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Raccontiamo i corpi planetari (2) - Mimas e la Divisione di Cassini

articolo pubblicato il 1/12/2015

Cominciamo il nostro racconto con un piccolo satellite di Saturno, forse il più piccolo oggetto planetario che è riuscito a conservare una forma dominata dall’autogravitazione. La sua forma è infatti quasi sferica o -meglio- solo leggermente “a uovo”. Tuttavia, nella sua travagliata esistenza, ha lasciato un segno indelebile sugli anelli di Saturno. Vi sembra poco?

I primi quattro satelliti che andremo a descrivere sono relativamente vicini a Saturno, forse più vicini di quanto si pensi comunemente.  A volte, guardando immagini o disegni, non ci si rende conto delle reali dimensioni e distanze. Saturno ha un raggio equatoriale (il piano equatoriale è quello in cui si distendono i suoi magnifici anelli) che raggiunge i 58 000 km, ben nove volte quello terrestre.

Pensando alla Luna, noi siamo abituati a immaginarla piuttosto vicina: meno di 400 000 km, una distanza che se esistesse un autostrada Terra-Luna sarebbe percorribile da un’automobile con un viaggio di qualche mese, non superando mai i 100 km/h. Distanze astronomiche che assomigliano molto a quelle che siamo abituati a superare con i mezzi di tutti i giorni.

Bene, i quattro satelliti più vicini a Saturno (parliamo solo di quelli sufficientemente grandi, come vedremo tra poco) sono tutti più vicini al pianeta di quanto non sia la Luna alla Terra. Cominciamo con il primo, il più piccolo, ma non certo il meno interessante: Mimas.

Esso rivolve su un’orbita che è “quasi” circolare e che non si allontana mai più di 190 000 km dal suo centro (o meglio fuoco). Se pensiamo che Saturno ha un raggio di 58 000 km, possiamo concludere che tra la l’atmosfera esterna di Saturno e il piccolo satellite non vi sono che circa 130 000 km: un viaggio quasi vacanziero!

Non per niente, Mimas fa un giro completo attorno al suo pianeta in meno di un giorno terrestre, viaggiando a circa 14 km/sec. Come già detto, non parliamo dei satelliti più piccoli che si divertono all’interno degli anelli di Saturno (ne abbiamo già parlato e ne parleremo ancora, per esempio Dafne con le “sue” onde ) e consideriamo Mimas come il primo dei satelliti “seri”.

La Fig. 1 ce lo mostra insieme al pianeta e ai suoi anelli. Soprattutto, evidenzia molto bene la divisione di Cassini, una striscia quasi nera che separa nettamente gli anelli.  Questa divisione rappresenta un’opera di pulizia esercitata proprio da Mimas. Benché molto piccolo, con i suoi 400 km scarsi di diametro, Mimas riesce a lasciare un segno indelebile sugli anelli di Saturno (il diametro di Mimas NON è in scala).

 

E’ lui, infatti, il responsabile maggiore di quella banda nera detta di Cassini e, soprattutto, del suo limite interno, la parte più vuota di tutta la divisione. Come può un oggetto così piccolo divertirsi a modificare nientemeno che la più regale caratteristica del gigante gassoso? Il processo che usa lo conosciamo molto bene ed è quello legato alle risonanze di moto medio .

Una particella ghiacciata che stia all’interno della divisione di Cassini gira attorno al pianeta esattamente due volte nel tempo in cui Mimas compie una sola rivoluzione. Ne segue che la configurazione geometrica particella-Mimas si ripete costantemente e si ripetono i disturbi orbitali che Mimas esercita su tutte le particelle poste in quella “sfortunata” posizione. E’ una situazione simile a quella che si trova nella fascia degli asteroidi, dove si creano profondo lacune se gli asteroidi hanno periodi orbitali che stanno a quello di Giove come numeri interi piuttosto piccoli.

Stiamo parlando delle risonanze di moto medio, un sistema terribilmente efficace per svuotare certe zone ricche di materia. C’è poco da fare, il “vigile” Mimas sa come agire per non far parcheggiare nessun blocco di ghiaccio all’interno della divisione di Cassini.

Anche solo per questo macroscopico effetto Mimas meriterebbe sicuramente un posto d’onore tra tutti i satelliti di Saturno. In realtà, Mimas gioca anche con le altre sue risonanze, tipo la 3/1, nello scolpire gli anelli di Saturno. Sono variazioni di densità ben più piccole, come quelle che riescono a fare gli altri satelliti, anche se più distanti. Un lavoro d’equipe che crea l’aspetto così movimentato degli anelli, facendoli assomigliare a un disco microsolco.

Prima che me lo diciate, convengo con voi che esistono altre zone “vietate” all’interno degli anelli, ma in questo caso non sono dovute ai satelliti per via indiretta, ma proprio attraverso la loro presenza. Satelliti molto più piccoli si creano una traiettoria senza intoppi, pulendosi l’orbita. Un  sistema simile ai mezzi spalaneve che permettono di pulire le strade dal … ghiaccio. Come detto, ne abbiamo parlato e ne parleremo ancora, ma, adesso, torniamo a Mimas e avviciniamoci a lui trattandolo come entità fisica e non solo come macchina dinamica.

Mimas ci mostra subito un piccolo-grande record: è il corpo più piccolo conosciuto che mantiene una forma quasi perfettamente sferica (in realtà leggermente allungata per gli effetti mareali di Saturno, Fig. 2). Già questo è un dato di estremo interesse, in quanto pone un limite abbastanza chiaro tra i corpi dominati dall’autogravitazione (la gravità riesce a compattare la materia e costringerla a occupare un volume sferico, come “l’asteroide di Paperino”) e quelli dominati dalle forze di stato solido (la coesione tra le molecole è superiore alla gravità e i “sassi” possono assumere forme strane e qualsiasi).

La forma un po' a uovo di Mimas. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Figura 2. La forma un po' a uovo di Mimas. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Il fatto che sia proprio Mimas a regalarci questo esempio limite è particolarmente strano, dato che se c’è un oggetto che ha subito “schiaffi” tremendi da parte di visitatori alieni è proprio lui. Basta guardare una delle tante bellissime immagini, come la Fig. 3,  per rendersene conto.

Figura 3. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Figura 3. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

L’emisfero visibile mostra un cratere da impatto che ha del mostruoso. Pensate che il suo diametro è circa un terzo di quello dell’intero corpo planetario. Se lo “scalassimo” sulle dimensioni terrestri otterremmo un cratere di circa 4000 km, più grande dell’Australia. Ma anche così è un cratere impressionante: 140 km di diametro; i bordi si sollevano fino a circa 5000 metri (più del Monte Bianco) rispetto alla superficie circostante; il “buco” sprofonda fino a 10 000 metri, ben più dell’Everest; il picco centrale, dovuto al “rimbalzo” della materia fusa nell’urto, si eleva per ben 6000 metri. Una zona turistica niente male!

Tuttavia, Mimas se l’è vista molto brutta… Bastava che l’impattore fosse solo poco più grande o leggermente più veloce e di Mimas sarebbe rimasto solo un mucchio di detriti, capaci -magari- di formare un altro anello attorno a Saturno. Ma se ha vissuto un’esperienza così al limite della sopravvivenza, non potrebbe averne subite altre nella sua lunga storia?

Sembra proprio di sì e, quindi, quella che vediamo potrebbe essere l’ultima ricostruzione di Mimas, andato probabilmente distrutto qualche altra volta da antipatiche comete di passaggio. Mimas si trova in una posizione critica, data la sua vicinanza a Saturno. Il pianeta, con la sua enorme gravità, “attira” verso di sé un gran numero di oggetti vaganti e Mimas si trova proprio in mezzo a questa folla. Chissà quante sberle ha preso in passato e -magari- chissà quante ne prenderà ancora.

Tuttavia, la sua posizione lo mette al riparo da una distruzione permanente e dalla creazione di un  anello. O -più esattamente- l’anello di detriti tende a riformare in tempi piuttosto brevi una copia di quello che esisteva prima della distruzione. Qualcosa di simile a quanto avrebbe fatto la Luna con i frammenti espulsi dalla Terra. Insomma, Mimas non è così vicino da formare anelli (c’entra ovviamente il limite di Roche…) né troppo lontano da evitare urti così ripetuti e violenti (oltretutto è molto piccolo, poverino…).

Guardiamo meglio la superficie di Mimas. Una prima cosa interessante è ciò che si vede attorno al grande cratere. Vi è tutta una zona molto povera di crateri (Fig. 4).

Figura 4. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Figura 4. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Probabilmente, l’impatto ha causato una fuoriuscita di materiale fuso che ha coperto il vecchio vestito della piccola luna. Un fenomeno locale, però, che niente ha a che vedere con i giochi termici dell’amico Encelado. Se poi viaggiamo attorno a Mimas (Filmato 5) ci accorgiamo di un altro record: ben pochi oggetti hanno un numero di crateri da impatto così alto.

Filmato 5. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Filmato 5. Fonte: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Anzi, esso è arrivato alla saturazione, ossia per ogni nuovo cratere che si crea se ne annulla almeno uno più vecchio. Ciò spiega anche perché non si notano crateri molto grandi, a parte il “mostro”. Essi sono già stati cancellati da quelli successivi dovuti a proiettili più piccoli.

Oltre ai crateri si vede ben poco,  a parte alcune striature nell’emisfero opposto a quello del “botto” gigantesco. Niente che faccia pensare a un’attività interna, ma solo a un effetto dovuto all’onda d’urto causata dall’impatto. D’altra parte si era al limite della distruzione e qualche “crepa” deve essere rimasta…

Cosa c’è dentro a Mimas? Praticamente solo ghiaccio, dato che la sua densità supera di poco 1 g/cm3, ossia quella dell’acqua. Al più un po’ di roccia nel nucleo. Mi ricordo molto bene, quando erano giunte le prime immagini di Mimas riprese dal Voyager. L'avevamo proiettato su una parte biacca dell'Università di Pisa e, misurando la differenza tra lunghezza e altezza dell'uovo, eravamo riusciti a determinare una densità praticamente esatta, tenendo conto degli effetti mareali relativi a quella distanza.  Bei tempi... quasi pionieristici, ma tanto divertenti... Ghiaccio, comunque, ben solido.

Tutto normale? Mica tanto… Mimas subisce azioni mareali complesse e variabili, dato che la sua orbita non è perfettamente circolare e nemmeno complanare con l'equatore di Saturno. Inoltre, si trova in risonanza 2:1 con il più grande satellite Teti. Ma come? Encelado che è in risonanza 2: 1 con Dione sembra un termosifone, mentre Mimas è completamente gelato? Un piccolo-grande paradosso non ancora completamente spiegato, anche se la risonanza di Mimas agisce più sull’inclinazione orbitale, mentre quella di Encelado vede l’eccentricità come prima attrice. Cambiamento di eccentricità vuol dire contrazione e rilassamento della struttura interna e quindi possibile riscaldamento.

La situazione, però, è sicuramente più complessa e deve tener conto di risonanze temporanee come potrebbero essere quelle tra Mimas e lo stesso Encelado e tra Mimas e Dione. Insomma, un bel problema di meccanica celeste ancora da comprendere appieno. Ricordiamoci ancora che questi studi sono gli studi relativi alla meccanica celeste e non certo quelli legati alla posizione apparente dei pianeti e dei loro satelliti (tipo Stellarium & co.)... Non confondiamo il fango con il budino!

Beh… direi che per esser così piccolo, Mimas ha dimostrato di non essere certo un oggetto secondario.

Ogni volta che qualche astrofilo “vero” (ossia appassionato dell’Universo e non della tecnologia del suo telescopio e dei suoi oculari che, pur così potenti e cari, chissà come mai non riescono a fargli vedere i particolari mostrati da Hubble ) guarderà la divisione di Cassini, lo invito a pensare che è il piccolo e invisibile (quasi) Mimas ad averla costruita. Un'impresa titanica eseguita da un piccolo Davide.

 

Se siete interessati a Mimas, non potete perdervi queste eccezionali immagini ravvicinate colte da Cassini durante la sua gara di tuffi negli anelli di Saturno

 

La serie completa di articoli "Raccontiamo i corpi planetari" è disponibile QUI

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