Categorie: Racconti di Vin-Census
Tags: Universi paralleli Vince e Mau
Scritto da: Daniela
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I Racconti di Vince & Mau: C'E' UNIVERSO E UNIVERSO...!!
Se per i miracoli possiamo avere U' MIRACOLO oppure u' miracolo sulamente, per gli Universi non possiamo liquidare la faccenda in modo così sbrigativo... mentre fior di scienziati si stanno dando da fare per capire come stanno realmente le cose, sentiamo cosa ne pensano i nostri illustri esperti in materia!
Biforcazioni
(di Maurizio Bernardi)
Se lanciate una moneta, quando cadrà mostrerà una delle sue due facce, testa o croce, con uguali probabilità, almeno questa è la credenza.
La logica bivalente risale ai tempi di Aristotele e non ammette una terza possibilità.
Tuttavia, potrebbe anche capitare che, per un bizzarro capriccio del destino, la moneta non si adagi su nessuna delle due facce, ma se ne resti, eternamente indecisa, all'impiedi, di costa, senza rotolare, congelata in quella inammissibile posizione.
La terza possibilità, esclusa dalla logica aristotelica, si è verificata.
Il tempo sta pazientemente aspettando la caduta definitiva.
Potremmo anche dire che entrambi gli stati, testa e croce, coesistono, come se la caduta fosse avvenuta non già su di un lato, ma su ambedue, biforcando il destino universale: in un mondo è uscito testa, nell'altro, croce, e quel fotogramma che continuiamo a vedere, infinitamente rallentato, non conta nulla, non esiste.
Alle sette di mattina non era ancora successo nulla. Quando, un secondo dopo, la sveglia suonò, Azeglio sobbalzò nel letto, si rigirò sull'altro fianco, nella vana speranza di riuscire a riaddormentarsi e infine, rassegnato, si decise ad alzarsi per iniziare la sua lunga giornata.
Ma quella mattina la sveglia non suonò per nulla, dato che la molla della suoneria, logorata da migliaia di ricariche, si era irrimediabilmente spezzata.
Alle sette e un secondo, l'universo si era definitivamente diviso in due.
Azeglio 1 andò in bagno, espletò la consueta routine, poi si sistemò in cucina per fare la solita colazione con il solito caffellatte e pane raffermo, tagliato a cubetti di 2 cm di lato.
Azeglio 1 non tollerava che il lato fosse diverso da 2 cm.
Azeglio 2, invece, continuò pacificamente a dormire nell'universo limitrofo. Anche lui aveva la fissa dei cubetti di 2 cm, ma quella mattina, la colazione l'avrebbe fatta molto più tardi.
La giornata di Azeglio 1 scorse via come previsto, qualche acquisto al supermercato, un paio di bollette da pagare in posta (Azeglio non amava né l'home banking né le domiciliazioni bancarie e le bollette le pagava di persona, come pure ritirava la pensione o spediva le raccomandate, tutto in posta. Altro che Pec e mail...).
Anche Azeglio 2, nel suo universo fece più o meno le stesse cose, un po' più affrettatamente, per via del tempo più ristretto a disposizione, avendo dormito fino a tardi.
La vita nei due universi scorreva indipendentemente e parallela; c'erano solo alcune piccole differenze: ad esempio, un incontro occasionale di Azeglio 1 con un amico che passava per strada, veniva ovviamente mancato da Azeglio 2, che passava più tardi, e viceversa.,
Del resto, tutto l'universo era sdoppiato e, accumulando istante per istante piccole differenze, causate in origine da una piccola variante, le cose erano destinate a divergere profondamente.
Ma in quel primo giorno successe un fatto del tutto eccezionale. Di norma gli universi paralleli si separano nettamente e totalmente, senza alcuna sbavatura, senza lasciare nessun punto di contatto. Nella nostra storia, invece, per una bizzarria del caso, era rimasto in vita un piccolo peduncolo di comunicazione, un ponte tra i due mondi, destinato a scomparire, certo, ma non prima che Azeglio 2 lo varcasse, piombando nell'universo di Azeglio 1, all'insaputa di entrambi.
Così, verso il tramonto, quando Azeglio 2 rientrò a casa, nel tentativo di aprire la porta, scoprì che era chiusa dall'interno.
Qualcuno era penetrato nel suo appartamento e aveva lasciato le chiavi nella toppa. Ma chi poteva essere, e come si era procurato le chiavi?
Azeglio 2 ci pensò su un momento: chiamare la polizia? Aveva letto di un caso simile, in cui il proprietario era stato estromesso da casa sua ed era stato diffidato dagli agenti a tentare di riprenderne il possesso prima di una sentenza del tribunale.
No, niente polizia, si sarebbe arrangiato per conto suo, avrebbe costretto l'intruso ad andarsene.
Suonò con decisione il campanello.
“Chi è?” domandò una voce da dentro.
“Sono il proprietario, apra immediatamente!”
“Proprietario di cosa?”
“Di questo appartamento, non faccia lo spiritoso...”
“Guardi che deve avere sbagliato piano, o scala: questo appartamento è mio da più di vent'anni.”
“Vuole scherzare? Qui sul campanello c'è il mo nome...”
“Caro signore, può mettere tutti i nomi che vuole sul campanello, ma la casa è mia.”
“Ah, la mette così? Bene, bravo! Vedrà cose le succederà a fare il furbo con Azeglio Cannavò!”
La voce non rispose, si sentì la chiave girare nella serratura e la porta si aprì.
Azeglio 1 e Azeglio 2 si scrutarono con sospetto e sconcerto. Due gocce d'acqua non avrebbero potuto somigliarsi di più.
Azeglio 1 si sporse dall'uscio e lanciò un'occhiata circolare sul pianerottolo. Nessuno in vista.
“E' meglio se entriamo, che dici?”
“Lo penso anch'io.” rispose Azeglio 2, accogliendo il cenno di invito.
Si sedettero in soggiorno, continuando a scrutarsi vicendevolmente. Poi Azeglio 2 si alzò, prese due bicchieri e una bottiglia di brandy dalla vetrinetta dei liquori, e servì due generose razioni.
“Meglio berci sopra.” sentenziò.
“Già... ripensandoci deve essere successo tutto questa mattina, al mio, anzi, al nostro, risveglio.” disse Azeglio 1.
Dopo il secondo bicchiere, riprese: “Ora si tratta di capire come risolvere il problema. In questo universo c'è posto per un solo Azeglio, è chiaro che sono io, ma come facciamo per farti rientrare nel tuo universo, adesso?”
“Io non ci posso fare niente.” rispose Azeglio 2: l'osservatore sei tu. Insomma, è la tua percezione che mi trattiene qui. Magari, se ti convinci di non potermi vedere...”
“Credi che funzioni così?”
“Certo che se continui a rispondermi... non ne verremo mai fuori. Fai uno sforzo, no?”
Azeglio 1, questa volta, non diede segno di aver sentito nulla; se ne stette immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto.
L'altro si alzò dal divano, andò in cucina con in mano il bicchiere che aveva usato, lo lavò, lo asciugò con cura e lo ripose assieme agli altri.
Poi, silenziosamente, si avviò alla porta ed uscì chiudendosela alle spalle.
L'ultimo peduncolo che univa i due universi si staccò proprio in quel momento.
Universi paralleli
(di Vincenzo Zappalà)
Marco Lanfranchi era un ottimo speleologo e passava quasi tutti i fine settimana all’interno di antri profondi costellati di formazioni calcaree, di strettissimi cunicoli, di fiumi sotterranei e di inaspettate ed enormi caverne. Non andava mai oltre le sue possibilità e aveva sempre evitato inconvenienti seri o incidenti di percorso. La sua forza era quella di prepararsi molto bene per la nuova esplorazione e quindi di non farsi sorprendere da imprevisti. Era un uomo solo, triste e introverso. Non aveva amici e solo nella profondità della crosta terrestre si sentiva libero e gioioso. Dopo tante discese di preparazione aveva finalmente deciso di calarsi nel famoso “Abisso dell’Infinito”, praticamente inesplorato e che si diceva potesse arrivare a due chilometri di profondità o forse anche molto di più.
All’alba di quella limpida mattina d’autunno, s’infilò nello stretto cunicolo che l’avrebbe portato nelle profondità inviolate. Capì ben presto perché nessuno l’aveva ancora studiato fino al fondo. La discesa era continua e ripida, senza nessuna formazione geologica veramente interessante. Era tutto molto monotono e complicato, ma Marco non si perse di coraggio. Entrò in un imbuto profondissimo e dovette usare tutta la sua corda per arrivare al fondo. Se non avesse portato il doppio della lunghezza normale, sarebbe dovuto tornare indietro. Era sceso di almeno duemila metri, quando lo stretto cunicolo si allargò e divenne pianeggiante. Finalmente le pareti mostrarono meravigliose stalattiti e stalagmiti. Niente però rispetto a quanto vide nell’immensa caverna che raggiunse dopo un’ulteriore, profondissima, voragine. Sembrava che tutto brillasse di luce propria. Le pareti erano cosparse di cristalli fantastici di dimensioni eccezionali. Si poteva addirittura spegnere la torcia. Dovevano esserci minerali fosforescenti perché si riusciva a vedere per decine e decine di metri.
La caverna sembrava non finire mai e la sua bellezza sempre più sfavillante. Fu invaso da grande piacere e orgoglio: era sicuramente il primo a calpestare quel suolo nascosto. Dopo almeno tre giorni di meraviglie e di lenta ma continua risalita gli si parò davanti una specie di tenue nebbiolina che bloccava la vista, pur mantenendo una diffusa luminosità. Sembrava di muoversi fuori dallo spazio e dal tempo. Non si vedeva né il soffitto, né i fianchi e nemmeno il suolo di quel lungo passaggio. Marco ebbe solo un momento di esitazione, ma poi proseguì, aiutandosi con il suo bastone. Non poteva certo tornare indietro proprio adesso. Dopo ore e ore, o forse giorni, la nebbia cominciò a diradarsi. Poi scomparve del tutto e si trovò a scendere per uno stretto cunicolo. Quando terminò, l’immensa caverna che si mostrò aveva dell’incredibile: formazioni stranissime, intervallate da una serie continua di pozzi che sembravano portare verso la superficie.
Pur essendo quasi in “trance”, lo speleologo si ricordò di lasciare un segno ben visibile nel terreno e s’inerpicò sull’imbuto più vicino. Dopo una dura salita vide finalmente la luce del cielo e uscì allo scoperto. Dove era mai uscito? Le colline intorno a lui sembravano diverse da quelle da cui era entrato. Non tanto per il paesaggio, ma soprattutto per lo stile delle case e dei campanili lontani. Gli ricordavano il suo viaggio nel nord dell’Europa, soprattutto in Germania.
Vide un vecchio seduto davanti a una stalla e chiese informazioni sul luogo. Questi gli rispose in una lingua di chiara origine tedesca. Non capendo nemmeno una parola, si diresse verso il paese poche centinaia di metri più in basso. Tutte le scritte erano anch’esse in tedesco e la gente parlava un unico dialetto. Entrò nello spaccio e lesse le prime pagine dei giornali, nessuna delle quali in italiano. Fu preso da sgomento: si capiva benissimo che era molto vicino al luogo di partenza, ma la sua “Italia” non era più la stessa. Il presidente aveva un nome di chiara origine nordica e quel poco che riuscì a comprendere era che stava vivendo in una “regione” germanica.
Non ci volle molto a capire che anche la Francia e l’Inghilterra facevano parte di un’unica estesa nazione che copriva tutta l’Europa e parte dell’Asia. Ebbe un’intuizione assurda, che non riuscì più a togliersi dalla testa e che anzi gli venne confermata girovagando tra i pochi negozi del borgo: la Germania aveva vinto la Seconda Guerra Mondiale! Doveva essere uscito in un mondo o addirittura in un Universo “parallelo”. Incredibile e impossibile, ma purtroppo vero! Tornò di corsa verso il cunicolo sperando che quella specie d’incubo potesse cancellarsi al più presto.
Raggiunse la caverna, ma capì di aver commesso per la prima volta un errore imperdonabile. Non aveva segnato il passaggio da cui aveva raggiunto inizialmente l’immensa grotta, ma solo l’entrata dell’ultimo imbuto. Pensava fosse semplice tornare indietro e invece si rese conto che la caverna sembrava uguale in ogni direzione. S’infilò in un altro cunicolo in preda alla disperazione. Uscì nello stesso luogo di prima, ma questa volta gli sembrava di vivere in un moderno medioevo. C’erano cavalli dappertutto e lontano un grande castello in pietra. Gli alberi e le piantagioni erano diversi, sembrava mancasse qualcosa. Poi comprese: non c’erano pomodori, né melanzane, né mais… Intuì che in quest’Universo non era ancora stata scoperta l’America.
Tornò subito indietro in preda a un terrore sempre più violento. Cambiò cunicolo e questa volta uscì in un mondo dove non esisteva metallo e tutto era costruito in legno. Poi ne trovò uno che sembrava estratto da un romanzo di fantascienza. Le persone volavano e le abitazioni erano sospese per aria. Dopo molti altri tentativi falliti, finalmente uscì nel “suo” mondo. O almeno così sembrava. Per un po’ tutto andò bene, ma poi si accorse che i cani parlavano tra loro. Indietreggiò in preda al panico e si nascose a riflettere nella caverna.
Ogni volta trovava un mondo simile nell’aspetto, ma che differiva sempre in qualcosa. A volte la differenza era minima, a volte più macroscopica. Tuttavia, comprese che anche la più piccola differenza portava comunque a risultati diversi e divergenti. Le speranze di tornare al suo Universo originario cominciarono ad affievolirsi e Marco dovette prendere atto della situazione. Non poteva continuare a visitare centinaia e centinaia di cunicoli. Probabilmente avrebbe impiegato anni e anni a trovare il vecchio mondo in cui era vissuto. Molto più facilmente l’aveva ormai completamente perso o forse non esisteva nemmeno più. Benché non avesse una grande preparazione in astrofisica o in statistica, comprese che le possibili differenze e quindi i possibili Universi erano praticamente illimitati. Quelli che sembravano centinaia di cunicoli erano probabilmente ramificati in miliardi e miliardi di possibili uscite secondarie.
Decise la sua strategia: ne avrebbe esplorato ancora una decina, segnandoli accuratamente e poi avrebbe scelto il migliore o, più correttamente, il meno peggio. Quella notte dormì finalmente con una certa tranquillità, contento di aver preso una decisione razionale e la mattina iniziò la ricerca. In fondo viveva un’esistenza così anonima nel “vecchio” mondo che non aveva poi molto da perdere in quell’assurda situazione che gli si era presentata. Dopo tre fallimenti (uno era dominato dai dinosauri, un altro era ancora semi distrutto da una guerra nucleare globale, il terzo era desertificato e senza alberi) uscì in una vera meraviglia ecologica.
Splendidi fiori dappertutto, animali selvaggi, alberi folti e immensi, laghi e ruscelli limpidissimi. Le persone erano quasi luminose nella loro bellezza e nello spirito gioioso. Vide splendide ragazze che lo salutavano con vistosi cenni di amicizia e che erano anche ben poco vestite… Aveva fame e si cibò di quello che la natura offriva. Che mondo fantastico! Gli ci volle parecchio, ma non se ne preoccupò molto, per comprendere qual era la differenza fondamentale che aveva dato origine a quello splendore: in quel paradiso terrestre non vi erano assolutamente alberi di mele!
Tutti i racconti di Vince & Mau sono disponibili nella rubrica ad essi dedicata
4 commenti
Scommetto che la caverna del secondo racconto somiglia a questa:
Quando la natura supera ogni nostra fantasia...
PS: nessuno dei tizi in foto si chiama Hugh Everett III ;)
Concordo, Hotrats! Non c'è traccia di mele in quel paradiso terrestre...
P.S. Sai dove si trova quella meraviglia???
Potrebbe essere questa ... in Messico
http://www.nationalgeographic.it/natura/paesaggi/2010/10/12/foto/i_segreti_della_grotta_dei_cristalli-121143/1/
FANTASTICOOOOOOO !!!!!