Categorie: Storia della Scienza
Tags: Galileo Galilei Giordano Bruno principio d'inerzia relatività galileiana
Scritto da: Vincenzo e Daniela
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GIORDANO BRUNO (1): La Relatività Classica e l'Inerzia
Riproponiamo, suddividendola in alcune puntate, la nostra analisi del pensiero e delle opere di Giordano Bruno, ovvero colui che possiamo considerare il vero iniziatore dell'astrofisica e della cosmologia moderna.
Fu, infatti, questo piccolo monaco (ma solo di statura), quando Galileo ancora era poco più che un bambino, a frantumare le "granitiche" sfere di cristallo aristoteliche con la sola forza del pensiero, riuscendo a volare là dove nessun altro arriverà per oltre tre secoli dopo di lui.
(QUI l'articolo completo, pubblicato il 23/1/2018)
La visione dell’Universo e dell’infinito, pensata ed espressa da Giordano Bruno nelle sue opere, è sicuramente l’idea più straordinaria e moderna e, come tale, quella che “doveva” portarlo al rogo. Tuttavia, ben altre conquiste “scientifiche” sono da ricondurre al suo genio. Cercheremo di analizzarle un po’ alla volta, come se mordessimo di qua e di là uno squisito manicaretto, senza nessuna regola prefissata (in questo, seguendo in qualche modo uno dei concetti fondamentali di Bruno). Non stupitevi, ma si parlerà anche di relatività einsteiniana, di calcolo infinitesimale e di… Shakespeare.
Lo ammetto, leggendo attentamente le sue opere maggiori, mi ha investito una frenesia inarrestabile di rendervene partecipi, come se si fosse aperto, finalmente, il cofano di un tesoro tanto a lungo cercato. Incredibile la sua capacità di intuire, pur rimanendo ben lontano dalla figura che siamo abituati a dare a un “vero scienziato”, non solo la visione generale dello spaziotempo, ma anche i principi fondamentali che lo supportano. Nelle sue opere si trova di tutto e di più: matematica, geometria, fisica, chimica, perfino meccanica quantistica. Basta saperle cercare e capire.
Non solo però… in esse si vede un Universo pieno di gioia e di felicità, proprio quello che cerco di esprimere in modo spesso rozzo e vago nelle pagine di questo Circolo. Rispetto a lui e al silenzio che ho mantenuto così a lungo, mi sento gravemente colpevole e non posso fare altro che scusarmi e seguire la spinta della comunicazione e della condivisione.
Leggendo i suoi scritti, sono andato spesso a cercare conforto presso studiosi di ben altra stazza rispetto alla mia. E ogni volta che lo trovavo, l’ammirazione per quel monaco domenicano che ha preferito il dolore del martirio piuttosto che abbandonare, anche solo a parole, la sua gioiosa visione dell’Universo, in cui Dio diventava una figura sicuramente più luminosa e completa di quella fortemente voluta dalla chiesa (e a quella chiesa non metto la maiuscola per scelta), cresceva sempre più e faccio fatica a non comunicarla subito, anche se a brandelli…
Avremo tempo, alla fine, di fare ordine e di mettere insieme un fantastico racconto su uno dei massimi geni dell’Umanità (questa sì con la U maiuscola!). Discuteremo anche del perché è ancora così scomodo e della attuale resistenza di una certa chiesa. Ricordiamo, infatti, che l’odio verso Giordano Bruno non si è fermato al rogo: lui rappresentava la verità e, come tale, era un nemico peggiore del peggior diavolo. Temuto a tal punto da essere portato al rogo con la “mordacchia”, uno strumento applicato alla bocca del condannato che gli impediva di poter non solo lamentarsi, ma anche di poter parlare. Le sue parole sarebbero state frecce ancora più dolorose per le menti che assistevano al sacrificio, di quanto non fossero le fiamme per lui.
Lui stesso ne era consapevole, quando disse, dopo aver udito la sentenza: “Forse con maggior timore voi pronunciate questa condanna di quanto ne provi io nell’ascoltarla”.
La chiesa è ancora sensibile a quelle parole e alla sua visione dell’Universo e di Dio stesso. La paura rimane a tal punto che non si è mai scusata con Giordano Bruno, ritenendo, con grande ipocrisia, che egli subì, per i tempi, un giusto processo. In poche parole, ammettendo che per chi esprimeva un'idea di quel genere (la realtà odierna, più o meno) poteva esistere solo il silenzio imposto dalla morte. Forse, Einstein, capace di piegare la luce (divina), avrebbe subito uguale sorte…
E’ giusto ricordare che quando a fine Ottocento venne eretta una statua in suo onore, il Papa Leone XIII digiunò per un giorno per protesta e confermò la condanna del religioso dato alle fiamme. E mentre la Chiesa condannava all’oblio l’eretico Bruno, premiava la memoria del suo inquisitore, Roberto Bellarmino, che non solo è santo, ma è anche inserito tra i pochi Dottori della Chiesa.
A distanza di 400 anni, il 18 febbraio 2000 il Papa Giovanni Paolo II, tramite una lettera del segretario di Stato Vaticano Angelo Sodano, espresse profondo rammarico per la morte atroce di Giordano Bruno, pur non riabilitandone la dottrina: anche se la morte di Giordano Bruno "costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico", tuttavia "questo triste episodio della storia cristiana moderna” non consente la riabilitazione dell'opera del filosofo arso vivo come eretico, perché "il cammino del suo pensiero lo condusse a scelte intellettuali che progressivamente si rivelarono, su alcuni punti decisivi, incompatibili con la dottrina cristiana". Poco importa se portarono alla rivoluzione della verità scientifica!
Il rogo, forse, non era nemmeno sufficiente a cancellarne il ricordo e le sue opere subirono gli effetti della cosiddetta damnatio memoriae e quindi vennero distrutte, non lette, non citate e dimenticate (alcuni dei suoi scritti non sono ancora stati tradotti dal latino in una lingua moderna)
Un percorso tipico di chi ha ancora paura di una visione troppo libera e troppo contraria a una gerarchia ecclesiastica che distribuisce e amministra sapientemente, ancora oggi, i propri poteri. Ben pochi "pedofili" (tanto per citare un peccato infame, di cui le prove sono innumerevoli) sono e saranno mai condannati al "rogo", anche solo virtuale...
La relatività di Giordano Bruno e il principio di inerzia
Nel 1632, Galileo Galilei pubblica il suo dialogo sopra i massimi sistemi. Esso è considerato quasi da tutti (e da me per primo, lo ammetto senza timore alcuno) la base fondamentale della relatività e la nascita del principio d’inerzia: il via alla fisica moderna, anche se l’idea del moto relativo non era del tutto nuova (ne abbiamo parlato QUI). Ovviamente, Galileo aveva già in mente queste idee e si pensa che esse si siano formate a partire dal 1592, durante il suo soggiorno a Padova. Coincidenza molto importante, come vedremo…
Celeberrimo è l’esempio della nave e degli esperimenti fatti in cabina e sulla terraferma. Essi si svolgono nello stesso modo e nessuno è in grado di dire chi si sta veramente muovendo. Ne abbiamo parlato a lungo QUI e QUI , richiamando le parole del grande Galileo nel suo dialogo.
Tuttavia, qualche anno prima, nel 1584, Giordano Bruno, mentre è in Inghilterra, pubblica la sua opera meravigliosa: La Cena delle Ceneri, formata da cinque dialoghi tra vari personaggi, tra cui un discepolo (Teofilo) che riporta le idee del maestro Bruno. Per il momento tralasciamo molte altre nozioni rivoluzionarie e soffermiamoci nuovamente su un vascello, di cui lo stesso Bruno riporta l’immagine che segue.
Teofilo immagina qualcuno al di fuori della Terra che lanci una pietra e poi due persone, uno sulla nave e uno fermo rispetto a lei, che lascino cadere una pietra e spiega:
“Con la terra dunque si muoveno tutte le cose che si trovano in terra. Se dunque dal loco extra la terra qualche cosa fusse gittata in terra, per il moto di quella perderebbe la rettitudine. Come appare nella nave A B, la qual, passando per il fiume, se alcuno che se ritrova nella sponda di quello C venga a gittar per dritto un sasso, verrà fallito il suo tratto per quanto comporta la velocità del corso. Ma posto alcuno sopra l'arbore di detta nave, che corra quanto si voglia veloce, non fallirà punto il suo tratto di sorte che per dritto dal punto E, che è nella cima de l'arbore o nella gabbia, al punto D che è nella radice de l'arbore, o altra parte del ventre e corpo di detta nave, la pietra o altra cosa grave gittata non vegna. Cossì, se dal punto D al punto E alcuno che è dentro la nave, gitta per dritto una pietra, quella per la medesma linea ritornarà a basso, muovasi quantosivoglia la nave, pur che non faccia degl'inchini ”.
E poi prosegue
“Or, per tornare al proposito, se dunque saranno dui, de' quali l'uno si trova dentro la nave che corre, e l'altro fuori di quella, de' quali tanto l'uno quanto l'altro abbia la mano circa il medesmo punto de l'aria, e da quel medesmo loco nel medesmo tempo ancora l'uno lascie scorrere una pietra e l'altro un'altra, senza che gli donino spinta alcuna, quella del primo, senza perdere punto né deviar da la sua linea, verrà al prefisso loco, e quella del secondo si trovarrà tralasciata a dietro. Il che non procede da altro, eccetto che la pietra, che esce dalla mano de l'uno che è sustentato da la nave, e per consequenza si muove secondo il moto di quella, ha tal virtù impressa, quale non ha l'altra, che procede da la mano di quello che n'è di fuora; benché le pietre abbino medesma gravità, medesmo aria tramezzante, si partano (se possibil fia) dal medesmo punto, e patiscano la medesma spinta. Della qual diversità non possiamo apportar altra raggione, eccetto che le cose, che hanno fissione o simili appartinenze nella nave, si muoveno con quella; e la una pietra porta seco la virtù del motore il quale si muove con la nave, l'altra di quello che non ha detta participazione. Da questo manifestamente si vede, che non dal termine del moto onde si parte, né dal termine dove va, né dal mezzo per cui si move, prende la virtù d'andar rettamente; ma da l'efficacia de la virtù primieramente impressa, dalla quale depende la differenza tutta.”
Gli esperimenti eseguiti sulla nave non sono perciò influenzati dal suo movimento, dato che tutti i corpi sulla nave prendono parte al movimento, senza essere influenzati dal fatto che siano o non siano in contatto con la nave. Questo è dovuto a una certa “virtù” che esse hanno, che rimane impressa durante il moto. Giordano Bruno perciò esprime chiaramente non solo la relatività galileiana, ma il concetto di INERZIA, intesa come una virtù (qualità) che è di tutti i corpi che si muovono con la nave o con la stessa Terra. Movimento della nave, ma anche movimento della Terra. Un passo enorme verso la generalizzazione del moto e verso il principio di inerzia!
Senza bisogno di ulteriori commenti, riportiamo ciò che scrive Newton a riguardo, dove non è certo difficile vedere uno stretto collegamento:
“ The vis insita, or innate force of matter, is a power of resisting by which every body endeavors to persevere in its present state, whether it be of rest, or of moving uniformly forward in a right line … this vis insita, may, by a most significant name, be called vis inertiae. (La “vis insita”, o forza innata della materia, è il potere attraverso cui ciascun corpo persevera nel suo stato, sia di quiete che di moto lungo una direzione rettilinea… questa vis insita può essere più giustamente chiamata vis inertiae).”
La virtù di Bruno è diventata la forza d’inerzia di Newton.
Sia l’utilizzo della nave che la forma esplicativa del dialogo non possono creare dubbi sul fatto che Galieo conoscesse molto bene gli argomenti di Giordano Bruno. Sembra, perciò, piuttosto strano che Galileo, da grande scienziato qual era, non lo abbia mai riconosciuto. Lo stesso Keplero lo aveva rimproverato per questo. Forse, solo la paura di mostrare qualsiasi contatto con una figura così perseguitata dalla chiesa e finita tragicamente? Tuttavia, non vi è traccia nemmeno di comunicazioni epistolari. Oltretutto, molto probabilmente, i due si incontrarono direttamente o a Padova o a Venezia. Proprio Galileo ottenne il posto di professore di matematica a Padova, rifiutato a Bruno l’anno precedente. E’ difficile non pensare a un po’ d’invidia per una mente che senza metodo scientifico riusciva a volare nell’infinito dell’Universo e ad avere intuizioni stupefacenti, come vedremo nelle altre puntate… E, poi, lo stesso Galilei non riusciva a pensare a un qualcosa di realmente infinito.
Quest’ultima ipotesi, forse la più vera, visto il carattere piuttosto ambizioso ed egocentrico di Galileo, sembra confermata da una lettera inviatagli da Keplero, dopo la scoperta dei satelliti di Giove, un pianeta del Sole e non un altro Sole: “Meno male! Altrimenti potremmo pensare che Bruno avesse ragione con i suoi infiniti Soli e noi cadremmo nell’orrore dell’infinito”.
Eh sì, Bruno era troppo avanti con la sua visione globale e senza limiti, perfino per le traiettorie ellittiche, ma locali, di Keplero.
Dopo il rogo, non ci fu, infatti, alcun moto di ribellione in Europa, benché i suoi viaggi avessero lasciato segni indelebili e suscitato grande ammirazione. Ma l’idea dell’infinito era, per quei tempi, qualcosa di terrificante e ben lontano dall’essere visto come quella costruzione gioiosa descritta da Bruno.
Sembra che ancora Keplero (ma non fu il solo) si fosse fatto una domanda senza immaginarne una risposta: “Se Bruno, ormai, non credeva più nel Dio dei Cristiani, né tantomeno nell’inferno, perché non aveva preso in giro la chiesa, mentendo e abiurando? L'intelligenza non gli mancava di certo! Se non aveva paura del tribunale divino, perché mai non ingannare facilmente quello dell’inquisizione?”
La risposta allora sembrava assurda, ma oggi (forse in pochi) possiamo comprendere che egli giudicava la verità un valore assoluto, per il quale si poteva benissimo morire. E la verità non è dono dei soli credenti… anzi…
Avremo modo di tornarci sopra molte volte.
Quanto descritto oggi, benché sia di eccezionale importanza fisica e non certo solo filosofica, è un minimo frammento della immensa e variegata costruzione cosmologica di Bruno. Ne vedremo delle belle!
7 commenti
Ottima idea quella di riproporre a puntate i "tesori" del blog.
Sicuramente ci saranno nuovi iscritti che avevano perso la prima stesura e li scopriranno, o vecchi "fanatici" che li rileggeranno con piacere scoprendo sempre qualcosa di nuovo.
Grazie
Io sto coi fanatici
Anche io cari enzo e Daniela mi sento fanatico
...e se nuovi e vecchi "fanatici" vorranno anche dolcemente naufragar nell'infinito mare di link inserito nei "tesori" riproposti, ne scopriranno molti altri che non si aspettano o non ricordano.
concordo con Dany... spesso mi sorprendo anch'io di quanta roba è stata scritta, di cui avevo perso il ricordo!
Intanto vi annuncio (povero me!) che ho terminato la RG al microscopio... ben 17 o 18 puntate. Fatevi forza, non sarà una passeggiata (nemmeno per me lo è stata): mi sento teso come un... tensore covariante!!!
Sei un grandissimo, caro Enzo
aspetta a dirlo!