Categorie: Matematica Sistemi extrasolari
Tags: astrofisica aliena classi stellari diametro angolare evoluzione stellare formazione planetaria metallicità paradosso di Yule-Simpson pianeti giganti gassosi statistica statistica scolastica variabili nascoste
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Attenti alla statistica! **
Un recente lavoro che cerca di confrontare la metallicità di varie stelle con quella dei suoi pianeti giganti gassosi ci dà lo spunto per giocare un poco con il paradosso di Simpson e stare sempre molto attenti a relazioni che legano varie grandezze, senza rendersi conto che potrebbero esistere variabili nascoste non adeguatamente prese in considerazione.
La statistica è una gran bella cosa, ma bisogna stare molto attenti a cosa si sta analizzando ed essere sicuri che non esistano al suo interno variabili nascoste, capaci di alterarne il risultato, anche completamente. Non dico sicuramente che vi sia un approccio fraudolento o dovuto a scarsa serietà. Il più delle volte certe variabili si nascondono molto bene o, addirittura, non sono conosciute per niente (pensiamo solo al clima e a ciò che può influenzarlo). Ciò che voglio dire e che certi andamenti dovuti a un numero limitato di oggetti o a notevole dispersione devono sempre essere guardati e accettati con grande precauzione.
Faccio un esempio molto terra-terra: una statistica molto accurata ha mostrato che esiste una dipendenza molto stretta tra i negozi di ombrelli e i cinematografi. Quando ci sono più spettatori, sale decisamente anche il numero di vendite di ombrelli. Una strana relazione che si spiega benissimo introducendo una variabile nascosta: la pioggia. La vera relazione è che quando piove ci si rifugia più facilmente in un cinema (e magari si comprano anche più ombrelli...).
Nell'articolo a cui accennavo, si nota con grande sorpresa che tra la metallicità delle stelle e quella dei loro pianeti gassosi giganti non vi è la relazione aspettata. Sembrerebbe quasi che i pianeti non siano figli delle loro mamme. Un bel problema per le teorie di formazione planetaria. Si presentano, perciò, altre possibili correlazioni tra diversi elementi e su sottoinsiemi. Probabilmente, sono tentativi del tutto plausibili e più che decisivi per risolvere il mistero, tuttavia... stiamo molto attenti a un certo tipo di relazione molto aleatoria che potrebbe essere accettata per vera troppo velocemente. Non me ne vogliano gli autori dell'articolo... ho solo preso un qualsiasi esempio in cui si vedono relazioni molto approssimative e confortate da dati molto scarsi.
Introduciamo allora un famoso paradosso e applichiamolo alle nostre amiche stelle, sempre molto scherzose... Un'applicazione del tutto fantasiosa, ma che potrebbe anche nascere da una certa visione dell'astrofisica stellare da parte di una razza aliena.
La prima idea la ebbe già nel 1903 George Yule, ma il paradosso venne studiato in dettaglio da Edward Simpson, nel 1951 (viene, infatti, anche chiamato di Yule-Simpson). Possiamo descriverlo in modo molto sintetico come segue:
Analizzando due insiemi di dati si verifica che essi, considerati separatamente, sono a sostegno di una ipotesi, mentre risultano essere a favore della conclusione opposta quando sono considerati insieme.
Si potrebbero fare molti esempi, in moltissimi campi quali la medicina, l'economia, la società in genere, ecc., ma noi preferiamo cercare di applicarlo anche all'astrofisica in modo che ci aiuti a non prendere sempre tutto come oro colato: anche le osservazioni possono ingannare.
Facciamo prima un esempio "scolastico" abbastanza indicativo per capire di cosa si stia parlando (sembra che si riferisca ad un caso realmente accaduto...). In una scuola di orientamento scientifico si decide di confermare con i dati una tendenza che dovrebbe apparire ovvia: più si studia e migliori risultati si ottengono. Ogni insegnante riporta accuratamente i dati durante l'anno scolastico e poi, in una riunione corale, essi vengono riuniti tutti assieme in un grafico che riporta i risultati raggiunti dai vari studenti in funzione del numero di ore dedicate allo studio. Con raccapriccio e sgomento di tutti, ciò che viene fuori è esattamente il contrario: il grafico ha un andamento estremamente chiaro, pur nella prevedibile dispersione dei dati, mostrando che più ore si studia e più i voti si abbassano, come mostrato in Fig. 1.
Solo l'arrivo di un esperto di statistica chiarisce la faccenda, indicando anche il tipo di materia a cui ogni singolo dato si riferisce. Materia per materia l'andamento è quello aspettato, ma variabili nascoste, come il numero di ore effettuato e la difficoltà della materia, riescono a stravolgere il risultato finale (Fig. 2).
In modo molto più fantasioso applichiamo il paradosso all'astrofisica stellare, come viene concepita da una razza aliena (tanto per cambiare...). Gli alieni sono piuttosto indietro nelle conoscenze del Cielo. Innanzitutto -udite! udite!- credono che le stelle stiano tutte su una superficie sferica fissa. Beh... non è moltissimo che noi abbiamo superato questa stramba idea, mettendo anche al rogo chi tentava di contrastarla. Tuttavia, i nostri amici spaziali hanno un vantaggio enorme rispetto a noi. Non chiedetemi se è una questione di occhi o di strumentazioni (sono sempre alieni, in fondo!), il fatto è che riescono a misurare il diametro angolare delle stelle che osservano. Hanno anch'essi un limite inferiore, ma decisamente ben più accurato di quanto riescano a fare i nostri telescopi. Non hanno, però, alcuna conoscenza di temperatura e colore (sembra che vedano in bianco e nero o giù di lì). Insomma, le stelle sono poste tutte alla stessa distanza, ma di esse possono misurare sia il diametro angolare che la luminosità, o meglio il flusso luminoso che arriva al loro occhio (chiamiamola, per semplicità, luce ricevuta)
Grazie proprio alle fantastiche caratteristiche dei loro occhi, sono in grado di concludere che le stelle hanno dimensioni diverse, dovendo essere tutte alla stessa distanza. Una delle loro maggiori conquiste è stata quella di riuscire finalmente a quantificare i valori dei diametri e della luce ricevuta, luce che deve rispecchiare perfettamente la luminosità intrinseca (sono tutte alla stessa distanza): qualsiasi variazione deve essere dovuta al diametro del corpo celeste. In poche parole, si aspettano un diagramma Luminosità-Diametro come quello rappresentato in Fig. 3 : più cresce il diametro e più luminosa deve essere la stella.
Dopo anni di osservazioni riescono a costruire il primo diagramma LD dell loro storia. Accidenti, l'andamento è proprio il contrario di quanto previsto!!
A parte l'ovvia dispersione dovuta agli errori di misura, l'andamento ci assicura che più le stelle sono grandi e minore è la loro luminosità, come mostra la Fig. 4.
Non ci vuole molto per noi a capire perché, pur assumendo una visione molto semplificata (niente evoluzione stellare, solo sequenza principale) e decisamente fantasiosa.
Il fatto che le stelle siano giudicate tutte alla stessa distanza non influisce assolutamente sul risultato atteso. Infatti, dato che essi considerano tutte le stelle con le stesse caratteristiche fisiche (non è molto che noi abbiamo capito che non era così), se una stella appare più grande perché è realmente più vicina e una appare più piccola perché è realmente più lontana, non fanno che spostarle (senza volerlo, ovviamente) lungo la retta che si aspettavano, senza modificarla. Il diametro angolare misurato non sarà riconducibile al vero diametro stellare? Poco importa... la relazione rimane inalterata. La stella è grande e lontana? Bene, la sue luce dipende dalla distanza, ma anche il suo diametro angolare: possono, perciò, inserire tranquillamente la stella con il suo diametro e con la sua luce apparenti ed essa si comporterà come una stella più vicina e più piccola (Fig. 5).
Le stelle, però, non sono tutte uguali... (1) vi sono stelle più o meno calde e, quindi, più o meno luminose; (2) le stelle meno luminose sono anche le più piccole come diametro reale; (3) più sono grandi e luminose e meno frequenti sono. Mamma mia... quante variabili nascoste! Vediamo come potrebbero variare il diagramma atteso dagli alieni.
Beh... il punto (1) non fa altro che disperderlo lungo l'asse delle luminosità. La retta attesa diventa una striscia piuttosto larga. In altre parole, a parità di diametro apparente vi sono stelle più o meno luminose (Fig. 6)
Il punto (2) ci dice che le stelle meno luminose sono anche molto piccole. Ne segue che non possono superare un certo diametro reale e che a parità di diametro apparente brillano di meno di quelle più grandi.
Prendiamo allora la più piccola delle piccole e portiamola alla sua massima distanza in modo che si raggiunga sicuramente il loro diametro apparente minimo di visibilità. Esso sarebbe ancora misurabile, ma la luce che arriva all'osservatore è troppo debole: la stella non si vede. Questo limite è uguale per le giganti? Nemmeno per sogno. Esse devono essere molto grandi, ma possono tranquillamente raggiungere il diametro apparente limite delle piccole se portate a grande distanza. Restano, però, più luminose e quindi sono ancora visibili. Il loro limite minimo di diametro è sicuramente più piccolo di quello delle piccole. Per gli altri gruppi di luminosità e di grandezza il limite è intermedio, in modo tale che si può tracciare un limite minimo del diametro che imponga un limite decrescente al crescere della luminosità. Cosa perfettamente ragionevole (Fig. 7).
Il punto (3) si occupa del limite massimo del diametro apparente. Le stelle piccole sono molto più numerose e, quindi, ve ne sono tante anche vicine. Il loro diametro angolare può essere molto grande anche se il diametro vero resta al di sotto di certe dimensioni. Le stelle giganti sono molto rare ed è difficilissimo poterle trovare a breve distanza dall'osservatore. Per quanto siano grandi, la più vicina deve essere molto distante e il suo diametro apparente piuttosto piccolo. Ciò che capita si può vedere nella Fig. 8, in cui i vari gruppi sono rappresentati dalla stella che porti al loro massimo diametro angolare.
Le stelle devono essere a distanza crescente in funzione del diametro reale. Ne viene fuori un andamento del diametro angolare massimo che segue nuovamente la legge di quello minimo... più le stelle sono luminose e più piccolo è il diametro massimo. Teniamo presente che questo limite è dovuto solo al numero esistente di stelle dei vari gruppi nelle vicinanze dell'osservatore. Non si osservano diametri apparenti più grandi proprio perché non esistono stelle capaci di mostrarlo.
In qualche modo le stelle molto grandi si accalcano verso diametri apparenti piccoli, dato che se ne possono vedere di più ancora misurabili grazie alla luminosità. Oltretutto esse sono molto più numerose in quanto occupano un volume ben maggiore. Le stelle piccole sono più frequenti a diametri apparenti grandi, dato che si possono vedere solo quando sono vicine. Quelle visibili, però, sono decisamente poche dato che occupano uno spazio nettamente minore.
Alla fine quello che gli alieni riescono a vedere è qualcosa proprio come quello che è rappresentato in Fig. 4 e che riproponiamo di nuovo così come è stata realmente registrata dai nostri amici alieni.
Un insieme di punti molto dispersi che indicano chiaramente una tendenza a diventare meno luminose al crescere del loro diametro!
Se inserissimo, però, le variabili nascoste, ossia separassimo i vari gruppi di luminosità e di diametro, la faccenda si spiegherebbe molto bene, come per gli studenti della scuola di prima (Fig. 9).
Ovviamente, l'astrofisica stellare adottata è molto rozza e schematizzata, ma, in realtà, esistono campi di studio molto peculiari dell'astrofisica odierna che possono cadere in questo paradosso. Ad esempio negli studi sull'evoluzione galattica (QUI). E chissà quanti altri...
Occhio a Simpson!
4 commenti
Buongiorno. Eccellente articolo! Le insidie nascoste nell'interpretazione statistica dei dati dovrebbero essere la primissima cosa da sottolineare nei corsi più elementari, che invece ben raramente ne fanno cenno.
grazie Guido... hai perfettamente ragione!
Bellissimo articolo che integra il tuo libro "Rosetta e...", che mi sto rileggendo con piacere e dove ho ritrovato (pag 100 ...120) le tue precisazioni sulla "Massa del Nucleo Centrale Ferroso" con un bel ATTENZIONE: non la Massa iniziale della Stella !
Grazie Enzo
grazie Giorgio!