28/11/20

GIORDANO BRUNO (3): "La cena de le Ceneri"

Riproponiamo, suddividendola in alcune puntate, la nostra analisi del pensiero e delle opere di Giordano Bruno, ovvero colui che possiamo considerare il vero iniziatore dell'astrofisica e della cosmologia moderna.

Fu, infatti, questo piccolo monaco (ma solo di statura), quando Galileo ancora era poco più che un bambino, a frantumare le "granitiche" sfere di cristallo aristoteliche con la sola forza del pensiero, riuscendo a volare là dove nessun altro arriverà per oltre tre secoli dopo di lui.


(QUI l'articolo completo, pubblicato il 23/1/2018)

 

Passiamo ora all'analisi di alcune delle opere più celebri di Giordano Bruno, i tre dialoghi filosofici scritti nel prolifico periodo londinese (1583 - 1585) che racchiudono il cuore pulsante della sua visione cosmologica: iniziamo con "La Cena de le Ceneri"

 

A seconda dei climi storici e delle ideologie da difendere, il pensiero di Giordano Bruno, nel corso dei secoli è stato esaltato o esecrato, quasi mai criticamente analizzato: a volte sinonimo di libertà di pensiero e antidogmatismo, altre simbolo di una visione panteistica con implicazioni deterministiche e negatrici dell’autonomia individuale.

CopertinaChi è, dunque, Giordano Bruno? Per rendergli giustizia, non c’è altro modo che lasciar perdere le interpretazioni filosofiche e leggere le sue opere. Solo così saremo in grado di farci un’idea della potenza e modernità del suo pensiero, che va ben oltre la teorizzazione di infiniti mondi in infiniti universi, che egli approfondisce nella sua opera più celebre, a cui dedicheremo il prossimo articolo. Oggi commenteremo le parti salienti di un’altra opera molto importante: “La cena de le Ceneri”.

Pubblicata in Inghilterra nel 1584, “La cena delle Ceneri” fa riferimento ad una cena, forse realmente avvenuta la sera delle Ceneri (il primo giorno di Quaresima, al termine del Carnevale) di quello stesso anno, a casa di Fulke Greville, scrittore e uomo politico, che aveva invitato Bruno a esporre la sue considerazioni sull'eliocentrismo.

Il libro si compone di cinque dialoghi tra Teofilo (colui che espone e sostiene le idee di Bruno), Smitho (uomo di buon senso e privo di pregiudizi), Prudenzio (pedante e attaccato alle tradizioni) e Frulla (uomo semplice e ignorante, ma dotato di grande ironia). Impossibile non richiamare subito alla mente l’impostazione del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” di Galileo, non dimentichiamo, però, che la Cena di Bruno è stata scritta 48 anni prima…

 

 

DIALOGO PRIMO

Questo dialogo è principalmente dedicato all’esposizione della teoria copernicana rispetto alla quale, tuttavia, Bruno rivendica autonomia di pensiero. Infatti, se da un lato riconosce a Copernico il merito di aver dissolto gli errori dell’antica concezione aristotelico-tolemaica, dall’altro lo critica perché non se ne è allontanato molto, limitandosi ad una descrizione matematica, e guardandosi bene dal tentare un’interpretazione fisica. Quindi Teofilo dedica un lungo ed accorato elogio a Bruno, il primo ad aver liberato l’animo umano dalle tenebre dell’ignoranza e "ch'ha varcato l’aria, penetrato il cielo, discorse le stelle, trapassati gli argini del mondo fatte svanir le fantastiche muraglie de le sfere”.

Inoltre, sempre secondo Teofilo, è stato Bruno a rinnovare l’immagine della natura, mostrando quanto gli altri corpi celesti siano simili alla Terra, invitandoci a "veder questo nume, questa nostra madre, che nel suo dorso ne alimenta e ne nutrisce, dopo averne produtti dal suo grembo, al qual di nuovo sempre ne raccoglie, e non pensar oltre lei essere un corpo senza alma e vita, ad anche feccia tra le sustanze corporali"

Tutto ciò pone il pensiero di Bruno in posizione minoritaria rispetto a quello dominante: perché, dunque, seguire lui e non il giudizio comune visto che in tal modo, in caso di errore, si godrebbe comunque del favore generale? Questo il dubbio di Smitho al quale Teofilo risponde che "è più sicuro cercar il vero e conveniente fuor de la moltitudine" per una serie di motivi.

Innanzitutto non è vero che "nell’antiquità è la sapienza" perché “noi siamo più vecchi ed abbiamo più lunga età, che i nostri predecessori”, e poi qualunque opinione, sia essa vera o falsa, prima di diventare antica è nuova all’epoca in cui viene espressa, quindi il solo fatto che un’idea sia nuova non la rende inferiore a quelle antiche. Inoltre è risaputo che “dotti e dottori” non solo preferiscono perseverare nell’errore di ciò che è stato loro insegnato, piuttosto che accettare le idee illuminate di coloro che hanno "libero l’intelletto, terso il vedere e son prodotti dal cielo", ma addirittura si adirano con chi mette a nudo la loro ignoranza.

Come fare, allora, chiede Smitho, a distinguere il vero dal falso se anche le università sono piene di ignoranti? Di chi fidarsi? La risposta di Teofilo è tutt’altro che rassicurante in quanto sostiene che riconoscere la verità “è dono degli dei, se ti guidano e dispensano la sorte da farte venir a l’incontro un uomo, che non tanto abbia l’estimazion di vera guida, quanto in verità sia tale, ed illuminano l’interno tuo spirto al far elezione de quel ch'è migliore”.

Smitho è convinto: vuole conoscere il pensiero di Bruno e il dialogo continua…

 

DIALOGHI SECONDO e TERZO

Dopo un viaggio ricco di peripezie e disavventure, Bruno raggiunge casa Neville, luogo dell’incontro organizzato per cena. Qui viene ripreso il discorso sulla teoria copernicana e, dalla discussione circa un presunto errore di Copernico riguardante la distanza di Venere dal Sole, Teofilo prende spunto per sostenere che "da l’apparenza de la quantità del corpo luminoso non possiamo inferire la verità de la sua grandezza né di sua distanza; perché, sì come non è medesima raggione d'un corpo men luminoso ed altro più luminoso e altro luminosissimo, acciò possiamo giudicare la grandezza o ver la distanza loro."

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Potrebbe essere... ma potrebbe anche essere così:

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Se consideriamo che due secoli dopo Bruno, ancora si pensava che le stelle fossero tutte uguali al Sole e la minore o maggiore luminosità fosse indicativa di maggiore o minore distanza dalla Terra, possiamo cominciare ad apprezzare la strabiliante capacità di ragionamento di questo personaggio. Egli non tira ad indovinare, ma basa le sue teorie sul metodo deduttivo. Infatti immagina come si vedrebbe mutare l’immagine della Terra allontanandosi da essa nello spazio: inizialmente aumenterebbe l’orizzonte visibile, fino all’emisfero, quindi , “vedreimo la Terra con quelli medesimi accidenti coi quali veggiamo la Luna aver le parti lucide ed oscure, secondo che la superficie è acquea e terrestre […….] Allontanandoci dunque, cresce sempre la comprensione de l’emisfero e il lume; il quale, quanto più il diametro si diminuisce, tanto d'avantaggio si viene a riunire; di sorte che, se noi fussemo più discosti da la Luna, le sue macchie sarebbero sempre minori, sin alla vista d'un corpo piccolo e lucido solamente”.

Il dialogo continua e si sposta sulla posizione della Terra nell’Universo: a chi sostiene che il movimento della Terra è impossibile perché si trova al centro dell’Universo, Bruno risponde che "questo medesimo può dir colui che tiene il Sole essere nel mezzo de l’universo, e per tanto immobile e fisso, come intese il Copernico ed altri molti, che hanno donato termine circonferenziale a l’universo"; ma questo argomento non è valido per chi concepisce l’Universo come infinito, e dunque senza che vi sia alcun corpo che occupi il centro o la periferia.

Ma, obietta il docente oxfordiano Nundinio, se fosse vero che la Terra gira verso oriente, le nuvole dovrebbero scorrere verso il lato opposto. Bruno gli risponde che nuvole e venti fanno parte della Terra, la quale comprende "tutta la machina e l’animale intero, che consta di sue parti dissimilari", dai mari ai monti ai sassi ai fiumi; dunque le nuvole si muovono in sintonia con la Terra e insieme con "tutti gli accidenti, che son nel corpo de la Terra." , esattamente come gli esperimenti eseguiti sulla nave (di cui abbiamo parlato nella prima puntata di questa serie) non sono influenzati dal suo movimento, dato che tutti i corpi sulla nave prendono parte al movimento, senza essere influenzati dal fatto che siano o non siano in contatto con la nave.

La risposta lascia Nundinio attonito come se gli fosse apparso un fantasma, quindi cambia argomento ponendo domande sulla natura della materia di cui sarebbero composti gli altri pianeti: secondo Bruno gli altri mondi non sono intrinsecamente diversi dalla Terra: alcuni saranno più grandi, altri più piccoli, alcuni più caldi, altri più freddi, ma la materia di cui sono composti è la stessa e sono proprio gli astri che “hanno la vita in sé”, a “dare nutrimento alle cose che da quelli toglieno la materia, e a' medesimi la restituiscano […..] in continua alterazione e moto, ed hanno un certo flusso e reflusso, dentro accogliendo sempre qualche cosa dall’estrinseco e mandando fuori qualche cosa da l’intrinseco […..] essendo che ogni cosa participa de vita, molti ed innumerevoli individui vivono non solamente in noi, ma in tutte le cose composte; e quando veggiamo alcuna cosa che se dice morire, non doviamo tanto credere quella morire, quanto che la si muta, e cessa quella accidentale composizione e concordia, rimanendono le cose che quella incorreno, sempre immortali".

Quanta verità in queste parole, espressa quando il processo di nucleosintesi delle stelle e il concetto che niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma non erano ancora lontamente immaginati nemmeno dagli scienziati più illuminati! (Se volete approfondire la meravigliosa avventura della Materia, dall’atomo alle stelle e viceversa, potete farlo QUI).

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Tavola periodica degli elementi chimici presenti nel Sistema Solare con l'indicazione della loro origine

 

DIALOGO QUARTO

Smitho riprende il discorso sul movimento della Terra, obiettando che le Sacre Scritture suppongono il contrario di quanto affermato da Bruno. Risponde Teofilo che "nelli divini libri in servizio del nostro intelletto non si trattano le demostrazioni e speculazioni circa le cose naturali, come se fusse filosofia": secondo lui, infatti, il divino legislatore non parla secondo verità semplicemente perché non è saggio né utile divulgare la verità al volgo ignorante che non saprebbe comprenderla. Al volgo va solo insegnato a comportarsi seguendo le giuste regole morali e, per fare ciò, è più utile raccontare metafore comprensibili piuttosto che complicate verità scientifiche. Dunque nelle questioni naturali che hanno come oggetto la verità, le parole della Scrittura non devono essere usate come autorità "e prender per vero quel che è stato detto per similitudine".

I toni del dialogo si fanno sempre più accesi quando si entra nel vivo del confronto tra il sistema tolemaico e quello copernicano: dopo aver messo in evidenza l’ignoranza di due stimati professori oxfordiani, che dimostrano di non aver capito niente di quello copernicano, la serata volge al termine, ma Smitho non è ancora soddisfatto e chiede a Teofilo di spiegargli meglio la dottrina di Bruno…

 

DIALOGO QUINTO

Teofilo spiega a Smitho la cosmologia bruniana, partendo dalla distruzione delle sfere aristoteliche: se si è sempre pensato che i cieli fossero sette per i pianeti e uno per le stelle fisse, è solo perché dalla Terra si osserva "vario moto, che si vedeva in sette, ed uno regolato in tutte l’altre stelle, che serbano perpetuamente la medesima equidistanza e regola", ma il motivo per cui le stelle sembrano muoversi allo stesso modo, è solo la loro enorme distanza da noi. Se dunque noi non vediamo i moti di quelle stelle, non è perché non vi siano, poiché non c'è ragione che non si verifichino negli astri gli stessi fenomeni presenti nelle altre parti del cosmo. "E però non denno esser chiamate fisse perché veramente serbino la medesima equidistanza da noi e tra loro; ma perché il loro moto non è sensibile a noi.", esattamente come quello di una nave molto distante che, pur procedendo velocemente, a noi appare ferma sull’orizzonte.

Quanto a coloro che non riescono a pensare che un corpo così grande e pesante come la Terra possa muoversi, non si comprende perché poi ammettano questo moto per il Sole, la Luna e gli altri pianeti intorno alla Terra; infatti pesantezza e leggerezza non sono qualità intrinseche e assolute delle cose, ma dipendono dalla loro posizione nel cosmo in relazione con gli altri elementi. Come non vedere in queste lungimiranti parole un’anticipazione del concetto di gravità e della differenza tra peso e massa…?

Ma qual è la natura di questa materia di cui è costituito il nostro globo? Essa non si dissolve mai, bensì muta e si rinnova continuamente “cangiando le sue parti tutte” sia all’interno che in superficie "chè nel grembo e viscere della terra altre cose s'accoglieno, ed altre cose da quelle ne si mandan fuori." In questo contesto, l’uomo non ha alcuna condizione privilegiata: "e non è cosa nostra che non si faccia aliena e non è cosa aliena che non si faccia nostra". Le componenti del nostro essere andranno a formare altri esseri, così come il nostro essere è composto di elementi derivati da esseri diversi.

RITRATTO-AUTOGRAFO

 

In definitiva, il cambiamento è l’elemento dominante nell’Universo e niente è eterno, tranne la materia che, però, è in continua evoluzione. Questa sì che è vera immortalità, altro che Paradiso e Inferno…

La serata termina con l’augurio a Bruno di trovare sempre un uditorio all’altezza della sua sapienza e con la richiesta a tutti, nel caso si dovessero nuovamente incontrare in futuro, di dare il meglio di sé o di tacere.

No… Bruno non era umile né modesto, ma la storia della ricerca scientifica ha dimostrato che poteva permetterselo!

Il suo pensiero, infatti, anticipa molte tematiche che saranno sviluppate e dimostrate secoli dopo e lo fa con una naturalezza disarmante. Sembra quasi di sentirlo mentre, tra gioia e stupore, ci sussurra “E’ talmente ovvio… non può non essere così!”

 

2 commenti

  1. Mario Fiori

    Carissimo Enzo il grande Giordano Bruno molto spesso, nella Storia della Letteratura, viene visto un pó di traverso, viene ricordato come seguace delle arti magiche, ispiratore della Massoneria e via dicendo. Non è facile trovare qualcuno che invece capisca, o meglio voglia capire, la grandezza del suo pensiero e delle sue intuizioni (alcuni pur capendolo, a mio parere, hanno proprio paura di capirlo) nell'epoca da lui vissuta. Tutti lo ricordano per il suo carattere spregiudicato e sprezzante verso l'ordine costituito della Controriforma. Fu invece un grande iniziatore del pensiero libero e un grande ed intuitivo anticipatore.

  2. anche per me, Mario, è stato uno dei più grandi pensatori di sempre. E, come ben sappiamo, chi pensa troppo è sempre una mosca bianca da schiacciare.

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