Categorie: Meccanica Celeste Meccanica quantistica
Tags: anelli dischi di accrescimento disco protoplanetario onde vibrazioni gravitazionali
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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!!! In fondo tutto è fatto di buffe, pazze, irresistibili particelle ***
Questo articolo si riferisce a una notizia che, nel mio intimo, speravo di leggere da molto tempo. Non c’è assolutamente niente di risolutivo ma la mia parte fantasiosa sta già navigando senza freni. E voglio rendervene partecipi anche se so che è sicuramente troppo presto per fare illazioni. Tuttavia l’uomo è sia scienza rigida che immaginazione, etica ed estetica. Ebbene la notizia che sto per darvi sta, per me, proprio a metà strada e mi fa sognare di avere visto l’inizio di qualcosa di veramente speciale che forse alla fine sarà ovvio come tutte le grandi leggi della Natura.
Permettetemi di cominciare da “lontano”. Per un certo periodo della mia vita professionale ho partecipato allo studio della frammentazione di bersagli di cemento e/o grosse pietre attraverso urti a ipervelocità (superiori ai 5 km/s). Per far ciò ci volevano cannoni speciali e luoghi particolari, legati in qualche modo a basi militari o centri di ricerca decisamente specializzati e controllati. Chi guidava la ricerca era un fisico di prim’ordine, mezzo inglese e mezzo italiano, che da anni cercava di eseguire esperimento di quel tipo. Ci raccontava che molte volte aveva attraversato l’Atlantico con tanto di esplosivo nascosto tra le valigie o anche addosso, dato che era una delle necessità fondamentali. Tempi lontani dal terrorismo e minori controlli, ma i suoi racconti rasentavano spesso quelli di Indiana Jones. E tutto ciò per spaccare delle pietre e vedere come si muovevano e giravano i frammenti e che forme assumevano in funzione dell’energia cinetica e di altre variabili di partenza. Ovviamente, si voleva simulare l’evoluzione collisionale degli asteroidi… Vi erano solo scale diverse, ma certe caratteristiche,valutate nel giusto modo, rimanevano le stesse.
Alla fine di una serie di frammentazioni” (si lavorava molto insieme ai giapponesi che erano maestri in queste “distruzioni”) particolarmente elaborate e analizzate con camere ultrarapide, avevamo preparato un lavoro per “Nature”. Una delle conclusioni, solo apparentemente banale, era relativa alla forma dei frammenti che sembravano seguire modelli ellissoidali a tre dimensioni con particolari rapporti degli assi. Uno dei due “referee”, con spirito forse ironico o forse solo incompetente, aveva risposto: “Risultato più che atteso e ovvio, visto che il bersaglio di partenza era un ellissoide a tre assi!”. Il nostro Indiana Jones, che tutto era meno che uno sprovveduto, rispose con una frase lapidaria che convinse l’Editore a pubblicare subito l’articolo, trascurando la critica del referee: “Forse ha ragione caro collega… se avessimo costruito un bersaglio a testa d’asino avremmo, secondo la sua visione, raccolto tanti frammenti tutti con la forma di piccole teste d’asino!”.
Bene, perché questo aneddoto? Lo sintetizzo in breve: Microcosmo e macrocosmo rappresentano situazioni diverse se vengono legate da eventi drastici e violenti. Una testa d’asino gigante NON è formata da tante teste d’asino microscopiche (e lo stesso vale per gli ellissoidi), Tuttavia, se niente viene a sconvolgere una situazione di equilibrio, sappiamo bene che sia le cose più piccole che quelle più grandi sono formate dalle stesse particelle elementari. Qual è il vero punto di rottura tra micro e macro? L’atomo, la molecola, una struttura isolata, un qualsiasi cosa che segua leggi legate al microcosmo, un sistema non complesso, in generale, tale da non permettere interazioni diverse da quelle che subiscono i loro costituenti più piccoli? Non lo sappiamo ancora, anche se proprio uno dei geni della meccanica quantistica aveva dimostrato con il suo gatto che non è ammissibile spostarsi da un atomo che decade a una creatura zeppa di atomi e di strani collegamenti macroscopici (a parte l’utilizzo geniale della coda). Un sistema complesso interagiva con ciò che lo circondava e non poteva che far collassare rapidamente qualsiasi sovrapposizione di stato.
Lo aveva fatto proprio colui che aveva formulato la legge che descriveva il mondo quantistico, l’equazione di Schrödinger. Un mondo che si poteva solo descrivere, ma non capire. Un mondo le cui leggi e principi non potevano superare certe dimensioni, a rischio di un immediato collasso dell’onda-particella. In realtà, non sarebbe male cercare di pensare a questo dualismo come a un falso dualismo: non esiste né particella né onda, ma solo e soltanto un’entità fisica che rappresenta un pacchetto d’energia e che noi cerchiamo di paragonare , a seconda del comportamento, in un modo o nell’altro. Il fotone dovrebbe insegnarcelo: non è mai onda e nemmeno particella, eppure è capace di staccare elettroni così come è capace di raggirare ostacoli e creare interferenza al pari delle onde. E di massa nemmeno l’ombra…
Ma torniamo a noi e all’inutile ricerca di trovare un limite tra il micro dominato da questi pacchetti un po’ pazzi e un po’ birbanti come tutti i “cuccioli”, capaci di esistere sotto vari stati (come un bimbo che si crede un pirata, un eroe, una dinosauro e una creatura bisognosa dell’affetto materno…?), e il mondo adulto, inflessibile, che sa quello che deve fare e che se fa una cosa è perché ne è successa un’altra in un continuo e rigido legame tra causa ed effetto. Cosa fare? Partire dal piccolo e vedere quando il giocattolo si rompe oppure partire dal grande e cercare di studiarlo in modo delicato, mentre assume una conformazione sempre gigantesca, ma che assomiglia sempre più a una specie di polvere microscopica? Cerco di spiegarmi meglio, seguendo la nuova ricerca che, notiamo bene, è sicuramente teorica, ma si basa su osservazioni dirette! Una ricerca durante la quale, senza cercarla a priori, è scaturita da sola un’inattesa e plausibile spiegazione teorica. Proprio l’opposto della materia oscura che si inserisce come atto di fede e che poi si cerca di spiegare con tutte le equazioni e teorie più strampalate.
Diciamo subito il risultato e sobbalziamo sulla sedia (io con grande contentezza, anche se rimango con i piedi per terra): un giovane ricercatore (già considerato un piccolo genio tra gli addetti ai lavori più umili e onesti) ha scoperto che l’equazione di Schrödinger, proprio quella che determina lo stacco netto tra micro e macro, tra fantasia puerile e serietà adulta, risulta applicabile nella descrizione dell’evoluzione di certe strutture astrofisiche gigantesche. In particolare, proprio a strutture molto comuni, che si ripetono con grande normalità a tutte le scale. Stiamo parlando dei dischi di materia (come QUESTO, per esempio) che circondano le creature cosmiche ben più grandi.
Gli oggetti astronomici più massicci sono frequentemente circondati da gruppi di oggetti decisamente più piccoli, che gli girano attorno come i pianeti attorno al Sole. Prendiamo come esempio, i buchi neri supermassicci (non c‘è niente di più macro…). Essi sono circondati da sciami di stelle, che sono a loro volta circondate da enormi ammassi di roccia, ghiaccio e altri detriti cosmici. A causa della forza di gravità (o –se preferiamo- della deformazione del tessuto spaziotemporale) questi enormi ammassi di materiale si sistemano in dischi circolari e piatti. Questi dischi, composti, in pratica, da ammassi di “particelle” in numero enorme, possono variare in dimensioni, da quelle di un piccolo sistema planetario (o anche un anello planetario) a strutture che si estendono per molti anni luce.
I dischi astrofisici non mantengono la semplice forma circolare per lungo tempo. Al passare dei milioni di anni questi dischi evolvono lentamente e mostrano distorsioni su grande scala, curvandosi e annodandosi come increspature su un lago o in uno stagno. Il motivo e il meccanismo attraverso i quali queste ondulazioni emergono rimangono ancora un mistero e nemmeno le simulazioni al computer sono riuscite a riprodurli. Un processo troppo “caotico” o complesso per essere affrontato con i limitati mezzi tecnologici di oggi (un po’ come il clima…)?
Un teorico del Caltech, Batygin, proprio il propositore del nono pianeta, aveva predisposto uno schema basato sulle perturbazioni reciproche per cercare di studiare in modo matematico l’evoluzione di un disco sotto forma di una struttura unica. Niente di veramente nuovo, dato che il sistema di approccio risale al diciottesimo secolo e a quei luminari di meccanica celeste che sono stati Lagrange ( o -meglio- Lagrangia) e Laplace. In questo sistema le particelle singole sulla loro orbita particolare diventano un insieme unico. In altre parole, un disco viene modellato da una serie di filamenti concentrici che lentamente si scambiano il momento angolare tra di loro.
Come analogia, pensiamo ai pianeti del nostro sistema solare e sbricioliamoli in pezzetti minuscoli disperdendoli lungo le orbite planetarie. In tal modo il sistema solare diventa una serie di anelli che circondano il Sole, ma che riescono, avendo massa, a interagire gravitazionalmente tra di loro. Le “vibrazioni” di questi anelli simulano l’evoluzione delle orbite planetarie e i vari effetti conseguenti su tempi scala lunghissimi e in modo estremamente accurato.
Applicando questa approssimazione a un disco, ha ottenuto un risultato inaspettato!
Lavorando su un disco è facile essere estremamente meticolosi, aumentando a dismisura il numero di anelli e/o filamenti, In pratica, il loro numero può tendere a infinito trasformando la rappresentazione matematica in un continuo. Arrivati a quel punto, quasi come per magia, i calcoli si sono trasformati nell’equazione di Schrödinger.
Proprio la base fondamentale della meccanica quantistica, quella che descrive l’assurdo mondo atomico e subatomico, tra cui la celebre dualità onda-particella. Sembrerebbe proprio che gli infiniti anelli circolari dei dischi si comportino come le particelle elementari e la loro propagazione attraverso il disco siano descrivibili con la stessa matematica usata per descrivere le caratteristiche di una singola particella che rimbalzi avanti e indietro tra i due estremi dell’anello.
Accontentiamoci, per adesso, di una visione molto rozza e approssimativa, ma non è facile entrare nei dettagli e non è nemmeno lo scopo del nostro Circolo. Tuttavia, il lavoro sembra basato su una grande serietà scientifica e su un giusto mix tra teoria e osservazioni (le vibrazioni esistono). Al di là dell’utilità di poter usare una certa equazione ben conosciuta per trattare l’evoluzione dei dischi astrofisici, resta il fatto sicuramente sorprendente (ma lo è davvero?) che due parti della fisica così lontane tra loro, possano alla fine essere accomunate da descrizioni del tutto simili. Micro e macro potrebbero essersi veramente avvicinati!
Articolo originale QUI
Come non ripensare a questa frase, pronunciata da Laplace nel 1812...
“Dobbiamo, dunque, considerare lo stato presente dell'universo come effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro. Un'intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se fosse abbastanza vasta da sottoporre questi dati ad analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell'universo e quelli dell'atomo più leggero: per essa non ci sarebbe nulla d'incerto, ed il futuro come il passato sarebbe presente ai suoi occhi”
Tuttavia, teniamo conto che Laplace non conosceva quanto poco causali potrebbero essere le conseguenze di lasciare il tutto nelle mani di quelle pazze e buffe particelle...
9 commenti
"...la notizia che sto per darvi sta, per me, proprio a metà strada e mi fa sognare di avere visto l’inizio di qualcosa di veramente speciale che forse alla fine sarà ovvio come tutte le grandi leggi della Natura"
Il modo in cui è stata condotta questa ricerca ricorda quello in cui si è arrivati ad altre epocali scoperte che hanno dato una svolta alla storia della Fisica e alla comprensione del mondo che ci circonda.
Penso a Maxwell che, misurando la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto e trovando che è di circa 300.000 km/s, capì che la luce visibile altro non è che un'onda elettromagnetica.
Penso a Planck che, quasi per disperazione e senza crederci più di tanto, ipotizzò che l'energia si trasferisse a piccoli pacchetti (quanti): nessuno credeva che potesse davvero essere così in realtà, ma la formula matematica era perfetta per descrivere ciò che realmente accadeva e riusciva a prevedere l'esito degli esperimenti di laboratorio.
Einstein fu l'unico a credere che la teoria di Planck avesse una consistenza fisica, la usò per dimostrare il suo effetto fotoelettrico e... il resto è storia (della Fisica Quantistica).
Al punto in cui siamo, forse manca solo il colpo di genio del pronipote di Einstein
Se mondi così lontani tra loro nella scala delle dimensioni condividono una stessa legge che descrive la loro essenza, la cosa che trovo più singolare è che tutto ciò che sta in mezzo non sia rappresentabile nello stesso modo. O forse lo è, con opportune modalità?
La causalità deterministica è la vera "eccezione", anche se dalla nostra posizione sembra la regola?
E se, invece, fosse il contrario? Se fosse il giocare a dadi delle particelle solo apparente e dovuto alla nostra incapacità di comprendere fino in fondo il loro comportamento? Abbiamo trovato delle leggi probabilistiche che descrivono perfettamente tale comportamento e questo per noi può essere sufficiente, perché ci consentono di prevederlo e sfruttarlo per applicazioni tecnologiche che, ormai, fanno parte della vita di tutti i giorni (primi fra tutti i cellulari). Mi piace pensare che, se raggiungessimo un livello più profondo di conoscenza, potremmo scoprire che anche le particelle seguono uno schema causa-effetto... quello schema che Einstein ha inutilmente provato a trovare
lo so, lo so, come la pensi Dany... ma perché quel fotone uguale a tutti gli altri invece di penetrare nel vetro, torna indietro. E' dura anche per il grande Alberto.... Aspettiamo la relatività quantistica e poi vedremo/vedrete...)
Chi ha detto che non è dura... l'evidenza osservativa è tutta contro Alberto, è più che probabile che in questo campo abbia toppato davvero. Ma continua ad affascinarmi il pensiero che potesse avere ragione e che, se ci fosse lo stimolo (che non c'è, visto che l'interpretazione standard funziona benissimo) ad andare avanti nel sentiero da lui tracciato, si potrebbe aprire un'autostrada tutta da esplorare... lasciami sognare.
Intanto godiamoci il superlativo articolo di Fabrizio di oggi, dedicato proprio a questo argomento!
Nell'universo tutto è uguale all'universo.
caro Gianni,
sembrerebbe solo una battuta, ma è molto di più...
Non conosco bene l'argomento sullo studio delle particelle ma mi sembra di intuire che gli studi in corso siano finalizzati a dimostrare ovvero a trovare una legge fisica unica che spieghi le interazioni tra le particelle (forza nucleare debole e forza nucleare forte), tra le interazioni elettromagnetiche e le interazioni tra le masse (forza gravitazionale)
La Teoria del Tutto è il sacro Graal della scienza: tanto per citare solo due nomi famosi, Einstein le dedicò l'ultima parte della sua vita e Stephen Hawking, nel 1980, ipotizzava che la fine della fisica teorica fosse vicina, e che in cambio sarebbe presto comparsa una teoria del tutto che avrebbe finalmente trionfato nella definitiva comprensione della natura.
Per ora quella teoria appare lontana, ma la ricerca continua...