Categorie: Pianeti Sistema Solare Strumenti e missioni
Tags: Jezero Mars 2020 mineralogia
Scritto da: Guido Ghezzi
Commenti:4
GEOLOGIA DELL'ALTRO MONDO (8)*
Aggiornamento della missione MARS2020: 09.1.2023 (Sol 672)
Potete seguire gli aggiornamenti nella pagina dedicata a Mars 2020, all'interno della sezione d'archivio "Strumenti e Missioni"
E' passato poco più di un anno dall'ultimo aggiornamento relativo alla missione Mars2020. Un anno in cui il rover Perseverance, coadiuvato dall'elicottero Ingenuity, ha continuato a bighellonare per i desolati paesaggi marziani e ad indagare suolo e affioramenti litoidi. Ha prelevato ben 21 campioni di regolite e di roccia ed effettuato numerose "abrasioni" della superficie di affioramenti ritenuti interessanti sulla base delle fotografie scattate.
In fig. 2 (la numerazione prosegue dai precedenti aggiornamenti) è riportata la panoramica completa di tutti i siti indagati (con prelievo o con semplice abrasione) e la loro ubicazione.
Nel frattempo il rover ha percorso 14 km in direzione del delta all'interno del cratere Jezero, la struttura morfologica potenzialmente più interessante dal punto di vista della ricerca di eventuali testimonianze lasciate da antiche forme viventi. In fig. 3 è riportata la mappa con la posizione attuale del rover, il tragitto finora effettuato e quello pianificato. Al momento il rover si trova ai piedi della scarpata che forma il bordo meridionale della struttura deltizia che, se non insorgeranno intoppi, sarà l'oggetto delle indagini per tutto il 2023.
Indagini, fotografie e prelievo di campioni hanno finalmente permesso di avere qualche dato in più sulla geologia del cratere Jezero, e, oltre alle conferme, non mancano le sorprese.
In estrema sintesi il cratere Jezero presenta due tipologie ben distinte di affioramenti rocciosi: litologie di origine sedimentaria e litologie di origine magmatica. Se le rocce sedimentarie sono i candidati elettivi ove ricercare indizi di vita antica sono tuttavia molto insidiose da datare: una roccia sedimentaria è in generale il risultato dell’accorpamento e successivo consolidamento di preesistenti elementi solidi di provenienza, genesi ed età varie, quindi stabilirne il momento di formazione è una vera e propria sfida.
Al contrario risalire all’età di una roccia magmatica che si è consolidata per raffreddamento da un fuso complesso è molto più semplice, principalmente vengono utilizzati metodi radiometrici. Sfortunatamente però una roccia di origine magmatica a causa del suo meccanismo di genesi non è certo il candidato ideale per ospitare tracce di vita passata.
L’analisi di precedenti rilevazioni della superficie marziana su larga scala, effettuate da sonde orbitanti, rivelarono nell’area di Jezero un settore dominato da una formazione rocciosa magmatica a decisa prevalenza di olivina (un minerale silicatico a ferro e magnesio (Mg, Fe)2SiO4)) esteso per oltre 70000 km2 (fig. 4).
All’interno del cratere affiorano rocce analoghe che costituiscono il substrato su cui poggiano i più recenti depositi sedimentari, compreso il grande delta. In particolare nel sito dove sta operando Perseverance l’affioramento è stato denominato provvisoriamente “formazione Sèitah” (fig. 5).
Il braccio robotico del rover ha abraso due emergenze rocciose adiacenti, denominate rispettivamente Brac e Bastide (foto 22), ed ha scattato microfotografie delle superfici così esposte.
La foto 23 mostra una delle superfici abrase (identificata con il nome “Dourbes”) con aspetto granulare; la successiva microfotografia evidenzia i cristalli responsabili della granulazione (foto 24).
L’analisi dettagliata condotta nell’occasione con gli strumenti di Perseverance ha confermato che i cristalli di maggiori dimensioni sono di olivina, immersi in una matrice a grana molto più fine e con differente composizione mineralogica. Il fatto rilevante sono le dimensioni e la forma dei cristalli di olivina: poligoni con dimensione massima variabile tra 1 e 5 mm. I cristalli di forma poligonale (cristalli euedrali per usare la terminologia precisa) costituiscono un indizio petrogenetico importante: hanno avuto tutto il tempo di accrescersi ed assumere la forma cristallografica canonica dell’olivina, ciò significa che il fuso magmatico entro cui si sono formati ha subito un raffreddamento sufficientemente lento e graduale.
Il dato osservativo, unito alla decisa preponderanza di olivina (il 65% circa dell’intero volume) rispetto agli altri minerali presenti, induce a rivedere i modelli ritenuti finora plausibili per spiegare la genesi della formazione magmatica Sèitah, in sintesi:
- depositi di origine vulcanica o derivanti da ricaduta di frammenti eiettati in seguito ad impatto asteroidale;
- sedimentazione di detriti a prevalente composizione olivinica;
- risalita di magma profondo, suo consolidamento in condizioni intrusive e successiva esposizione in superficie per erosione delle rocce di copertura;
- consolidamento di grandi masse laviche (quindi effuse) di origine profonda, quali laghi di lava o flussi lavici di notevole spessore, condizioni che permettono un lento raffreddamento.
Il terzo ed il quarto modello sembrano avere le maggiori possibilità, con l’ulteriore specificazione che il magma potrebbe essere derivato dalla fusione ed esumazione di roccia profonda in seguito ad un impatto (fig. 6).
Alla prossima puntata....
4 commenti
Grazie Guido, sempre stimolanti i tuoi articoli.
Ora potresti anche soddisfare una mia vecchia curiosità: quando si dice che il fuso magmatico ha subito un raffreddamento sufficientemente lento e graduale, si parla di mesi, di anni o di secoli?
Sono stato in cima all'Etna molti anni fa e mi pare di ricordare che qualche guida accennava alla possibilità di accendersi una sigaretta semplicemente sollevando una delle pietre sulle quali camminavamo (eravamo d'estate, ma aveva nevicato proprio il giorno prima). Fake news? Ovviamente immagino che dipenda dallo spessore della lava sotto.
Bella domanda! "Ah, saperlo, saperlo!" diceva un tale una volta in TV.
Sufficientemente lento e graduale va inteso nel senso che la fase solida deve poter cristallizzare formando cristalli delle dimensioni di cui si parla nell'articolo. E qui viene il bello, perchè la velocità di crescita dei cristalli in un magma che si sta raffreddando dipende da una quantità di fattori e la stima è una sfida notevole, anche perchè l'approccio sperimentale, che sappia, è stato fatto su lave nelle Hawaii e per cristalli di un solo tipo. Quindi siamo in condizioni fisico-chimiche ben specifiche la cui rappresentatività è di problematica estensione a contesti governati da diverse condizioni al contorno. Un ritmo di crescita plausibile ma oltremodo orientativo potrebbe essere attorno al mm su un migliaio d'anni ma siamo comunque in territori dove dare valori, seppure indicativi, è rischioso.
Come diceva il buon Gregor Mendel "sono ariose ipotesi basate su arioso materiale" (parlando di previsioni meteo...).
Però quelle tue foto.....che invidia! Quando ci sono stato dell'Etna nulla ho veduto se non nebbia fittissima...
Vedo ora che le scattai il 3 luglio del 1979. Il problema è che fino all'arrivo del digitale, professionalmente era d'obbligo l'uso delle pellicole invertibili, principalmente diapositive 6x6. Quindi tutte copie uniche. Al cliente consegnavo quelle migliori e io, al massimo, mi tenevo qualche "scarto", come queste, che poi magari utilizzavo per illustrare qualche articolo sulle riviste di settore. Quanta acqua è passata sotto i ponti da allora...