Categorie: Fisica classica Storia della Scienza
Tags: ingegneria ponti turbolenza vento vortici
Scritto da: Maurizio Bernardi
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Wild is the wind *
Questo è l'ottavo e ultimo (per ora) articolo della serie "Ponti sospesi, catenarie, parabole & co."
Questo articolo è stato inserito nella pagina d'archivio "Vortici e Turbolenze", che si trova sia nella sezione "Fisica Classica" che in "Forme ricorrenti nell'Universo"
La storia dei grandi ponti inizia nel 1826, sullo stretto di Menai che separa l’isola di Anglesey dalla Gran Bretagna.
Progettato dall’ingegnere inglese Telford, questo ponte presentava una campata centrale di 176 metri. Sfortunatamente ebbe vita molto breve: crollò poco dopo la sua inaugurazione durante una tempesta di vento.
Non fu certo l’unico caso: altri ne seguirono e tutti più o meno attribuibili agli effetti di interazione del vento con tali tipologie di strutture. In Europa molti ponti in ferro crollarono sotto l’azione del vento: l’Union Bridge sul Tweed a Berwick; il Brighton Chain Pier; il Monstrose Bridge in Scozia; il ponte di Nassau sul Lahn in Germania; il ponte di Roche Bernard in Francia.
Anche negli Stati Uniti crollò, nel 1854, sempre a causa di una tempesta di vento, il primo ponte sospeso del nuovo continente: il Wheeling Bridge sul fiume Ohio, progettato da Ellet, con una campata centrale di circa 110 metri (la campata, o luce della campata, è la distanza tra due elementi portanti consecutivi, ossia i piloni, )
Nella figura qui sotto trovate alcuni termini relativi a ponti sospesi , che appaiono nel testo.
Sia in Europa che negli Stati Uniti, a quei tempi, nessuna indagine specifica era richiesta per tenere conto a livello progettuale degli effetti del vento sui ponti, né c’era ancora una qualche conoscenza acquisita del problema.
Fu il crollo del Wheeling Bridge che diede l’avvio negli Stati Uniti alle prime analisi di dimensionamento dei ponti di grande luce tenendo conto dell’azione del vento.
Sulla base di queste esperienze Roebling progettò con successo il primo ponte sul Niagara, realizzato nel 1855, ed il ponte misto sospeso-strallato di Brooklyn, realizzato nel 1883 sull’East River tra Manhattan e Long Island.
Dopo un passato di intuizione e modellazione pratica, finalmente prendevano forma le prime teorie di statica dei ponti sospesi e le prime applicazioni di calcolo strutturale. La prima teoria sulla statica dei ponti sospesi risale al 1858 e fu formulata da Rankin. Attraverso l’applicazione da parte di Navier della teoria dell’elasticità e grazie anche agli studi di Castigliano, numerosi sono stati gli sviluppi fino ad arrivare alla teoria di Melan del 1888 che rappresenta tuttora un caposaldo fondamentale nell’ambito della progettazione dei ponti sospesi di grande luce.
Con la nascente ingegneria aeronautica cominciarono anche a svilupparsi i primi studi di aerodinamica e le prime gallerie del vento. Nel 1883 Reynolds pubblicò un lavoro rivelatosi poi fondamentale per la caratterizzazione dei flussi laminari e turbolenti. Nel 1904 Prandtl formulò il concetto di strato limite e nel 1912 Von Karman caratterizzò in forma analitica il campo di moto nello strato limite e formalizzò la teoria della scia. Delle scie di Von Karman si è fatto cenno in questo precedente articolo sulla turbolenza. http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2018/09/15/fascino-discreto-della-turbolenza/ ( già che ci siete potreste leggere anche questo articolo: http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2018/09/22/nuove-storie-turbolenza/ e questo: http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2018/10/20/blowin-the-wind-ingegneri-areonautici-botanici-tocca/ )
L’applicazione dei risultati acquisiti con la teoria di Melan portò alla realizzazione nel 1931 del ponte G. Washington sull’Hudson, caratterizzato da una luce della campata centrale pari a 1066 metri, e, nel 1933 del Golden Gate (con luce della campata centrale di 1280 metri).
Non perdetevi l'articolo in cui si narra come venne finanziato (e da chi) questo ponte.
Grazie quindi a tecniche di progettazione strutturale sempre più raffinate i ponti assunsero un carattere via via più snello e leggero. Il concetto di snellezza , di per sé intuitivo, viene quantificato dal rapporto tra l’altezza della travata (il sistema reticolare, a maglie triangolari, di travi che costituisce la struttura orizzontale a sostegno dell’impalcato del ponte) e la luce centrale, tale rapporto è detto snellezza longitudinale del ponte.
Si definisce anche un rapporto tra l’altezza e la larghezza della travata, ossia la snellezza laterale. Ambedue questi rapporti divennero , col progredire del tempo, sempre più piccoli.
Per il Golden Gate, nella figura qui sopra, la snellezza originaria era dell’ordine di 1/168 mentre la snellezza laterale era 1/47. A seguito di tali caratteristiche di leggerezza, il Golden Gate presentò in numerose occasioni oscillazioni causate dal vento che persistevano nel tempo e che raggiungevano ampiezze anche dell’ordine di due o tre metri.
Una struttura ancora più snella e flessibile fu quella del Tacoma Narrows Bridge, con luce della campata centrale sospesa di 853 metri, costruito nel 1940 sulla costa occidentale degli Stati Uniti.
La snellezza longitudinale e laterale di questo ponte, ad una sola via di traffico e con impalcato a travi longitudinali in acciaio, erano infatti rispettivamente pari a 1/350 e 1/72.
La concezione strutturale del Golden Gate ed ancor più quella del successivo ponte Tacoma, si basava sul presupposto che la funzione primaria di sostentamento dei carichi dovesse essere affidata ai cavi.
La travata flessibile, invece, aveva prevalentemente il compito di regolarizzare le deformazioni dell’impalcato. Il ponte Tacoma era stato progettato per assorbire tutti i carichi di servizio prevedibili, compresi quelli torsionali e laterali, questi ultimi rappresentativi, per i criteri di quel tempo, delle azioni del vento. Le deformazioni del ponte, ossia gli abbassamenti e le rotazioni longitudinali e trasversali, valutate utilizzando la teoria di Melan, soddisfacevano poi gli standard dell’epoca imposti per l’esercizio stradale.
Il ponte, tuttavia, non aveva la necessaria rigidezza per contrastare le azioni dinamiche esercitate dal vento.
La struttura, infatti, subito dopo la sua costruzione cominciò a mostrare frequenti oscillazioni verticali e dopo solo cinque mesi di servizio, durante una tempesta di vento di intensità non eccessiva (la velocità media del vento era dell’ordine di 50 km/h), cominciò improvvisamente ad oscillare torsionalmente in modo antisimmetrico con ampiezze crescenti e dopo qualche ora crollò.
Per capire esattamente cosa successe , suggerisco la visione di questo documento originale, preferibilmente a schermo intero. https://www.youtube.com/watch?v=e7Pjak3fBA4
Dopo tale disastro, grande impulso ebbero gli studi sulla aerodinamica dei ponti. Gli studi aeroelastici compiuti per le costruzioni aeronautiche ed inerenti la dinamica dell’ala cominciarono ad inquadrarsi nell’ottica di applicazioni relative alla dinamica dei ponti di grande luce e consentirono di comprendere la natura dinamica dell’azione del vento sull’impalcato.
I cavi che costituiscono l'arco rovescio dei ponti sospesi devono essere ancorati agli estremi del ponte, dato che sono incaricati di trasmettere una parte importante del carico che deve sopportare la struttura. L'impalcato è di solito sospeso da tiranti verticali che sono collegati a detti cavi. Nell'ipotesi verosimile in cui i cavi del ponte sospeso siano più leggeri dell’impalcato, invece di disporsi secondo una curva catenaria, formeranno una parabola (QUI).
La travata di un ponte di grande luce, considerata la sua elevata deformabilità e leggerezza, può vedersi nei riguardi dell’azione del vento, come un sottile nastro in grado di oscillare. Pertanto, oscillazioni della struttura possono aversi o per effetto della turbolenza presente nella corrente incidente o di quella che si genera a causa della struttura stessa immersa nel flusso, ossia a seguito di fenomeni di scia, che si manifestano nel distacco di vortici dal profilo dell’impalcato (fenomeno detto di ”vortex shedding” = spargimento vortici), e interagiscono con la struttura a fronte della sua deformabilità.
Nelle dinamiche fluide, la perdita di vortice è un flusso oscillante che avviene quando un fluido come l'aria o l'acqua scorre oltre un corpo cilindrico a determinate velocità, a seconda delle dimensioni e della forma del corpo. In questo flusso, vortici sono creati sul retro del corpo e si separano periodicamente da entrambi i lati del corpo (scia di Von Karman). Il flusso di fluido oltre l'oggetto crea vortici alternati a bassa pressione sul lato a valle dell'oggetto. L'oggetto tenderà a muoversi verso la zona a bassa pressione. Se la struttura cilindrica non è montata rigidamente e la frequenza di “spargimento vortice” corrisponde alla frequenza di risonanza della struttura, la struttura può cominciare a risonare, vibrando con oscillazioni armoniche azionate dall'energia del flusso. Questa vibrazione è la causa del "canto" dei cavi di linea di potenza investiti dal vento e della fluttuazione delle antenne radio.
Il fenomeno non stazionario più pericoloso che può presentarsi per effetto di una corrente incidente è sicuramente il “flutter”. Si tratta di un fenomeno che si verifica a seguito di una condizione di risonanza tra le forze aerodinamiche non stazionarie, prodotte dallo stesso movimento della struttura, e la struttura oscillante. Lo si vede in azione quando le bandiere garriscono nel vento. La traduzione di flutter è svolazzare, anche se il termine richiama l’analogo “fluttuare”.
Possono allora insorgere oscillazioni flessionali, torsionali o accoppiate, le quali, come nel caso del primo ponte Tacoma, possono presentare, sotto particolari condizioni di vento, ampiezza divergente.
Dopo il crollo del Tacoma Narrows Bridge, riconosciuto il ruolo fondamentale giocato dalla rigidezza dell’impalcato nei riguardi dei complessi fenomeni di interazione vento-struttura, alcuni ponti già esistenti vennero rinforzati (è questo, ad esempio, il caso del Golden Gate e del G. Washington), mentre i nuovi vennero realizzati con travate molto più rigide.
Tra i ponti costruiti in questo periodo si possono citare il ponte sul Tago vicino Lisbona e lo splendido ponte di Verrazzano posto all’ingresso della baia di New York. Quest’ultimo ha una campata centrale sospesa di 1298 metri, una snellezza pari a 1/180 ed una travata reticolare a sezione chiusa, torsionalmente molto rigida.
New York – Ponte di Verrazzano
Una nuova concezione progettuale, nell’ambito dei ponti sospesi di grande luce, si presentò con il ponte sul Severn, costruito in Inghilterra nel 1966 e caratterizzato da una luce centrale di 988 metri. La travata, invece che a struttura reticolare come generalmente accadeva nei ponti precedenti, fu realizzata chiusa a cassone con una sagoma molto rastremata e sottile. Pur essendo la snellezza del ponte molto prossima a quella del Tacoma, in particolare pari a 1/324, la travata, vista la sezione a cassone, si presenta molto più rigida torsionalmente e con caratteristiche aerodinamiche tali da ridurre drasticamente le azioni trasversali di resistenza al vento.
Sulla scia di tale nuova concezione vennero così di seguito progettati e realizzati il Little Belt in Danimarca nel 1970, il ponte sul Bosforo nel 1973, il ponte sull’Humber in Inghilterra nel 1981 con una luce di 1410 metri, il ponte sullo Jogyn in Cina nel 1990 con una luce di 1385 metri ed i ponti del Great Belt Link congiungenti le isole della Danimarca ed ultimati nel 1997.
Numerosi ed importanti ponti sospesi, tutti strettamente legati alla concezione classica di travata reticolare rigida e pesante, sono stati realizzati negli ultimi anni in Giappone come collegamento tra le isole Honshu e Shikoku, quali ad esempio il ponte Kanmon (con luce centrale di 712 metri) nel 1974, quello di Hanaruto nel 1985 (con luce centrale di 876 metri) e il grande ponte Akashi Kaikyo, completato nel 1998 e con luce centrale di 1990 metri.
Si potrebbe pensare che il problema delle devastanti oscillazioni innescate dalle raffiche di vento, riguardi solo i ponti sospesi, invece, anche ponti su piloni, quindi non sospesi, realizzati in tempi molto recenti, come quello a Vogograd, Russia, sul fiume Volga, inaugurato nel 2009 subiscono marcate conseguenze della azione dei venti sulle strutture.
Qui il link https://www.youtube.com/watch?v=_Z-HQ3AOujk a un video del maggio 2010 ( 70 anni esatti dal crollo del Tacoma bridge) in cui si possono osservare oscillazioni della ampiezza di un metro.
Oltre ai ponti sospesi tradizionali , si sono realizzati numerosi ponti strallati, riscoperti a metà del 900, dopo un oblio durato oltre un secolo. In ritardo rispetto ai ponti di grande luce con configurazione sospesa, anche i ponti strallati hanno trovato notevole diffusione nel corso degli ultimi anni, prevalentemente in Germania.
Il primo moderno ponte strallato che segnò l’inizio del grande sviluppo di tale schema strutturale, è stato il ponte di Stromsund in Svezia completato nel 1956. Successivamente furono realizzati il ponte Fridrich Herbert sul Reno a Bonn (1967) e quasi contemporaneamente il ponte sul Reno a Rees.
Nella immagine seguente lo schema di un ponte strallato. Gli stralli possono essere disposti ad “arpa”, ossia paralleli tra loro come le corde di un'arpa, e questo è proprio il caso raffigurato nel disegno, oppure convergere tutti alla sommità del pilone, in tal caso si parla di disposizione a “ventaglio”
Mirabili esempi estetici di ponti strallati, con disposizione a ventaglio degli stralli, sono il ponte di Normandia sulla Senna, ( nella immagine qui sotto) il quale presenta una campata centrale con luce di 856 metri, ed in Giappone il ponte Tatara, con luce centrale di 890 metri. Per entrambi tali ponti, al fine di ridurre la resistenza trasversale della travata al vento, sono state utilizzate sezioni rastremate e sottili, con sagome praticamente assimilabili a quelle di corpi profilati.
Nel ponte strallato l'impalcato è retto da una serie di cavi (stralli) ancorati a piloni (o torri) di sostegno.
Rispetto ad un ponte sospeso “classico”, in cui l'impalcato è appunto sospeso mediante pendini verticali ai cavi portanti che assumono la forma molto simile ad una parabola, i tiranti del ponte strallato collegano direttamente il piano dell'impalcato alle torri e assumono una forma apparentemente rettilinea.
I ponti strallati si stanno imponendo come soluzione ideale per superare le medie e grandi luci fino ad oltre i mille metri, a dire il vero molto oltre…
Nel 2018 nel tratto di mare tra Hong Kong e Macao, passando per Zhuha, nella Cina Continentale, è stato inaugurato il più grande ponte esistente ad oggi. Si estende per 55 Km, lungo i quali sono state costruite tre isole artificiali per gli snodi viari. https://siviaggia.it/notizie/video/ponte-record-cina/211520/
Una struttura del genere, sospesa sul mare, oltre alle forze dei venti e delle onde, è anche soggetta statisticamente ad un’altra insidia, quella dei terremoti. Per questo motivo il ponte è stato ideato per riuscire a resistere fino a scosse di 8 gradi della scala Richter.
Ma non sono solo i ponti a subire le forze distruttive dei venti. Anche gli edifici delle nostre città ne sono bersaglio. Se mai aveste la curiosità di sapere cosa deve sopportare un grattacielo, visitate questo link http://corriereinnovazione.corriere.it/cards/scopriamo-come-stanno-piedi-20-grattacieli-super-tech-piu-belli-mondo/costruzione-grattacielo_principale.shtml
Come dice il titolo di una celebre composizione di David Bowie: Wild is the wind.
(*)
Una parte rilevante di questo articolo deriva dalla rielaborazione della introduzione alla tesi di dottorato di:
Giuseppe Vairo – Ponti di grande luce: modellazione e simulazione del comportamento, consultabile a questo indirizzo: aeroelastico. http://hdl.handle.net/2108/320
7 commenti
Comunque - se ho ben capito - sebbene ormai la costruzione dei ponti si basi su conoscenze molto avanzate, un certo margine di rischio rimane sempre. Tanto da chiuderli al traffico in caso di eventi meteo particolari.
Nel gennaio del 2002, in Danimarca (mia moglie è danese), scattai queste foto del Grande Belt (Storebæltsbroen) da Halsskov Odde. A causa del forte vento, infatti, il ponte venne chiuso e non potemmo andare a Odessa (Odense)
A questo link un interessante confronto tra le norme internazionali...
https://www.ingenio-web.it/25663-gestione-dei-ponti-esistenti-il-quadro-normativo-italiano-e-il-confronto-con-alcune-normative-internazionali
La mappa del luogo ...
https://www.google.com/maps/search/Halsskov+Odde/@55.3480004,10.7446963,10z
e le caratteristiche del ponte citato da Alberto...
https://it.wikipedia.org/wiki/Storeb%C3%A6ltsbroen
ciao
Attilio Siviero che ha postato sopra questo "ciao", voi non lo sapete, ma oltre a essere un mio carissimo amico è un ingegnere noto progettista di dighe, ponti e strade in giro per il mondo. Gli ho girato il link di questo articolo per invitarlo a un breve ripasso :-)
In cambio io gli insegno a portare il suo splendido ketch di 40 piedi in giro per il Mediterraneo :-)
Mi sembra uno scambio equo, Alberto!
Che dici... se invio ad Attilio il link a tutti i quasi 3800 articoli del blog, ho speranza di fare una giratina nella "barchetta" anch'io??
Giuro sulla testa di Enzone che faccio il bravo e non sporco!