Categorie: Fisica classica
Tags: forza centrifuga forza peso rottura tensione
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:4
Soluzione della corda che si rompe **
Hanno risposto solo in due (ah... le ferie!), ma entrambi sono arrivati alla giusta soluzione. Di seguito trovate il mio procedimento (che è poi del tutto simile) ...
Possiamo dire subito che la massima tensione esercitata dalla pallina si ha nella posizione verticale dove agiscono sia la forza peso che la forza centrifuga dovuta alla rotazione di m attorno al punto O.
Essa è quindi data dalla somma delle due forze:
T = mvI2/d + gm .... (1) (dove v è la velocità della pallina nel punto inferiore).
L'energia posseduta dalla pallina quando era in posizione verticale era solo potenziale (era ferma) e viene calcolata rispetto al punto inferiore, ossia:
EP = mgd
Nel punto inferiore, l'energia potenziale si annulla (siamo nel punto più basso da cui viene misurata) e l'energia è solo cinetica:
EC = 1/2 m vI2
La conservazione dell'energia impone che :
EP = EC
mgd = 1/2 m vI2
vI2 = 2gd
Sostituendo nella (1), si ottiene:
T = 2mgd/d + gm
T = 3gm
Ne segue che la minima tensione per far sì che la corda non si rompa deve essere tre volte il peso della pallina.
4 commenti
Non voglio creare confusione, se così fosse prego Vincenzo di eliminare il mio post. Condivido il risultato ma voglio soffermarmi sulla questione della resistenza della corda.
Mi preme dare un avviso ai fisici sperimentali che volessero provare l'esperimento in casa mettendosi sotto la palla: se prendete una corda lunga che sia certificata per reggere 3mg, la corda si rompe. Prendetela corta, oppure non mettete nulla sotto. E non è questione di carico, ma di resistenza.
Questa è un'evidenza che aveva già mostrato Leonardo da Vinci: prendiamo una corda lunga, leghiamo un bue e la corda si spezza (un bue perché non dà strappi, se avesse preso un toro, addio Leonardo). Poi prendiamo uno spezzone dei due rimasti ed attacchiamoci il solito bue: se la corda non si rompe, attacchiamo due buoi e lo spezzone si rompe. E ripetiamo l'esperimento.
Questo fece dire a Leonardo che più è corta una corda e maggiore è la sua resistenza. Ogni pescatore ve lo confermerà ancora oggi. Ma la fisica della rottura delle corde dice che il carico di rottura non dipende dalla sua lunghezza, ma dalla sezione (oltre che dalla sua geometria di conformazione e ovviamente dal materiale). Cosa succede? E' presto detto: durante la realizzazione di ogni corda si creano delle disomogeneità locali, degli errori di fabbricazione, tanto che più è lunga e più probabili sono. Pertanto una corda lunga si rompe per un carico inferiore rispetto ad una corta (lo potete sperimentare facilmente con un filo in cotone per il cucito, tirandolo a mano).
Le leggi europee in materia di sicurezza tengono conto di queste disomogeneità imponendo i cosiddetti coefficienti di utilizzazione: se devo sollevare una massa M, dovrò prendere una corda con un carico di rottura certificato dal fabbricante (devono fare delle prove di laboratorio su spezzoni standard e macchine standard) pari a kgM, dove k è 4 per le catene, 5 per le funi in acciaio, e addirittura 7 per quelle tessili. Ma se devo fare pendolare la mia massa M come nel quiz, il carico di rottura certificato perché nessuno finisca in galera dovrà essere 3gM*k (e quindi per il filo di cotone 21gM): che spechi ci impongono le leggi! ma soprattutto, che "spreconi" siamo noi a non fabbricare le cose per bene!
Ciao
Grazie Francesco!
Ottime considerazioni che sono proprio utili, anche perché mi sto preparando a scrivere qualcosa sul caos deterministico. In qualche modo, si arriva alla stessa conclusione: in fisica non è mai possibile trovarsi nelle condizioni teoriche e qualsiasi processo è influenzato da quel poco che basta a rendere del tutto imprevedibile il risultato su tempi più o meno lunghi... E poi vogliamo scrivere delle equazioni che predicano il clima futuro... poveri illusi!
Ma se la caduta fosse perfettamente verticale, la tensione sarebbe solo mg?
Se tu volessi far fermare la massa senza rompere il filo, sempre nell'ipotesi di filo inestensibile infinitamente rigido, dovresti eguagliare la variazione di quantità di moto tra prima dell'arresto (mv con v calcolato tramite la conservazione dell'energia) e all'arresto (pari a 0 perché massa ferma), con l'impulso dato dalla forza*l'intervallo di tempo in cui avviene l'arresto stesso. Ma se delta T è nullo (o piccolissimo), la forza sul filo diventa infinita.
In questi casi non si calcola la tensione nel filo, ma l'energia che il tuo filo deve essere in grado di assorbire senza rompersi. Inoltre, nella realtà, il filo è elastico, ed il tempo di arresto si allunga notevolmente, cosicché la tensione massima nel filo diminuisce (pensa ai matti del base-jumping)