Categorie: Cosmologia
Tags: De l'infinito universo et mondi Giordano Bruno infinito vita
Scritto da: Daniela
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Giordano Bruno (4): DE L’INFINITO UNIVERSO ET MONDI
Per una trattazione completa dell'argomento, si rimanda al relativo approfondimento, nel quale è stato inserito anche il presente articolo
Continuiamo e portiamo (almeno per ora) a termine il percorso attraverso alcune delle opere più celebri di Giordano Bruno: i tre dialoghi filosofici scritti nel prolifico periodo londinese che racchiudono il cuore pulsante della sua visione cosmologica. In questo articolo, oltre all'opera citata nel titolo, parliamo anche del "De la Causa, Principio et Uno". Buona lettura!
La pubblicazione de “La Cena de le Ceneri” aveva provocato un trambusto notevole a Londra (dove Bruno soggiornò dall’aprile del 1583 al novembre del 1585) e il Nostro fu costretto a rifugiarsi presso la dimora dell'ambasciatore francese Michel de Castelnau, del quale era ospite, senza uscire di casa per giorni.
Il suo tentativo, appena arrivato in città, di inserirsi nell’ambiente accademico tenendo, ad Oxford, un corso di lezioni sul suo concetto di “anima del mondo” e sulla sua visione di mondi infiniti in un infinito Universo, era stato interrotto a causa delle vivaci proteste di quasi tutti gli altri accademici, fortemente aristotelici. Non c’è da stupirsi, quindi, che ne “La Cena” egli si fosse violentemente scagliato contro gli accademici inglesi e la loro pedanteria, non perdendo occasione, nei vari dialoghi, per ridicolizzarli, immedesimandoli in personaggi patetici e goffi nell’esprimere i loro punti di vista (la stessa tecnica che adotterà Galileo quasi mezzo secolo dopo nel suo “Dialogo sopra i massimi sistemi del Mondo”, facendo sostenere la ragioni della Chiesa da quel sempliciotto di Simplicio, che gli costerà il secondo processo, la conseguente abiura e gli arresti domiciliari per il resto dei suoi giorni).
Pensate forse che si sia fatto intimorire dalle proteste scatenate da “La Cena”? Certo che no! Anzi, probabilmente ne trasse un ulteriore stimolo per portare avanti quella che considerava la sua missione di messaggero degli Dei, sceso in Terra per aprire gli occhi agli uomini (non era umile, ma questo lo sappiamo già e ciò non scalfisce minimamente il valore del suo pensiero... del resto quasi mai l'umiltà va a braccetto col genio). Infatti il 1584 si rivela essere un anno fondamentale nella produzione letteraria e filosofica di Bruno: dopo “La Cena”, scriverà “De la Causa, Principio et Uno”, quindi la sua opera più celebre, il cui solo titolo è un raggio di luce che squarcia le tenebre dell’oscurantismo di quei tempi: il “De l’Infinito Universo e Mondi”.
Queste tre opere, scritte sotto forma di dialogo e in lingua italiana, rappresentano un percorso unitario in cui all’annuncio di una nuova filosofia (La Cena), segue la sua aurora (De la Causa), quindi la sua definitiva e piena affermazione (De Infinito): sembra quasi di assistere allo sbocciare di un’orchidea…
Ne “La Cena de le Ceneri” abbiamo già parlato (QUI), del “De la causa, Principio et Uno” possiamo dire che ha come principale intento quello di preparare le menti all’accoglimento del concetto di infinito, prima di aprirle, nell’opera successiva, alla comprensione ed accettazione di ciò che più stava a cuore al Nostro: infiniti mondi popolati da esseri viventi, sparsi ovunque in un infinito Universo.
In esso, per esempio, si legge:
“Sotto la comprensione de l’infinito non è parte maggiore e parte minore, perché alla proporzione de l’infinito non si accosta più una parte quantosivoglia maggiore che un’altra quantosivoglia minore; e però ne l’infinita durazione non differisce la ora dal giorno, il giorno da l’anno, l’anno dal secolo, il secolo dal momento; perché non son più gli momenti e le ore che gli secoli, e non hanno minor proporzione quelli che questi a la eternità. Similmente ne l’immenso non è differente il palmo (*) dal stadio (**), il stadio da la parasanga (***), perché alla proporzione de la inmensitudine non più si accosta per le parasanghe che per i palmi. Dunque infinite ore non son più che infiniti secoli, e infiniti palmi non son di maggior numero che infinite parasanghe. Alla proporzione, similitudine, unione e identità de l’infinito non più ti accosti con essere uomo che formica, una stella che un uomo; perché a quello essere non più ti avicini con esser sole, luna, che un uomo o una formica; e però nell’infinito queste cose sono indifferenti. E quello che dico di queste, intendo di tutte l’altre cose di sussistenza particulare”.
(*) PALMO: La distanza che intercorre tra l'estremità del pollice e quella del mignolo di una mano aperta: unità di misura di lunghezza, assai diffusa prima dell'adozione del sistema metrico decimale, con valore variabile intorno ai 25 cm (per la misura della lunghezza delle reti da pesca si usa ancora il palmo di 26 cm).
(**) STADIO: Nell'antica Grecia, unità di misura di lunghezza, corrispondente nel sistema attico a 177,60 metri, nel sistema alessandrino a 184,85 metri (è l’unità di misura che utilizzò Eratostene da Cirene per stimare la lunghezza della circonferenza terrestre, servendosi semplicemente di un bastone, un dromedario dal passo costante, un servitore molto preciso ed affidabile e… il suo cervello!)
(***) PARASANGA: Antica unità di misura di lunghezza persiana, corrispondente a 6300 metri (secondo Erodoto) o a 5940 metri (secondo Senofonte).
Parole che si commentano da sole…
Da notare l’accostamento, sicuramente non casuale ma carico di significati simbolici, dell’uomo alla formica. Tanto per ribadire il concetto che la materia è sempre la stessa, solo le forme cambiano continuamente “Quella dell’uomo è medesima in essenza specifica e generica con quella delle mosche, ostreche marine e piante, e di qualsivoglia cosa che si trove animata o abbia anima [...] Or cotal spirito secondo il fato o providenza, ordine o fortuna, viene a giongersi or ad una specie di corpo, or ad un’altra: e secondo la raggione della diversità di complessioni e membri, viene ad aver diversi gradi e perfezioni d’ingegno et operazioni”.
Ogni cosa fisica, compreso l’uomo, non è altro che uno degli infiniti modi in cui può manifestarsi la sostanza fondamentale (l’essere), che è una sola, di cui è composto l’Universo: “E questa è la differenza tra l'universo e le cose dell'universo; perché quello comprende tutto lo essere e tutti i modi di essere, di queste ciascuna ha tutto l'essere ma non tutti i modi di essere”.
Veniamo infine, e finalmente, al cuore della visione cosmologica bruniana, gioiosamente annunciata nel “De l’Infinito Universo et Mondi”. Prima di iniziare, però, per poter apprezzare fino in fondo la portata rivoluzionaria di questa opera, vale la pena spendere due parole per ricordare il contesto storico nel quale essa si colloca.
Siamo nella seconda metà del XVI secolo e il sistema cosmologico comunemente accettato ed insegnato nelle Università, nonché di fatto assurto a dogma in quanto adottato dalla Chiesa perché “conforme” alle Sacre Scritture, è quello aristotelico-tolemaico: Terra ferma al centro dell’Universo, con Sole, Luna e pianeti che le ruotano intorno, ognuno di essi incastonato in una sfera di cristallo; infine la sfera più lontana, quella delle stelle fisse. Del resto, questo è ciò che appare se volgiamo lo sguardo al cielo, confortato dalla certezza che l’Uomo, generato da Dio a propria immagine e somiglianza, non può non trovarsi in posizione privilegiata nel Creato. Va da sé che contraddirlo equivale ad offendere la Chiesa, quindi Dio, con tutte le conseguenze del caso…
La stessa rivoluzione copernicana (1543) era stata tutto fuorché una vera rivoluzione… in realtà, contrariamente a quanto comunemente e superficialmente viene affermato, non aveva posto il centro dell’Universo nel Sole, bensì in un punto vicino ad esso. Inoltre i moti ellittici dei pianeti continuavano a scaturire dalla composizione di moti circolari (infatti erano stati mantenuti gli epicicli inventati da Tolomeo, del cui sistema cosmologico abbiamo parlato QUI): Copernico non ci pensava nemmeno a spodestare il sistema tolemaico, in realtà voleva migliorarlo per renderlo ancora più aderente al dettato platonico al quale si erano ispirati Aristotele prima e Tolomeo poi (una descrizione dettagliata del sistema copernicano la trovate QUI).
Era talmente poco rivoluzionario il "De revolutionibus orbium coelestium" (pubblicato dall'allievo Osiander quando ormai il suo maestro Copernico era in punto di morte) che anche la Chiesa lo considerò innocuo e fu messo all'indice solo nel 1615 (ben 72 anni dopo la pubblicazione!), dopo il primo processo dell'Inquisizione a Galileo (quello che si concluse con un "semplice" ammonimento...) ed il conseguente palesarsi dei rischi per la tenuta del sistema aristotelico-tolemaico. L'atteggiamento timido, quasi pavido e per niente desideroso di cambiare lo status quo, è stato perfettamente rappresentato da Giacomo Leopardi nella sua operetta morale "L'ora prima e il Sole" (QUI a pag. 193) e "tradotto" in modo leggero e scherzoso, ma fedele al contenuto, dal nostro Vin-Census QUI.
La rivoluzione vera, che aprirà le porte all’astrofisica moderna, si avrà solo nel gennaio del 1610 (dieci anni dopo la morte di Bruno), quando Galileo punterà il suo cannocchiale (o, meglio, il perspicillo, come lo chiamava lui) su Giove, ne scoprirà i quattro satelliti maggiori e, dopo poche notti di osservazioni, capirà che non potevano che rivolvere intorno al loro “papà” (quali emozioni lo avranno scosso in quel momento? Abbiamo provato ad immaginarle e QUI ce le siamo fatte raccontare proprio da lui).
Tuttavia, quando il Grande Pisano era ancora un adolescente o poco più, un piccolo (solo di statura) monaco nato in quel di Nola, con la sola forza del pensiero, aveva frantumato le sfere di cristallo ed era riuscito a volare là dove nessun altro arriverà per oltre tre secoli dopo di lui! “Quali ali sicure a l’aria porgo, né temo intoppo di cristallo o vetro; ma fendo i cieli e all’infinito m’ergo”.
E’ indubbio che Galileo si sia ispirato alle sue idee (vedi il concetto di relatività del moto, di cui abbiamo parlato QUI, ma anche la tecnica del dialogo e un certo stile adottati nelle opere), ma era troppo pericoloso dirlo apertamente: il ricordo di Bruno bruciato vivo, insieme ai suoi libri “heretici et erronei”, in Campo de’ Fiori il 17 febbraio del 1600 incuteva molta paura… come biasimarlo?
Cosa aveva fatto, quindi, Bruno per volare così lontano? Aveva affermato con gioia l’infinità dell’Universo e lo aveva fatto giustificando la propria convinzione sia da un punto di visto logico che teologico.
Innanzitutto, utilizzando le stesse affermazioni di Aristotele sulla finitezza dell’Universo, dimostrò che esse sono contraddittorie: alla domanda “se l’Universo fosse finito in cosa sarebbe contenuto?” Aristotele avrebbe risposto “in se stesso”, ma, obiettava il Nolano, poiché per Aristotele “il luogo è il limite immobile primo del contenente” se così fosse, l’Universo non starebbe in nessun luogo non avendo nulla che lo contenga, quindi non sarebbe nulla. "Bruno 1 – Aristotele 0" proprio nella partita della logica, il terreno preferito del pensatore greco!
Inoltre, teologicamente parlando, se Dio è infinito ed è causa dell’Universo, come potrebbe un ente infinito causare un effetto finito “atteso che ogni cosa finita al riguardo dell’infinito è niente”? O Dio è limitato, il che per Bruno era assurdo, oppure è inconcepibile che la sua potenza infinita si esplichi e si sprechi in un atto finito.
Ma se l’Universo è infinito, dov’è il centro? Da nessuna parte: non ha senso parlare di centro di un’entità infinita. Quindi la Terra, non solo non può trovarsi in un punto che non esiste, ma deve trovarsi in un punto qualsiasi nell’infinità del teatro del Cosmo… conseguenza logica e praticamente inevitabile di tale ragionamento è immaginare l’esistenza di altri infiniti mondi simili alla Terra situati in infiniti punti qualsiasi sparsi qua e là in un luogo che non ha confini né limiti.
A tal proposito, ascoltiamo le sue parole pronunciate durante l’interrogatorio svoltosi a Venezia il 2 giugno 1592 a opera dell’Inquisitore:
“Ed in questi libri particolarmente si può veder l’intenzion mia e quel che ho tenuto; la qual insomma è ch’io tengo un infinito universo, cioè effetto della infinita divina potentia, perché io stimavo cosa indegna della divina bontà et potentia, che possendo produr, oltra questo mondo un altro et altri infiniti, producesse un mondo finito. Sì che io ho dechiarato infiniti mondi particulari simili a questo della terra; la quale con Pittagora intendo uno astro, simile alla quale è la Luna, altri pianeti et altre stelle, le qual sono infinite; et che tutti questi corpi sono mondi et senza numero, li quali constituiscono poi la università infinita in uno spatio infinito; et questo se chiama universo infinito, nel quale sono mondi innumerabili”
Ma non è finita qui… la sua intuizione regina, forse ancora più geniale dell’aver pensato a infiniti mondi abitati in un infinito Universo (a cui anche altri pensatori dell’antichità si erano avvicinati e ai quali il Nolano si era probabilmente ispirato: Tito Lucrezio Caro nel suo “De Rerum Natura”, per esempio), consiste nell’avere, per primo, compreso la distinzione tra stelle e pianeti, ovvero tra corpi che sono composti di fuoco e rifulgono di luce propria e corpi, come il nostro pianeta, composti di terra e acqua che rivolvono intorno alle stelle e brillano di luce riflessa. Ascoltiamo le sue parole…
“Resta dunque da sapere, ch’è un infinito campo e spazio continente il qual comprende e penetra il tutto. I quello sono infiniti corpi simili a questo, de’ quali l’uno non è più in mezzo de l’universo, che l’altro; per questo è infinito, e però senza centro e senza margine, ben che queste cose convegnano a ciascuno di questi mondi, che sono in esso, con quel modo, ch’altre volte ho detto, e particolarmente quando abbiamo dimostrato, essere certi determinati e definiti mezzi, quai sono i soli, i fochi, circa li quali discorrono tutti li pianeti, le terre, le acque, qualmente veggiamo circa questo a noi vicino marciar questi sette erranti […] Quelli son per sé lucidi e caldi , nella composizion de’ quali predomina il foco; gli altri risplendono per altrui participazione, che son per sé freddi et oscuri, ne la composizion de’ quali l’acqua predomina…”.
Alla luce di tutto ciò, ha davvero senso chiedersi, come tanti si sono chiesti e tanti continuano a chiedersi, se Bruno fu filosofo o mago o scienziato? No, la disputa è decisamente priva di senso, soprattutto se si considera che nel ‘500, ma anche nel ‘600, non esisteva nemmeno la parola “scienziato” e tutti i Grandi che in quel periodo sono protagonisti della rinascita della ricerca scientifica dalle ceneri del Medioevo, primi tra tutti Keplero, Galileo e Newton si consideravano un po’ filosofi, un po’ maghi, un po’ matematici, nonché astrologi allo stesso tempo (i Potenti adoravano gli oroscopi e pagavano bene le buone profezie…). Newton, addirittura, dedicava più tempo all’alchimia che alla fisica!
Bruno fu certamente un filosofo, ma un filosofo che conosceva e sapeva correttamente applicare, ancor prima che fosse inventato da Galileo, quel metodo scientifico basato sulle “dimostrazioni e sensate esperienze”. Prendiamo, per esempio, la tesi dell’universo infinito: è senza dubbio una tesi filosofica e metafisica, ma il Nostro le conferisce una dignità scientifica nel momento in cui osserva che in un universo infinito il centro è ovunque, tipica deduzione fisica e matematica. Insomma egli sapeva bene che “Altro è giocare con la geometria, altro è verificare con la natura” e lo dimostrò appieno in due casi di estrema importanza: il principio di inerzia e quello della relatività del movimento, che intuì e spiegò facendo riferimento a due esperimenti che tutti erano in grado di ripetere (ne abbiamo parlato QUI).
Grazie ad una capacità fuori dal comune di osservare la realtà e leggerla in profondità, il nostro monaco di Nola è riuscito a spiegare nel modo più chiaro possibile, sulla base della rudimentale conoscenza della materia disponibile ai suoi tempi, che la sua era una teoria fisica dell’Universo. E, pur non essendo un matematico né uno scienziato (nel senso moderno che si dà a tale termine), è senza dubbio alcuno il primo ad essere riuscito ad immaginare un Universo che tanto somiglia a quello che oggi (e da non molto) conosciamo. Per questo non possiamo non considerarlo a pieno titolo un precursore della ricerca scientifica.
Come è andata a finire la sua avventura terrena, lo sappiamo tutti… ma forse non tutti sanno che il cardinale Bellarmino, uno dei suoi più accaniti inquisitori, è stato santificato nel 1930 ed è patrono dei catechisti al suon di “La mia spada ha sottomesso gli spiriti superbi”. E nel suo curriculum vitae, nelle poche righe dedicate al processo a Bruno, ancora oggi, si afferma quanto segue:
Commentare frasi del genere sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Ognuno di voi, cari lettori, penserà con la propria testa e darà l'interpretazione che preferisce… per quanto ci riguarda, cosa pensiamo dell'atteggiamento passato ed attuale della Chiesa lo abbiamo sostenuto più volte (in particolare QUI) e ci appare superfluo ribadirlo ancora.
Concludiamo questo viaggio nella vita e nel pensiero di Giordano Bruno, chiedendogli scusa per non aver toccato tutti i temi da lui trattati, ed esserci limitati a quelli che abbiamo ritenuto di maggiore interesse per i lettori di un blog principalmente dedicato alla fisica e all’astrofisica. Una cosa, però, è certa: ce l’abbiamo messa tutta per gettare una goccia nell’oceano del ricordo di un personaggio del quale si dovrebbe parlare molto di più, specialmente nelle scuole.
Ascoltiamo, ancora una volta, alcune sue parole che, pur pronunciate quattro secoli fa, non potrebbero essere più attuali…
QUI la serie di articoli dedicata a Giordano Bruno
10 commenti
Hai proprio ragione Daniela, l'attualità del suo pensiero lascia veramente senza parole....E' incredibile la grandezza di questo pensatore ancora scomodo dopo oltre quattro secoli.
Grazie infinite per questa tua nuova fatica su Giordano Bruno.
Un caro saluto.
E' un piacere e un onore, caro Franco, affrontare certe "fatiche" che ti lasciano molto di più di quanto si prendono!
Grazie per l'interesse che sempre dimostri, è gratificante scrivere per lettori come te.
Non so come si possa definire un simile Pensatore: filosofo, "scienziato" ... ma avrebbe senso!? Secondo me lui sarebbe il primo a ... stupirsi, a dolersene quasi (ma non per lui: per noi), dell'inserimento suo in questa o quella categoria di studioso, lui che spaziava dall'uno all'altro aspetto del Mondo senza soluzione di continuità. Che senso ha mettere in una categoria ben precisa uno che nel descrivere il Mondo, non usava categorie divisive? Sarebbe quasi una beffa!
A proposito del suo ispirarsi a Tito Lucrezio Caro, mi viene in mente quanto questi diceva sul fenomeno Vita (lo riporto integralmente): << Se gli elementi sono in quantità tale che tutta la vita degli esseri viventi non sarebbe sufficiente ad enumerarli, se la stessa forza, la stessa natura sussistono per poter riunire in tutti i luoghi questi elementi nello stesso ordine in cui sono stati riuniti su questo nostro mondo, devi confessare che in altre regioni dello spazio esistono altre terre oltre la nostra, e razze di uomini differenti e altre specie selvagge>> (Tito Lucrezio Caro, riportato in La pluralità dei mondi nel pensiero degli antichi, di Fabio Feminò. L’astronomia, numero 103, ottobre 1990). Per me è STRAORDINARIO (vista l’epoca e visto che, anche oggi, è ancora tutto da dimostrare); fa sembrare microscopica ogni diatriba in campo biologico, che pure deve andare avanti attraverso la scoperta di tanti granellini singoli da sistemare, poi, con calma, ognuno al suo giusto posto, magari in un contesto ampio e generale da qualcun altro intuito con largo anticipo.
La biologia e l’astrobiologia prima o poi daranno un contenuto all’intuizione di Tito Lucrezio Caro circa la stessa forza, la stessa natura che avrebbero organizzato in ogni luogo la vita (l’isotropia dell’universo anche in questo), esattamente come fisica e astrofisica hanno dato prove e contenuto alle intuizioni relativistiche del Nolano. Intanto, per la vita, ci teniamo le intuizioni di Caro e Bruno… e la convinzione di S.J Gould: <<La vita è un fenomeno inevitabile, come il quarzo e il feldspato>>. Poi, perché non sono qui ... è un altro problema.
Mi pare che il pensiero di Bruno riportato nel box in fondo all’articolo sia pure esso immensamente attuale.
Chiudere l’anno vecchio con questo box e aprire tutti i nuovi che verranno con esso, è un buon augurio per tutta l’umanità.
caro Fiore,
mi associo a Daniela (che ha fatto veramente un lavoro egregio) nel ringraziarti delle riflessioni e degli spunti che spesso inserisci. Il tuo spirito è proprio simile al nostro e il 2018 ci vedrà sicuramente ancora in piena sintonia nella volontà di esprimere il proprio pensiero in piena libertà e con grande conoscenza.
Sai, il paradosso di Fermi si riferisce probabilmente a un qualcosa che ancora non abbiamo capito... In altre parole, non abbiamo saputo proseguire nel ragionamento dei grandi pensatori come Lucrezio e Giordano. Sì, siamo finalmente riusciti a capire anche noi che la vita deve essere ovunque, ma non abbiamo ancora capito cos'è veramente e come può comunicare. Mi sembra quasi di vivere in un mondo di sordi e volere usare le orecchie per captare un segnale di qualcosa.
In fondo, pensiamo ben poco a come sembri variegata sulla Terra e come si adatti a ogni suo angolo più recondito. Forse questo dovrebbe farci pensare di più a cosa sia veramente quando si cambi completamente palcoscenico, sia esso Europa o Encelado o Titano. Lì probabilmente la ricerca che segue la nostra limitata esperienza può anche dare qualche risultato, ma nell'infinito Universo, va cambiata strategia... una strategia, la nostra, ancora troppo limitata ed elementare.
La vita va ancora interpretata correttamente e non ne siamo capaci. Ci vorrebbe un altro Giordano a darci il via... o forse geni come Feynman ce l'hanno già data, ma non non riusciamo a comprenderla. Sono troppo pochi i segnali che siamo capaci di interpretare e... mi fermo, perché capisco che mi sto ingarbugliando non essendo in grado di esprimere strane sensazioni ancora troppo superiori al mio limitato cervello...
Quando non si trovano le parole giuste per rispondere a chi ha già detto praticamente tutto, non si può fare altro che prenderle in prestito...
“Il sogno dell’umanità è trovare il canale giusto. Qual è il significato di tutto quanto? Cosa possiamo dire, oggi, intorno al mistero dell’esistenza? Se teniamo conto di tutto, non solo di quanto sapevano gli antichi, ma anche di quello che loro ignoravano e noi abbiamo scoperto, allora credo che l’unica risposta onesta sia: nulla. Ma credo anche che con questa ammissione abbiamo probabilmente fatto un passo nella direzione giusta.
Ammettere di non sapere, e mantenere sempre l’atteggiamento di chi non sa quale direzione è necessario prendere, ci dà modo di variare, di riflettere, di scoprire cose nuove e di avanzare nella conoscenza di noi stessi, per riuscire a fare quello che veramente vogliamo, anche quando non sappiamo cosa vogliamo.
Guardando indietro, si ha l’impressione che i periodi peggiori della nostra storia siano quelli in cui era più forte la presenza di persone che credevano in qualcosa con fede cieca e dogmatismo assoluto, prendendosi tanto sul serio da pretendere che il mondo intero la pensasse come loro. E poi facevano cose espressamente in contrasto con i loro stessi princìpi al fine di dimostrare la verità della propria dottrina.
Come ho già detto in precedenza, e qui lo ribadisco, l’unica speranza per un progresso dell’umanità in una direzione che non ci porti in un vicolo cieco (come già tante volte è successo in passato) risiede nell’ammissione dell’ignoranza e dell’incertezza. Io dico che non sappiamo quale sia il significato della vita e quali i giusti valori morali, e non abbiamo modo di sceglierli.”
(Richard P. Feynman, “Il senso delle cose”)
Brava Daniela,riuscire a condensare in poche righe un cervello del genere è difficile.Io credo che l'insegnamento più profondo che noi dovremmo ricavare dal pensiero di questo grande,del nostro popolo,è quello di non avere nessun timore reverenziale davanti a qualsivoglia idea o principio,ipse dixit,ma solo per andare oltre,mai fermarsi a contemplare.La sapienza,l'etica e tutto quello che produce il cervello umano e anche altre creature,sono solo il testimone di una staffetta,in una realtà sempre in movimento.Quando giudichiamo le cose dell'infinito,credo, dovremmo imparare a guardare le cose con un taglio diverso,considerare quello che produciamo singolarmente in una vita come un singolo evento,esattamente come guardiamo un albero,una panchina un oggetto che sono evento in un dato spaziotempo.Le cose sono più chiare,come quando guardiamo il cielo,vedendo stelle e pianeti sullo stesso piano spaziotemporale,mentre non lo sono,e tuttavia sono la realtà in quella particolare infima posizione vista da noi individui,una scena un evento,un confine che prepara il prossimo evento.Mi viene da pensare a tutto quello che la vita,ma non solo,riesce a vedere,registrare e modificare,attraverso le sue infinite individualità.Unasomma immensa a presidio di questo spaziotempo in cui ci troviamo,sembra una piccola parte di un organismo,ci fa immaginare un'altra dimensione.Evviva il libero pensiero,abbasso il mastice che imprigiona la mente di chi lo vuole sopprimere.
Cara Daniela,
il tuo articolo su Giordano Bruno con i vari "QUI" sapientemente inseriti è decisamente un lavoro stupendo, una guida di meditazione tra spirito e materia, tra infinito e finito. Complimenti, un "Segno" lo hai lasciato.
Lino MANCINI
Grazie infinite, Lino, il tuo parere ha un grande valore per me.
cara Dany,
so che non sono cose che si dovrebbero fare e dire tra gli autori di un ... Circolo. Ma non posso tenermi e mi associo a Lino nel dire che hai fatto un lavoro splendido, eseguito con sapienza, discrezione, attenzione, dando il giusto risalto a una figura spesso dimenticata se non addirittura disprezzata. Questa è vera cultura e solo con questa si potrà ancora cambiare la mente distorta della popolazione terrestre. Sguardo in avanti e memoria mai stanca di ricordare. Forse è la chiave giusta per avere diritto di conoscere i veri "diversi"...
GRAZIE a nome di tutto il Circolo!!! Quando ci vuole, ci vuole!!!!
"Sguardo in avanti e memoria mai stanca di ricordare"
Secondo me, Enzone caro, in queste poche e semplici parole hai racchiuso il segreto del progresso umano, quello vero... ne sa qualcosa anche il mio amico Lino, impegnato a non far cadere il velo dell'oblìo sulle vicende storiche di persone che, pur facendolo dalla parte poi rivelatasi storicamente "sbagliata", hanno messo in gioco la loro vita, nello stesso modo e con lo stesso onore in cui l'hanno fatto coloro che erano dalla parte "giusta", per lasciarci un mondo migliore.