Categorie: Meccanica quantistica Riflessioni
Tags: Fabio Marzocca linguaggio
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:8
Un diverso linguaggio per il mondo subatomico? (di Fabio Marzocca)
Ho il grande piacere di proporvi un interessantissimo articolo estratto dall'intrigante blog (Acrònico) dell'amico Fabio Marzocca. Riguarda il linguaggio, un argomento che stiamo trattando da un po' di tempo. Insomma, cade proprio come il cacio sui maccheroni. Grazie Fabio!
Ciò che avviene nell’infinitamente piccolo (particelle subatomiche) lascia l’uomo senza fiato. Eppure la realtà intorno a noi sembra così diversa da quella descritta dalla fisica quantistica. Come nella fiaba di Lewis Carroll “Alice nel Paese delle Meraviglie” tutto sembra disobbedire alle leggi del mondo in cui viviamo e la realtà appare come ridisegnata dal Cappellaio Matto e dagli altri personaggi.
«“Chi sei tu?” disse il Bruco. Alice replicò “Io lo so a malapena giusto ora, ma è un attimo. So chi ero quando mi sono alzata questa mattina, ma penso di essere stata cambiata talmente tante volte da allora […] sono dispiaciuta di non poter essere più chiara. Ma non so cosa mi stia accadendo, e cambiare molte taglie in un giorno confonde molto”».
Oppure: «Alice: “Per quanto tempo è per sempre?” Bianconiglio: “A volte, solo un secondo“».
Le leggi fondamentali della fisica classica vengono sovvertite. Nel mondo macroscopico tutto sembra essere lineare (per andare da A a B percorriamo senza soluzione di continuità ciascun punto che li separa), causale (c’è sempre un nesso di causa/effetto tra due fenomeni correlati), locale (oggetti distanti non possono avere influenza istantanea l’uno sull’altro), deterministico (si può sempre conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di un oggetto) e così via. Sono leggi che hanno accompagnato l’uomo per millenni e che ne hanno conseguentemente determinato e influenzato il pensiero scientifico deduttivo.
Tuttavia, nella realtà quantistica tutto ciò viene contraddetto. Si riportano di seguito alcuni esempi sul diverso comportamento del mondo delle particelle con riferimento alle quattro principali proprietà caratteristiche:
- Non-linearità: un elettrone che compie una transizione da un potenziale energetico a un altro, non percorre tutti i punti che li separano, ma esegue un “salto quantico” istantaneo tra i due livelli (assorbendo o cedendo un fotone di energia) senza assumere valori di energia intermedi;
- Non-causalità e Indeterminazione: il principio di Heisenberg introduce l’indeterminazione, mostrando come non sia possibile conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella. Le condizioni di un sistema quantistico, successive a un’interferenza con un sistema di misura, non possono essere previste con precisione. I valori di una grandezza osservabile saranno ottenuti non deterministicamente secondo una distribuzione di probabilità che è univocamente individuata dallo stato del sistema;
- Non-località: il fenomeno dell‘entanglement quantistico ci dimostra come due particelle “entangled” possano reagire istantaneamente anche se portate a grandi distanze fra loro.
In altri termini, le particelle elementari costituiscono il mondo reale sotto i nostri occhi eppure le leggi che ne governano l’esistenza appaiono in grande contrasto con quelle dei corpi materiali da esse costituiti.
L’uomo sembra dover rinunciare alla speranza di conoscenza certa del mondo basata sulle cosiddette scienze esatte. L’universo appare come un qualcosa del tutto indeterminato e indeterminabile, sì da richiamare alla mente le espressioni con cui veniva nominato nelle religioni tradizionali.
Potrebbe trattarsi soltanto di un problema di natura epistemologica? Il mondo subatomico si esprime evidentemente con un linguaggio completamente diverso da quello che siamo abituati a usare in ambito scientifico. Si è cercato di rappresentare i sorprendenti fenomeni della fisica quantistica mediante le regole matematiche e logiche usate da sempre. Tuttavia alla fine le formule e ipotesi speculative hanno portato solo a convenzioni, indeterminazione, probabilità.
Il grande fisico inglese Freeman Dyson, noto per il suo grande lavoro di sviluppo dell’elettrodinamica quantistica, racconta che i suoi studenti generalmente arrivano alla comprensione della meccanica quantistica dopo una prima fase di confusione e sconcerto. “Le difficoltà che sembravano così insormontabili, svaniscono misteriosamente. Ciò che accade è che [gli studenti] imparano a pensare direttamente e inconsciamente nel linguaggio della fisica quantistica. Hanno rinunciato a cercare di spiegare ogni cosa nei termini dei concetti classici”.[1]
In altre parole potremmo chiederci se non abbiamo forse usato un linguaggio improprio per descrivere una realtà che eccede le nostre attuali capacità di comprensione e di definizione. Sarà mai possibile giungere a una teoria unificatrice che descriva nella sua totalità il comportamento fisico del mondo subatomico, di quello macroscopico e di quello cosmologico?
Possiamo per il momento costatare che proprio la fisica quantistica ha aperto al mondo scientifico la questione dell’osservazione e del livello di realtà connesso con la stessa: ciò che spesso sembra impossibile e incongruente, è invece ammesso e non contraddittorio se osservato da una diversa prospettiva.
Un singolo livello di realtà può solo creare opposizioni antagoniste.
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[1] F. Dyson, From Eros to Gaia, Penguin Books, Londra 1992, p.105_______________________
Per conoscere o approfondire la conoscenza dei concetti meccanica quantistica citati nell'articolo, è a vostra disposizione la sezione d'archivio dedicata
8 commenti
Grazie Enzo! Un saluto a tutti i lettori del tuo blog, che seguo sempre con grande interesse.
Fabio
grazie a te, caro Fabio per gli spunti di riflessione, che poni costantemente a chi ha ancora voglia di pensare!
Chiaro, semplice e affascinante. Grazie Fabio .
Grazie per aver condiviso lo scritto. La lettura ha stimolato una riflessione che vorrei proporvi.
Personalmente penso che la questione nasca dalla nostra difficolta di concepire le implicazioni del concetto di "universo".
Correggetemi se mi spingo troppo oltre col mio volo pindarico, ma non vi sembra concettualmente sbagliato cercare di capire e spiegare il tutto osservando una singola parte come se fosse separata dal resto?
Mi pare che la stessa meccanica quantistica ci suggerisca che ogni volta che tentiamo di osservare una parte modifichiamo con questo atto il risultato dell'osservazione...questo semplicemente, per come la vedo io, perché noi stessi siamo parte(seppure su scale completamente diverse) di cio che stiamo osservando!
Insomma, probabilmente non abbiamo ancora uno strumento e un linguaggio adeguati a descrivere qualcosa di cui noi stessi siamo attori e non solo osservatori.
caro Andrea,
le tue riflessioni sono senz'altro calzanti. Tuttavia, io la metterei in altro modo, ancora più ingarbugliato...
Quando osserviamo il mondo macroscopico, pur facendone parte, riusciamo a descriverlo con un linguaggio che sembra (e forse lo è) del tutto calzante. Einstein riesce anche a farci descrivere situazioni limite, come i buchi neri.
Prima conclusione: noi facciamo parte dell'universo, non possiamo vederlo da fuori, riusciamo comunque a descriverlo. O, almeno, a descrivere ciò che riusciamo a osservare.
Passiamo al microcosmo. In realtà noi non facciamo parte del microcosmo, ma -al limite- è lui che fa parte di noi. Dovrebbe essere il microcosmo a descrivere qualcosa pur facendo parte di quel qualcosa. Purtroppo, noi non sappiamo se il microcosmo sappia o non sappia descriverci (il suo linguaggio non riusciamo a sentirlo o a capirlo). Possiamo solo tentare di immaginare come le particelle parlino tra loro, si comunichino informazioni e compiano azioni conseguenti. Probabilmente, però, stiamo sbagliando e il fatto stesso di cercare di capire il loro linguaggio lo disturba creando solo confusione (chiamiamola così).
Più che dire che viviamo dentro qualcosa e quindi non possiamo descriverlo, direi che non sappiamo decifrare come ciò che fa parte di noi sia capace a descriverci.
Domanda: L'Universo saprebbe descriverci? E se sì, quale linguaggio usa? Probabilmente un linguaggio diverso e lui non ci capisce come noi non capiamo ciò che fa parte di noi...
Temo che sia come il gatto che si morde la coda...
Buongiorno.
Insomma, concedetemi la battuta, stiamo recitando in una piece beckettiana. Ma del resto siamo o non siamo in un "infinito teatro"?
"Un singolo livello di realtà può solo creare opposizioni antagoniste.": devo riflettere bene (con i miei modesti mezzi) su questa frase a chiosa dell'articolo e su quanto da essa logicamente consegue (o potrebbe conseguire).
A botta calda però mi sovviene una considerazione-domanda: gli strumenti formali matematici che usiamo mi sembra che descrivano sul piano teorico tanto il macrocosmo quanto il microcosmo (nel senso che utilizziamo sempre lo stesso mezzo descrittivo). Possiamo quindi affermare che sul piano dell'espressione logica un denominatore comune tra i due mondi esista anche se non disponiamo ancora di una visione omnicomprensiva? Oppure è solo la "nostra" speculazione logico-matematica che, essendo inadatta, produce risultati all'apparenza contraddittori?
Caro Enzo,
E' davvero difficile cercare di mettere in parole cio che vorrei esprimere
Non so se ricordi taaanto tempo fa quando, nella mia molesta curiositá, chiesi come si potesse definire il "confine" tra un oggetto e l'altro; come distinguere le varie parti che compongono il tutto, evitando di lasciarci condizionare dai limitati strumenti che abbiamo (che tendono a semplificare per permetterci di meglio razionalizzare cio che ci circonda)?
Ecco, se a questa considerazione aggiungiamo le nozioni che la meccanica quantistica ha introdotto, faccio veramente fatica a dare una collocazione corretta nel tentativo descrittivo a termini come "punto di vista" e "osservatore", se non quello di una necessaria razionalizzazione per cercare di descrivere qualcosa, un cambiamento nello stato del tutto.
Mi rendo conto che questa é piu una considerazione filosofica che scientifica, ma mi pare importante per definire la cornice di questo meraviglioso quadro.
In conclusione, la riflessione che propongo é questa:
Noi stessi, qualsiasi cosa facciamo - persino ora che stiamo ragionando tra noi, con l'infinito numero di stati che modifichiamo facendolo , sfruttando una parte di linguaggio universale che abbiamo intuito- non stiamo forse contribuendo ad arricchire il linguaggio stesso di nuove sfumature?
Sicuramente sì, caro Andrea... anche noi stiamo costruendo una realtà diversa istante dopo istante. O è proprio questa successione di realtà a definire il tempo?
Mamma mia... un blog di filosofi!!!!