20/06/18

Il Teorema del viriale: il prezzemolo della fisica **

Il presente articolo è stato inserito nelle pagine di approfondimento della Fisica classica e della Meccanica celeste.

 

Parlando di formazione stellare siamo obbligati a scontrarci con il teorema del viriale. Poi, però, ci accorgiamo che esso può essere applicato a moltissimi casi che sembrano avere poco a che fare con l'astrofisica stellare fino a utilizzarlo per trovare, con grande eleganza, la terza legge di Keplero. Noi lo applicheremo anche a un caso di moto molto particolare. Insomma, il viriale è proprio un must!

Immaginiamo di avere un numero enorme di particelle in grado di muoversi disordinatamente, in uno spazio delimitato, sotto l’effetto di una forza che vari in modo ben stabilito con la distanza. Sicuramente una situazione che l’Universo conosce molto bene a qualsiasi scala di grandezza. Bene, il Sig. Clausius, nel 1870, formulò per la prima volta un teorema estremamente semplice nella sua formulazione, chiamato del viriale, da “vis” latina, che significa forza, energia… Egli stabilì (e dimostrò) che, per ottenere l’equilibrio  del sistema, l’energia cinetica media delle particelle deve essere uguale alla metà della loro energia potenziale. A seconda della forza che agisce può comparire il segno più o il segno meno, ma la formula può essere scritta con un’espressione veramente elementare:

2K + U = 0         (K energia cinetica e U energia potenziale)

Normalmente nei fenomeni cosmici la forza che crea il campo e regala l’energia potenziale è quella gravitazionale e quindi il segno è quello che risulta nella formula appena scritta. Anche senza entrare in termodinamica e in meccanica quantistica, il teorema del viriale è, perciò, proprio come il prezzemolo e si applica alle masse collassanti verso una protostella, agli ammassi aperti e globulari, alle galassie e agli ammassi di galassie. Cambiano, di volta in volta, le particelle che vanno dagli atomi alle stelle e alle galassie.

In poche parole, il teorema del viriale stabilisce l’equilibrio che, nel caso di una stella in formazione, è dovuto al moto frenetico delle particelle che si oppongono con la loro pressione alla “caduta” gravitazionale. Proprio nella formazione stellare, il viriale trova il suo più celebre campo di applicazione, ma può essere estrapolato e mofidicato un po’ ovunque nei vari campi della fisica. Oltretutto, esso continua a valere anche se le particelle si riducono di numero, diventando anche una sola. L’importante è che si cerchi l’equilibrio tra energia cinetica ed energia potenziale quando agisce una forza conservativa (ossia il lavoro dipende solo dal punto di arrivo e di partenza).

Malgrado la semplicità della formula, la dimostrazione generale del teorema non è facilissima. Proprio perché lavora con  grandi numeri, ha bisogno di fare medie e sommatorie, sfruttando le loro proprietà. Ciò si traduce in integrali più o meno semplici. In questo articolo ci limiteremo ad affrontare il problema nel caso generale della formazione stellare e a impostarlo sufficientemente per comprendere come può essere risolto. Lo dimostreremo, invece, nel caso del moto di un pianeta attorno al Sole, trovando quasi “per miracolo” la terza legge di Keplero. Risolveremo, infine, un quiz dinamico con una sola semplicissima formula.

Iniziamo con il caso generale e cerchiamo di costruire una stella partendo da un  numero incredibile di particelle che si attraggono reciprocamente e tendono a collassare verso il centro della massa che si sta agglomerando. La gravità la fa da padrona e niente sembrerebbe in grado di fermarla, se non la resistenza stessa della materia. Ma noi vogliamo costruire stelle normali e non di materia degenere già prima di cominciare! Ci vuole qualcosa che si ribelli alla gravità e che mantenga un certo equilibrio nella massa che continua a cadere sulla stella in formazione.

La reazione viene creata dalla stessa forza che cerca il collasso. Le particelle sono costrette a muoversi in modo disordinato in questa corsa al massacro e quindi acquistano velocità elevate, creando ostacoli materiali alle particelle che continuano a precipitare. In poche parole esercitano una pressione che contrasta la gravità. La pressione è, in pratica, data dall’energia cinetica delle particelle, mentre la capacità di “spingere” verso il centro è data dall’energia potenziale della singola particella.

Non si sono ancora innescate reazioni nucleari che aiutino la pressione ed essa, per adesso, è dovuta solo e soltanto all’energia cinetica, ma la stella se la cava abbastanza bene. Non ci resta che trovare l’equilibrio e vedere come queste energie si distribuiscono. Il teorema del viriale è tutto qui…  Chi vuole saperne di più, relativamente alla nascita delle stelle e alle sue limitazioni e/o applicazioni successive, può rivolgersi al libro “Il Gioco delle Stelle”

Impostiamo in modo molto semplice la problematica e apriamoci la strada per capire come si può giungere alla fine, nel caso più generale. In pratica, vogliamo stabilire le condizioni di equilibrio in un corpo collassante. In Fig. 1 mostriamo un cilindretto di gas soggetto alla forza gravitazionale che lo spinge e alla pressione che la fronteggia. Queste due grandezze devono essere uguali e contrarie (un  po’ come la forza centripeta e quella centrifuga… tanto per anticipare le cose…).

Figura 1
Figura 1

Il cilindretto ha un certo volume dA dR e quindi una massa dm = dA dr ρ, dove ρ è la densità.

La forza di gravità a cui è soggetto il cilindretto è, quindi, data da:

Fg = g dm = g dA dR ρ

La pressione esercitata dal cilindretto (scriviamola proprio come una forza, dato che contrasta quella di gravità) è legata strettamente all’energia cinetica delle particelle e si ottiene facendo la differenza tra la pressione esercitata dalla parte interna del cilindretto e da quella esterna e poi moltiplicandola per l’area della base del cilindretto. Una specie di volume che si oppone all’essere schiacciato. Ossia:

Fp = dA dP

Per ottenere l’equilibrio, le due forze devono essere uguali e contrarie, ossia:

Fp = - Fg

E ancora:

dA dP = - g ρ dA dR

ossia:

dP/dR = - g ρ

Scrivendo g per esteso (in questo caso non può certo essere considerata costante…) si ha:

dP/dR = - GM ρ/R2

Dove M è, ovviamente, la massa della nube collassante all’interno del nostro cilindretto e R è il suo raggio.

Estendendo la relazione a tutta la sfera che avvolge la nube con un po’ di integrali ed esprimendo la pressione in termini di energia cinetica delle particelle (qualche derivata e poco più) si ottiene, finalmente, quanto anticipato:

K = -1/2 U             (K energia cinetica, U energia potenziale)

Poche parole in più per toccare con mano questo equilibrio così importante per le stelle. Se non si verificasse la relazione precedente, ossia se vincesse la forza di gravità, la nube continuerebbe a collassare, mentre se vincesse l’energia cinetica la stella esploderebbe (situazioni che ritroviamo alla fine della vita stellare…).  Se applicassimo la situazione al Sole e immaginassimo che fosse violato il teorema del viriale di solo l’1%, sia a favore della contrazione che dell’espansione, vedremmo variare visivamente il diametro del Sole del 10% all’ora!

Dato che non succede (per fortuna!) siamo sicuri che la nostra stella segue perfettamente l’equilibrio del viriale, sfruttando tutte le sue capacità di trasformare l’energia potenziale in energia cinetica che la tiene a bada (almeno per il tempo necessario all'inizio della fusione del nucleo). Questa energia cinetica prende anche un altro nome e viene chiamata energia termica. In altre parole, la temperatura cresce sempre di più proprio per mantenere l’agitazione necessaria (o viceversa, ma è la stessa cosa).

Devo ammettere che avrei potuto eseguire qualche passaggio in più per mostrare il legame tra “pressione” ed energia cinetica. Bastava considerare la quantità di moto delle particelle, introdurre il lavoro, fare qualche derivata seconda, niente di impossibile per noi. Poi, però, bisognava iniziare a integrare e mostrare che il valor medio di un certo integrale vale zero e le cose ci sarebbero scappate di mano. Accontentiamoci…

Lasciamo le stelle e deduciamo il teorema del viriale nel caso semplicissimo di un pianeta che rivolve attorno al Sole. Si può fare? Direi proprio di sì, dato che esiste una forza conservativa che causa il moto della particella e che il tutto avviene in uno spazio delimitato. Inoltre il moto del pianeta-particella rappresenta proprio la condizione di equilibrio tra la forza di gravità che tende a far cadere la particella verso il Sole e la forza centrifuga che nasce dal moto circolare del pianeta. Abbiamo, perciò, sia l’energia cinetica di rivoluzione (la forza centrifuga) che la forza centripeta gravitazionale. Possiamo applicare il viriale.

Sia m la massa del pianeta che rivolve attorno al Sole di massa M a una distanza R. L’energia potenziale di questo “sistema” è una quantità ben nota a tutti noi:

U = - GMm/R

La forza centripeta che determina questa energia è la forza di gravitazione universale:

Fg = - GmM/R2 (metto il segno meno considerando positivo il verso opposto alla direzione del  Sole)

Il pianeta è in equilibrio, nel suo sistema di riferimento, se questa forza eguaglia quella centrifuga. Essa è anche ben nota (ne abbiamo parlato a lungo) e dipende dalla velocità tangenziale di rivoluzione:

Fc = mv2/R

Uguagliando le forze si ha:

Fc = - Fg

ossia:

mv2/R = GmM/R2

e ancora:

mv2 = GmM/R    …. (1)

Ma sappiamo anche che l’energia cinetica del sistema è data da

K = ½ mv

e, quindi, sostituendo, si ha:

2K = - U

e infine:

2K + U = 0

Che è proprio il teorema del viriale!

Riprendiamo la (1)

mv2 = GmM/R   (teorema del viriale)

e moltiplichiamo entrambi i membri per R/m:

v2R = GM

La velocità tangenziale v è legata alla velocità angolare ω (angolo descritto nell’unità di tempo) da una semplicissima relazione che abbiamo già ricavato varie volte:

v = ω R

Sostituendo, si ottiene:

ω2R3 = GM    …. (2)

Questa relazione vale istante per istante, ma possiamo estenderla a tutta l’orbita. La velocità angolare è, allora, data all’angolo completo (2π) diviso per il tempo necessario a compiere l’orbita, ossia il periodo P. La (2) diventa:

2 a3/P2 = GM

Abbiamo sostituito R con il semiasse a, dato che abbiamo considerato l’orbita circolare (ma tutto funziona altrettanto bene con orbite ellittiche)

Tuttavia, la quantità 4π2/GM è una costante C. Da cui:

P2 = C a3

Essa si legge: “Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore dell’orbita

Abbiamo, in poche parole, dimostrato, in modo elementare, che la terza legge di Keplero non è altro che il teorema del viriale applicato al sistema in equilibrio formato da un pianeta soggetto all’attrazione gravitazionale del Sole.

Cerchiamo ora di applicarla a un problemino di dinamica abbastanza interessante. Abbiamo una superficie conica di semi-apertura θ (Fig. 2).

viriale
Figura 2

Vogliamo sapere la velocità che deve avere una pallina P per non cadere in fondo al cono e restare a un'altezza h.  La pallina  si muove con una certa velocità v in un campo gravitazionale omogeneo, ossia la forza di gravità rimane sempre la stessa dato che h è costante. Il movimento avviene in un sistema chiuso e delimitato. Possiamo, perciò, applicare il teorema del viriale al sistema pallina, cono, pianeta di massa M. L’energia cinetica del sistema è solo e soltanto quella relativa alla velocità v della pallina. L’energia potenziale corrispondente è sempre la stessa ed è quella dovuta alla gravità del pianeta di massa M.

Basta perciò scrivere il teorema del viriale:

2K = - U

Notiamo che dovremmo scrivere le medie delle energie, ma sia quella cinetica che quella potenziale sono costanti, istante per istante, e, quindi, possiamo evitare l’uso del valore medio.

Ricordando che l'energia potenziale di P vale mgh (m = massa della pallina), il viriale diventa proprio:

mv2 = mgh

che dona immediatamente il risultato finale cercato:

v = (gh)1/2

Lo stesso risultato può, ovviamente, essere trovato utilizzando le forze in gioco, con l’aiuto di un po’ di trigonometria.

La relazione ci dice subito che la velocità rimane costante al variare dell’angolo di apertura del cono, dato che dipende solo e soltanto dalla costante di gravitazione g e dall’altezza h, rispetto al suolo.

 

17 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Scusa Vincenzo, ma qualcosa evidentemente mi sfugge di quest'ultimo esempio. Mi aspetterei che la velocità necessaria per mantenere la palla in rotazione dipenda dal raggio della circonferenza che descrive, non dall'altezza (da terra?). Maggiore è il raggio e maggiore deve essere la velocità. Sto pensando al famoso muro della morte, cioè al cilindro percorso dal motociclista che sfida la gravità compensandola con la forza "centrifuga" e ovviamente l'attrito. So che a tale scopo deve sopportare oltre i 5 g. Mi è chiaro che all'interno del cono maggiore è l'altezza e maggiore è anche il raggio, ma tu concludi che la velocità non dipende dall'apertura del cono

  2. Questo è proprio quello che capita... se volessi mantenere la pallina in rotazione costante, in una posizione più alta del cono, dovrei aumentarla. Non per niente v è direttamente proporzionale alla radice di h. Quello che conta è solo l'altezza, dato che l'apertura del cono risulta ininfluente. In fondo, non è altro che un moto circolare uniforme che è disturbato dalla presenza di una massa e ciò che conta è la distanza dalla massa, sempre uguale. Attenzione a non pensare la massa come puntiforme  e localizzata nel vertice del cono...

  3. Alberto Salvagno

    Quindi se la pallina si trova a 1 m di altezza all'interno dell'imbuto deve girare a 3,13 m/s e se a due metri a 4, 43 m/s e così via, indipendentemente dal fatto che percorra una circonferenza maggiore o minore?
    E nel caso del povero motociclista sul muro della morte che è cilindrico?

  4. La formula è sempre la stessa... il caso del cono è più interessante, dato che salendo aumenta il raggio e, quindi, a parità di velocità angolare aumento la velocità tangenziale.

  5. Alberto Salvagno

    Ma allora è la velocità angolare (omega) che resta costante a parità di altezza, non la velocità tangenziale (v) che aumenta o diminuisce a seconda di quanto è "aperto" il cono (angolo theta). Ho capito bene? E quindi non posso esprimerla in m/s come ho fatto sopra.

    Poniamo che il cilindro della morte abbia un raggio di 5 m (così me lo ricordo io tanti anni fa al luna park), non credo che al motociclista bastino 4,43 m/s (16 km/h) per stare su a 2 metri d'altezza. A dire il vero la mia impressione sarebbe che la sua velocità per rimanere più su o più giù sul muro perfettamente  verticale non deve cambiare. Dovrà cambiare solo se il raggio del cilindro aumenta o diminuisce, sempre che riesca a sopportare i g conseguenti... fino alla morte.

    Scusami se continuo a ingarbugliarmi, ti ringrazio comunque e lasciami pure perdere

  6. ma, scusa Alberto... l'energia cinetica lavora sulla velocità tangenziale ed è quella che cambia al variare dell'altezza, come trovato nella formula...

  7. caro Alberto,

    ieri sera ero di fretta...

    Tu dici: Dovrà cambiare solo se il raggio del cilindro aumenta o diminuisce, sempre che riesca a sopportare i g conseguenti... fino alla morte. Ma vedi che diciamo la stessa cosa...

  8. alberto salvagno

    teorema viriale

  9. alberto salvagno

    Ecco Vincenzo, per cercare di capire meglio ho fatto questi esercizietti. Ti pregherei di controllare con calma se non ho commesso gravi strafalcioni, dopo di che, nei prossimi giorni, proverò a precisarti meglio il mio imbarazzo. Grazie della pazienza

  10. caro Alberto, mi sembra corretto quanto dici... Come vedi, attraverso le forze, a parità d'altezza la forza centrifuga dipende dall'apertura del cono (distanza dall'asse di rotazione). Deve variare in modo che la velocità tangenziale sia sempre la stessa.

  11. Caro Alberto,

    cerco di riassumere il tutto, facendo anche il caso del cilindro. Dobbiamo ricordare che abbiamo posto sempre g = costante. Ciò che capita, allora, è che la velocità nel cono cambia in funzione dell'altezza, dato che cambia il raggio del cerchio decritto dal nostro motociclista. Il caso del cilindro è un caso limite, in cui il raggio non cambia mai e quindi l'altezza diventa ininfluente: la moto gira sempre alla stessa velocità.

    Le cose sarebbero ben diverse se tenessimo in conto la variazione di g con l'altezza...

  12. alberto salvagno

    Ebbene, mi confesso. Quando ho visto il tuo ultimo esempio di questo articolo la mia mente è immediatamente corsa agli aerei. Siccome però da quando mi sono affacciato a questo circolo troppo spesso ho parlato di volo, avevo deciso di evitarlo per non fare la figura dello sb....

    Ma ora il confronto tra la tua pallina e il mio aereo è doveroso. Evidentemente ho sbagliato a identificarli. La tua pallina, a una data quota, per continuare a correre lungo quella circonferenza della superficie conica è obbligata ad avere una velocità tangenziale precisa ricavata da v=(mg)1/2. Il cono può essere stretto largo, ma la velocità deve essere quella.

    In aereo non è così: scelta una quota qualsiasi io posso fare la mia virata di 360° mantenendo il livello costante alla velocità che preferisco. Posso farla a 80 nodi o a 100, con il bank (angolo tra l'asse delle ali e l'orizzonte) preferito.

    L'unica cosa che combacia è che se il bank è di 60° e faccio la virata corretta - cioè mantenendo la stessa quota e lo sbandometro al centro (pallina che indica la direzione della gravità apparente) - sono sottoposto a un'accelerazione di ben 2 g, che ti assicuro si sente anche troppo bene. Se il bank è di 30° sono sottoposto a soli 1,15 g. Esattamente come negli esempi disegnati sopra.

    Ovviamente devo tener conto delle prestazioni dell'aereo, perché con 60° di inclinazione e il doppio di peso un piccolo Cessna, sebbene a tutto motore, si sta pericolosamente avvicinando allo stallo.

    Ecco, fine della confessione. Perché ci sia questa differenza tra la pallina e l'aereo non lo so, immagino si tratti del fatto che la pallina non ha né le ali, né il motore :-) Confido nella tua assoluzione e in qualche tua eventuale spiegazione.

    Ti confesso altresì che, turbato da questi miei dubbi, ho consultato pure un mio vecchio amico istruttore al quale ho sottoposto gli stessi disegni, ma modificati con misure aereonautiche. Prendo il coraggio di mostrarteli qui sotto. Comunque pure lui mi ha confermato, come detto, la libertà di velocità a parità di quota.

    Grazie!!!!

  13. alberto salvagno

    teorema viriale

  14. alberto salvagno

    Ferma tutto, adesso che ci penso, non è che il mio sbaglio sia quello di pensare che il cono debba necessariamente appoggiare con il vertice sul suolo? Cioè mentre faccio una virata coordinata a 3000 metri il vertice del cono potrebbe trovarsi a 2000 metri e quindi in base al teorema del viriale devo avere la velocità tangenziale corrispondente a 1000 metri...

  15. caro Alberto,

    sicuramente penso anch'io che un aereo non sia vincolato ad avere sempre lo stesso cono attorno a cui girare e potrebbe anche variarlo. Inoltre, non è che per caso accelera o decelera durante il volo? Non sono assolutamente esperto di volo, per cui qualsiasi soluzione potrebbe essere valida. Il caso proposto nell'articolo si riferisce a dati ben determinati e a velocità costante come modulo.

  16. alberto salvagno

    Tutto confermato e tutto ormai mi risulta chiaro!

    E' vero che il teorema del viriale vale ugualmente sia per la pallina che per l'aereo in virata, come a naso avevo intuito. L'errore che commettevo era quello di pensare che il cono capovolto dovesse avere sempre il vertice  appoggiato al suolo. Invece nei manuali di volo quando si parla di virate corrette non si fa mai riferimento alla quota, bensì alla velocità tangenziale, all'angolo di bank e quindi al raggio. Questo è un grafico di esempio:

    Bank

    A una velocità di 150 nodi (kt) e con un bank (inclinazione delle ali rispetto l'orizzonte) di 30° (vedi la curva più bassa) il raggio è un po' più di 0,5 miglia nautiche (NM). Se invece "scelgo" una velocità di 100 nodi sarà di circa 0,25 NM, insomma un quarto di miglio.

    Mi dispiace importi queste unità di misura obsolete che purtroppo si usano tuttora in aeronautica.

    Allora per la verifica cosa ho fatto? Ho capovolto il problema: in base alla velocità da me "scelta" (100 e 150 kt) ho trovato con il teorema del viriale - che tu mi hai insegnato - l'altezza del cono (h=v2/g) e quindi il raggio. Come vedi sotto, i conti tornano in modo molto convincente. E nulla cambia  se cambio quota, al limite il vertice del cono può trovarsi anche sotto terra, ma il volo diventa così sempre più pericoloso...

    viriale

    Ho volato quasi 50 anni come uno stupido calabrone che non conosce la fisica fin che non mi sono imbattuto nella tua incredibile capacità divulgativa e infinita pazienza! Grazie

    Come forse ti sarai accorto sto seguendo in ordine le tue lezioni come elencate nell'archivio, ci risentiremo a una delle prossime, qui non ti rompo più! :-)

  17. Grazie Alberto per le informazioni aggiuntive. Per il resto non devi preoccuparti! A me piacciono molto quelli, come te, che non hanno paura a metterci la faccia. Non tutti siamo esperti in tutti i campi... a ciascuno il suo: l'importante è avere voglia di conoscere. E tu lo dimostri molto bene. Quando vuoi... io sono sempre qui! :wink:

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