Categorie: Matematica Storia della Scienza
Tags: Giuseppe Peano Krull sistemi di numerazione zero
Scritto da: Maurizio Bernardi
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L'aritmetica dei Krull 2: la scoperta dello zero ***
L'aritmetica dei Krull è inserita in Matematica e Geometria
L'aritmetica dei Krull 2: La scoperta dello zero.
Una mattina di tanti anni fa, Aristot (avrà avuto E o F anni), guardandosi allo specchio mentre si lavava i denti, notò che stava impugnando lo spazzolino tenendo il dito A premuto sul manico.
Dovete sapere che molte importanti scoperte sono state fatte mentre qualcuno faceva il bagno in una vasca piena d'acqua, o si trovava sotto il getto della doccia o era intento ad altre incombenze che si svolgono di regola in quel locale chiamato appunto bagno.
Ma torniamo ad Aristot e al suo spazzolino da denti. Riflettendo sul fatto che vedeva A dei suoi G diti (o dita per i puristi) si chiese se, ripiegando il dito come gli altri, in modo da non vederlo più, fosse sostenibile l'affermazione formale “non vedo nessun dito, quindi è come se vedessi un dito che non ha alcun nome”. Proseguendo nel ragionamento arrivò alla conclusione che non si poteva pensare a niente di meno di questo dito “invisibile”, e che era opportuno dargli un nome.
Così decise di chiamalo ZERO, un nome così, che gli era venuto in mente proprio in quel momento.
Quindi, formulò il seguente postulato: ZERO è il minimo assoluto. Non c'è più niente da togliere.
Al momento gli sembrò che fosse solo una amena e curiosa affermazione, un ragionamento da tenere per sé, ma in seguito ne parlò ad un amico, un certo Peà, un versatile terrestre tra i cui molteplici interessi si annovera anche lo studio (purtroppo infruttuoso) del perché i gatti cadono sempre in piedi, nato a Cuneo nel 1858. Peà si entusiasmò a sentire questi discorsi e ci lavorò sopra non poco, scrivendo alcuni “assiomi” che, partendo proprio dallo ZERO gli consentirono di dimostrare un sacco di cose interessanti.
Ecco i suoi cinque assiomi elencati qui sotto:
- esiste un numero senza dito che si chiama ZERO
- dopo ogni dito c'è un altro dito (il suo successore “s”)
- ogni dito ha un successore diverso
- ZERO non è il successore di nessuno
- Mettendo insieme ZERO e il successore di ogni successore abbiamo tutti i possibili numeri.
E scusate se è poco …
Comunque, a parte gli assiomi e le dimostrazioni di Peà, su cui magari torneremo in seguito, resta il fatto che la scoperta dello zero provocò un vero terremoto nella cultura scientifica krull.
I matematici krulliani decisero di associare allo zero il nome Z e il concetto di "dito invisibile". Quindi i simboli utilizzabili divennero ZABCDEF, la G fu messa da parte e sostituita, come vedremo, da AZ.
La moderna numerazione adottata su Krull inizia proprio con Z, poi seguono A, B, C, D, E, F in ordine di dito. Arrivati alla fine della mano, invece di G scriviamo AZ che vuol dire una mano e nessun altro dito. Poi si va avanti con AA, AB eccetera...fino ad AF che sarà seguito da BZ.
Quando si scrive AF si intende dire “una mano e sei dita” mentre BZ vale “due mani e nessun dito”, e così via.
I terrestri dicono che questo sistema di numerazione è “in base sette”, ma non sono mai riusciti a spiegare con precisione cosa significhi.
Peà ha anche costruito un marchingegno per convertire i numeri terrestri in numeri Krull e viceversa.
Lo vediamo nella figura seguente.
Si compone di due ruote i cui raggi hanno dimensioni proporzionali a 7 (AZ) e 10, collegate da una cinghia.
Il tutto poggia su un piano su cui sono riportati, lungo ciascuna circonferenza, rispettivamente i simboli da 0 a 9 e da Z a F. Potete notare che su ciascuna ruota è disegnato un raggio indicatore che segna la posizione raggiunta durante la rotazione. Nel movimento, sincronizzato dalla cinghia, ogni passaggio da una divisione alla successiva su una ruota è accompagnato dall'analogo passaggio da una divisione alla successiva sull'altra ruota.
Quando la ruota grande segna 7 la ruota piccola ha completato il suo giro ed è nuovamente posizionata su Z. Per ricordarsi che la ruota piccola ha finito il primo giro e comincia il secondo, bisogna scrivere A ben visibile nella apposita casella che la affianca.
Si capisce al volo che il numero rappresentato con 7 terrestre è lo stesso rappresentato con AZ in Krulliano.
Se si vuole convertire un numero più grande si girerà ulteriormente una ruota di altre divisioni quante servono. Ad un certo punto, quando si arriva al 10 terrestre, la ruota grande risulterà posizionata sullo 0, perché anch'essa ha completato il suo giro. Bisogna allora ricordarsi di annotare 1 nella apposita casella associata a questa ruota. Contemporaneamente sulla ruota piccola si leggerà AC, che significa 7 + 3, ossia 10.
Dopo varie prove che confermarono immancabilmente la validità della idea, Peà mostrò la sua macchina convertitrice ad Aristot, aspettandosi lodi e congratulazioni. Invece no.
Aristot, vedendo le due rotelle di Peà, si rabbuiò alquanto e non seppe trattenersi dal dire con una certa foga che non c'era alcuna necessità di quella diavoleria.
Peà ci resto parecchio male e tentò di far notare i vantaggi del suo sistema, ma Aristot rimase della sua idea.
"Se devi convertire un numero grande devi fare un sacco di giri con queste tue ruote e perdi un sacco di tempo; poi dopo un po' la cinghia slitta e così la ruota trascinata gira di meno. Alla fine accumuli un errore che porta a un risultato sbagliato... Capisci che non va bene?"
"Ma potrei metterci un motorino elettrico e magari anche altre ruote per tenere automaticamente il conto dei “giri” completi e invece della cinghia ho in mente di usare delle ruote dentate, così non slitta niente. Poi può servire anche per fare somme e sottrazioni e… Guarda, ti ho fatto anche un video:”
"Non se ne parla neppure, Peà. Basta che prendi una tavoletta di argilla cerata e fai qualche divisione, beninteso stando attento al resto, non ti serve altro.”
"Va bene, Aristot, ma la divisione non l'hai ancora inventata.”
"Non ci vuole niente, è una stupidata.”
"Ma... la dimostrazione?”
"Non ti serve. Se qualcuno la vuole, basta tagliare corto con il solito ipse dixit, e morta lì."
A questo punto Peà si arrese, smontò le sue ruote e la cinghia e regalò tutto a un ragazzotto francese, certo Blaise Pascal, che aveva la mania di farne collezione.
Ed ecco un esempio di come funziona la divisione con il suo resto, così come l'ha descritta Aristot in una preziosa tavoletta di argilla incerata di cui ci resta un significativo frammento:
Si prende il numero terrestre, supponiamo che sia 86.
Lo si divide per 7.
Il risultato vale 12 e va tenuto da parte per dopo.
Prima va esaminato il resto, che sarà un numero da 0 a 6.
Nel nostro caso è 2, che in krulliano vale B.
Torniamo al risultato, che era 12. Il suo significato è che esistono 12 gruppi di 7 elementi.
Poiché 12 è più grande della base 7, non c'è un simbolo per rappresentarlo, quindi lo dobbiamo dividere per 7 e considerare risultato e resto della divisione.
Il risultato è 1 e il resto è 5.
Scriviamo il valore del resto 5 corrispondente a E a sinistra del precedente (che era B ).
Adesso abbiamo EB, ma ci resta ancora da elaborare il risultato ottenuto, che vale 1.
È chiaro che se dividi 1 per 7 hai Zero con resto 1, che in Krulliano vale A.
Non resta nulla da dividere ulteriormente. Fine della storia.
Scrivi A prima di EB e ottieni così l'equivalente in base 7 di 86.
Il risultato AEB significa: 1 volta 7*7 + 5 volte 7 + 2.
Come dire: 49 + 35 + 2 che fa appunto 86.
Abbiamo rappresentato la stessa quantità usando solo sette simboli invece di dieci. Chiaro per tutti?
In caso contrario scrivete le vostre domande nei commenti. Come direbbe Nelson Mandela: "Io non perdo mai (una informazione) o capisco o chiedo spiegazioni"
Ci sono ancora molte cose da dire sulla aritmetica Krullaina, quindi restate in ascolto perché (forse)... la storia continua.
Chi si fosse perso la prima puntata sulla aritmetica dei Krull può leggersela qui
Un ringraziamento speciale a Dany per la supervisione artistica in questi due episodi.