ma dato che l'attore principale è ancora il neutrone, così fondamentale in questo momento storico (il processo r usa proprio il decadimento beta meno) è giusto riproporre i due vecchi articoli in uno solo (con poche aggiunte) e inserirlo tra gli approfondimenti.
Un autobus atomico
Affrontiamo l’importantissimo argomento della radioattività. Benché sia ormai di dominio pubblico e venga associata normalmente a processi più o meno pericolosi per l’uomo, essa è una delle trasformazioni fondamentali che avvengono all’interno dei nuclei atomici e si attua attraverso diversi meccanismi. Iniziamo con quello, forse, più famoso. Ovviamente c’è sempre lo zampino della MQ, anche se sembra lavorare di nascosto.
Immaginiamo un autobus “atomico” estremamente affollato. Al suo interno devono coesistere un grande numero di passeggeri-protoni che, da un lato, cercano di non urtarsi l’uno con l’altro per mezzo di una forza repulsiva (tecnicamente, forza coloumbiana, quella relativa all'interazione elettromagnetica) che cercherebbe di farli scappare da quella ressa, mentre, dall’altro, sono continuamente schiacciati da una forza attrattiva (interazione nucleare forte). D’altra parte, non possono perdere quell’autobus, il lavoro chiama…
Se il numero cresce di molto, le liti si fanno frequenti e la prima forza diventa preponderante: i protoni uscirebbero perfino dai finestrini o almeno ci proverebbero. Fortunatamente esistono dei “pacieri”, i neutroni, che riescono a tenere a distanza i protoni riducendo la forza repulsiva che li sta dominando. Loro, i neutroni, non hanno di questi problemi: sono sempre calmi e tranquilli, non avendo carica elettrica. Per loro è assurdo scappare, dato che il loro lavoro è proprio quello di mantenere l’ordine nell’autobus!
Una pace tirata per i capelli, ma sempre pace è. Tuttavia, per un numero di protoni veramente elevato, il numero di neutroni deve essere nettamente superiore. Se, sono troppo pochi, la pace è solo apparente e la situazione instabile. E’ facile che un gruppetto estremamente unito e combattivo, formato da due protoni e due neutroni (c’è sempre chi fa il doppio gioco!) scappi da quella prigione troppo stretta e se ne vada per la sua strada. Poterlo fare, però, non è così facile, dato che il fuggitivo non avrebbe l’energia necessaria a uscire. Ci pensa, però, la MQ ad aiutarlo, mediante un tunnel che non ci dovrebbe essere.
Bene, abbiamo raccontato in parole estremamente semplici il decadimento alfa degli elementi radioattivi.
Adesso, possiamo fare un passo indietro ed essere un po’ più seri.
Decadimento radioattivo
Il decadimento radioattivo, o radioattività, è la trasformazione “spontanea” di nuclei molto pesanti e instabili, che si “scompongono” dando luogo a nuclei di altri elementi. Queste trasformazioni avvengono con quattro meccanismi principali: decadimento alfa, decadimento beta positivo, decadimento beta negativo e cattura elettronica (gli ultimi due sono estremamente simili tra loro). Praticamente, ognuno di questi processi può essere accompagnato da emissione di energia, per lo più sotto forma di raggi gamma.
Notiamo, innanzitutto, che questi sono processi dovuti solo e soltanto alla situazione che esiste all’interno del nucleo atomico. Non vi è nessun intervento esterno (tranne che per la cattura elettronica...). I veri dominatori silenziosi e poco appariscenti sono i neutroni che si inseriscono tra i protoni. Gli elettroni, che non appartengono al nucleo, stanno praticamente solo a guardare (soprattutto nel primo processo di decadimento)…
Decadimento alfa
Le condizioni di partenza, proprio perché tutto avviene all’interno del nucleo, sono estremamente semplici: il movimento iniziale può essere considerato nullo così come l’energia esterna al sistema. Questo fatto facilita di molto il calcolo delle energie in gioco e le solite leggi di conservazione. Ebbene sì, cari amici: anche per descrivere la radioattività ci si può limitare, quasi del tutto. a fare un discorso di meccanica classica.
La particella alfa che riesce a scappare non è altro che un nucleo di elio, cioè un gruppo di due protoni e due neutroni. Un gruppetto molto stabile. Come già accennato scherzosamente all’inizio, il decadimento avviene quando il rapporto tra neutroni e protoni è molto basso. Inoltre, ovviamente, si verifica solo per elementi che abbiano un nucleo molto pesante (autobus affollati). Normalmente il numero atomico deve essere superiore a 82.
Prima di cominciare con qualche semplice formuletta, diamo ancora una visione elementare della situazione all’interno del nostro “autobus” più o meno affollato attraverso la Fig. 1. Essa può servire per spiegare la situazione ai più piccoli o ai meno esperti.
In (a) il numero di protoni è molto basso. Essi sono estremamente vicini (addirittura a contatto) e la forza di attrazione (freccia bianca) bilancia quella di repulsione (nera).
In (b) il numero di protoni è molto alto. La forza di attrazione funziona abbastanza bene per protoni vicini, ma per protoni lontani si fa sentire di più quella repulsiva. Se facciamo la somma di ciò che attrae e di ciò che allontana, vince la repulsione.
In (c) intervengono i “pacieri”, i neutroni. Essi esercitano una forza attrattiva sia tra di loro che con i protoni, ma non risentono di nessuna forza repulsiva (non hanno carica elettrica) e quindi riescono a bilanciare nuovamente le due azioni opposte. E’ come se trattenessero i protoni desiderosi di fuggire.
Ne consegue che il rischio di “disgregazione” si ha solo quando vi sono tanti protoni e quando non vi sono abbastanza neutroni per bilanciare la voglia di scappare.
In queste condizioni, come già detto, il quartetto, formato da due neutroni e due protoni, riesce a fuggire dal nucleo originario attraverso l’“effetto tunnel” (vedi QUI).
In parole molto semplici, e schematizzando al massimo, possiamo considerare la particella alfa contenuta in una buca di potenziale, come mostra la Fig. 2.
La meccanica quantistica dimostra che una particella, avente energia inferiore al massimo del potenziale, può comunque uscire con una certa probabilità perfettamente calcolabile, che è tanto più alta quanto più alta è l’energia della particella in fuga. Come sempre, quindi, chi comanda è l’energia in gioco e la ben nota legge della sua conservazione. Ci arriveremo quasi subito, ma, prima, ricordiamo ancora una volta i “numeri” che si associano a un nucleo atomico e la scrittura simbolica che viene comunemente usata.
Il numero atomico (Z) indica quanti protoni (ed elettroni) esistono nell’atomo e si scrive in basso, prima del simbolo dell’elemento chimico. Il numero di massa (A) indica quanti nucleoni sono presenti nel nucleo, ossia indica la somma di neutroni e protoni. Questo numero si riporta in alto prima del simbolo chimico. Per avere il numero di neutroni (N), basta fare la differenza tra A e Z. Ossia N = A – Z. La simbologia che definisce completamente l’elemento chimico in questione, per i nostri scopi, è quindi:
AZX
Questa scrittura vuole significare che l’elemento X ha un numero di nucleoni uguale ad A e un numero di protoni uguale ad Z. La particella alfa (α), ad esempio, viene scritta come:
42He
Un nucleo di elio (He) che ha due protoni (Z =2) e due neutroni (N = 2), ossia A = Z + N = 4.
Conserviamo l’energia
Cominciamo con un discorso estremamente generale (tanto per richiamare concetti che dovrebbero essere ormai ben noti).
Immaginiamo di avere due particelle o due nuclei o due “cose” qualsiasi (a e b). Esse si trasformano in altre due “cose” c e d.
Non ci resta che uguagliare l’energia di a e b con quella di c e d, dato che deve conservarsi. Stiamo parlando di fisica nucleare e quindi dobbiamo accettare la formula che lega l’energia alla massa secondo quanto ci insegna la famosa formula di Einstein E = mc2 (la ricaveremo attraverso la relatività speciale). Ovviamente, la massa m è la massa a riposo (corpo fermo) e c è la velocità della luce. Questa energia è quella posseduta dal corpo “a riposo”. A lei deve essere aggiunta l’energia cinetica K. La formula di conservazione diventa:
mac2 + Ka + mbc2 + Kb = mcc2 + Kc + mdc2 + Kd
Raccogliendo:
(ma + mb – mc – md) c2 = Kc + Kd - Ka - Kb
Ne segue:
Q = K finale – K iniziale = (miniziale – mfinale)c2 …. (1)
Q rappresenta l’energia rilasciata nel processo di trasformazione ed è data solamente dalla differenza di massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato.
Sembrano passaggi banali, ma sono di estrema importanza per la trattazione del decadimento radioattivo. Dato che il nucleo iniziale è fermo, si può anche dire che l’energia rilasciata Q non è altro che l’energia cinetica finale. Passiamo, perciò, al nostro caso vero e proprio.
La massa mancante
Iniziamo a chiamare le “cose” con il loro nome. Il nucleo iniziale lo chiamiamo nucleo padre e la sua massa Mp. Il nucleo finale, dopo la perdita della particella alfa, lo chiamiamo nucleo figlio di massa Mf. Non dimentichiamoci, inoltre, della particella alfa che ha una massa Mα.
Ciò che abbiamo trovato attraverso la (1) è che la massa totale dopo il decadimento (ossia, dopo la trasformazione) non è uguale alla massa del nucleo padre. Non dobbiamo certo meravigliarci.
L’energia iniziale non è altro che l’energia a riposo del nucleo padre. L’energia finale è uguale alla somma di quelle a riposo più l’energia cinetica della particella alfa (che scappa) e del nucleo figlio che … rincula (conservazione della quantità di moto!). Uguagliandole si ottiene proprio la (1):
Mpc2 = Mfc2 + Mαc2 + Q
Da cui, l’energia disponibile:
Q = (Mp – (Mf + Mα))c2 = ΔMc2
In poche parole, l’energia disponibile dopo il decadimento è pari all’equivalente energetico della differenza di massa ΔM, che è la massa “sparita” durante la trasformazione, il cosiddetto difetto di massa. Ovviamente, la reazione può avvenire spontaneamente solo se Q, e quindi ΔM, è positivo, cioè se la massa originaria è maggiore della massa finale. Dato che il processo è spontaneo non può certamente utilizzare energia esterna. Può solo rilasciarla.
Cerchiamo di comprendere meglio l’energia Q. Essa deve tener conto di tutte le particelle. Come si ripartisce? Utilizziamo solo la dinamica e i soliti principi di conservazione di energia e quantità di moto. Chiamiamo Vα la velocità della particella alfa e Vf il “rinculo”, ossia la velocità del nucleo figlio. La conservazione dell’energia ci porta a scrivere:
½MfVf2 + ½MαVα2 = Q
La conservazione della quantità di moto dice, invece, che, in assenza di forze esterne, la quantità di moto dopo il decadimento deve essere uguale a quella precedente (la trasformazione è qualcosa di interno al sistema). La quantità di moto iniziale è però uguale a ZERO (il nucleo padre è fermo). Ne segue:
MαVα – MfVf = 0 (le velocità hanno, ovviamente, segno opposto)
E, quindi:
MαVα = MfVf
Le due leggi di conservazione permettono di calcolare, “immediatamente”, l’energia cinetica della particella alfa:
Kα = ½ Mαvα2 = Q/(1+ Mα/Mf)
Se il nucleo è molto “pesante”, Mα << Mf , segue che Kα ~ Q: quasi tutta l’energia è quella cinetica della particella alfa. Il rinculo del nucleo figlio è trascurabile. Ciò, ovviamente, dipende molto dal tipo di elemento chimico che subisce la trasformazione. A parità di nucleo padre, si può, comunque, dire che l’energia liberata con il processo alfa è discreta.
Qualcuno potrebbe chiedermi: “Che fine fanno gli elettroni che pareggiavano i protoni nell’atomo padre?”. Sicuramente, non se li porta via la particella alfa. Essi rimangono attorno al nucleo figlio finché non si "accorgono" che niente li attrae e se ne vanno liberi per la loro strada. Tuttavia, essi non danno nessun contributo al gioco energetico, che rimane una reazione puramente nucleare.
Alla fine abbiamo una particella vagante e un nucleo figlio che, dopo aver perso i due elettroni in eccesso, diventa un atomo più stabile del padre. Tuttavia, può darsi che anche lui subisca una trasformazione analoga. Per stare veramente tranquilli è necessario che cali sufficientemente il numero totale di protoni (l’autobus deve svuotarsi).
Tutta questa “fatica” ha una sola ragione fisica: ogni sistema cerca di sistemarsi nelle condizioni di minore energia possibile. Anche i nuclei atomici seguono la stessa regola. Ricordate la pallina messa sul bordo di una scodella? Può anche stare in bilico con un’energia potenziale più alta, ma -basta un niente- e la pallina cade verso il fondo, dove la stabilità è assicurata e l’energia potenziale è minima.
Il decadimento alfa può essere scritto con i simboli che ben conosciamo:
AZX --> A-4Z-2Y + 42He
E il decadimento è possibile solo se, per le masse in gioco, vale:
M(A, Z) > M(A-4, Z-2) + M(4,2)
Dove, ovviamente, il simbolo M(A,Z) significa la massa di un nucleo di numero di massa A e di numero atomico Z, e via dicendo. La Fig. 3 riassume "artisticamente" il tutto…
Decadimento beta meno
Abbiamo visto che il decadimento alfa è dovuto a un affollamento del nucleo atomico e vede in azione l’interazione forte e la forza coulombiana. In altre parole, un gruppetto di protoni e neutroni, molto affiatati, riescono a scappare dal nucleo superando una barriera energetica apparentemente insormontabile, attraverso l’effetto tunnel. Possiamo dire, in prima approssimazione, che tutto avviene a livello “macroscopicamente microscopico”, in quanto le particelle che partecipano all’avventura sono neutroni e protoni e poco importa cosa contengano effettivamente al loro interno.
Il decadimento beta, invece, è un’operazione molto più raffinata e sottile. Essa comporta la trasformazione di una particella nucleare e, quindi, è ovvio che entrino in gioco i componenti della stessa. Tuttavia, noi non abbiamo ancora parlato di cosa ci sia all’interno dei protoni e dei neutroni e non potremmo certo farlo in poche righe. Perciò (per adesso) ne diamo una visione molto vaga, ma sufficiente per comprendere il decadimento vero e proprio.
Cominciamo con il decadimento beta meno. L’attore principale è ancora una volta il neutrone. Questa volta, però, non fa più da paciere ma passa direttamente all’azione. Per poterlo fare è necessario che non sia impegnato in azioni di stabilizzazione del nucleo. Le condizioni migliori si hanno, quindi, quando i neutroni sono molto numerosi all’interno del nucleo atomico. In altre parole, qualcuno di loro può pensare ai fatti propri ed eseguire le operazioni che sa compiere benissimo, se liberato da altri impegni. Conosciamo già molto bene che proprio queste azioni “solitarie” diventano l’essenza stessa del processo r che avviene nelle supernove e nelle kilonove. Proprio grazie a questi giochi neutronici esistono gli elementi pesanti!
Cosa succede in pratica? Il neutrone decade spontaneamente e si trasforma in un protone e in un elettrone, in modo che la carica nulla si conservi. Ovviamente, per potersi trasformare deve succedere qualcosa al suo interno e questo fa entrare in azione l’interazione debole, la quarta forza dell’Universo.
Come già detto, però, noi non vogliamo, per il momento, entrare negli affari di famiglia più intimi delle particelle nucleari e quindi ci limitiamo a dire che il neutrone diventa un protone, rilasciando energia attraverso una particella veramente sfuggente: un bosone virtuale W, mediatore della forza debole.
Esso ha un’energia altissima e sembrerebbe distruggere la legge di conservazione, ma le viene in aiuto il nostro carissimo amico PI (Principio d'Indeterminazione di Heisenberg). La vita di questa particella è estremamente corta e si trasforma immediatamente in una particella di bassa energia. Lo fa in un tempo talmente breve che l’incertezza riguardo al valore dell’energia può essere molto grande. Ricordiamo, infatti, che il PI vale anche per tempo ed energia: se uno è molto preciso l’altra deve essere estremamente incerta. In parole semplici, grazie al PI, queste particelle virtuali possono tranquillamente esistere se hanno vita estremamente breve.
Vi butto lì una frase che ci verrà molto utile nella serie di articoli dedicati all’analisi fisico-metafisica del PI: “Le particelle virtuali possono esistere perché non esistono nella realtà osservabile”. Esse, cioè, sfuggono a qualsiasi tipo di osservazione.
La particella virtuale si trasforma immediatamente in un elettrone e in un neutrino, anzi più esattamente in un antineutrino, strana particella che non ha carica e una massa piccolissima. Il nome deriva proprio dal suo “papà” neutrone. Ha un comportamento del tutto simile, ma la massa è davvero insignificante. Essa non subisce né l’interazione elettromagnetica né quella nucleare forte e “sente” solo quella debole e, per quanto può, la gravità. Si pensa addirittura che, come il fotone, essa possa essere sia particella che antiparticella e si riallaccerebbe alla famosa particella di Majorana di cui abbiamo già parlato da qualche parte. Tuttavia, per il momento possiamo trascurarla, dato che la sua massa è praticamente zero e noi vogliamo fare qualche calcoletto sulla conservazione dell’energia come fatto per il decadimento alfa.
La conservazione dell’energia è esprimibile facilmente con le masse nucleari in gioco:
Mpc2 = Mf c2 + me c2 + Q …. (1)
Cosa succede quindi al nostro nucleo atomico? Il numero di massa A rimane immutato dato che il neutrone si è solo trasformato in protone. E’ cambiato invece il numero atomico Z, dato che adesso il numero di protoni è aumentato di uno. Abbiamo creato, come ci aspettavamo dal processo r, un elemento figlio più “pesante” del padre (come numero atomico, però e non come massa!). La relazione si può scrivere:
AZX --> AZ+1Y + e-
Il decadimento è possibile se
M(A,Z) > M(A,Z+1) + me … (2)
come si ricava immediatamente dalla (1)
Ovviamente, non abbiamo ripetuto tutte le varie considerazioni sull’energia già trattate nel decadimento alfa e siamo passati subito al sodo.
Qualche considerazione aggiuntiva. L’elettrone che compare nella reazione prende il nome di particella beta. Il meno si riferisce al fatto che è veramente un elettrone e non un antielettrone, come invece capita nel decadimento beta più. Questo elettrone non ha niente a che vedere con gli elettroni orbitali dell’atomo di partenza, ma è una creazione del nucleo stesso e quindi può tranquillamente partecipare alle reazioni nucleari.
Come si ripartisce l’energia finale? Utilizzando quanto già eseguito nel caso del decadimento alfa si ottiene:
K = Q/(1+ me/Mf)
Dato che me << Mf , quasi tutta l’energia finale va nella particella beta meno, ossia nell’elettrone.
Ci si aspetterebbe che l’energia portata via sia discreta come nel caso della particella alfa e invece l’energia della particella beta risulta variabile in modo continuo, tra un valore massimo e uno minimo. Sembrerebbe un’assurdità pensando ai quanti di energia e invece tutto si spiega con la presenza dell’antineutrino, il quale, pur trascurabile sotto molti punti di vista, trascina con sé una parte di energia. Ciò che rimane discreta è l’energia del bosone virtuale, ma quando esso si separa, l’energia viene divisa tra i suoi due “figlioli” e questa ripartizione può essere qualsiasi, seguendo una certa legge probabilistica (un po’ come capita nei fenomeni d’interferenza che la QED ci ha spiegato benissimo).
L’elettrone energetico comincerà a dare fastidio ai vicini di casa, interagendo attraverso i celebri diagrammi di Feynman. Tuttavia, anche se noi ci siamo fermati prima, ciò che capita al bosone W è rappresentabile benissimo con la stessa geometria descrittiva del grande Richard.
Ho semplificato di molto la situazione, ma, per i nostri scopi, può bastare. Lo schema completo del decadimento beta meno può, perciò, essere scritto, più correttamente:
AZX --> A Z+1Y + e- + ν
La sottolineatura del neutrino ν indica che è un antineutrino.
Qualcuno chiederà: “Sì, molto bello, abbiamo creato un elemento con un protone in più, ma abbiamo bisogno anche di un elettrone aggiuntivo per formare un atomo…”. Sicuramente, ma stiamo ben attenti a non pensare che questo elettrone sia la particella beta. Essa viene espulsa dal nucleo e va a interagire con la materia vicina. L’elettrone necessario arriva dall’esterno, ma poco interessa nelle reazioni nucleari di cui ci stiamo occupando.
Si potrebbe anche scrivere la conservazione dell’energia tenendo conto dell’atomo e non solo del nucleo. Le cose tornano benissimo, anche se nel computo non si fa più distinzione su come nascono gli elettroni “nucleari”. La perdita dell’elettrone beta viene compensata dall’elettrone acquistato dall’atomo figlio. Una famiglia resta sempre una famiglia…
Nei due decadimenti trattati finora, sembra che la produzione di particelle non sia poi così terribile per la salute umana. Nel caso delle alfa basta un foglio di carta per fermarle. Per le beta poco di più, anche se, essendo piccole, possono penetrare molto meglio (nella loro quantità di moto gioca di più la velocità), ma è sufficiente un foglio di alluminio per bloccarle. Il vero pericolo sono i raggi gamma, ossia fotoni ad alta energia. Ma da dove arrivano?
Bisogna ricordare che il nucleo possiede dei livelli energetici, in maniera simile agli elettroni, dato che anche i nucleoni (neutroni e protoni) occupano livelli energetici definiti. Può, perciò, trovarsi nello stato fondamentale (livello energetico più basso disponibile) oppure in uno stato eccitato. A seguito di un’emissione alfa (e anche beta) il nucleo figlio può nascere sia nello stato fondamentale sia in uno stato eccitato. In quest'ultimo caso, esiste una energia di eccitazione. Il nucleo figlio si libera di questa energia emettendola sotto forma di raggio gamma. Se vi ricordate, nella QED, anche il nucleo atomico emetteva fotoni… I raggi gamma sono ben più penetranti dei suoi fratelli e per fermarli è necessario il piombo o strati di materia veramente spessi.
La Fig. 4 illustra il processo beta meno, richiamando in modo “tangibile” il diagramma di Feynman relativo. A sinistra una visione molto semplicistica; a destra, per i più curiosi, una rappresentazione esatta, in cui fanno la loro comparsa i “quark”. u e d stanno per up e down. Non esageriamo, però, e pensiamo a questi configurazioni come a posizioni relative a una “ginnastica da camera” dei componenti del neutrone e del protone.
La Fig. 5 illustra in modo “artistico” lo stesso processo. Ciò che va notato, mi raccomando, è l’origine nucleare dell’elettrone.
Decadimento beta più e cattura elettronica
Abbiamo visto come un neutrone lasciato troppo “isolato” sia capace di decadere e trasformarsi in protone più un elettrone. Può anche succedere qualcosa di apparentemente strano, ossia il decadimento di un protone. Di solito capita in condizioni particolari. Ricordiamo, infatti, che il protone libero è praticamente immortale e per vederlo decadere sembra che non sia sufficiente l’età totale dell’Universo. Tuttavia, ciò capita, comunque, all’interno dei nuclei di alcuni elementi, in cui protone e neutrone sono piuttosto legati, e si ha :
AZX --> AZ-1X + e+ + ν
Il numero atomico diminuisce, ma resta immutato il numero di massa. A seguito del decadimento viene liberato un positrone e un neutrino. Molto rapidamente il positrone va ad annichilirsi con un elettrone e si producono due fotoni gamma. Il processo è chiamato decadimento beta più (a differenza di prima, la particella, ossia l’elettrone, ha carica positiva, ossia è un positrone)
Tuttiò avviene all’interno del nucleo, senza aiuti esterni.
Qualcosa di simile, però, può ottenersi attraverso la cattura, da parte del nucleo, di un elettrone su un orbitale basso. In questo caso non si ha un vero decadimento, ma la cattura di un elettrone da parte di un protone che si trasforma in neutrone, emettendo un neutrino. L’elettrone mancante all’atomo viene catturato tra quelli vaganti e completamente estranei. Nuovamente, il nuovo nucleo avrà un numero atomico minore, ma conserverà il numero di massa, dato che, come prima, c’è stato solo un passaggio da protone in neutrone. Questo processo viene chiamato cattura elettronica.
QUI il doppio decadimento beta meno
1 commento
https://youtu.be/Ch2nz8Ujrnk
A proposito gente: per chi sa leggere e scrivere bene,se volete vedere qualcuno che vi parla dello Spin,guardate questa chiacchierata su youtube,"CHE COS'È LO SPIN" di Marco Coletti,sicuramente conosciuto da molti di voi.