Categorie: Storia della Scienza
Tags: corpo nero Dall'atomo alle stelle irraggiamento
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Dall'Atomo alle Stelle e viceversa (8): Il Corpo Nero (che nero non è)
La serie completa "Dall'Atomo alle stelle e viceversa" è disponibile QUI
Un corpo nero è un corpo che non esiste in Natura e che non è nemmeno nero. E’ un qualcosa di ideale che, però, si riesce a costruire abbastanza bene in laboratorio. Possiamo considerarlo come un corpo che assorbe tutta la luce che riceve senza rifletterla (da qui il nome di “nero”). Tuttavia, l’energia deve conservarsi e, di conseguenza, il corpo deve in qualche modo riemettere l’energia che ha assorbito.
Tu dai una cosa a me e io do una cosa a te
Come può avvenire questo processo? Bene, in modo molto semplice: l’energia elettromagnetica assorbita aumenta la temperatura del corpo che acquista energia termica, ossia mette in agitazione le particelle microscopiche. Agitazione vuole dire energia cinetica che dà luogo a energia elettromagnetica che abbandona il corpo. Questo processo si chiama irraggiamento e non è altro che l’emissione di onde elettromagnetiche (i fotoni, insomma), generate dall’agitazione delle particelle ossia dalla temperatura raggiunta. Molto simile a ciò che avviene all’interno delle stelle…
A seconda della temperatura, varia la frequenza delle onde elettromagnetiche, ossia la loro energia. Ad esempio, a temperatura ambiente vengono emesse onde infrarosse (ed è per questo che gli occhiali infrarossi permettono di vedere gli esseri viventi anche di notte); oggetti molto freddi emettono onde radio; oggetti molto caldi onde ultraviolette fino ai raggi X e gamma. Questi esempi ci ricordano un fatto che a volte crea qualche confusione. La temperatura di un corpo si alza attraverso l’assorbimento di energia elettromagnetica (come quella che arriva dal Sole) e, dopo l’assorbimento, il corpo riemette energia elettromagnetica. Che differenza c’è tra le due? Presto detto: la frequenza delle onde.
Prendiamo come esempio proprio il corpo nero. Se è nero vuol dire che non emette nel visibile se no lo vedremmo colorato. Però, riceve luce visibile per scaldarsi. In altre parole, riceve onde con la frequenza del visibile e riemette nell’infrarosso, invisibile ai nostri occhi. Ne segue che il corpo nero può benissimo non essere nero. Lo è soltanto a temperatura ambiente. Se alziamo la sua temperatura inizia a colorarsi perché emette nel visibile e passa dal rosso, al giallo al blu. Poi, nell’ultravioletto, ricominciamo a non vedere più niente, ma il corpo continua a emettere (e come!) anche a lunghezze d’onda sempre più corte (frequenza maggiore).
Un piccolo inciso che verrà utile tra non molto. Le stelle hanno una temperatura tale da inviare la luce soprattutto in certe lunghezze d’onda che i nostri occhi riescono a vedere. In altre parole, il massimo della radiazione avviene quasi sempre nella stretta zona dello spettro elettromagnetico che noi chiamiamo visibile (dal rosso al violetto). Basterebbe che fossero molto più fredde o molto più calde e non riusciremmo a vederle. Oggi sappiamo che esistono corpi celesti che emettono in una zona vietata ai nostri occhi, ma ormai abbiamo costruito gli occhiali necessari allo scopo. Tuttavia, le abbiamo scoperte solo perché hanno la giusta temperatura. Insomma, hanno fatto di tutto per essere viste. Ah… questi fotoni! hanno proprio saputo che frequenza scegliere. Non possiamo che ringraziarli… se no saremmo vissuti senza stelle e senza astronomia… Un attimo, però. Quasi sicuramente il discorso va visto al contrario. Le stelle emettono dove gli pare e piace, ma sono stati i nostri occhi a essere predisposti per “leggere” proprio quel tipo di lunghezza d’onda. Beh… forse sì, dato che le stelle sono nate prima di noi. Torniamo al nostro corpo nero che emette dove vuole.
In realtà, il corpo emette in tutte le lunghezze d’onda, ma ne “preferisce” qualcuna, legata alla temperatura che ha raggiunto. Bene, è ora di spiegarci meglio e di introdurre un corpo nero sperimentale quasi perfetto.
Costruiamone uno abbastanza “ideale”. Come ci mostra la Fig. 12, basta utilizzare una larga cavità completamente isolata dall’esterno con un foro piccolissimo che permetta di fargli entrare l’energia. I fotoni che entrano cominciano a sbattere contro le pareti, si riflettono e un po’ alla volta vengono “assorbiti”. La loro energia si trasferisce in energia cinetica, ossia in calore. Di sicuro non possono più uscire se il foro è abbastanza piccolo. Sarebbe come trovare un ago in un pagliaio. Continuiamo a inviare energia fino a raggiungere una temperatura costante all’interno della cavità. Siamo in condizioni di equilibrio termico.
Il foro diventa, adesso, anche lo spioncino per studiare l’energia che viene emessa. Infatti, l'energia cinetica (calore) causa urti e libera fotoni, ossia energia elettromagnetica. Basta farla passare attraverso un prisma (ma c’è di meglio) e vedremmo che questa radiazione si distribuisce in funzione della lunghezza d’onda λ (o della frequenza ν, che non è altro che ν = c/λ, dove c è la velocità della luce). In altre parole, si può misurare quanta energia viene emessa per piccoli intervalli di lunghezza d’onda o di frequenza (come preferiamo). Si ottiene uno spettro della luce, o -meglio- uno spettro elettromagnetico come quello che ci mostra la Fig. 13, che riporta l’energia emessa in funzione della lunghezza d’onda per tre diverse temperature. Ci torneremo presto…
Un chiarimento per non creare confusione. A volte, si vedono disegni che illustrano il corpo nero e il suo irraggiamento come quello di Fig. 14. In questo caso, si simula visivamente ancora meglio una stella, dato che il riscaldamento avviene all’interno della sfera cava, mentre sono poi le pareti esterne a emettere la radiazione. Ciò vuol dire che le pareti esterne non sono isolate. Tuttavia, la soluzione presentata precedentemente ha il vantaggio di avere un punto d’uscita ben determinato del flusso luminoso ed è quindi più facile da analizzare. Comunque, il “succo” dell’esperimento è esattamente lo stesso.
La tremarella che non si vede
Descriviamo ancora meglio l’irraggiamento termico. Ripetere non fa mai male. Per fare stare veramente fermo un corpo dovremmo essere alla temperatura di 0 K, ossia allo zero assoluto (-273 °C). In questo caso, tutte le particelle più piccole si possono considerare ferme. Consideriamo un atomo con i suoi elettroni piazzati attorno ad esso in una quiete perfetta. Cominciamo ad aumentare la temperatura. Gli atomi iniziano a muoversi, a vibrare (da fuori non possiamo certo vedere questa vibrazione… la sentiremmo solo attraverso la temperatura). Un atomo comincia a urtare un altro atomo. Gli elettroni sono poco pesanti e sono i primi a essere coinvolti nello scontro. Sono loro ad assorbire l’energia cinetica che gli è stata trasferita nell’urto. Qualcuno salterà rimanendo all’interno dell’atomo e poi tornerà al suo stato iniziale riconsegnando l’energia ricevuta attraverso l’emissione di energia elettromagnetica, ossia emettendo un fotone. Il fotone si muove e sicuramente urta un altro atomo e gli trasferisce la sua energia cinetica. Il gioco continua e nascono fotoni di tutte le energie, ossia di tutte le frequenze. In altre parole, ognuno può essere visto come una vibrazione del campo elettromagnetico di lunghezza d’onda diversa.
Più la temperatura sale e più questo continuo movimento fatto di urti, di elettroni che saltano o addirittura se ne vanno prima di essere magari catturati da un altro atomo, produce sempre più fotoni di tutte le lunghezze d’onda e quindi aumenta la radiazione luminosa, ossia la radiazione termica (dato che è causata dall’aumento della temperatura).
Ormai gli elettroni sono tutti coinvolti nella frenetica danza fatta di spinte sempre più violente. In conclusione, più aumenta la temperatura e più aumenta sia l’energia totale che il corpo emette, sia l’energia che ogni fotone può raggiungere (legata, come già detto) alla frequenza dell’oscillazione.
Tutta questa bellissima e invisibile battaglia tra particelle è ciò che il corpo nero può mostrarci attraverso la misura della radiazione termica emessa e della sua distribuzione. L’unico parametro che causa questo risultato è la temperatura a cui è stato riscaldato. Il discorso non è così semplice, perché le varie lunghezze d’onda dell’emissione dipendono da cosa si scontra: molecole, atomi o solo elettroni. In ogni modo i risultati relativi all’emissione termica di un corpo nero sono indipendenti dal tipo di materiale e dalla forma del corpo che emette. Chi comanda è solo la temperatura e, quindi, anche l’agitazione delle particelle, senza curarsi della loro carta d’identità chimica.
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