Categorie: Matematica Storia della Scienza
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Scritto da: Maurizio Bernardi
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Relativisti 2 : Dal postulato delle parallele a nuove geometrie
Questo articolo fa parte della serie Relativisti
RELATIVISTI 2 : LOBACEVSKIJ e BOLYAI 28 dicembre 2020
Dal postulato delle parallele a nuove geometrie
Il mondo sensibile, che vediamo con i nostri occhi, tocchiamo con le nostre mani, e con le nostre mani misuriamo, è solo una parte di un tutto molto più vasto, che elude le nostre percezioni.
Il grande vantaggio del pensiero matematico è nella sua astrattezza, nella libertà di prescindere dal riscontro con la fisica “visibile”. Per dirla con le parole dell'amico Umberto Cibien: “Il matematico opera su cose che, semplicemente, non esistono e questo gli offre orizzonti sconfinati.”
Nella prima metà del diciannovesimo secolo, in modo del tutto indipendente dalle ricerche in atto nel campo della geometria, si sviluppò una nuova, sovversiva disciplina: la geometria non-euclidea.
Come talvolta accade, la scoperta avvenne simultaneamente ad opera di più studiosi: un matematico tedesco, uno ungherese e uno russo.
Durante il secondo decennio del secolo, Gauss era giunto alla conclusione che i tentativi per dimostrare il postulato delle parallele, ad opera di illustri colleghi, erano stati vani, e che erano possibili geometrie diverse da quella euclidea.
Tuttavia non comunicò questa conclusione a nessun altro matematico: era un concetto che, con le sue parole, aveva elaborato semplicemente “per se stesso”.
Il postulato delle parallele sostanzialmente afferma che,
Dato un punto non appartenente ad una retta, esiste una ed una sola parallela alla retta passante per quel punto.
In una lettera del gennaio 1829 , Gauss rivelava a Friedrich Bessel:
Nelle ore libere ho pensato ad un tema , per me ormai vecchio di quarant'anni: cioè ai fondamenti della geometria. Ho consolidato ulteriormente molte cose, e la mia convinzione , che non possiamo fondare la geometria completamente a priori è divenuta ancora più salda, se possibile. Ma lascerò passare ancora molto tempo prima di pubblicare le mie ricerche, ormai molto estese, sull'argomento. E forse non lo farò mai da vivo, perché temo le strida dei Beoti.
I cosiddetti Beoti erano i matematici dell'establishment che, credendo nel concetto kantiano di una geometria sintetica a priori, mai avrebbero accettato la visione di uno spazio la cui realtà richiedesse una indagine conoscitiva empirica. Avrebbero certamente ridicolizzato qualsiasi tentativo di svincolarsi da duemila anni di pensiero euclideo, perfino da parte di un genio come Gauss.
I tentativi per dimostrare il postulato delle parallele proseguirono. Tra coloro che si cimentarono in questa impresa, approdando a risultati del tutto inaspettati, un giovane russo: Nicolaj Ivanovic Lobacevskij e un giovane ungherese (attualmente sarebbe di nazionalità rumena): Janos Bolyai.
Quest'ultimo era figlio di Farkas Bolyai, amico e compagno di studi di Gauss. Inizialmente, quando ancora era studente, Janos Bolyai aveva tentato accanitamente di dimostrare il quinto postulato, una battaglia già persa da suo padre, il quale, tentando di distoglierlo da quella impresa, gli scriveva nella primavera del 1820:
Io ho già percorso tutte le profonde tenebre di questa notte, e ho spento in essa ogni luce e ogni gioia della vita. Per amor di Dio, ti prego: abbandona l'argomento della teoria delle parallele! Temilo tanto quanto la passione dei sensi perché esso ti può privare del tuo tempo, della salute, della pace, della gioia di vivere. Questa oscura tenebra non si chiarirà mai: l'infelice genere umano non raggiungerà mai la perfezione, nemmeno in geometria.
Chi di noi ha figli, sa bene come le esortazioni dei genitori valgano solo a rinforzare comportamenti diametralmente opposti, infatti nell'autunno del 1823, a soli ventun anni Janos scriveva al padre:
Ho deciso di pubblicare un lavoro sulla teoria delle parallele, appena avrò ordinato il materiale e le circostanze me lo permetteranno. Non ho ancora terminato la ricerca, ma la strada che ho seguito rende quasi certo che l'obiettivo sarà raggiunto, se la cosa è possibile. Per ora non lo è ancora stato, ma le scoperte che ho fatto sono tanto meravigliose che ne sono quasi sopraffatto, e sarebbe terribile se andassero perse. Quando le vedrai capirai! Per ora ti posso solo dire questo: Ho creato un nuovo universo dal nulla.
Nella risposta del padre si coglie quasi un presentimento di quanto stava per accadere in Germania e in Russia, ad opera di Gauss e Lobacevskij.
Se veramente hai trovato la soluzione, non perdere tempo e pubblicala subito, per due motivi. Primo, perché le idee passano facilmente da uno all'altro, e qualcuno potrebbe anticipare la tua pubblicazione. Secondo, perché bisogna riconoscere che c'è un tempo per ogni cosa, che la fa sbocciare simultaneamente qua e là, come le violette in primavera.
La competizione scientifica è come una guerra, in cui non si può mai dire quando arriverà la pace. Dunque, bisogna conquistare quando si può, perché il vantaggio l'ha sempre il primo che arriva.
Nel 1825 Janos scrisse un primo resoconto delle sue ricerche e nel 1829 completò un manoscritto definitivo. Il padre, pur nutrendo qualche perplessità per la presenza, nella nuova geometria, di una costante indeterminata, decise di pubblicarlo comunque, in appendice al suo trattato, dal bizzarro titolo: “Tentativo di introdurre la gioventù studiosa agli elementi di matematica pura, elementare e superiore” che era in stampa.
L'appendice “Scienza assoluta dello spazio”, come il titolo stesso dichiarava, disegnava una “geometria assoluta” del tutto indipendente da assunzioni sulle parallele. I suoi teoremi erano espressi in una forma generale, da cui si potevano derivare le versioni euclidea e non-euclidea assumendo rispettivamente il postulato delle parallele o la sua negazione.
Il serrato confronto tra le due geometrie portava a concludere che il maggior problema insolubile nella geometria euclidea è invece risolubile in quella non-euclidea, perché in quest'ultima il cerchio è quadrabile con riga e compasso.
Oltre a darne la dimostrazione, utilizzando concetti che Gauss stesso aveva espresso a Farkas già nel 1799, Janos si spinse ad esplorare le tecniche di costruibilità dei poligoni regolari e le proprietà dei solidi regolari nell'ambito della nuova geometria , trovando tutte le corrispondenze con la geometria euclidea.
Nel gennaio 1832 Farkas inviò il suo trattato didattico, con l'appendice scritta da Janos a Gauss per avere il suo parere sulla validità della ricerca condotta dal figlio.
La risposta di Gauss non si fece attendere: il 6 marzo del 1832 scriveva all'amico:
Se comincio dicendo che non posso lodare questo lavoro, tu certamente rimarrai un attimo sorpreso. Ma io non posso far diversamente: lodare lui, sarebbe come lodare me stesso. L'intero contenuto del lavoro, il cammino seguito da tuo figlio, i risultati a cui ha portato, coincidono quasi completamente con le meditazioni che mi hanno parzialmente occupato negli ultimi trenta o trentacinque anni. Così sono rimasto stupefatto.
Per quanto riguarda il mio lavoro, di cui ho scritto poco, la mia intenzione era che non fosse pubblicato durante la mia vita. Volevo però scriverlo comunque, per evitare che perisse con me. Potermi risparmiare questa incombenza è dunque una piacevole sorpresa, e sono felice che sia proprio il figlio del mio vecchio amico ad avere la precedenza su di me in maniera così sorprendente.
Mentre Farkas lesse in questa risposta un riconoscimento lusinghiero, il figlio la accolse molto negativamente, temendo che Gauss intendesse appropriarsi del suo lavoro. Non superò mai l'avversione verso Gauss benché col tempo si fece una ragione del fatto di essere stato sostanzialmente anticipato.
Ma la delusione maggiore l'ebbe quando, nel 1848, scoprì le “Brevi ricerche geometriche sulla teoria delle rette parallele” di Nikolaj Lobacevskij, pubblicate già nel 1829, che segnano la data ufficiale di nascita della prima geometria non euclidea: la geometria iperbolica.
Anche Gauss si era imbattuto in quel lavoro e lo aveva commentato in uno scritto a Heinrich Schumaker:
Recentemente mi è capitato di rileggere le “Ricerche geometriche” di Lobacevskij. Contiene gli elementi di una geometria che potrebbe essere rigorosamente valida, nel caso non lo fosse quella euclidea. Un certo Schweikart la chiama “astrale”, Lobacevsky “immaginaria”.
Tu sai che io ho avuto la stessa convinzione per 54 anni, fin dal 1792, con un'estensione successiva di cui non voglio parlare ora. Non ho trovato niente che già non sapessi, nel lavoro di Lobacevskij. Ma lui sviluppa la teoria diversamente da me, in maniera magistrale e con spirito veramente geometrico. Ho pensato di attirare la tua attenzione su questo lavoro, perché ti darà un piacere squisito.
Il giudizio favorevole di Gauss, espresso in privato, valse a Lobacevskij l'elezione a membro della società scientifica di Gottinga nel 1842, tuttavia , tenendo fede alla sua decisione di non voler essere coinvolto in polemiche con la comunità scientifica tradizionalista, Gauss non riconobbe mai, in scritti pubblicati, queste ricerche rivoluzionarie.
Lobacevskij, era nato in una famiglia di modeste condizioni, il padre era un semplice impiegato del catasto. Rimasto orfano all'età di sette anni si trasferì con la madre dalla città natale a Kazan', al di là dei monti Urali. Nonostante le difficoltà finanziarie della famiglia, riuscì a frequentare l'università , venendo in contatto con valenti professori provenienti dalla Germania, tra i quali Bartles, già maestro di Gauss. A soli ventun anni era già docente e a trentaquattro fu nominato rettore della università di Kazan'.
La concezione rivoluzionaria di Lobacevskij maturò tra il 1823 ed il 1826. Partendo dalla convinzione iniziale che fosse possibile fornire una dimostrazione del postulato delle parallele, giunse negli anni seguenti, tra il 1826 e il 1829, alla conclusione che questo postulato non fosse dimostrabile sulla base degli altri quattro e potesse essere sostituito da un postulato diverso, dando origine ad una nuova geometria, al cui interno tutto era consistente, senza alcuna contraddizione logica.
La validità di questo costrutto cozzava in ogni caso contro il senso comune, al punto che Lobacevskij stesso coniò per essa l'attributo di “immaginaria”.
L'avversione verso una interpretazione dello spazio difforme da quella euclidea, ha il suo motivo profondo nel bisogno psicologico di trovare univoca corrispondenza tra realtà ed astrazione.
Nel momento stesso in cui si supera questo bisogno, si accetta la possibilità di un contesto diverso per rappresentare gli oggetti geometrici, rendendo flessibile il linguaggio che li definisce. Appare così quello che Bolyai chiama “un nuovo universo”; ma non è un universo “creato dal nulla” come scrive Bolyai al padre, bensì “scoperto. Soltanto il primo e non l'unico universo possibile, come vedremo in seguito.
Rappresentazioni diverse, diverse verità
Il modello iperbolico di Klein
Una raffigurazione dello spazio compresso all'interno di un cerchio è la metafora che meglio consente di ragionare sulle peculiarità della geometria di Bolyai-Lobacevskij
In questa figura la superficie del cerchio rappresenta tutti i punti esistenti nel piano e la circonferenza tutti i punti che si trovano a distanza infinita.
Tutte le rette sono rappresentabili come corde di questo cerchio.
Data la retta r e il punto P, esistono infinite rette passanti per P che non hanno intersezioni con la retta r.
Esistono inoltre due rette t e t' che intersecano la retta r rispettivamente nei punti A e A' che si trovano sulla circonferenza, ossia all'infinito.
Esse sono le parallele alla retta r passanti per il punto P
Quindi, il postulato che sostituisce quello di Euclide è il seguente:
Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, per tale punto passano due rette parallele alla retta data.
Con tutte le conseguenze che discendono da questa affermazione.
Si può capire a questo punto la reticenza di Gauss a parlarne pubblicamente.
Le due parallele vengono definite asintotiche e questa definizione evoca l'idea di una funzione particolare, l'iperbole.
In realtà la geometria non euclidea di Lobacevskij è riconducibile alla geometria di una superficie sferica di raggio immaginario, una superficie a curvatura costante negativa (pseudosfera), strutturalmente confrontabile con la geometria di una sfera euclidea a curvatura positiva.
La bimillenaria geometria di Euclide si pone in questo contesto come l'elemento di transizione, il caso speciale ed unico di superficie portante a curvatura nulla, a cui siamo talmente assuefatti da faticare, ancora ai nostri giorni, ad immaginare alternative.
L'estensione dello spazio in cui siamo immersi è tale da rendere impossibile intuirne la natura. Per millenni i nostri sensi ci hanno sussurrato l'idea di una terra piatta, piuttosto che sferica. Le immense distanze intergalattiche, solcate da onde luminose e gravitazionali , si estendono su una trama a curvatura positiva, negativa o nulla? Chi mai potrebbe con certezza rispondere a priori a questo interrogativo?
2 commenti
Ripasso utile e scorrevole
P.S. Una svista: Hai posticipato di 100 anni gli anni mirabili di Lobachevskij
Grazie Ernesto del tuo apprezzamento e della tua segnalazione.
Ora Lobachevkij è tornato nel suo tempo, dopo la involontaria scorribanda nel XX secolo.