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Tags: Chicxulub cratere da impatto estinzione dinosauri modello numerico
Scritto da: Guido Ghezzi
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L'IMPATTO PERFETTO (UN PO' MENO PER I DINOSAURI) *
Il presente articolo è stato inserito nella sezione d'archivio Pianeta Terra
Il cratere Chicxulub è la "pistola fumante" dell'indiziato principale responsabile dell'estinzione di massa che ha eliminato i dinosauri. Nuovi studi basati su dati geologici e geofisici indicano che l'impatto potrebbe essere avvenuto in condizioni tali da comportare i peggiori effetti sull'ambiente.
Il cratere di Chicxulub è forse la struttura terrestre da impatto asteroidale più studiata, benchè la sua scoperta sia piuttosto recente. Nel 1978 il geofisico Glen Penfield, dipendente della PEMEX Petroleum (la compagnia petrolifera di stato del Messico) individuò una distribuzione delle anomalie magnetiche a forma di arco presso la costa caraibica della penisola dello Yucatan. Questo iniziale indizio, scaturito da indagini eseguite per tutt'altri scopi, incuriosì Penfield che iniziò a cercare i risultati di precedenti indagini geofisiche nell'area, riuscendo a rintracciare una carta degli anni '60 riportante le anomalie gravimetriche rilevate nella stessa area. La forte correlazione tra la distribuzione delle anomalie magnetiche e gravimetriche portò Penfield ad ipotizzare l'esistenza di una struttura da impatto di notevoli dimensioni (180 km di diametro) sepolta sotto i sedimenti superficiali e ubicata per metà in mare e per metà sulla terraferma.
Successive indagini consolidarono l'ipotesi dell'impatto e il cratere Chicxulub divenne l'indiziato principale cui ascrivere la responsabilità, forse parziale ma certamente non secondaria, di una delle estinzioni di massa che hanno colpito più volte la vita terrestre. A causa della coincidenza cronologica tra l'impatto e i dati paleontologici indicativi dell'estinzione dei dinosauri il cratere è oggi diffusamente citato come la firma lasciata dal "killer" dei dinosauri, che ancora non ha tuttavia un volto ben preciso: meteorite o nucleo cometario?
Chicxulub non è il cratere terrestre più recente tra quelli di grande diametro ma è tra i meglio conservati essendo rimasto sepolto sotto una coltre di sedimenti fin dai primi momenti dopo il catastrofico impatto e perciò protetto dall'erosione. Gli indizi utili a definire le modalità di un impatto asteroidale e le possibili conseguenze passano in generale per dati di carattere geofisico e geologico, cioè rilievi eseguiti nell'area dove si trova il cratere e nelle aree circostanti, talvolta anche in siti piuttosto distanti dal centro del cratere. La morfologia quasi inalterata nonostante i 66 milioni di anni trascorsi dalla sua formazione rende il cratere Chicxulub particolarmente adatto ad essere studiato per ottenere informazioni sulla dinamica dell'impatto.
I rilievi eseguiti nel sito di Chicxulub sono stati sia di tipo diretto, cioè analisi molto dettagliate di rocce prelevate dal cratere tramite perforazioni a varia profondità (per esempio analisi petrografiche per individuare tracce di esposizione a elevate pressioni da impatto), che di tipo indiretto, cioè misurazioni dei campi magnetico e gravitazionale locali nonchè della velocità con cui le onde sismiche si propagano nel sottosuolo. L'insieme di tutti questi dati è finalizzato ad ottenere un quadro il più preciso e completo possibile della struttura da impatto. Il quadro così ottenuto costituisce la base da cui partire per ipotizzare gli scenari plausibili del fenomeno, tenendo naturalmente conto anche dei fattori astronomici.
Studi di questo tipo sono tutt'altro che semplici. Una difficoltà, tanto per citare la più immediata, sta nel riuscire a discernere quali tra le caratteristiche geologiche oggi riscontrabili nel sito siano effettivamente state generate dall'impatto oppure fossero preesistenti. La distinzione è cruciale: certe caratteristiche geologico-morfologiche particolari possono indicare, se ascritte all'impatto, un angolo di incidenza dell'impattore più o meno lontano dalla verticale e, di conseguenza, influenzare in modo determinante la stima della quantità di materiali vaporizzati e immessi nell'atmosfera. A loro volta queste stime conducono a differenti scenari post-impatto. Si stima che impatti asteroidali perpendicolari alla superficie siano molto rari, circa 1 caso su 15 avviene con un angolo compreso tra 75° e la verticale e solo 1/4 degli impatti avviene con angoli compresi tra 60° e la verticale. La determinazione dell'angolo d'incidenza è quindi un aspetto non secondario nel fenomeno.
Per poter risalire dalle caratteristiche strutturali dell'area del cratere alle probabili condizioni dell'impatto e in particolare al probabile angolo d'incidenza occorre risolvere problematiche di non trascurabile complessità: si tratta di simulare l'impatto e verificare quanto le sue conseguenze si accordino con i dati rilevati nel cratere e nel suo intorno.
La simulazione può esser condotta tramite un "modello" numerico, cioè ipotizzando una situazione iniziale definita geometricamente e fisicamente (un certo numero di strati con differenti valori di spessore, densità, rigidità, una certa distribuzione di piani di discontinuità, fratture, faglie e così via). L'impattore a sua volta va ipotizzato con certe caratteristiche di base, principalmente dimensione e densità. Infine occorre definire il valore di velocità dell'impattore e la direzione del suo moto rispetto alla superficie terrestre al momento dell'urto.
In generale il numero di parametri ed i limiti entro cui essi possono variare rendono il modello e la simulazione del fenomeno più o meno complessi e onerosi dal punto di vista computazionale. In particolare le difficoltà di calcolo divengono notevoli quando la simulazione è condotta in 3 dimensioni, dove in sostanza si tratta di suddividere il modello in piccoli volumi omogenei per caratteristiche, vincolati gli uni agli altri da relazioni ben precise e calcolare l'effetto prodotto su ciascun volume al momento dell'impatto e negli istanti successivi. Ogni piccola porzione in cui è suddiviso il modello è influenzata dall'urto in modo diverso in funzione della sua posizione, dei valori dei parametri che la contraddistinguono e da quanto accade alle porzioni confinanti. Non è un lavoro semplice ma permette di valutare l'influenza dell'angolo di incidenza dell'impattore.
In ogni caso anche una volta ottenuto un risultato apparentemente in buon accordo con i dati rilevati, non è detto che la simulazione abbia riprodotto davvero quanto accaduto in realtà; il risultato è solo uno tra i molti possibili (virtualmente infiniti) e anche una volta stabiliti precisi limiti di plausibilità è bene tenere sempre presente che la simulazione è affetta da margini di incertezza non eliminabili poichè si è costruito il modello in base ad un certo numero di assunzioni di partenza e non di dati "certi" e poiché il modello è per sua natura composto da piccoli volumi, cioè è “discretizzato” in singole unità, mentre la realtà geologica non lo è.
Un recente articolo (Collins G. S., Patel N., Rae A. S. P. et al. 2020. Nature Communications)1 ha presentato il risultato di una simulazione tridimensionale dell'impatto elaborata con un programma di calcolo sviluppato da uno degli autori anni addietro specificatamente per simulare gli impatti asteroidali e successivamente potenziato, migliorato e raffinato (codice iSALE2).
I dati ottenuti dalle indagini condotte sul sito di Chicxulub hanno evidenziato asimmetrie strutturali nel cratere, tra queste alcune non sono riconducibili a condizioni geologiche preesistenti all'impatto e sono state pertanto prese come termini di riferimento con cui confrontare i risultati forniti dalla simulazione numerica.
La simulazione è stata condotta ipotizzando svariate situazioni differenti, dal diametro dell'impattore (da 16 a 21 km) alla sua velocità (da 12 km/s a 20 km/s) e, naturalmente, all'angolo rispetto alla superficie orizzontale (da 90° a 30°) fino ad individuare le condizioni iniziali per cui la simulazione producesse un risultato finale in accordo con le caratteristiche rilevate nel cratere.
L'animazione che segue riporta la ricostruzione dell'impatto lungo una sezione trasversale del modello 3D. In grigio scuro il mantello superiore, in grigio chiaro la crosta terrestre, in marrone chiaro i sedimenti superficiali, in rosso la roccia fusa e in gradazioni di azzurro la roccia con strutture da chock d'impatto (al colore più intenso corrispondono le strutture causate dalle massime pressioni). La griglia in nero evidenzia le deformazioni subite dai volumi di roccia. L'animazione è accelerata, lo scorrere del tempo è mostrato nell'angolo in alto a destra.
Al di là dei risultati discussi nell'articolo (di cui si parla più avanti) l'animazione è molto utile per rendere contezza delle apocalittiche dimensioni del fenomeno, ben oltre gli ordini di grandezza con cui l'uomo è abituato a confrontarsi. L'impattore artefice di Chicxulub non è altro che un proiettile se paragonato alla Terra, con un diametro appena superiore ad una decina di km (al massimo 20) e una velocità compresa tra 10 km/s e 20 km/s circa, tutt'altro che impressionante, astronomicamente parlando. Eppure gli effetti immediati dell'urto sono devastanti.
La simulazione mostra con chiarezza che l'intero spessore della crosta continentale, 30 km di roccia compatta con una pellicola di sedimenti superficiali, viene trapassato. In venti secondi il "buco" giunge a lambire la discontinuità tra crosta e mantello superiore (discontinuità di Mohorovicic), questa si inflette seguendo l'affossamento subito dal mantello sottostante. I bordi del cratere iniziale si innalzano oltre i 30 km, ben al di sopra del limite troposferico, e ricadono in chilometrici brandelli, in parte fusi, a decine e decine di chilometri dal punto dell'impatto. Sono passati circa 2 minuti e mezzo dall'istante zero, il mantello rilascia l'energia accumulata e si gonfia sospingendo verso l'alto per 5-6 km i resti della crosta soprastante. Le pareti dell'immane vuoto si richiudono sotto l'effetto della gravità e il centro inizia a risalire per effetto del "rimbalzo elastico" (come la crosta gravata dalla calotta glaciale si rigonfia nei periodi interglaciali caldi, a scioglimento avvenuto e in tempi molto lunghi).
Un ipotetico osservatore molto distante avrebbe visto a questo punto lievitare in un minuto una gigantesca struttura montuosa fino all'altezza di 11-12 km (ben più dell'Everest). Nel minuto e mezzo successivo il bubbone si allarga e collassa lasciando sul luogo dell'impatto la struttura circolare più o meno come la troviamo oggi, mentre imponenti sciami sismici accompagnano gli ultimi sussulti della crosta terrestre e del mantello superiore. Sono passati in tutto circa 10 minuti, la fase parossistica dell'impatto è terminata ed è già iniziata la fase secondaria: uno tsunami probabilmente globale, l'immissione in atmosfera di enormi quantità di vapor d'acqua, CO2, polveri e la propagazione di un'onda di calore. Questi fenomeni, ritenuti plausibili ma di entità e portata ancora tutte da definire, esulano dalla ricostruzione in oggetto ma la loro quantificazione dipende dalle modalità dell'impatto.
L'animazione che, va ricordato, non è una ricostruzione artistica ma il risultato di una modellizzazione numerica tridimensionale appoggiata a procedimenti computazionali ben precisi e vincolata da specifiche condizioni fisiche, evidenzia molti dettagli. Tra questi vi è la posizione dei volumi di roccia che hanno subito la fusione e la distribuzione degli indicatori delle pressioni dovute all'impatto (strutture e microstrutture nei campioni di roccia), entrambi dei veri e propri “traccianti”.
Le conclusioni tratte nell'articolo sono derivate da una serie di simulazioni condotte, come detto, in condizioni via via diverse. La sezione di fig. 1 riporta il risultato finale (cioè una volta che nell'area è terminata la quasi totalità delle sollecitazioni meccaniche dovute all'impatto) di due delle simulazioni. In questo caso è stato ipotizzato un impattore di diametro 16 km, densità di 2630 kg/m3, velocità all'impatto di 12 km/s. In (a) il risultato per una traiettoria inclinata di 45° e in (b) di 90° (impatto verticale).
E' subito evidente la simmetria della struttura del cratere nel caso di impatto verticale (b) e l'asimmetria nel caso di impatto inclinato (a) dove l'impattore proviene dalla destra della sezione. In particolare sono la distribuzione dei volumi che hanno subito fusione (punti rossi) e la distribuzione degli indicatori di pressione da shock (gradazioni di azzurro, vedi riquadri ingranditi) a fornire importanti indicazioni da confrontare con i dati sperimentali raccolti nel cratere.
La fig. 2 riporta i risultati delle simulazioni che gli autori ritengono tra quelli maggiormente in accordo con i dati di campagna. E' stato ipotizzato un impattore con densità di 2630 kg/m3, velocità all'impatto di 20 km/s. In (a) il risultato per una traiettoria inclinata di 30° sull'orizzontale con diametro dell'impattore di 16 km e in (b) di 60° con diametro dell'impattore di 13 km.
Il notevole valore (e difficoltà di elaborazione) della ricostruzione risiede, come detto, nel fatto che essa sia tridimensionale, ciò rende i risultati direttamente confrontabili con la distribuzione dei valori misurati sul campo per i vari parametri. Tra i particolari val la pena notare come anche il mantello superiore abbia risentito dell'impatto: inizialmente la superficie di contatto con la base della crosta terrestre (la discontinuità di Mohorovicic) si è infatti infossata per poi “rimbalzare” verso l’alto alla ricerca di un nuovo stato di equilibrio.
Inoltre un rapido sguardo all’andamento delle linee che formano la griglia permette di farsi un’idea della pervasività del fenomeno: sono presenti ripiegamenti drammatici, persino inversioni di giacitura (cioè superfici che originariamente formavano la base degli elementi della griglia dopo l’impatto si trovano a formare il tetto) fino a distanze di almeno 60 km dal punto dell’impatto.
La fig. 3 riporta i “fotogrammi” di 4 momenti successivi della simulazione con l’impattore avente diametro di 16 km, velocità 20 km/s e angolo di incidenza di 30° con l’orizzontale.
La fig. 4 riporta le risultanze delle simulazioni in 4 diverse condizioni e con vista dall’alto, elemento di estrema importanza che una ricostruzione bidimensionale non può fornire. E’ chiara l’asimmetria morfologica del cratere e della disposizione degli elementi che hanno subito fusione (in rosso) nonché delle strutture da chock pressorio (in blu) quando l’impatto non avviene verticalmente (riquadri a, b, c). L’accordo con i dati di campagna non è solo qualitativo ma anche quantitativamente convincente.
Lo studio mostra quindi che l’ipotesi di un impatto non verticale all’origine del cratere Chicxulub è senz’altro consistente con le misure e i dati sperimentali rilevati nell’area e nel suo sottosuolo. In particolare la simulazione numerica indica che un angolo della traiettoria dell’impattore con la superficie compreso tra 60° e 45° (e direzione da nordest verso sudovest) è probabile. In base ad altri studi si ritiene che queste siano le condizioni con la maggiore capacità di vaporizzare CO2 e zolfo dai sedimenti originariamente presenti nel sito di Chicxulub, circa una massa totale doppia o tripla rispetto a quella vaporizzata da un impatto verticale e circa un ordine di grandezza superiore a quella vaporizzata da un impatto con un angolo molto basso (15°).
Insomma ai poveri dinosauri sembra sia andata proprio male: la sfortuna non solo pare che abbia mirato bene ma che abbia anche fatto in modo di massimizzare gli effetti distruttivi su scala globale e a lunga scadenza piuttosto che quelli immediati (già comunque catastrofici) e su scala locale.
1 - https://www.nature.com/articles/s41467-020-15269-x#Sec1
2 - https://isale-code.github.io/
QUI un'indagine sul possibile mandante del genocidio dei dinosauri, condotta dal prof. Zappalà negli anni '80!
16 commenti
Mi domando se ai giorni nostri, con l'attuale tecnologia, saremmo in grado di deviare questo corpo. Ammesso un suo diametro di 20 km e ammessa la fortuna di vederlo appena possibile con la risoluzione dei nostri strumenti, a che distanza sarebbe dalla terra? Ammessa anche la fortuna che viaggiasse solo a 10 km/s, quanto tempo avremmo per lanciargli contro uno o più missili per fare esplodere di lato (immagino) una o più potentissime testate nucleari (troppo pesanti, immagino) al fine di deviarne la rotta? Di quanti gradi?
O l'unica chance è quella di abbandonarci a una gran Melancholia come quella descritta da Lars von Trier?
caro Alberto,
ti rispondo io essendo sicuro che Guido confermerebbe.
Un asteroide di parecchi chilometri, ma anche meno, non può essere deviato quando è in rotta di collisione. Potrebbe essere fatto solo molti anni prima, quando non sarebbe possibile prevedere l'impatto con una probabilità "politicamente" sensata. Il che vorrebbe dire non meno del 90%. Purtroppo, a causa delle orbite caotiche di questi oggetti, anche alcuni mesi prima dell'impatto la probabilità sarebbe sempre ben inferiore al 90%. Conclusione? Nessuno potrebbe agire e faremo la fine dei dinosauri, anche con tutta la nostra tecnologia. Sperare di frantumarlo in pezzi talmente piccoli da non causare disastri è altrettanto impossibile, con il rischio di avere una pioggia di frammenti di un paio di chilometri ciascuno che farebbero ancora più danno.
La politica, le ambiguità su chi prende le decisioni, una decisione accettata da tutti, fanno sì che non resta che aspettare... o -al limite- non ci resta che piangere!
Ricordiamo, poi, che come si potrebbe deviare un asteroide per fargli evitare l'impatto, sarebbe altrettanto possibile deviarlo per CAUSARE un disastro, magari ben mirato! Trai da solo le conclusioni...
Se fai riferimento all'ipotesi "Bruce Willis", Alberto, un gruppo di studenti qualche anno fa ha fatto un po' di conti e l'ha bocciata...
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2017/09/27/miei-amici-asteroidi-6-gli-studenti-bocciano-bruce-willis/
Buongiorno a tutto il Circolo. Concordo del tutto con Enzo. Per quanto la possibilità di condividere la fine dei dinosauri e sparire nel giro di pochissimo tempo (pare tuttavia che qualche specie particolarmente dotata e rintanata in specifiche nicchie ecologiche sia sopravvissuta, pur cedendo lo scettro del "dominio" sulla Terra) possa mettere un po' d'ansia in noi uomini, tendo a considerare questo "essere appesi ad un filo" (e non ci rendiamo conto di quanto sottile e labile esso sia) come una delle regole del gioco. E ciò deve farci apprezzare ancora di più la bellezza che i ns occhi possono vedere, la musica che possiamo ascoltare, il gusto per la conoscenza, il piacere di scoprire. Siamo ospiti, entrati un attimo fa per una breve visita nell'immenso Teatro e tra poco ce ne andremo. Lo spettacolo andrà avanti senza di noi, godiamoci quel che di esso riusciremo a vedere.
Quando vago tra i monti ho l'abitudine di accostarmi al fianco della montagna e toccarne la roccia. E penso che quella montagna stava là, pressochè immutata, da tempo lunghissimo, ben prima di me, dell'uomo, dell'australopiteco, forse anche prima che ci fossero uccelli a girar per il cielo. La vera dimensione umana, per me, sta tutta lì. E se guardo il cosmo questo pensiero non può che rafforzarsi, naturalmente.
Leggo sullo smartphone questo articolo il giorno in cui è stato pubblicato. Guarda caso il giorno dopo “l’algoritmo” di YouTube mi propone fra i consigliati un video di 1 h e mezza riguardante la collisione di una cometa con la Terra.
Una specie di film in cui storie parallele di personaggi in varie parti del mondo si sviluppano nei momenti prima, durante e dopo l’impatto. Queste storie vengono inframezzate da interventi di scienziati, ognuno specializzato in un determinato campo della scienza (fisica, biologia, geologia, antropologia, psicologia ecc..) .
In effetti, come nella risposta data su dal professore, anche in questo filmato si mostra come l’attuale tecnologia non sarebbe in grado di deviare il corpo in rotta di collisione (si vede una testata che scalfisce minimamente la cometa) .
Oltre alle distruzioni immediatamente successive all’impatto, viene descritta soprattutto la situazione nelle settimane e mesi seguenti. Si parla di lungo inverno, di miseria, lotte per sopravvivenza, fame e malattie per chi è sopravvissuto (almeno all’inizio…). Ma anche di resilienza e adattamento alle nuove condizioni (vedi rane “scongelate”…)
I commenti al film sono ovviamente vari, e spaziano da una critica prettamente scientifica alla critica alla pessima recitazione degli attori.
In ogni caso interessante è stato il commento di un utente il quale scrive che preferirebbe essere incenerito all’istante dalla cometa piuttosto che dover affrontare quello che ne segue.
Tuttavia, per adesso, la cosa che mi inquieta è l’algoritmo di YouTube.
Non c'è niente di inquietante nell'algoritmo di YouTube, Giuseppe.
Prova ad investire pochi secondi per personalizzare la gestione dei cookie, magari ripulendo i tuoi dispositivi ogni tanto. Vedrai che non avrai più la sensazione di essere "spiato" dai giganti del web.
Qui qualche consiglio per i cellulari:
https://www.aranzulla.it/come-eliminare-i-cookie-dal-cellulare-1114668.html
e qui per i pc (a seconda del browser che si utilizza per navigare in internet)
E non dimenticarti di entrare nelle opzioni privacy di Google, Facebook, Amazon e quant'altri per negare un po' di consensi ai trattamenti che possono effettuare sui tuoi dati personali.
Funziona sai... provare per credere!
Brava Dani, tutto vero ma è un lavoro immane i cookie sono un'infinità ed è difficile risalire a colpo d'occhio alla loro origine e quindi utilità. Concordo con Giuseppe anche a me inquieta l'algoritmo e non solo quello di youtube che per ora mi pare abbastanza innoquo. Da parte mia cerco di confondere gli "algoguardoni"con un IP dinamico e altri trucchetti da antivirus ma è un'impresa disperata.
No, no... ti assicuro che il lavoro non è per niente immane. La cosa migliore è fare pulizia di tutti i cookie senza mettersi a scegliere, la cosa peggiore che può capitarti è la perdita di qualche password memorizzata nel browser, ma puoi effettuare le procedure di recupero password (tra parentesi: pessima abitudine quella di memorizzare le password e di non fare il logout quando si esce da aree risevate). Meglio ancora sarebbe gestire le preferenze sui cookie all'apertura di ogni sito (non ci vuole molto), ma non tutti rispettano la legge dando la possibilità di farlo agevolmente, quindi non sempre è possibile. Altra possibilità molto comoda è quella offerta da Mozilla (ma forse anche da altri, non so) di cancellare tutti i cookie ogni volta che chiudi il browser, così li puoi accettare tutti tranquillamente, tanto sai che, una volta terminata la sessione di navigazione, viene fatta pulizia.
Insomma, le possibilità per "difendersi" sono tante (l'ip dinamico non serve a niente da questo punto di vista), basta volerlo. Attenzione, però, a non difendersi troppo: l'economia del dato si deve pur alimentare e, se viene alimentata in modo conforme alle regole di protezione dei dati personali, ben venga!
Il fatto è che i cookie sono mooolto utili, più volte ho pulito il browser e me ne sono sempre pentito tempo dopo..... In questo momento sono attivi circa 1000 cookie sul mio chrome ed il 90% almeno sono innoqui, insomma fare la pulizia non è cosa da due minuti e dura davvero poco. Sull'ip dinamico ti sbagli o meglio ogni caso va valutato a sè, nel mio caso ti garantisco che contemporaneamente alla lingua utilizzata contribuisce parecchio a confondere i messaggi pubblicitari che tentano di bersagliarmi. Amazon ha rinunciato a colpirmi e non mi pare poco, si certo non so fin che dura.
Lungi da me convincerti a ripulire il pc dai cookie, ci mancherebbe, ognuno ha i cookie (e gli indirizzi ip) che si merita
E poi, a seguito della “stretta” sulle condizioni del consenso operata dal Regolamento europeo (c.d. Gdpr), sono diventati uno strumento sempre più difficile da usare (per chi li installa a fini di profilazione) rispettando la legge. La nuova frontiera della profilazione, infatti, si chiama fingerprinting ed è più insidiosa perché non installa niente sul tuo dispositivo (quindi non hai neanche la possibilità di rimuovere lo strumento di tracciamento), ma ti riconosce in base ad una combinazione di caratteristiche del dispositivo (tipo di browser, impostazioni grafiche del monitor, caratteristiche del sistema operativo, ecc...) che costituiscono una sorta di impronta digitale, con una possibilità di errore non superiore al 5%.
Insomma, non è facile affrontare un discorso sulla consapevolezza in materia di protezione dei propri dati personali in poche righe di commento su un blog, ma è lì che voglio arrivare... può essere bello anche farsi tracciare, “spiare” e profilare, l’importante è cercare di essere, per quanto possibile, parte attiva in questo processo. Certamente non è facile, ma se neanche ci si prova...
Piu di quelli che si merita direi quanti ne merita ahahahah. So che sei esperta della questione e non conosco la materia per contraddirti e neanche lo voglio, la mia precisazione riguardava la non così facile gestione nella pratica e segnalavo che è possibile tentare di confondere la profilazione e tentare di rientrare nel 5%. Cancellare i cookie dopo che hanno fatto il loro lavoro ritarda semplicemente di poco l'esito, meglio che niente ma il tempo dedicato è notevole. Ieri sera ci ho riprovato selettivamente e dopo venti minuti non avevo manco terminato la lettera "a". Le leggi tipo quella che citi sono fatte con le appropriate scappatoie e per agevolare queste operazioni di pulizia sarebbe bastato l'obbligo di nominare il cookie con il nome della pagina che lo ha installato per renderlo subito riconoscibile ma a volte manco quelli "onesti" sono di facile identificazione. Riguardo hai dati personali in senso stretto la questione è grottesca, quasi tutti sono su facebook a mettere in piazza tutto e di più........
Appunto... però non scaricano le app per il tracciamento dei contatti "covid" per non farsi spiare dallo Stato. E' per questo che serve consapevolezza da parte di chi li fornisce i dati, non è una questione di scappatoie più o meno legali.
Ti faccio un esempio: entrare in casa altrui per rubare è reato, su questo dubbi non ce ne sono. E neanche ci sono dubbi sul fatto che i ladri cercano "scappatoie" per aggirare il divieto. La domanda è: lasci la porta di casa aperta perché sai che, se vogliono, riescono ad entrare anche a Fort Knox, oppure tenti comunque di difenderti, pensando che, tra una casa con la porta aperta e una con la porta chiusa, a parità di "interesse", i ladri entreranno in quella con la porta aperta?
Ecco... dovremmo imparare a considerare i nostri dati personali un bene prezioso e provare a proteggerli chiudendo la porta. Poi si sa che il "ladro" molto bravo può prenderseli lo stesso, ma se gli si lascia la porta aperta, lo farà di sicuro, se la si chiude non è così sicuro che lo farà.
Ma, poiché abbiamo approfittato fin troppo dello spazio di Guido e dei suoi dinosauri (scusa Guido!), per chi fosse interessato, sposto la discussione da un'altra parte. Il boss mi ha dato l'ok a pubblicare due righe sull'argomento e lo farò con piacere...
Mi dispiace che una mia battuta, a chiosa di un commento più ampio nello spirito dell’articolo di Guido, abbia generato una serie di cosiddetti commenti OT.
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Pertanto, ritornando sui binari giusti, vorrei aggiungere ancora un aspetto sottolineato in quel film sulla catastrofe, ovvero che dopo l’impatto la termperatura dell’aria nel globo può raggiungere anche i 100 gradi centrigradi, per via del fatto che i lapilli incandescendi eiettati nell’atmosfera (o forse anche al di sopra se ho ben capito) ricadono e vengono trasportati ovunque riscaldando l’aria a livello globale.
Inoltre viene anche mostrato brevemente una simulazione 3D dell’impatto, nella quale si parla anche dell’inversione di giacitura nel luogo dell’impatto, come menzionato da Guido nel suo articolo.
Secondo voi è plausibile l’ipotesi dell’aria a 100 e più gradi?
Ok Dani attendiamo l'articolo.
Scherzi Giuseppe ogni scusa è buona per imparare qualche cosa, poi la tua battuta alla Woody Allen mi ha davvero divertito. Non ho idea dei 100 C° ma direi di prendere un film per quello che è non diventarci matto sicuramente l'ultimo pensiero del regista era l'aderenza alla realtà e il primo il botteghino.
I materiali solidi più fini immessi in atmosfera sono quelli destinati a restare più a lungo in aria prima di tornare al suolo, molto probabilmente dopo aver subito un trasporto notevole. In un tempo così lungo dovrebbero raffreddarsi, in fin dei conti sono particelle molto piccole e quindi di calore possono conservarne ben poco, senza poi considerare l'effetto del gradiente termico atmosferico. L'onda di calore dovuta all'impatto c'è stata sicuramente ma tenderei a considerarla un effetto regionale piuttosto che globale (secondo un'ipotesi di un paio d'anni fa si sarebbero incendiati i grandi depositi di idrocarburi presenti nel sottosuolo che avrebbero bruciato per mesi e mesi rilasciando ulteriori ceneri e vapor d'acqua nell'atmosfera). Mi rimetto ad un eventuale parere più approfondito di Enzo ma è bene ricordare che modelli del genere affidabili sono estremamente complessi da realizzare per la quantità di variabili in gioco, alcune delle quali ben difficili da quantificare con margini di errore accettabili.
D'accordo pienamente caro Guido. D'altra parte, senza voler aumentare gli effetti apocalittici, basta e avanza la quantità di cenere e polvere immessa nell'atmosfera. Nel piccolo, ricordo che ero in Arizona poco dopo l'eruzione del Monte Saint Helens e, senza pensarci, mi accorsi che il cielo normalmente azzurro scuro di quella zona desertica era simile ai nostri pomeriggi afosi d'estate. La ragione era la cenere del vulcano e vi posso assicurare che gli effetti erano notevoli. L'eruzione ha liberato un'energia estremamente ridicola di fronte a quella che libererebbe un asteroide di 10 km!!