Categorie: Astrobiologia Riflessioni
Tags: contatti paradosso Fermi vita nell'Universo
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:6
Ha senso cercare di scoprire “oggi” se c’è vita nell’Universo ?
Questo non è un articolo, ma solo una riflessione/domanda che vorrei discutere con voi. La moltitudine di nuovi esopianeti trovati in zone più o meno abitabili ha scatenato una folle corsa per scoprire, con i dati odierni, se esiste la vita in altri mondi. Questa ricerca che otterrà sicuramente molti fondi ha veramente un senso al giorno d’oggi?
Parliamoci chiaro: migliaia di pianeti sono stati trovati attorno ad altre stelle, di ogni grandezza, età, temperatura, ecc., ecc. Una conquista meravigliosa che ci dice molto su cosa succede attorno a una stella durante e dopo la sua formazione. Tuttavia, pochissimi di questi pianeti sono realmente visibili, la stragrande maggioranza si è presentata attraverso osservazioni indirette (eclissi, moto del baricentro, curve spettroscopiche, ecc...). Altre tecniche osservative si stanno realizzando per cercare di legare questi “punti” invisibili a caratteristiche atmosferiche più o meno adatte alla vita biologica.
Sì, ma siamo sicuri che la vita abbia bisogno di certe condizioni atmosferiche o non sia vero il contrario, ossia che la vita nasca in funzione delle condizioni ambientali? Sulla Terra, si trova la vita ovunque, nei deserti più aridi, nei fondali oceanici, nei laghi salati antartici, e via dicendo (per non parlare, poi, dei tardigradi che vivono sia - 272 che a + 150° C!). Ciò sembrerebbe dimostrare che è vera la seconda ipotesi: datemi un pianeta, un’atmosfera e vi darò la vita che si può adattare alle condizioni ambientali. E non ditemi che sarebbe facile avere un rapporto tra un ameba del fango e un ornitorinco… eppure sono forme di vita estremamente simili, dato che vivono su un unico pianeta.
Su Venere, però, non c’è vita, eppure le condizioni iniziali erano quasi identiche. Il che può voler dire che la vita nasca quasi dappertutto, ma che basti poco per distruggerne la sua possibile evoluzione. Insomma, vale la pena cercare oggetti simili alla Terra per trovare la vita o non sarebbe meglio aspettare che la vita si manifestasse direttamente? Saremmo, però, capaci di leggere le informazioni che ci sta mandando? Cercare solo le farfalle in un mondo di dinosauri potrebbe essere uno spreco di tempo enorme e senza speranza…
Forse il paradosso di Fermi è ancora più profondo di quanto possa sembrare. Una cosa è dare alla vita la possibilità di evolversi e un’altra è dare alla stessa vita la possibilità di comunicare attraverso metodi e/o modelli del tutto soggettivi.
Il fatto stesso che ovunque nell’Universo si trovino le stesse molecole complesse e che esse riescano a viaggiare attraverso una galassia non è già un segno di vita? Forse, al momento, sarebbe bene aspettare e non cercare di fare un passo ancora troppo lungo. La prova che la vita esiste ovunque c’è già… ciò che manca è riuscire a scambiare informazioni che solo noi, oggi, potremmo comprendere. E’ un po’ come se pretendessimo che geni come Archimede o Aristarco avessero già descritto la relatività generale…
Diamo tempo al tempo. L’Universo segue una storia evolutiva e le sue informazioni e comunicazioni si sono modificate nel tempo. Non siamo solo noi a non saperle recepire tutte, ma è anche lui che le sta costruendo un po’ alla volta.
La vita forse c’è dappertutto o quasi, ma la capacità di informarsi reciprocamente non è ancora stata “costruita” dall’Universo stesso. Forse, oggi, dovremmo accontentarci di sapere che la materia primigenia delle creature viventi è uguale dappertutto. Già questa è una comunicazione fantastica.
Che ne dite?
Le riflessioni su quanto potrebbe essere diffusa la vita nell'Universo continuano QUI...
6 commenti
Concordo Enzo con la tua riflessione sulla nascita della vita. Essa avviene ovunque ci siano le condizioni. Su questo concetto personalmente non nutro dubbi.
Per quanto riguarda la domanda che ti fai e ci fai,mi sento di dire questo: lasciamo che la scienza faccia i suoi passi, anche se ad oggi può dare l'impressione di non avere un senso. Magari queste ricerche, come già successo nel passato, porteranno a scoperte di altro tipo che apriranno a nuove domande sulla nostra esistenza e a chi siamo veramente. Non vuole essere la mia una giustificazione del loro operato, ma la curiosità di sapere muove il mondo....
caro Sandro,
risposta molto bella...
Forse l'impossibilità di comunicare tra forme di vita diverse fa parte della "strategia" evolutiva che l'Universo attua per preservarle.
Mi chiedo cosa accadrebbe se puntassimo un novello cannocchiale di Galileo su un esopianeta e vedessimo la vita... vederla anche su un solo pianeta equivarrebbe ad avere la certezza matematica che esiste praticamente ovunque nell'Universo. Non solo... significherebbe anche acquisire la consapevolezza che, se esiste ovunque, è pacifico che essa esista a tutti gli stati evolutivi possibili e immaginabili: dagli organismi unicellulari alle civiltà tecnologicamente più evolute della nostra.
Siamo davvero pronti a subire un trauma del genere? Secondo me no.
Meglio, forse, che la certezza dell'esistenza della vita in ogni angolo dell'Universo rimanga a livello di possibilità statistica e/o speculazione filosofica. Ciò non toglie che, come sostiene Sandro, la ricerca della vita nell'Universo possa portare a sviluppi tecnologici utilizzabili in campi diversi, magari più utili.
In fondo anche per lo sbarco sulla Luna è andata così...
http://www1.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/scienza/200907articoli/45577girata.asp
...perché l'universo dovrebbe essere isotropo per ... tutto tranne che per la Vita?
Non è che un residuo di antropocentrismo, anche laico, alberga in noi?
E' solo prudenza scientifica?
In fondo, non si tratta di scrivere un articolo "scientifico" sulla vita fuori del nostro pianeta: si possono fare tante considerazioni del tipo "effetto pastasciutta" di Giorgio Celli...
Capisco che oggi, che "ancora oggi", il tema della vita nell'universo (oltre quella del pianeta Terra) è ancora un tema che può essere scivoloso in alcune sue sfaccettature, però per afrontarlo, oggi, abbiamo abbiamo molti punti fermi che prima non c'erano.
Ricordo ( se sbaglio ...) che si diceva che non potessero esserci molecole complesse diffuse nello spazio che non fosse la supeficie di un pianeta (e pure lì dovevano trovarsi in siti ben protetti dalle radiazioni ionizzanti, altrimenti...) dato che sarebbbero state ditrutte appena formate e, oltretutto, c'erano dei forti dubbi su come potessero formarsi a temperature così basse... Ergo, siccome di pianeti conosciuti oltre a queli del nostro sistema non ce n'era neanche l'ombra, ne veniva implicitamente fuori che la vita doveva esistere in pochi posti...quelli che noi conoscevamo già: la Terra.
Era questo il "clima", non le conclusioni scientifiche (...e ricordo la mia frustrazione in proposito nei primi anni '70).
Io penso che sia pieno di Vita, l'universo, così come è pieno di galassie, stelle e pianeti.
Ma se ci fosse (qui la forma dubitativa, per la scivolosità cui accennavo prima, è prudenziale, cautelativa ...) vita intelligente e se questa fosse (qui ci sono dei limiti reali tecnico-scientifici, per cui non è cautelativo il "se") in grado di raggiungerci, perché non sono qui, cioè perché non si rendono manifesti? Al di là del viaggio fisico di una astronave (cosa che, date le nostre conoscenze ...) potrebbbero pure inviarci un qualche segnale elettromagnetico ammesso che avessero avuto la fortuna di scoprire che qui c'è vita intelligente; e avrebbero potuto averla, questa fortuna, se abbastanza avanzati e se posti entro il raggio raggiunto dai nostri segnali radio-televisivi (non so fare il calcolo delle probabilità che ciò si verifichi).
Perché non sono qui?
Perché (FORSE) non sono come siamo stati noi (occidentali) quando abbiamo scoperto altre terre, altri continenti e altre popolazioni su questa nostra Terra.
Se sono tanto più avanzati da poter fare certe cose a noi ancora impossibili (in fondo è da poco più di vent'anni che abbiamo la prova dell'esistenza di pianeti extrasolari) forse hanno la consapevolezza di quello che può succedere alla civiltà meno evoluta che viene in contatto con quella molto, molto, molto più evoluta...Forse l'hanno già vissuto (qui si comincia a scivolare...).
La civiltà meno evoluta ... smetterà, quanto meno, di evolversi per "forza propria" (questo è quello che mi spaventa), adotterà in pieno i risultati, le conquiste di quella più evoluta, di fatto scomparendo, cessando di esistere come tale, come civiltà autonoma.
Forse perciò "non sono qui", perché non hanno o non vogliono avere i vari Cortes, Cook, Pizzarro etc etc (continuo a scivolare...).
Per non parlare poi delle malattie: non so se una evoluta civiltà aliena può essersi ripulita dei suoi ospiti, commensali, inquilini... Forse lo ha fatto per quelli intestinali: con l'ingegneria genetica ne ha assunto i geni e non ha più bisogno di essi né per digerire certe componenti del cibo né per il sistema immunitario etc etc (d'altra parte qui pure vi sono specie prive di batteri intestinali...). Forse lo ha fatto per quelli della cute (magari ha una cute sintetica ... è facile scivolare) e per quelli di altri distretti corporei. No, forse quello del "vaiolo" non sarebbe un problema.
Forse, potrebbero (oddio!) rivelare la loro esistenza quando noi avessimo scoperto altre forme di vita e vita non solo non intelligente: allora, dopo i dibattiti, i cambiamenti socio-culturali che ne seguirebbero (ma sarebbero cambiamenti maturativi nostri, fatti con le nostre forze e le nostre spinte) potrebbero "essere qui", perché per noi sarebbbe meno traumatico.
Basta scivolare ...
[Giorgi Celli diceva che se vuoi sapere cosa pensa realmente un relatore di un convegno, devi invitarlo a pranzo: di fronte ad un piatto di pastasciutta si sbottona e dice molto più di quello che ha esposto nella sua relazione. Qui, l'effetto pastasciuttta, io l'ho usato come una metafora per dire che, certe volte, andare oltre ciò che si può dire in base solo a ciò che si conosce, consente, quanto meno, di scambiarsi il "sentire"]
caro Fiore,
come vedi anch'io penso a una vita isotropa. E' la comunicazione che non lo è ancora, secondo me. Se invece della luce usassero onde gravitazionali sarebbe ancora ben difficile comprendere il segnale artificiale di minima portata...
Sulla pastasciutta sono pienamente d'accordo. Normalmente, alla cena dei congressi, i giovani rampanti e arrivisti non smettevano mai di parlare di lavoro. Io no, cercavo di scherzare, di inventare storielle anche in un inglese che era molto povero. Però, quello è stato il modo di avere grandi colleghi e amici. Il rispetto non si conquista solo con tanti "io, io, io...", ma con tanti segni di umanità e debolezza. Anche questi sono modi diversi di comunicare...
Grande Enzo condivido le ultime considerazioni. Per quanto riguarda la ricerca sarei daccordso con Sandro nel farla continuare anche se le implicazioni economiche ci sono eccome (purtroppo tutto si misura con il "dio" denaro). Cara daniela le tue domande sul essere pronti sono validissime , ma devo anche dire che come siamo messi oggi con la nostra "civiltà" sarebbe un rischio da correre ed uno scossone travolgende e forse curativo....ma sono troppo ottimista.