Categorie: Astronomia Elementare Storia della Scienza
Tags: catalogo stellare ipparco
Scritto da: Daniela
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Ritrovato il catalogo stellare di Ipparco? Probabilmente sì!
Il presente articolo è inserito in "Quattro passi nella storia della Scienza" e "Antichi Greci, che passione!"
Un abbraccio lungo 2200 anni tra Scienza antica e moderna, reso possibile dall’opera di instancabili amanuensi medievali e attenti ricercatori dei giorni nostri, sembra avere restituito il testo originale di una delle più importanti opere prodotte dall’ingegno umano. Stiamo parlando del catalogo stellare compilato da Ipparco di Nicea (190-120 a.C.), andato probabilmente distrutto nel terribile incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto, del quale abbiamo conoscenza grazie a testimonianze tramandate da autori successivi, in particolare Claudio Tolomeo.
Ma andiamo con ordine…
Siamo nel II secolo a.C. quando, grazie ai rudimentali strumenti di misura astronomica allora disponibili (che lui perfezionò), le conoscenze tramandate dalla civiltà mesopotamica, le osservazioni effettuate personalmente, nonché una dose non comune di genio, intuito e capacità deduttive, Ipparco offrì contributi fondamentali alla storia della ricerca astronomica. E lo fece con un grado di precisione a dir poco strabiliante.
Sue, infatti, la misurazione dell’anno tropico (tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione, vista dalla Terra, lungo l’eclittica) e la scoperta della precessione degli equinozi (il lento movimento dell’asse terrestre attorno all’asse dell’eclittica, che si compie in 25800 anni circa), di cui abbiamo parlato QUI.
Qualcuno gli attribuisce anche l’invenzione della trigonometria, ma di questo non siamo certi.
Tra una precessione e l’altra, tanto per non annoiarsi, il Nostro compilò un catalogo contenente le coordinate di circa 850 stelle, ovvero l’antenato di quanto oggi ci sta mirabilmente fornendo la missione GAIA.
Come molte altre opere antiche, l’originale viene disperso nei meandri del tempo, ma non se ne perde memoria grazie alle citazioni in opere temporalmente successive e, spesso, grazie alle trascrizioni effettuate nei monasteri da monaci amanuensi su rotoli di pregiatissima pergamena. Talmente pregiata che, quando scarseggiava, era necessario cancellare opere non ritenute importanti per trascrivere altre opere. E non possiamo colpevolizzare un umile amanuense del monastero greco-ortodosso di Santa Caterina nella penisola del Sinai, se non comprese l’importanza del catalogo che cancellò per dare spazio a traduzioni siriache di testi di San Giovanni Climaco (il Codex Climaci Rescriptus).
Fortuna (solo fortuna?) vuole che nel 2012 uno studente dell’università di Cambridge alle prese col Codex, si rese conto della natura astronomica del sottotesto e, nove anni dopo, un altro ricercatore vi individuò la presenza di vere e proprie misurazioni astronomiche. In pratica era emerso un frammento di testo del catalogo di Ipparco citato in un’opera di Eratostene!
A questo punto, il manoscritto è stato inviato alla Early Manuscripts Electronic Library, dove è stato scansionato utilizzando una varietà di tecniche di illuminazione a diversa lunghezza d’onda, consentendo il recupero di quasi tutto il sottotesto: ovvero ciò che, con tutta probabilità, appare essere la trascrizione del testo originale scritto da Ipparco di Nicea. Infatti, le coordinate delle stelle in esso riportate corrispondono a quelle che, proprio a causa della precessione degli equinozi, dovevano essere nel 129 a.C. ovvero quando Ipparco le osservò e ne annotò le posizioni (risultate più accurate di quelle riportate da Tolomeo due secoli dopo).
La speranza è che la costanza e pazienza dei ricercatori, supportata da questa nuova tecnica, apra la strada a sempre più importanti scoperte e riscoperte di antiche opere tuttora sepolte negli archivi delle centinaia di monasteri dispersi nel mondo(*).
Articolo originale: Gysembergh, V., J. Williams, P., & Zingg, E. (2022). New evidence for Hipparchus’ Star Catalogue revealed by multispectral imaging. Journal for the History of Astronomy, 53(4), 383–393. https://doi.org/10.1177/00218286221128289
(*) Si consiglia la lettura del libro "Il manoscritto - come la riscoperta di un libro perduto cambiò la storia della cultura europea" di Stephen Greenblatt sull'avventura dell'umanista Poggio Bracciolini, che nel 1417 scovò il De Rerum Natura di Lucrezio nel monastero di San Gallo sul lago di Costanza.
4 commenti
Grazie Daniela, come al solito proponi fatti e personaggi molto interessanti.
Quanto all'incredibile (per noi consumatori d'oggi) risparmio della carta, ho la fortuna di ricordare ancora mio zio prete (1890-1976) che rigirava le buste delle lettere ricevute e le rispediva.
Grazie a te, Albertone, per l'interesse e l'attenzione (anche agli errorini/orrorini di scrittura ) che sempre dimostri!
Buongiorno, ringrazio Daniela e mi associo al consiglio di lettura proposto. Libro interessante e che fa capire quanta della conoscenza oggi di dominio pubblico (o quasi, il DE RERUM NATURA vien citato spesso in ambito scuole superiori) sia in realtà riemersa dal buio del passato dopo ampi periodi. Il parallelo è immediato con la "Archeologia dei magazzini", che scava appunto negli sterminati depositi di reperti mai studiati e conservati in attesa che qualcuno abbia tempo e voglia di esaminarli.
Grazie a te Guido!
Aggiungo solo che il libro di Greenblatt, oltre a restituire il fedele quadro storico nel quale si inserisce la vita di Poggio Bracciolini, dà il senso di quanto certe scoperte erano affidate ad un’improbabile combinazione di circostanze fortunate unite alla conoscenza, alla caparbia e al coraggio (e un pizzico di incoscienza?) dei cercatori di opere perdute. Si pensi, per esempio, ai pericoli affrontati per attraversare l’Europa sul dorso di un mulo e alle capacità “diplomatiche” necessarie per convincere i monaci a farsi affidare un’opera (mica la potevano fotocopiare!).
Il libro, inoltre, costituisce una piacevolissima lettura per lo stile scorrevole e il ritmo incalzante.