Il tesoro nascosto di Giove *
Quale occasione migliore dell'assenza del Capo Blog per spulciare nell'archivio alla ricerca di qualche bel vecchio articolo da riproporre in modo da fare sentire il meno possibile la sua mancanza? Se, poi, gli articoli spulciati fanno venire l'ispirazione per aprire una nuova pagina nell'infinito archivio dell'infinito Teatro, meglio ancora... il nostro Oreste direbbe che si sono presi due cinghiali con un marrone!
GIOVE: UNA "PERLA" ANCORA MISTERIOSA
(16/12/2013)
Parliamo un po’ di Giove, il papà dei pianeti del Sistema Solare. Lo faremo in modo un po’ diverso dal solito, dando particolare rilievo alla sua parte interna, quella più misteriosa e affascinante. Per sapere dimensioni, massa e cento altri parametri basta andare in uno qualsiasi dei tantissimi siti “professionali” che si trovano sul web.
Aver chiamato Giove una “perla” non si riferisce solo alla sua bellezza esteriore. Quest’ultima, in fondo, si basa solo su un vestito colorato, dominato da tracce di vari composti chimici, da fortissimi venti e da cicloni e anticicloni violentissimi. Una meraviglia certamente, ma ben lontana da ciò che nasconde il suo interno.
L’atmosfera di Giove è ben piccola rispetto all’intero pianeta. Anzi, non si sa nemmeno dove termina e dove inizia. Se ne leggono di tutti i colori nei vari libri e articoli. Il fatto è che non è possibile definire un inizio di qualcosa che non può avere un inizio. Sulla Terra è facile: l’atmosfera comincia dove termina la parte solida del pianeta. Su Giove questo discorso non ha senso. Per trovare una parte solida su Giove bisogna scendere a profondità enormi e forse non si troverebbe nemmeno. Proprio a questa incertezza si riferisce la “perla” del titolo.
L’inizio dell’atmosfera, quindi, viene scelta, simbolicamente, a partire da un certo valore della pressione. In particolare si usa normalmente un valore di circa 10 bar, dieci volte quella della Terra al livello del mare. Le strutture nuvolose che caratterizzano la visione di Giove sono comprese tra questo valore e 1 bar. Ma non perdiamoci troppo dietro questa parte che è quella meglio conosciuta e che è descritta un po’ ovunque con dovizia di particolari. Ricordiamo solo che le nubi sono soggette a fortissimi venti che raggiungono parecchie centinaia di chilometri all’ora. Essi sono dovuti alle differenza di temperatura e di altezza dei vari strati coinvolti. Vediamo così bande e zone che sembrano perfettamente scandire le latitudini del pianeta.
Particolarmente evidente è un anticiclone immenso che viene chiamato Grande Macchia Rossa. Un anticiclone (una specie di vortice più grande dell’intera Terra) probabilmente perenne, dato che non ha un suolo sotto di lui e che quindi può mantenersi intatto per tempi lunghissimi. Inoltre, esso ha un momento angolare impressionante e non è facile fermare qualcosa di questo genere. Provate a fermare un portone pesantissimo che è stato faticosamente messo in rotazione. Se è stato difficile farlo muovere è forse ancora più difficile fermarlo!
I colori dipendono da piccole tracce di vari composti chimici contenenti zolfo, ammoniaca e molto altro. Fondamentalmente, però, essa è formata da idrogeno (75%) ed elio (20%), ricordando quasi perfettamente la miscela della nebulosa protoplanetaria originaria. La Fig. 1 dà un’idea dell’atmosfera gioviana, utilizzando il solito diagramma pressione-temperatura. L’atmosfera così definita rappresenta uno straterello insignificante dell’intero pianeta e a noi interessa molto di più cercare di capire cosa c’è dentro la “perla” e se è davvero tale.
Una perla si forma nell’ostrica quando una qualche corpo estraneo entra dentro la conchiglia. L’animale si difende e ricopre l’intruso con vari strati di madreperla, evitando qualsiasi problema. Le perle coltivate si ottengono, ovviamente, inserendo, artificialmente, una qualche impurità dentro la povera ostrica che senza sapere il colpevole inizia la sua opera difensiva molto apprezzata dalla razza umana. Su Giove non è stato possibile inserire niente artificialmente e quindi se perla è, deve essere perla naturale e preziosissima.
Il problema è un altro: vi è o non vi è un corpuscolo centrale che ha dato il via all’intera struttura del pianeta? In altre parole, Giove ha una perla oppure no? Finiamola con gli scherzi e parliamo più seriamente. L’intruso al centro di Giove è un eventuale nucleo roccioso. Sicuramente esso è molto piccolo, da 15 a 50 volte la massa terrestre. Sembrerebbe immenso e invece rappresenta solo una piccola percentuale dell’intero pianeta (dal 3 al 15%): proprio un piccolo intruso.
Non è certo facile poter dire se esiste oppure no. Attraversare il pianeta è impossibile per qualsiasi manufatto umano (pressione e temperatura sono “abbastanza” elevate...), per cui è necessario capire le cose a distanza, attraverso effetti secondari. Ci vengono in aiuto la rapida rotazione di Giove (poco meno di 10 ore) e il suo elevato schiacciamento polare (il raggio equatoriale è di circa 71 000 km contro i 67 000 polari). Dato che Giove è una struttura essenzialmente fluida, è relativamente facile stabilire la forma di equilibrio dovuta alla rotazione, in funzione di cosa vi è al suo interno.
Una figura, come la Fig. 2, vale cento parole. A parità di rotazione e di massa, un corpo che ha un nucleo roccioso più grande si deforma meno di uno che ha un nucleo più piccolo. Ciò che si osserva su Giove indica che il nucleo deve essere molto piccolo. Forse anche inesistente, ma questa decisione finale va oltre gli errori di misura e quindi sono necessari studi più approfonditi che non mancheranno di certo grazie alle osservazioni della sonda Juno.
Questo ipotetico nucleo roccioso sarebbe molto simile ai satelliti stessi di Giove: una mistura di ghiacci, silicati e carbonati, i mattoni tipici della zona in cui si sono costruiti. Che sia una perla oppure no è, in ogni caso, piuttosto importante perché darebbe una risposta al tipo di costruzione planetaria usata per i giganti: un nucleo roccioso che cattura gas, oppure un’instabilità locale direttamente agente sul gas.
Ben più interessante è, però, ciò che si trova in tutto il resto del pianeta. In realtà chi la fa da padrone è l’idrogeno (tanto per cambiare) e l’elio, con percentuali simili a quelle dell’atmosfera esterna. Tuttavia, l’idrogeno viene solitamente immaginato come gas e le stelle aiutano ad avvalorare questa visione. Un pianeta come Giove (e probabilmente anche suo fratello minore Saturno) ha valori di temperatura e pressione tali da fare assumere all’idrogeno una strano stato della materia, simile in qualche modo al mercurio. L’idrogeno diventa liquido, ma la struttura molecolare assomiglia a quella tipica dei metalli. In parole molto semplici, i protoni si stringono tra loro e lasciano liberi gli elettroni che formano una specie di nuvola attorno a loro. In queste condizioni l’idrogeno diventa un perfetto conduttore di elettricità, proprio come i metalli. Siamo di fronte all’idrogeno liquido metallico, il vero dominatore dell’interno di Giove. Oggi si pensa che si estenda per almeno il 70% del raggio planetario. Esso, in rapida rotazione, dà origine all’intenso campo magnetico del gigante (il quale, a sua volta, genera delle magnifiche aurore polari!).
Diminuendo pressione e temperatura l’idrogeno metallico si trasforma in idrogeno liquido, uno stato della materia che conosciamo molto meglio e che può essere prodotto facilmente nelle industrie terrestri. Ovviamente, non vi è un confine vero e proprio tra le due forme dell’elemento più leggero e abbondante del Cosmo e dobbiamo aspettarci una fase di transizione anche piuttosto grande.
Analogamente non vi è un confine netto tra l’idrogeno liquido e quello gassoso superficiale. Per aver un’idea più chiara di questo strano comportamento dell’idrogeno, vediamo i suoi cambiamenti di fase in un diagramma pressione-temperatura (come viene fatto per l’acqua) nella Fig. 3. Essa è molto interessante, anche se l’ho disegnata in modo abbastanza qualitativo. Già si nota subito il limite tra stelle e pianeti. Esso è dato dalla linea delle nane brune. La linea non è certo così netta, ma identifica bene il passaggio da idrogeno liquido a idrogeno gassoso anche per alti valori di temperatura e pressione (è molto più facile ottenerlo sulla superficie della Terra, ma andremmo molto fuori dalla figura, ricordando che la pressione terrestre è di soli 0.000001 milioni di bar, ossia un bar).
Si vede bene come sia Giove che Saturno possono tranquillamente raggiungere le condizioni dell’idrogeno metallico, mentre Urano e Nettuno dovrebbero accontentarsi solo di quello liquido. Un ultimo appunto sulla figura che ci riporta alla “nostra” matematica. Notate che strane scale ho usato per le ascisse e le ordinate. Esse sono scale logaritmiche, perfette per poter disegnare in poco spazio valori estremamente diversi tra loro. La Fig. 4 mostra la struttura interna di Giove.
Giove e Saturno hanno un’altra caratteristica molto importante: essi non sono stelle, e nemmeno stelle “mancate” di poco, ma irraggiano più calore di quanto ne ricevono. Giove è ancora in fase di raffreddamento dopo il riscaldamento dovuto alla sua contrazione gravitazionale e quindi la produzione eccessiva di calore è facilmente giustificabile. Saturno, invece, è più piccolo e dovrebbe essersi ormai raffreddato. Invece il Signore degli anelli emana ancora calore: forse a causa della pioggia di elio (un fenomeno estremamente interessante che può servire a produrre calore in quantità maggiore da quella ricevuta dal Sole), forse perché il calore viene trasportato lentamente e parzialmente dalla diffusione attraverso strati diversi di gas che avvolgono l’interno del pianeta.
Negli strati in cui vi è idrogeno liquido, l’elio può condensarsi e cadere verso le parti più interne sotto forma di vere e proprie goccioline. Oltretutto, trascina con sé anche il neon e questo ne spiega la mancanza negli strati superiori. L’interazione con l’idrogeno liquido metallico sottostante è in grado di produrre energia e quindi calore. Anche Giove ha probabilmente questo “acquazzone” (o “eliozzone”?) continuo, ma meno violento, date le temperature più alte.
Io mi fermerei qui. E’ inutile darvi numeri, distanze, e cento e altri parametri: li trovate un po’ ovunque. Posso solo aggiungere che Giove non galleggerebbe sull’acqua (come invece farebbe Saturno): la sua densità é 1.3 volte superiore.
Su Giove si sono scritti libri interi e ricordo ancora benissimo il grande congresso tenutosi a Tucson (Arizona) nel 1975 (eravamo solo due italiani presenti), dopo la prima missione ravvicinata del Pioneer 10, e il compianto Carl Sagan quando presentò, con grande emozione, la sua targa. Sembra ieri, ma quante cose sono cambiate da quelle relazioni veramente "primitive". Pensate che si stava solo allora capendo cosa fosse veramente la macchia rossa... altri tempi!
UN'ALTRA COSA "OSCURA", MA QUESTA VOLTA HA UN SENSO FISICO...
(25/6/2016)
Materia oscura, energia oscura, radiazione oscura… Tutto ciò che non si riesce a spiegare o a osservare ha ormai preso il nome di “oscuro”: fa fine, non impegna ed è molto di moda. Non sobbalzate sulle sedia, quindi, se fa l’ingresso anche l’idrogeno oscuro. Questa volta è stato confermato da esperimenti di laboratorio e ha tutte le possibilità di esistere nelle atmosfere dei giganti planetari.
Pianeti come Giove sono composti essenzialmente di idrogeno (oltre a un po' di elio), il più semplice e il più abbondante degli elementi chimici, formatosi subito dopo il Big Bang (come abbiamo raccontato QUI). Il cibo e il componente stesso delle stelle, che i pianeti più grandi sono riusciti a trattenere attorno a sé.
Tuttavia, a mano a mano che si scende nelle profondità di un pianeta gigante, la pressione e la temperatura crescono a dismisura, mettendo anche in crisi la struttura più semplice dell’Universo: l’atomo di idrogeno, dove un solo elettrone si muove disperatamente e in modo quantistico attorno a un singolo protone.
Senza entrare in particolari troppo tecnici, possiamo immaginare che l’idrogeno, schiacciato com'è dalla pressione e agitato da un temperatura altissima (10 000 K), assuma una struttura complessiva del tutto particolare. In qualche modo gli elettroni si mettono a disposizione di tutti gli atomi e l’idrogeno acquista le caratteristiche di un metallo, anche se mantiene lo stato liquido. Un pianeta come Giove deve contenere al suo interno un enorme oceano di idrogeno liquido metallico, capace di comportarsi come un buon conduttore.
Il passaggio da idrogeno molecolare a idrogeno liquido metallico non può essere repentino e si è sempre pensato a una qualche fase intermedia. Ebbene, queste condizioni sono state riprodotte in laboratorio facendo variare la pressione da 10 000 a 1.5 milioni di volte quella terrestre al suolo e si sono raggiunte temperature dell’ordine di oltre 5000 °C. Con grande soddisfazione si è vista una fase intermedia, del tutto inaspettata. L’idrogeno non riflette e nemmeno trasmette la luce visibile (quindi, è oscuro), ma è capace di lasciare passare la radiazione infrarossa, ossia il calore.
Le conseguenze sono molto interessanti e spiegherebbero il fatto che Saturno, ad esempio, riesce a liberare più calore di quanto teorizzato e, inoltre, permetterebbero una debole corrente elettrica, dato che l'idrogeno avrebbe una struttura “quasi” metallica. Ne segue un ruolo non trascurabile di questo strato intermedio nella creazione e nel mantenimento del campo magnetico, con modalità tutte da studiare.
Una volta tanto, l’aggettivo “oscuro” si riferisce a qualcosa che non si può “vedere”, ma che può esistere realmente.
Articolo originale QUI
Questo articolo è stato inserito nella pagina d'archivio GIOVE E I SUOI TESORI, in SISTEMA SOLARE.