Categorie: Strumenti e missioni
Tags: infrarosso Nubi di Magellano Spitzer Webb
Scritto da: Guido Ghezzi
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UN NUOVO OCCHIO *
Il James Webb Space Telescope è quasi pronto per iniziare il suo lavoro. Terminate le cruciali fasi di apertura della struttura, di “composizione” e di allineamento degli specchi esagonali, è stato necessario attendere il loro raffreddamento fino a raggiungere l’equilibrio termico con la temperatura dello spazio esterno, condizione necessaria per le osservazioni nell’infrarosso, compito d’elezione per JWST.
Alcune immagini campione, riprese in fase di calibrazione, erano già state pubblicate ed accolte con grandissima soddisfazione dai tecnici e dai responsabili di progetto che avevano descritto quei primi e provvisori risultati di qualità superiore alle migliori attese.
Il 9 maggio scorso è stata pubblicata un’immagine esemplificativa delle reali potenzialità dello strumento ora che ha raggiunto le condizioni di regime per iniziare a lavorare.
L’immagine è stata ripresa con lo strumento più “freddo” del JWST, il Mid-Infrared Instrument (MIRI), nel dominio dell’infrarosso alla lunghezza d’onda di 7.7 μ; il soggetto è un settore della Grande Nube di Magellano, di grande interesse in quanto le regioni di formazione stellare e planetaria in questa piccola galassia sono chimicamente meno "evolute” rispetto alla Via Lattea e quindi offrono l’occasione di studiare i fenomeni iniziali dell’evoluzione stellare e della formazione planetaria in un contesto diverso da quello della nostra galassia.
Per rendere l’idea del notevole salto qualitativo delle immagini ottenibili con il nuovo strumento, il medesimo campo d’osservazione è stato raffrontato con l’immagine ripresa alla lunghezza d’onda di 8 μ dallo Spitzer Space Telescope, l’antenato tipologico del JWST, messo in orbita eliocentrica nel 2003 e pensionato a fine gennaio 2020.
In quanto a risoluzione e resa puramente visiva il confronto non necessita di commenti e lascia intuire la portata dell’avanzamento conoscitivo che il nuovo telescopio potrà regalare, ma più importanti sono le informazioni di dettaglio ottenibili dall’immagine.
In particolare, secondo i responsabili scientifici del progetto James Webb all’ESA, l’immagine permette di evidenziare con notevole dettaglio la chimica del gas interstellare, compresa l’emissione delle molecole a composizione C-H considerate elementi di base della vita.
La rilevazione della radiazione infrarossa permette di “vedere” oltre il velo di polveri che impedisce l’osservazione ottica e le riprese tramite lo Spitzer permisero di ottenere dati di grande rilievo (la prima rilevazione di luce proveniente da un esopianeta, la scoperta della nebulosa Double Helix, la scoperta del “marchio infrarosso” del minerale forsterite – Mg2SiO4 - nel disco di accrescimento della giovane stella EX Lupi per citarne alcune ma la lista è lunga) fino a che il suo sistema ad elio liquido fu in grado di raffreddare a sufficienza gli strumenti più sensibili.
Ora, passato il testimone al nuovo occhio infrarosso, le pur notevoli capacità dello Spitzer impallidiscono di fronte a quanto Webb si sta dimostrando in grado di indagare.
2 commenti
Mi colpisce l'effetto "a stella" con 8 punte delle stelle fotografate con Webb. Nella normale fotografia lo si ottiene in genere diaframmando al massimo (f. 16 o f. 22) e il numero delle punte corrisponde proprio al numero di lamelle che formano il diaframma. Almeno così mi pare di ricordare. Credo comunque esistano anche dei semplici filtri che garantiscono lo stesso effetto. Chissà cosa c'è in Webb che crea il fenomeno. Spettacolare, direi, ma poco scientifico.
Ciao Alberto devi tener conto di due cose:
Paolo