DALLE RADICI AL CIELO
Il presente articolo è stato inserito nella sezione d'archivio Pianeta Terra
La Terra è il pianeta più bello che abbiamo. Soprattutto è l’unico. Essa rappresenta sotto tutti gli aspetti un organismo vivente, in quanto è in continua evoluzione anche se i suoi tempi scala sono troppo lunghi per la limitata percezione dell’uomo. In ogni momento della sua esistenza, la Terra ha cercato di stabilire un equilibrio tra tutte le sue componenti e c’è sempre riuscita benissimo, sia nei periodi di estremo freddo che in quelli di caldo torrido. La completa armonia è la sua legge fondamentale.
La vita biologica, nata disperatamente nelle fasi più dure e difficili dell’infanzia del pianeta, quando mancava ossigeno e l’acqua piombava violentemente dal cielo portata dalle comete, è riuscita e evolversi seguendo i cicli che la Terra le imponeva, sia nei momenti di furia creativa che in quelli di pace apparente. Temperatura, pressione, umidità, ecc., hanno trascinato le specie viventi attraverso fenomeni “locali” sconvolgenti come i vulcani, le fratture della crosta, gli uragani, le inondazioni, le desertificazioni, le glaciazioni, ma anche attraverso catastrofi cosmiche di provenienza aliena (impatti con asteroidi e comete). Una continua lotta che ha però stabilito un rapporto strettissimo e indivisibile tra gli elementi geologici e quelli biologici.
L’uomo è apparso da ben poco tempo, un sospiro per la vita della Terra, ormai prossima ai cinque miliardi di anni. La capacità razionale che lo ha convinto di poter decidere il suo futuro e di poter gestire a piacimento le risorse del pianeta, quasi fosse un suo territorio di caccia e di raccolta, lo ha illuso di essere potente e invincibile. Ciò non è certamente vero. Qualsiasi cambiamento lui cerchi di imporre al suo pianeta, resta solo e soltanto un graffio insignificante per un corpo celeste di tale lunga esperienza e di tale immensa capacità. Solo ai suoi occhi e ai suoi sensi limitati può apparire una drastica alterazione.
Quando l’organismo complesso, che viene chiamato semplicemente Terra, giudicherà che il disturbo causatogli dall’uomo sarà diventato veramente fastidioso, farà in fretta a ristabilire i suoi equilibri e riportare l’armonia nel suo articolato e perfetto sistema. La Terra, come tutto l'Universo, non conosce la cattiveria e nemmeno la bontà. Sarà quindi severa quanto basta per ripristinare le sue funzioni essenziali, dando luogo a quei piccoli ritocchi in grado di ritrovare il giusto bilanciamento. E’ poco gli importerà se ciò sarà letale per la specie umana. La nostra presunzione e arroganza si dissolverà come neve al Sole.
Come detto, però, il tempo dell’essere umano è troppo breve per potersi confrontare con quello del suo pianeta. Purtroppo, questo è un concetto che la sua intelligenza non è ancora riuscita a comprendere. L’uomo misura ogni cosa con il suo metro, sia in senso positivo che negativo. Ha bisogno di nutrirsi, di sviluppare le sue tecnologie che tanto gli riempiono la bocca e la mente, di estrarre tutto ciò che è estraibile, di scavare, succhiare, trasformare l’energia che la Terra ha immagazzinato nei suoi miliardi di anni di vita e lo fa senza dubbi o tentennamenti. Contemporaneamente, però, sente latente il terrore che tutto ciò possa distruggere il suo pianeta, lo possa fare ammalare e addirittura morire. Che stupidità e che arroganza in entrambi i casi.
Tuttavia, se è vero che l’uomo nulla potrà contro gli equilibri perfetti e intoccabili della Terra, che velocemente ristabilirà la situazione a lei più gradita, oggi è comunque costretto a vivere in un mondo apparentemente e momentaneamente squilibrato e alterato, che non gli permette una vera simbiosi con la natura che lo circonda. La sua vita è breve ed egli dovrebbe con tutti mezzi concreti e mentali cercare di migliorare la propria esistenza e riavvicinarsi alle regole meravigliose di un anziano ma vivissimo pianeta. Non può sperare nei suoi cambiamenti che, quando avverranno, vedranno probabilmente esaurita la sua specie. L’uomo non può fare male alla Terra, ma può sicuramente fare molto per rendere la sua vita meno invivibile e distorta. Deve cogliere l’attimo fuggente e cercare adesso, subito, un po’ di pace e di equilibrio tra le braccia del suo pianeta.
Dato che tutti gli umani navigano sulla stessa fragile barca, è necessario che cerchino di imparare dalla natura e rimettano il loro viaggio terreno su una rotta compatibile con i loro infiniti vicini di casa, siano essi esseri viventi oppure no. Animali, piante, atmosfera, minerali, acqua, e così via, sono tutti fratelli e sorelle di un'unica inesauribile, ma rigida e severa madre. I cambiamenti che l’uomo si è auto-imposto sono sotto gli occhi di tutti e cercano soltanto di nascondere la realtà di una natura prodigiosa. Nelle pianure fertili sono sorte le megalopoli e le grandi città. Le acque non scorrono più libere, il cielo è grigio e occulta le meraviglie dell’Universo, il cemento ha preso il posto della roccia. I deserti e le distese ghiacciate conservano in parte la loro libertà, ma le condizioni sono troppo dure per la sopravvivenza dell’uomo e quindi la sua presenza è scarsa e faticosa. Le grandi foreste pluviali sono anch’esse luoghi duri e difficili, benché l’uomo cerchi di trasformarle in un ritorno economico immediato, distruggendo delicatissimi ecosistemi. Le coste marine sono invase da abitazioni che sembrano cercare un posto al sole sovrapponendosi le une alle altre. La Terra in cui viviamo è il regno del caos e della bellezza stravolta.
Rimangono i monti, dove le asperità del territorio riescono a controbilanciare la frenesia del progresso umano. Vita difficile, ma possibile e remunerativa se solo si sapessero alzare gli occhi dalle meschinità di tutti i giorni. Non è sempre vero, in realtà, se si guardano le stazioni sciistiche, in cui il cemento e le strutture di ferro cercano inutilmente di convivere con le rocce e gli alberi. Fortunatamente, questi luoghi sono pochi, punti impercettibili se confrontati alle vastità spesso sconosciute delle montagne.
L’alta quota preserva al meglio la natura e permette all’uomo di ammirarla e di conviverci secondo i dettami più semplici e razionali. Basta pensare allo sguardo dell’essere umano. Nelle città egli guarda solo per terra. Solo così può riuscire a seguire la frenesia che gli impone di correre sempre e ovunque. Oltretutto, il cielo stesso si nasconde dietro una coltre puzzolente e invalicabile, quasi volesse volutamente celarsi a una vista che non vede, a una mente che non pensa. In montagna no. Il passo del montanaro calpesta con rispetto la terra e guarda spesso verso di lei, perché è da essa che trae la sua stessa esistenza, perché i sentieri sono sempre rischiosi e nascondono mille insidie. Tuttavia, gli occhi e la mente si voltano altrettanto spesso verso il cielo, sia di notte che di giorno. Le condizioni del tempo sono troppo importanti per le azioni del futuro più prossimo, la cima del monte è la meta da seguire passo dopo passo, il Sole e le stelle sono ancora fondamentali per orientarsi, il volo di un aquila rimane troppo armonioso per non essere catturato.
La montagna è l’unico luogo in cui l’opera umana può realmente convivere con una natura essenziale, sincera, libera. Tutto acquista il suo giusto valore, tra gli animali, le piante e le rocce. Le stesse abitazioni fanno parte integrante del paesaggio, create con la stessa roccia che le circonda. Le travi di legno riposano a contatto con gli alberi che dondolano col vento. L’acqua scorre con impeto mostrando il motore fondamentale che dalle vette immacolate la riverserà nelle pianure ormai contaminate. La pioggia e la neve si arricchiscono di minerali e scorrono pure nei torrenti e nei fiumi o zampillano dalle sorgenti. Che meraviglia e che purezza!
Troppa purezza per attirare l’uomo moderno superbo e arrogante. Lui vuole crearsi sempre qualcosa di nuovo e non sopravvivere contemplando. Ed è così che una moltitudine di villaggi, inseriti come gioielli tra le fessure della roccia o nelle luminose schiarite dei boschi impenetrabili, sono stati abbandonati, lasciati come fossili viventi di una gioia che sta scomparendo, di una fatica che di notte ti fa alzare gli occhi al cielo e ringraziare il tuo vicino di casa sia esso cosa, pianta o animale. Le stelle, lassù, sembrano sorridere senza aver bisogno di alcun velo per nascondersi.
La montagna non è per tutti, oggi. E’ un premio per le menti pure e libere, che non temono le fatiche e le emozioni infantili. Guai a riportarla all’uomo trasformandola in blocchi di cemento, in serpenti d’asfalto, in rumori sguaiati. Essa ha il diritto di restare tale e quale, di poter fare scorrere il tempo in accordo con quello lentissimo del pianeta. Tuttavia, bisogna sperare che sempre nuovi menti razionali riescano a comprendere i suoi gioielli segreti. Senza urla commerciali o richieste di falsa elemosina. La montagna non merita compassione o aiuti stravolgenti. No, essa merita solo comprensione, ammirazione e libertà. Le urla di richiamo devono essere deboli e profonde come i suoi fruscii e i suoi cinguettii, ma anche imperiose come il tuono o la valanga.
L’uomo deve tornarci in punta di piedi, assaporando ogni pietra, ogni fiore, ogni goccia d’acqua, come un miracolo eterno e immutabile. Solo dopo che si sarà perfettamente inserito in questo contesto senza smanie e senza rancori, potrà volgere gli occhi al cielo, all’Universo e sentirsi parte di tale infinita meraviglia.
Tutte le immagini sono tratte dalla rubrica "Le magie dell'Universo" a cura di Giorgia Hofer
3 commenti
Non puoi sapere , carissimo Enzo, quanto mi fa piacere questo tuo articolo, questa tua complessiva riflessione.
Una riflessione che spesso l'Umanità non fa, presa delle frenesie quotidiane, inculcate (molte) o meno che siano; ci dimentichiamo sempre di essere un'inezia nei confronti della Natura, dell'Universo, siamo quasi uno scherzo e ci ergiamo fin quasi a credersi invincibili.
caro Mario... finché ci saranno persone con la tua sensibilità la speranza rimarrà...
Grazie Enzo delle tue parole, ma non sono assolutamente più di altri che condividono, e ci sono tranquillo, oggi mi sento ottimista.