L’INGANNEVOLE EPICENTRO *
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I fenomeni sismici sono una costante nello scenario della geodinamica terrestre e testimoniano la vitalità del pianeta. Le reti sismiche sparse in superficie registrano decine di sismi ogni giorno, per la gran parte del tutto ignorati dall’uomo in quanto di entità tale da non venire neppure avvertiti a livello sensoriale e quindi relegati ad argomento d’interesse solo per gli studiosi della materia.
La coesistenza umana con questo frequente fenomeno, quindi, è piuttosto tranquilla ma di tanto in tanto lo scuotimento è violento e, per chi ha la sfortuna di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato, il trauma può rivelarsi terribile.
I grandi agglomerati umani hanno purtroppo sperimentato molte volte la devastazione seguente ad un potente sisma, la storia è disseminata di simili occorrenze ma esiste una data ben precisa che rappresenta l’inizio ufficiale del rapporto uomo-sisma: 1 novembre 1755.
Il giorno di Ognissanti del 1755 la città portoghese di Lisbona venne quasi totalmente rasa al suolo da un violentissimo sisma cui fecero seguito uno tsunami e diffusi incendi che incenerirono quanto di combustibile era ancora rimasto in piedi dopo le scosse.
Naturalmente non fu il primo caso di grande città distrutta da un sisma, anzi le pur numerosissime vittime portoghesi (alcune stime parlano di circa 60.000 morti) impallidiscono se rapportate a immani catastrofi dello stesso genere che colpirono altri luoghi popolati: se nel 1731 Pechino contò circa 100.000 vittime; Antiochia nel 526 arrivò a enumerarne ben 240.000 (ne parla lo storico bizantino Procopio di Cesarea); nel 1556 nella provincia cinese di Shaanxi i morti furono più di 800.000.
Se il metro di giudizio è la perdita di vite umane quello di Lisbona non ha quindi ragione di esser considerato il sisma storico per eccellenza, il punto di riferimento cui guardare. Eppure anche uno dei grandi padri della sismologia, Charles Richter, lo tributa di più d’una pagina nel suo “Elementary Seismology” ed altrettanto hanno fatto altri illustri studiosi della disciplina.
La ragione di tanta importanza per un evento sismico che fu sì molto energetico ma tutto sommato non fra i primi dell’elenco generale dei “grandi sismi”, sta nella sua collocazione spazio-temporale.
A metà del XVIII secolo Lisbona aveva un’importanza paragonabile alle odierne New York, Londra o Parigi, cioè le metropoli nevralgiche, i centri da cui si irradia il dinamismo culturale, finanziario ed economico del mondo occidentale; la distruzione improvvisa di quel crocevia commerciale tra il vecchio e il nuovo mondo produsse una ricaduta emotiva fortissima che dilagò in Europa, seppure con una certa lentezza dovuta ai mezzi di comunicazione dell’epoca.
Il sisma fu avvertito in tutta Europa e in parte dell'Africa ma la notizia del disastro portoghese con i dettagli ed i resoconti di coloro che avevano veduto il cataclisma raggiunse i vari paesi solo giorni dopo e quando essa giungeva scuoteva nel profondo gli animi. Il 4 novembre la notizia arrivò a Madrid, il 23 a Parigi, il 4 dicembre a Londra, il 6 a Torino e Vienna, il 9 a Napoli.
E' forse la prima volta che gli spaventosi effetti di un grande sisma, oltre alle descrizioni letterarie e scientifiche, producono descrizioni visuali, come testimoniano incisioni, xilografie, stampe e disegni, opere estremamente ricche di particolari e di carica drammatica (figg. 1, 2, 3).
L'evento fece emergere negli animi il timore che analoga sorte potesse cogliere senza alcun preavviso qualunque altra zona, trasformando in pochi minuti popolose città in distese di macerie.
Il dramma fu oggetto di partecipate discussioni di varia natura, da quelle più scientifiche a quelle teologiche e le più note e agili menti del tempo lasciarono su carta moltissime delle loro impressioni e dei loro ragionamenti.
Voltaire stese un poema, a cui Rousseau rispose con una lunga lettera di filosofico dissenso (che porterà alla rottura tra i due); Immanuel Kant approfondì l'aspetto squisitamente scientifico con ipotesi, pubblicate nel 1756, che oggi appaiono piuttosto curiose ma che vanno calate nella quasi totale mancanza di conoscenze geologiche di cui si disponeva all'epoca:
"Il primo dato che si impone alla nostra attenzione è che il suolo su cui ci troviamo è cavo e che le sue volte si protendono formando quasi un'unica struttura attraverso regioni molto estese, perfino sotto la superficie del mare. [...] Lo spaventoso boato, simile all'infuriare di un vento di tempesta sotterraneo o alla corsa dei carri su un viale lastricato, che è stato udito in concomitanza di tanti terremoti, il propagarsi simultaneo del loro effetto in terre anche molto lontane, come l'Islanda e Lisbona, che distano l'una dall'altra più di 450 miglia tedesche, e sono state scosse dal terremoto nello stesso giorno, forniscono una prova indiscutibile del fatto che tutti questi fenomeni sono correlati e insieme confermano il collegamento di queste volte sotterranee."
Nel proseguire la sua analisi, Kant individua in una "conflagrazione sotterranea" la causa dei terremoti e lo dimostra, per via sperimentale, scrivendo: "Si prendano 25 libbre di limatura di ferro e altrettanto zolfo e li si mescoli con acqua comune, si interri questo miscuglio di un piede o un piede e mezzo e si compatti bene la terra sopra di esso. Trascorse alcune ore si vedrà affiorare un denso vapore, la terra sarà scossa e dal suolo eromperanno le fiamme. E' indubbio che le due materie che abbiamo nominato si trovino spesso nelle viscere della Terra, e l'acqua, che si infiltra attraverso le fessure e gli interstizi delle rocce, può farle entrare in contatto."
Da queste premesse Kant partirà per sviluppare un discorso più lungo ed articolato dedicato al sisma del 1755, che pubblicherà sempre nel 1756.
Assai meno scientifica è la testimonianza (da recluso) lasciata da Giacomo Casanova, che nella sua "Storia della mia fuga dalle prigioni della Repubblica di Venezia chiamate I Piombi”, pubblicata nel 1780, " scrive: "Concepii ai primi di novembre il progetto di uscire con la forza da un luogo in cui mi si teneva con la forza. Quel pensiero divenne un'idea fissa, e cominciai a cercare, a immaginare, ad esaminare cento mezzi per riuscire in un'impresa che molti, prima di me, possono aver tentato, ma che nessuno mai riuscì a condurre a buon termine. In quel periodo, una mattina, mi capitò un incidente che mi rivelò il mio misero stato d'animo. Ero in piedi nella soffitta, e guardavo in alto verso l'abbaino: scorgevo anche la grossa trave. Mentre Lorenzo usciva dalla mia cella con due suoi aiutanti, vidi quell'enorme trave non oscillare ma rigirarsi sul lato destro, tornando poi alla posizione di prima, con un movimento contrario, lento e ininterrotto. Contemporaneamente, sentendo d'aver perduto l'equilibrio, m'accorsi che si trattava di una scossa di terremoto [...]. Quella scossa proveniva dal terremoto che distrusse proprio allora Lisbona.".
I secoli sono trascorsi dal catastrofico evento ma il grande sisma è ancora oggi oggetto di pubblicazioni scientifiche, basate su dati principalmente recuperati da documenti d’epoca ed elaborati con metodi moderni. Naturalmente mancano i sismogrammi ma è ugualmente possibile tentare ricostruzioni degli effetti dell’evento analizzando, per esempio, le condizioni strutturali di alcuni edifici sopravvissuti al sisma, conservatisi senza importanti ristrutturazioni e tuttora utilizzati (fig. 4).
Le testimonianze documentali più utilizzate per ricavare informazioni sul sisma del 1755 riguardano lo tsunami che accompagnò l’evento e le altezze delle onde giunte in vari punti delle coste iberiche e nordafricane. Vari studi2 convergono su una localizzazione epicentrale al largo delle coste portoghesi dove è presente un sistema di faglie attive che ha generato altri 3 recenti sismi notevoli (nel 1969, nel 2007 e nel 2009, questi eventi comunque rilasciarono un’energia 15-30 volte inferiore a quella stimata per il sisma del 1755). In fig. 5 è riportato il risultato della simulazione numerica dello tsunami (che sembra raggiunse le coste nordamericane in circa 6 ore) generato ipotizzando una localizzazione epicentrale al largo di capo San Vincenzo.
La mancanza di dati sismologici precisi limita molto le possibilità di raffinare oltre le conoscenze sul sisma del 1755 mentre i grandi sismi recenti possono essere indagati in grande dettaglio, arrivando a ricostruire i meccanismi genetici degli eventi con grande precisione.
Al proposito merita una puntualizzazione il concetto della coppia epicentro-ipocentro. Per i microsismi ed i sismi che rilasciano poca energia la consuetudine di individuare un punto preciso all’interno della Terra da cui si è generato il fenomeno costituisce un’astrazione sufficientemente aderente alla realtà da poter essere utilizzata fattivamente nei modelli di propagazione dell’energia elastica poiché il volume di roccia coinvolto nella “rottura” iniziale è contenuto e di pertinenza locale.
Ma nel caso dei grandi sismi la faccenda è ben più complessa e la nozione di epicentro (o ipocentro) perde di un vero significato fisico perché la sorgente non è approssimabile ad un punto.
Un grande sisma è generato da una enorme rottura pervasiva, un evento che coinvolge giganteschi volumi di roccia e forse solo visualizzando le dimensioni del fenomeno è possibile avere un barlume delle immani energie in gioco.
Il gruppo di ricerca “Harvard Seismology” del dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie dell’Università di Harvard ha messo a punto una tecnica che permette di “visualizzare” il propagarsi della rottura che origina un grande sisma e torna molto utile per comprendere quanto l’idea di epicentro-ipocentro sia una rozza approssimazione della realtà (fatto del tutto ignorato nei notiziari giornalistici diramati dopo ogni grande terremoto).
Il video seguente mostra la simulazione della propagazione della rottura che generò il catastrofico sisma di Sumatra-Isole Andamane il 26 dicembre 2004, seguito da uno tsunami altamente distruttivo. Nel video la propagazione della rottura viene evidenziata tramite un parametro proporzionale all’energia liberata; come si può vedere il fenomeno di fratturazione si sviluppò lungo un arco di circa 1300 km da Sumatra (a sud, dove si ebbe il massimo rilascio di energia) fino alle isole Andamane nell’arco di 8 minuti, procedendo alla velocità di 2.8 km/s e coinvolgendo una superficie di rottura stimata in ben 210.000 km2.
Fonte: Harvard Seismology Group. Dip. Earth and Planetary Sciences, Harvard, MA.
Riferimenti bibliografici
3 commenti
Come al solito tutto interessante, anche se triste. Comunque a Kant hanno raccontato una fake news su quell'esperimento di ferro, zolfo e acqua, secondo me non reagisce niente e lui non l'ha nemmeno provato. Ferro e zolfo, senza acqua, reagiscono se li scaldi bene per formare il solfuro di ferro e poi se ci butti un po' di acido cloridrico diverti tutti i bambini con la puzza di uova marce dell'acido solfidrico (se troppo sarebbe velenosetto)
Anche a me risulta come dici. Bisognerebbe prima di tutto vedere il testo in lingua originale per escludere eventuali sviste nella traduzione.
Leggo sempre con curiosità articoli sull'argomento. Anche se vivo in una zona classificata sismicamente come tra le più tranquille (Salento), abbiamo avuto anche qui un sisma memorabile, pare pure con conseguente tsunami !) nel 1743 (generatosi nell'alto Ionio tra Salento e Grecia, https://www.ingv.it/newsletter-ingv-n-4-aprile-2021-anno-xv/la-sismicita-del-salento-e-il-terremoto-del-20-febbraio-1743) e , comunque, per lavoro mi confronto quotidianamente con la normativa "antisismica" per le costruzioni. Grazie per gli articoli.