16/01/24

Tutti colori dei quark. 1: un bestiario infinito **

Questo articolo e il successivo vorrebbero farci entrare di nascosto e in modo molto cauto nella Cromo Dinamica Quantistica (QCD), simile alla Elettro Dinamica Quantistica (QED) che studia i legami tra cariche elettriche. Nel mondo della QED le cose si semplificano dato che le cariche elettriche sono solo due e la particella mediatrice della loro interazione è il fotone, privo di carica. Nella QCD, invece, si discute delle cariche di colore che identificano i quark ed esse sono tre. Inoltre, le particelle mediatrici, chiamate gluoni, sono anch'esse dotate di carica. L'interazione tra loro è fornita dallo scambio di colore che non permette un avvicinamento molto stretto e si ribella, nel contempo, a un eccessivo allontanamento. Mentre gli elettroni possono fuggire, questo non succede ai quark che rimangono confinati all'interno del loro guscio (protone, neutrone o, al più, mesone), che deve contenere sempre tre quark o al limite due, ma sempre facendo in modo che la carica complessiva sia nulla o ... "bianca".

Per far ciò dobbiamo portarci con la fantasia (e con gli esperimenti) nelle condizioni dell'Universo appena nato, pochi microsecondi (10-6 s) dopo il Big Bang. Ci accorgeremo che le particelle che compongono la materia sono un vero e proprio "bestiario", uno zoo di creature numerosissime, quelle che costituiscono il cosiddetto Modello Standard. Noi cercheremo di scomodare solo le più stabili, che continuano a vivere nel mondo di oggi e che formano la materia. In altre parole, ci limiteremo a creare i protoni e i neutroni e a descrivere l'interazione che li mantiene stabili e duraturi.

Vi saranno molte ripetizioni digli stessi concetti, ma ciò è voluto per cercare di mantenere sempre vigile l'attenzione ed evitare sconfinamenti verso la confusione.

Premessa temporale

Per la durata della nostra vita il tempo del Cosmo sembra qualcosa di estremamente lento. Le stelle vivono da milioni a miliardi  e miliardi di anni. Ben poco cambierebbe nell’Universo osservabile se la luce non viaggiasse molto lenta, mostrandoci al tempo di OGGI episodi avvenuti in tempi passati  estremamente lontani tra loro. L'Universo di oggi cambierebbe ben poco tra mille anni, un tempo mostruosamente lungo per l'essere umano.

L’Universo, però, ha avuto tempi in cui la vita di un uomo poteva sembrare un tempo infinito. Ci sono voluti pochi microsecondi affinché si passasse da pura energia a materia e pochi minuti per attuare la prima nucleosintesi, ossia la costruzione dei nuclei che caratterizzano tutta la materia odierna. Si potrebbe anche dire che tutto ciò che appartiene al microcosmo abbia tempi di esecuzione rapidissimi, mentre tutto ciò che appartiene al macroscopico rallenti seguendo le proprie dimensioni.

Ma è vero tutto ciò? Basterebbe cambiare orologio e ciò che è lento potrebbe apparire rapido e viceversa. Quanti tempi esistono, in realtà?

Il tempo, un mistero che continua a restare tale, anche dopo la sua stretta relazione con lo spazio ...

Premessa “medievale”

Gli animali mostruosi hanno un ruolo fondamentale nella scultura romanica. Essi costituiscono un vero e proprio “bestiario”, capace di instaurare terrore e spavento nei fedeli, mostrando quanto terribili siano le creature del diavolo e le nefaste conseguenze del peccato. I bestiari più ricchi, spinti fino al volgare e all’osceno, adornano portali, architravi, doccioni e ogni parte della struttura muraria, soprattutto esterna, con la comparsa quasi violenta  e punitiva di essere immondi e mostruosi. Analoghe raffigurazioni sono presenti nei capitelli, quasi in competizione  con le immagini sacre: adora Dio, ma guardati dal peccato!

Esempi fantastici di questi bestiari sono comunissimi in Francia e, soprattutto, nell’antica regione della Saintonge (oggi dipartimento della Charente-Maritime), a nord di Bordeaux, affacciata sull’Oceano. Praticamente ogni villaggio possiede una chiesa romanica, quasi sempre  ben conservata. Se ne contano più di 300 nel solo dipartimento. Molte di queste sono capolavori sia architettonici che scultorei, dove la fantasia regna padrona e le invenzioni figurative rivaleggiano passando da un borgo a quello seguente.  Veri e propri “zoo” di animali  misteriosi, di unioni tra bestie e uomini, di peccati capitali mostrati attraverso immagini oscene, spaventano l’osservatore, ma sono intrise di un’eleganza artistica eccezionale.

Uno dei fantastici portali della meravigliosa chiesa romanica di Saint-Pierre ad Aulnay. Un vero e proprio "bestiario" straripante fantasia, immaginazione e simbolismo.

 

Fantasia ed eleganza nell'armonioso fregio di un portale della chiesa di Saint Fort sur Gironde, composto da teste di cavallo.

Sarebbe impossibile descrivere ogni figura che appare nei gruppi scultorei:  figure abbastanza ricorrenti si sommano a decine di  apparizioni tipiche dei vari borghi in cui sorgono gli edifici. In altre parole, un bestiario popolato da poche forme più comuni, arricchite da una serie incredibile di personaggi “minori”.

Un vero e proprio bestiario, ricco di figure fantastiche, spesso spaventose, arricchisce le chiese romaniche della Charente-Maritime.

Lo zoo delle particelle subatomiche

Bene, un bestiario molto simile a quello medievale è lo “zoo” delle particelle subatomiche: pochi elementi ancora riscontrabili stabilmente nell’Universo odierno, accompagnati da particelle che si riescono a “vedere” per frazioni di secondo solo raggiungendo temperature e pressioni esistenti solo in un Universo molto primitivo, quello relativo a pochi microsecondi dopo il Big Bang. Oggi, certe condizioni di temperatura e pressione possono essere raggiunte solo “artificialmente”, attraverso gli acceleratori di particelle che portano a scontri in grado di far vivere per frazioni di tempo infinitesimo moltissime e, sempre nuove, creature altrimenti inosservabili. Piccoli lampi molto brevi che cercano di imitare ciò che un tempo era l’intero Universo.

Come per i bestiari medievali è quasi impossibile elencare tutti i mostri, per cui ci occuperemo quasi solamente della particelle dello zoo subnucleare, che riescono a vivere nelle condizioni odierne, ossia quelle che costituiscono la materia di cui siamo fatti e da cui siamo circondati.

Distruggere la materia per capire come si è formata

Di cosa è fatta la materia che popola l’Universo? Sicuramente il ruolo più importante è svolto dai protoni e dai neutroni, le particelle che si uniscono per formare i nuclei atomici. Il nucleo atomico deve essere in grado di resistere a moltissime sollecitazioni per garantire la sua stabilità e, non per niente, per ottenere ciò è necessaria una interazione “fortissima” tra i protoni e i neutroni. Una interazione che, però, nasce già all’interno dei nucleoni stessi, come vedremo tra poco, e si propaga come residuo anche ai rapporti tra nucleoni.

Lo stato della materia dipende essenzialmente dalla temperatura (e/o dalla pressione) a cui è soggetta. Sappiamo bene come l’acqua vari il suo stato aumentando la temperatura. Fino a un certo valore le sue molecole mantengono una struttura solida. Poi, però, si rompono i legami molecolari ed esse riescono a muoversi una rispetto all’altra dando luogo al liquido. Un ulteriore aumento della temperatura rende sempre più rapido e caotico il movimento degli atomi raggiungendo lo stato gassoso.

Fino a questo momento, stiamo ancora osservando processi di tipo macroscopico. Bastano, infatti, anche le piccole capacità del nostro occhio, per valutare lo stato della materia (e questo non vale, certo, solo per l’acqua, ma per qualsiasi tipo di struttura molecolare).

Cosa succede, però, se, ormai in regime gassoso,  si aumenta di molto la temperatura? Gli effetti possono ancora essere evidenti (pensate a un fulmine), ma si entra già nei processi di tipo sub atomico. L’aumento della temperatura riesce ad agitare a tal punto gli elettroni  che essi si permettono di abbandonare i loro orbitali creando “ioni”, ossia atomi con carica elettrica non nulla. Siamo di fronte al plasma, lo stato della materia che domina l’Universo e le sue grandi strutture (basta pensare al nostro Sole).

Aumentiamo ancora la temperatura e ci accorgiamo che anche i nuclei atomici cominciano a non fronteggiare più la situazione e la stessa interazione che tiene uniti i nucleoni è costretta a cedere e a “perdere” i pezzi. I nucleoni si separano tra di loro.

Qual è il passo successivo? Riuscire a rompere  anche un singolo nucleone. Molti segnali avevano già fatto pensare che protoni e neutroni non fossero particelle fondamentali, indivisibili.  Ma … ciò vuol dire riuscire ad annullare l’interazione più forte che esiste in Natura. Siamo poco oltre la metà del secolo scorso (1964) quando viene  teorizzata contemporaneamente e indipendentemente, da due fisici, Murray Gell-Man e George Zweig, l’esistenza di particelle fondamentali che compongano i mattoni della materia, ossia i neutroni e i protoni.

Teorie geniali che metterebbero a posto alcuni problemi legati al microcosmo e alla sua visione quantistica, ma come avere una risposta osservativa? Queste particelle, chiamate quark, non riescono, infatti, a essere analizzate singolarmente. Esse sono “confinate” senza speranza dentro il nucleone e non gli permettono di “scappare” al di fuori del proprio guscio. Oggi, sicuramente no (a parte un luogo ancora misterioso); il confinamento domina sovrano nella materia (e meno male!), ma cosa poteva essere ottenuto con temperature mostruosamente più elevate, dell’ordine delle migliaia di miliardi di gradi o con  pressioni gigantesche, ossia, nelle condizioni esistenti subito dopo l’inflazione? Si è, quindi, teorizzato che per pochi microsecondi la temperatura fosse stata tale da permettere la formazione un brodo primordiale in cui i quark, i loro fratelli gluoni, e innumerevoli altri "mostri" potessero vivere separatamente.

La figura che segue mostra i primi microsecondi dopo il Bing Bang … dal plasma di quark e gluoni alla formazione dei nucleoni e degli stessi nuclei.

Una teoria, per bella che sia, ma, senza prove, resta quella che è. L’unica possibilità è cercare di imitare la Natura e portarsi nelle condizioni di temperatura a cui si trovava l’Universo appena nato, pochi microsecondi dopo il Big Bang.

Dopo ripetuti tentativi, a partire dagli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, gli acceleratori di particelle sono riusciti nell’intento. Gli urti ad altissima energia a cui erano costrette le particelle, sono riusciti a riprodurre, per frazioni di tempo infinitesime, le condizioni primordiali. Il plasma di quark sembrava proprio una realtà, e, analogamente, lo erano i quark, i gluoni, i mesoni e cento altri mostri rapidi a sparire come fantasmi.

La strada da compiere è ancora lunga e difficoltosa, ma la zuppa primordiale, il plasma di quark e gluoni, sembra la strada giusta per descrivere i primi microsecondi dell’Universo  e la struttura fondamentale della materia nucleare. I due fisici che avevano introdotto i quark come costituenti dei nucleoni, avevano diritto al Nobel!

Come già accennato, vi è -forse- anche la possibilità di trovare questo plasma non solo creandolo per brevissime frazioni di secondo, ma anche cercandolo nel cuore delle stesse stelle. Le temperature non sarebbero certo sufficienti, ma la pressione o, se preferite, la densità della materia, lo potrebbe essere. Stiamo, ovviamente, parlando delle stelle di neutroni, della materia sottoposta a una pressione capace di trasformare elettroni  e protoni in neutroni e poi distruggere letteralmente questi ultimi, separando i loro quark.

La  figura che segue mostra un diagramma qualitativo (temperatura-pressione)  della materia e del suo stato. L’unione di quark e gluoni (tra poco ne parleremo in dettaglio) riesce a formare nucleoni all’interno della bolla in basso a sinistra. Per valori molto alti di temperatura o di pressione esiste solo il plasma di quark e gluoni. Ovviamente l’Universo appena nato si posiziona nella parte alta a sinistra, mentre le stelle di neutroni sono nella parte in basso a destra.  Gli esperimenti di laboratorio effettuati con gli acceleratori di particelle sono rappresentati dalle frecce dirette verso l’alto e verso destra. Essi riescono a entrare per brevissimo tempo nella fase di plasma originario.

Fonte: INFN

Una rapida considerazione … Passare da gas a liquido e a solido, significa, nel mondo di tutti i giorni, cambiare lo stato della materia. In qualche modo, si segue una strategia simile per passare da plasma primordiale a “gas” adronico, ossia a uno stato della materia che permetta la formazione di adroni, ossia di particelle formate da quark, che gli “elastici” gluoni riescono a tenere confinati nei nuclei atomici della materia che popola l’Universo. L’Universo nascerebbe, in fondo, come cambiamento di fase di un plasma particolare.

Riassumendo, se vogliamo “vedere” l’infinitamente piccolo è necessario distruggere ciò che esiste normalmente in Natura. Solo così possiamo permetterci di raggiungere temperature e pressioni che simulino le condizioni immediatamente successive al Big Bang: possiamo rompere i solidi e passare ai gas; possiamo cacciare elettroni dagli atomi e ottenere il plasma; possiamo separare tra loro i nucleoni e isolare protoni e neutroni; possiamo, infine, spezzare gli stessi nucleoni per avere un’idea del plasma originario (QGP, plasma di quark e gluoni).

In questa serie di processi che scendono sempre più verso il basso, fanno la loro comparsa particelle veramente inaspettate e sempre più numerose che, a volte, differiscono solo per la loro massa. Si apre il “bestiario” subnucleare che è per lo più invisibile tranne che nei suoi componenti più stabili e duraturi. Per limitare il nostro zoo medievale, ci limiteremo a parlare di ciò che esiste in Natura e non viene creato su comando: protoni, neutroni, mesoni, quark e antiquark.

La vita “spericolata” dei quark.

Come già detto precedentemente, entrare nel mondo del modello standard vuol dire entrare in un vero e proprio bestiario, in cui la stessa cosa può chiamarsi in modo diverso e i nomi sono spesso assegnati in maniera non molto razionale. Cerchiamo di limitare la confusione. I prodotti delle collisioni degli acceleratori di particelle hanno normalmente una vita brevissima e, come già detto, non possono esistere nelle condizioni di pressione e temperatura dell’odierno Cosmo.  Trascuriamole e dedichiamoci solo a ciò che compone la materia in modo più o meno stabile. In particolare entriamo all’interno del nucleo atomico e vediamo quali giochi intricati e complessi avvengono all’interno delle particelle che li compongono, i nucleoni  appunto.

Gli stessi nucleoni, possono assumere vari nomi a seconda delle caratteristiche che mostrano. Vediamo di fare un po’ di chiarezza…

Le particelle originarie che li formano fanno parte dell’ormai famoso e primordiale plasma di quark e gluoni. Quando le condizioni di temperatura e pressione sono scese a valori relativamente normali (pochi microsecondi dopo il Big Bang), i quark si sono uniti tra di loro per formare particelle chiamate adroni. Queste particelle si dividono in barioni e mesoni, dove i primi contengono tre quark e i secondi solo due , in particolare, un quark e un antiquark. All’interno dei barioni (che altro non sono che i nucleoni, ossia protoni e neutroni) agisce un’interazione molto forte che vede come particella mediatrice il gluone, una specie di elastico che tiene uniti tra loro i quark.

Vi è un altro modo per caratterizzare le particelle, il loro “spin”. Quando questo assume un valore intero siamo di fronte ai bosoni, mentre appaiono i fermioni quando lo spin vale + o - ½. La differenza tra bosoni e fermioni è fondamentale, in quanto solo i fermioni sottostanno al principio di esclusione di Pauli. Sono fermioni sia gli elettroni che i quark e i loro composti, protoni e neutroni.

Fatta un po’ di chiarezza, vediamo di entrare all’interno di un nucleone. Esso contiene tre quark di due tipi diversi, UP e DOWN. Questi ultimi differiscono per il sapore, ossia per la carica elettrica. Gli UP hanno carica + 2/3, mentre i DOWN hanno carica -1/3. I protoni sono formati da due quark UP e uno DOWN, in modo da avere carica elettrica finale pari a + 1 ((+ 2/3) + (+2/3) + ( -1/3) = + 4/3 – 1/3 =  + 3/3 = + 1). I neutroni da due quark DOWN e uno UP, in modo da avere carica totale pari a 0 ((- 1/3) + (- 1/3) + (+ 2/3) = - 2/3 + 2/3 = 0).

Ricapitolando… i quark sono fermioni (spin uguale a +/- ½) e hanno cariche elettriche diverse e frazionarie. I loro composti (protoni e neutroni) sono ancora fermioni, ma la carica elettrica può essere solo + 1 (protoni) e 0 (neutroni).

Dato che i quark sono fermioni, essi devono sottostare al principio di Pauli e quindi all’interno di un nucleone non possono stare due quark IDENTICI, ossia nello stesso stato. La faccenda  sembrerebbe risolversi abbastanza facilmente, lavorando su carica elettrica e spin… Il protone ha un quark DOWN e, quindi, diverso dagli altri due che sono quark UP. Questi ultimi due sono uguali come “sapore”(carica elettrica), ma al pari degli elettroni possono avere spin SU e spin GIU’, ossia + ½ e – ½. I tre quark obbediscono al principio di Pauli e possono coesistere.

Le cose, però, si sono dimostrate più complesse…

Proprio all’inizio degli anni ’60, nello stesso periodo in cui venne teorizzata la teoria dei quark, si scoprì un altro quark, a vita brevissima, a cui fu dato il nome di quark STRANGE. Un nuovo arrivato che sembrava proprio rompere le uova nel paniere. Esso serviva a costruire una particelle adronica chiamata OMEGA -. Il guaio (o se volete, la stranezza) stava nel fatto che i tre quark essendo dello stesso tipo, ossia dello stessa carica elettrica, non potevano certo abitare nella stessa casa-particella: due di essi potevano differire per lo spin (su e giù), ma il terzo non poteva diversificarsi dagli altri due. Il principio di Pauli lo avrebbe dovuto cacciare e invece ciò non capitava. L’unica possibilità era che i quark avessero un’altra caratteristica intrinseca tale da farli diversificare tra loro a parità di spin e di carica elettrica.

Questa nuova caratteristica venne chiamata COLORE. In altre parole, i quark possiedono anche una carica di colore. La loro sopravvivenza è quindi estremamente più complessa e si basa su uno scambio continuo di colore tra quark, attraverso le particelle-elastico mediatrici chiamate gluoni, i quali hanno loro stessi una carica di colore. Il continuo scambio di colore è proprio l’origine dell’interazione forte, quella che tiene uniti e inseparabili i quark e la struttura dei nucleoni. Un suo residuo (i mesoni) riesce a svolgere un ulteriore opera di stabilità, tenendo uniti i nucleoni tra di loro.

Perché chiamare carica di colore questa nuova caratteristica? Il motivo principale è che le leggi che la descrivono seguono proprio quelle dei tre colori fondamentali additivi (rosso, blu e verde), ammettendo come anti-particelle quelle che si riferiscono ai tre colori sottrattivi (ciano, giallo e magenta). Ma vedremo le cose più in dettaglio, entrando nel regno della Cromo Dinamica Quantistica (QCD), equivalente alla QED (Elettro Dinamica Quantistica), che descrive l'interazione tra cariche elettriche. Il tutto, però, risulta sicuramente più complicato dato che i colori dei quark sono tre e il ruolo dei fotoni, privi di carica elettrica, è svolto dai gluoni che posseggono, invece, doppia carica di colore.

continua ...

6 commenti

  1. Paolo

    Caro Enzo, volevo solo complimentarmi e farti sapere che sto seguendo con molto interesse questi tuoi articolo.

    Paolo

  2. caro Paolino,

    sto faticando molto a scrivere e le tue parole sono un vero conforto e un grande stimolo! Grazie... Oltre che di QED diventerai anche un esperto di QCD !!!

  3. Domenico

    Caro Enzo, una volta si diceva “dio gliene renda merito” per questo lavoro, certamente impegnativo
     E’ straordinario che alcune particelle riescano a sopravvivere fin dall’inizio dell’universo, aspetto per i prossimi articoli…

  4. Alberto Salvagno

    Chiaro e ottimo articolo Vincenzo, confido nel seguito promesso.

    Volevo chiederti solo una cosa. Tu scrivi: Come già accennato, vi è -forse- anche la possibilità di trovare questo plasma non solo creandolo per brevissime frazioni di secondo, ma anche cercandolo nel cuore delle stesse stelle. Le temperature non sarebbero certo sufficienti, ma la pressione o, se preferite, la densità della materia, lo potrebbe essere.

    Sembrerebbe insomma che pressione o densità di materia siano la stessa cosa, ma io qui mi faccio un po' di confusione. Mi immagino la pressione come una forza esercitata dalle nostre particelle con la loro massa e la loro accelerazione sulle pareti di un contenitore e mi posso immaginare che in una stella facciano da contenitore le altre particelle che circondano le nostre. Mi immagino che la loro temperatura sia legata alla loro agitazione più o meno violenta, quindi alla loro velocità, e di nuovo alla loro massa e in definitiva alla loro energia cinetica. Ma la densità riesco a immaginarla solo come una media di tante o poche particelle in uno stesso spazio, indipendentenmente dalla loro  frenesia.

    Ovviamente mi è chiaro comunque che nel caso di un plasma siamo ben lontani dalle condizioni ideali dell'equazione di stato PV = nRT del liceo.

  5. caro Albertone,

    come vedi nella figura si deve pensare a una bolla circondata dal plasma. Quando la pressione diventa enorme si ha lo schiacciamento letterale dei neutroni con la creazione di quark liberi. La temperatura ottiene lo stesso risultato facendo muovere all'impazzata i nucleoni, riuscendo a ottenere la fuga dei quark.

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