Categorie: Relatività
Tags: gradiente invariante Relatività Generale al microscopio trasformazione di coordinate
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:6
La Relatività Generale al microscopio. 3: Trasformazione di coordinate ***
Questo è il quinto articolo della serie "La Relatività Generale al microscopio"
Uno dei punti essenziali di tutta la teoria della relatività generale è l'indipendenza dei risultati dal sistema di riferimento scelto, qualcosa di simile a quanto ottenuto dalla relatività galileiana e ristretta. Possono cambiare le coordinate, ma non il valore di un certo evento o, meglio, del campo a lui associato. In sintesi: ciò che è vero in un sistema di riferimento deve essere vero in tutti i sistemi di riferimento.
Per potere essere sicuri di ottenere questa indipendenza è, quindi, necessario sapere bene come passare da un sistema a un altro. Cominciamo dalle coordinate di un punto-evento P. Se esse sono xn, in un sistema , quanto valgono in un qualsiasi altro sistema? Teniamo anche ben presente che vale sempre e comunque la relatività ristretta e che i sistemi di coordinate cambiano in modo ormai ben noto, quando vi è un sistema in moto rispetto a un altro.
Vediamo, allora, come fare per collegare tra loro le coordinate di un certo punto-evento, in due sistemi di riferimento diversi. In particolare, vediamo come sia possibile trasformare i gradienti calcolati in un certo sistema di riferimento nei gradienti calcolati in un altro sistema di riferimento.
Iniziamo considerando, per semplicità figurativa, n = 2
Abbiamo il "vecchio" sistema x1 e x2 e introduciamo il nuovo sistema di coordinate y1 e y2. Notiamo subito una cosa: la nuova coordinata y1 può essere espressa, in coordinate x1 e x2 del vecchio sistema come mostrato nella Fig. 8.
In parole semplici, possiamo dire che i valori x1 e x2 del vecchio sistema dipendono dal valore di y1, ossia sono una sua funzione. In altre parole, dato un y1 ne conseguono subito i valori x1 e x2 corrispondenti.
Attenzione: ricordiamo ancora che y non è più l'ordinata di un punto, ma una qualsiasi coordinata di un altro sistema. Mi raccomando, digeriamo bene questo concetto!
Ammettiamo di conoscere i gradienti nel punto P del vecchio sistema, ∂Φ/∂x1 e ∂Φ/∂x2, come possiamo scrivere il gradiente ∂Φ/∂y1 ? Non è difficile, ricordando che x1 e x2 sono entrambi funzione di y1: basta ricordare la derivata di funzione di funzione (derivate parziali in questo caso):
∂Φ/∂y1 = (∂Φ/∂x1)(∂x1/∂y1) + (∂Φ/∂x2)(∂x2/∂y1)
Ovviamente, abbiamo tenuto conto delle due componenti x1 e x2 di y1
La formula precedente va intesa molto bene. Il tutto si riferisce al gradiente relativo alla sola coordinata y1, ma è necessario introdurre due derivate parziali relative a x1 e x2.
Possiamo facilmente estendere la formula da due a tutte le m coordinate del sistema xm (abbiamo usato m al posto di n, ma poco cambia dato che esso è solo l'indice che indica quale asse si considera ed è sempre legato a una sommatoria) e otteniamo:
∂Φ/∂y1 = ∑m(∂Φ/∂xm)(∂xm/∂y1)
E ripetere l'espressione per ogni coordinata yn (dove anche n può essere un numero qualsiasi e non più due)
∂Φ/∂yn = ∑m(∂Φ/∂xm)(∂xm/∂yn) .... (2)
Essa fornisce i nuovi valori dei gradienti in un qualsiasi sistema di riferimento, noti quelli in un sistema di riferimento iniziale
Nota Bene: Stiamo mettendo in evidenza alcune formule che vengono "costruite" nel modo più semplice possibile. Tuttavia, facciamole nostre e capiamole molto bene, dato che nel proseguo della trattazione verranno sicuramente richiamate e prese come assodate una volta per tutte. Non potremo certo, ogni volta che si richiamano, rispiegarle nuovamente... Questo è uno dei grandi problemi legati a equazioni estremamente articolate come quelle di Einstein.
Andiamo, perciò, avanti molto lentamente...
6 commenti
Ti sto marcando stretto, Prof, con questa serie di articoli sulla RG
Non so se è una richiesta strampalata , posso dire che è motivata dalla mia fissazione con gli esempi pratici con cui "sporcarsi" di inchiostro le dita .. E' possibile avere qualche ... esercizio su questo argomento delle trasformazione di coordinate ? Si, del tipo di quelli che assegnava il prof di matematica per far digerire bene un argomento agli studenti
Oh Dio, Arturo! Non mi fare anche preparare degli esercizi!!!
Pensiamo al caso più semplice e comune...
Come esercitazione puoi fare da solo l'unione della Fig. 7 con la 8 e vedere come , mantenendo fissa l'asse h = x3 = y3, cambiano le pendenze rispetto a y1 e y2 (sfruttando il legame tra y1 e x1 e x2 e quello tra y2 e x1 e x2) rispetto alle pendenze rispetto a x1 e x2. Un normale cambiamento di coordinate... Puoi mettere dei numeri e considerare, ad esempio, il punto P come la punta di una montagna non regolare, ma, ad esempio, con la forma di un cono non retto..
Ho capito poco della formula:
∂Φ/∂y1 = (∂Φ/∂x1)(∂x1/∂y1) + (∂Φ/∂x2)(∂x2/∂y1)
e questo non certo perché abbia dei dubbi sulla derivata parziale di funzione composta di 2 variabili,
ma perché non ho capito di quali variabili è funzione la Φ, dato che non sono espresse: sono variabili tipo x (vecchie coordinate) o tipo y (nuove coordinate)? la stessa cosa vale per y1, x1 e x2.
Invece il fatto che la singola componente ∂Φ/∂y1 viene generata da 2 derivate, e chiaro.
Potrebbe esprimere in modo più esteso il calcolo che dà luogo a quella famigerata formula?
O forse c'è una sostituzione che non ho proprio capita? D'altronde il cambio di coordinate è sempre stato un argomento ostico (almeno per me)
Non capisco bene il tuo dubbio... La Φ può essere espressa sia in funzione di y1 che di x1 e x2, dato che y1 è funzione di x1 e x2.
La domanda è: quali sono le variabili da cui dipende Φ? Invece di scrivere semplicemente ∂Φ/∂y1, vorrei fosse scritto ∂Φ(x1,x2)/∂y1, sempre che io abbia capito bene. In questo caso la derivata di funzione composta credo sarebbe:
∂Φ(x1,x2)/∂y1=(∂Φ(x1,x2)/∂x1) (∂x1/∂y1) + (∂Φ(x1,x2)/∂x2) (∂x2/∂y1)
ma, per capire meglio, vorrei andare ancor più in profondità:
∂Φ(x1(y1,y2),x2(y1,y2))/∂y1=(∂Φ(x1(y1,y2),(x1(y1,y2))/∂(x1(y1,y2)) (∂(x1(y1,y2)/∂y1) +
(∂Φ(x1(y1,y2),(x1(y1,y2))/∂(x2(y1,y2)) (∂(x2(y1,y2)/∂y1)
Quando ho scritto il primo commento avevo le idee ancor più confuse di ora!
Caro Giangiacomo,
la faccenda è come tu dici. Il fatto di non indicare x1 e x2 nella formula è solo per renderla più compatta, dato che nel proseguo della trattazione avremo a che fare con formule ben più estese che necessitano di drastiche riduzioni. D'altra parte di cosa sia funzione Ø è scritto chiaramente nel testo...