Categorie: Storia della Scienza
Tags: aberrazione annua Angelo Secchi Eros Foucault Halley Unità Astronomica velocità della luce
Scritto da: Vincenzo e Daniela
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La storia dell'Unità Astronomica (7): Dal XIX secolo ai giorni nostri
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Con questo articolo terminiamo la carrellata storica dedicata alla determinazione della distanza Terra-Sole arrivando fino ai giorni nostri, ma non prima di avere dato a Halley ciò che è di Halley!
Siamo soliti associare Edmond Halley solo alla celebre cometa a cui ha dato il nome (il cui passaggio del 1758, verificatosi come da lui previsto in base alla newtoniana Legge di Gravitazione Universale, fu la prima prima prova sperimentale che tale legge era davvero universale!). E invece dovremmo ricordarlo anche per altri meriti, tra cui quello di avere prima convinto Newton a pubblicare la "bibbia" della fisica moderna (Philosophiae naturalis principia mathematica - 1687) e poi di averlo fatto a sue spese. Ma non solo... la sua fama nella storia della Scienza è fortemente legata alla sua geniale idea di misurare la parallasse solare tramite l'osservazione dei transiti di Venere (spiegata in modo dettagliato QUI): essa, infatti, riscosse un tale successo da riuscire a movimentare una inimmaginabile messe di uomini, cervelli e mezzi nell'arco di oltre un secolo.
Delle spedizioni organizzate per osservare e documentare i transiti del 1761 e 1769 abbiamo parlato QUI e QUI... non approfondiremo quelle del 1874 e 1882 ma vale la pena ricordare che l’astronomo reale G.B. Airy (1801-1892), convinto che gli sviluppi tecnici della strumentazione astronomica (in particolare spettroscopia, fotografia, eliometria) e i nuovi metodi matematici avrebbero consentito di ottenere un valore più accurato della parallasse solare, propose di approntare un consistente numero di stazioni astronomiche, sparse sui due emisferi, per l’osservazione di tali transiti. E così fu! Decine di spedizioni, dotate dei più avanzati mezzi e tecniche del tempo, furono organizzate da molte nazioni e inviate ai quattro angoli della Terra.
Tra di esse non possiamo non menzionare la spedizione italiana a Muddapur (India) del 1874, coordinata da Pietro Tacchini (1838-1905) e padre Angelo Secchi (1818-1878), il fondatore della spettroscopia astronomica. Fu proprio la spettroscopia la tecnica con la quale venne osservato il transito perché, come diceva Tacchini, "dalle ricerche spettrali fatte sul Sole, specialmente dalle specole italiane, ne è già nata la convinzione per diversi astronomi, che l’antica maniera di osservare i contatti debba cedere il posto al nuovo metodo offerto dalla spettroscopia". Non a caso, nella seconda metà del XIX secolo, l'Italia era all'avanguardia nello sviluppo delle tecniche spettroscopiche applicate alle ricerche solari.
I risultati delle molteplici osservazioni, tuttavia, pur avvicinandosi al valore reale, di fatto decretarono l’inadeguatezza dei transiti di Venere per il calcolo accurato della parallasse solare: gli strumenti non riuscivano a cogliere gli esatti istanti dei contatti geometrici tra i bordi di Venere e del Sole, sia per l'onnipresente effetto della goccia nera (di cui abbiamo parlato QUI) che per l’atmosfera del pianeta.
Ciò niente toglie alla genialità dell'idea di Halley, la cui importanza è testimoniata dalle parole che, nel 1883, scrisse il presidente dell’Académie des Sciences, É. Blanchard:
"...io ho fiducia che nel XXI secolo, nell’anno 2004, allorché si rinnoverà il fenomeno del passaggio di Venere davanti al Sole, gli astronomi dell’epoca renderanno omaggio agli osservatori del 1874 e del 1882, che avranno lasciato numerosi documenti ed elementi di confronto di una rigorosa precisione".
Una svolta fondamentale si ha con la scoperta dell’aberrazione annua e la determinazione della velocità della luce.
La costante di aberrazione, che non è altro che il rapporto tra la velocità orbitale della Terra e la velocità della luce, si misura direttamente attraverso il moto apparente di una stella qualsiasi, essendo indipendente dalla distanza, può, perciò, portare a una determinazione del semiasse terrestre di grande precisione, dato che è facile calcolare la velocità della Terra, tenendo conto dell’eccentricità orbitale.
Non è difficile dimostrare (vedi figura) che la velocità tangenziale vT è sempre scomponibile in due componenti, una perpendicolare al raggio vettore e l’altra perpendicolare al semiasse.
Ovviamente, è solo la prima a influire sulla costruzione dell’ellisse parallattica e, con qualche calcolo non difficile, si ottiene:
K = 2πa/(cP(1 – e2)1/2)
Notiamo che ponendo l’orbita circolare (e = 0) si ottiene la semplice relazione:
K = 2πa/cP = vT/c
Grazie a questo metodo, Léon Foucault (sì, proprio quel Foucault che interpretò il moto di rotazione della Terra col celeberrimo pendolo), nel 1862, riesce a ottenere un valore della parallasse solare di 8”.86, ossia un valore pari a 0.9926 volte l’Unità Astronomica ufficiale di oggi. Nel 1882 Cornu raggiunge addirittura un valore pari a 1.00002. Praticamente la perfezione… anche se un po’ fortunata.
E’ interessante notare come ancora nel 1964 il metodo fosse ampiamente usato, con risultati estremamente buoni. Vale la pena leggere questo articolo estremamente didattico.
Ormai, nel grafico dei risultati ottenuti in funzione del tempo, siamo giunti nella parte finale quasi rettilinea.
Ma possiamo chiudere questa carrellata storica senza dedicare almeno un cenno ai nostri amici asteroidi? Certo che no.
Nel 1897 viene scoperto l’asteroide Eros, capace di sfiorare la Terra e di mostrarsi con un luminosità notevole, pur rimanendo un punto. L’ideale per rispolverare i “vecchi” sistemi delle osservazioni da vari punti della Terra o dallo stesso punto, alla mattina e alla sera (parallasse diurna). E’ quasi commovente leggere un articolo del 1901, dove si riassume la scoperta e la ghiotta occasione che rappresenta. L’autore è W. W.Campbell, direttore del celebre Lick Observatory. Ne riportiamo alcune frasi iniziali, ma l’intero articolo si può trovare QUI.
"…. Il lavoro di mappare il cielo per mezzo della fotografia è stato organizzato dalla conferenza astrografica di Parigi già da qualche decennio. Circa 50 dei maggiori telescopi del mondo stanno ormai collaborando in un grande programma di osservazioni per migliorare la conoscenza della distanza tra la Terra e il Sole. […..]. L’accuratezza dei risultati ottenuti in questo modo [NdT: attraverso osservazioni di pianeti da punti diversi della Terra] dipende dalla distanza dell’oggetto osservato dalla Terra e dalla sua nitidezza puntiforme. Marte ha il vantaggio di essere più vicino alla Terra degli asteroidi [NdT: di fascia principale], ma questo vantaggio viene annullato dal fatto che l’immagine puntiforme di un asteroide può essere osservata con maggiore accuratezza che un dischetto planetario. Lo splendido lavoro di Gill (NdT: 1881, 8.”78 +/- 0.12) potrebbe essere migliorato teoricamente, ma non con la strumentazione odierna".
"Un asteroide, scoperto nel 1898 dal Dr. Witt a Berlino, al quale è stato dato il nome di Eros, è un vero regalo in questo contesto, dato che la sua orbita spende una parte all’esterno dell’orbita di Marte e una parte al suo interno. Esso si avvicina al nostro pianeta più di ogni altro corpo celeste, a parte la Luna…"
Segue poi una parte più tecnica che riassume lo schema delle osservazioni da compiere e le collaborazioni da attivare. Il risultato ottenuto dal programma diede un ottimo risultato, utilizzando la tecnica fotografica: 8.807 +/- 0.003, ossia un valore pari a 0.9986 quello odierno.
Come si vede, ormai, i vari metodi colpiscono praticamente nel segno e non possono che migliorare con l’evoluzione strumentale.
Vale la pena ricordare un altro metodo puramente osservativo che utilizza la velocità radiale delle stelle, ossia l’effetto Doppler. In questo caso, però, non per determinare l’orbita di una binaria spettroscopica, ma per estrarre, dal moto stellare apparente, il moto della Terra rispetto all’astro. Un metodo di non immediata applicazione, ma che porta nel 1912 a un ottimo risultato: 8.802 +/- 0.004, ossia 0.9991.
L’ultimo salto qualitativo si ha con la tecnica radar, ossia inviando un segnale verso un pianeta e aspettando il suo ritorno: conoscendo la velocità della luce è immediata la determinazione della distanza. In particolare, è stata usata su Venere e i risultati ottenuti da gruppo inglesi, russi e americani portò all’adozione di un valore ufficiale dato nell’Assemblea dell’Unione Astronomica Internazionale del 1964, pari a 8.794 e a un’Unità Astronomica pari a 149.600.000 km.
Nel 1976 la stessa Assemblea migliorò l’accuratezza e adottò in valore di 8.794148+/- 0.000007 corrispondente a 149.597.870 +/-120 km.
Ulteriori miglioramenti si ottennero nel 1989: 149.597.870 +/- 2 km, mentre il Jet Propulsion Laboratory della NASA, per il calcolo delle sue effemeridi, utilizza, dal 1991, il valore di 149.597.870,61 km.
D'ora in avanti, quando sentiremo parlare di Unità Astronomica e daremo per scontato che vale circa 150 milioni di km, non potremo non pensare che ciò che oggi appare scontato ha rappresentato una sfida epocale per generazioni di scienziati. E non potremo non rivolgere un pensiero ad ognuno di loro.
Gli articoli dedicati alla storia dell'Unità astronomica sono stati pubblicati nel 2017 (li trovate QUI), ma vi consigliamo di seguire la loro riedizione perché, oltre a riprodurre fedelmente quelli già usciti, contengono qualche informazione in più.
4 commenti
L'osservazione del transito attraverso la spettroscopia di Secchi, come funziona? Posso immaginare che anziché usare l'intera gamma della luce bianca venga scelto un solo colore. O sono fuori strada?
Se sei fuori strada o meno, caro Albertone, io non lo so... ma, in attesa che Enzo torni dalla vacanza e che possa risponderti (sono fiduciosa visto che agli inizi della sua carriera ha lavorato con lastre fotografiche ottenute con la spettroscopia, come ha raccontato QUI), spero ti accontenterai di questa foto che rappresenta i primi due contatti osservati attraverso la fenditura dello spettroscopio:
Fonte: https://www.crabnebula.it/rc/spedizione_italiana_in_india.htm
ovviamente ero fuori strada, l'articolo che hai linkato parla chiaramente delle linee solari di assorbimento D e C che si trovano a frequenze molto precise
Quell'articolo è molto bello ed interessante, e non solo per le linee di assorbimento. Tra l'altro, mi sono accorta che non era ancora stato inserito in archivio e giaceva dimenticato nei polverosi scaffali della libreria cosmica... ma grazie alla tua domanda, Alberto, l'ho spolverato e rimediato alla dimenticanza!