20/09/24

DAL RIBOLLIR DE’ STELLA*/**

La vecchiaia di una stella non sempre scorre via tranquillamente. Nel caso di Betelgeuse (α Orionis) l’ultima frangia di vita si sta rivelando particolarmente agitata con i noti episodi di variazione della luminosità che la rendono protagonista da anni.

La stella, una supergigante rossa di classe spettrale M1-M2, è un eccezionale candidato ad essere la prima supernova (di tipo II) appartenente alla Via Lattea indagabile con mezzi moderni e per questo motivo è sotto osservazione stretta da anni. Nonostante ciò, continuano a sussistere incertezze su alcune sue importanti caratteristiche, in particolare la distanza, la luminosità, il raggio, la massa e lo stato rotazionale. Queste incertezze rendono non semplice individuare lo stadio evolutivo attuale della stella e quindi anche fare ipotesi su quello futuro.

Le stime della distanza indicano un intervallo piuttosto ampio, con estremi 495 e 789 a. l., la massa attuale dovrebbe essere compresa tra 16.5 e 19 masse solari (stima 2020), anche le stime del raggio nella lunghezza d’onda del visibile sono affette da cospicue incertezze, definendo un intervallo con limiti di 702 e 880 raggi solari (dati 2020) che sembra inoltre essere inserito in una tendenza alla diminuzione (fig. 1).

Fig. 1. Grafico riportante la variazione del valore del diametro di Betelgeuse nel visibile, misurato in milliarcosecondi, su un periodo di 15 anni circa (1993-2009). La stella sembra mostrare una generale tendenza a restringersi, confermata dal valore attuale di circa 42-44 milliarcosecondi secondo le più recenti stime. Fonte Townes C. H., Wishow E. H.1

Nell’ambito della tendenza al restringimento mostrata da Betelgeuse s’inserisce però un fenomeno particolare: la stella è una variabile pulsante. Le sue dimensioni cambiano come un palloncino soggetto all’alternarsi di fasi di gonfiaggio e sgonfiaggio, pertanto il raggio stellare è in questo caso un parametro che varia nel tempo seguendo una certa ciclicità con breve periodo: le osservazioni indicano un’evidente oscillazione, possibilmente affetta anche dalla non-sfericità dell’astro palesatasi in una ormai famosa immagine (fig. 2).

Fig. 2. Immagine di Betelgeuse ottenuta dalla ripresa effettuata da ALMA nel giugno 2017 alla lunghezza d’onda di 890 micron; sono evidenti le asimmetrie della stella. Per comparazione sull’immagine sono state sovrapposte le orbite dei pianeti fino a Saturno. Fonte: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/E. O’Gorman/P. Kervella.)

Anche a fronte delle notevoli incertezze sui valori dei parametri fisici della stella (incertezze di entità sorprendente se si considera quanto l’oggetto sia vicino e ciò dovrebbe far riflettere sulla validità in ambito astronomico della relazione “vicino=facile da studiare”) i modelli di evoluzione stellare non lasciano molti dubbi sulle sue ultime fasi di vita, che dovrebbero regalarci lo spettacolo di una supernova di eccezionale luminosità (come la Luna piena, secondo alcune stime).

La ghiotta occasione di una supernova nella Via Lattea (l’ultima osservata direttamente risale al 9 ottobre 1604, la “stella di Keplero”, supernova di tipo Ia) e per di più così prossima ai nostri occhi, attrae la comunità di astronomi, astrofili e semplici osservatori della volta celeste, ansiosi di cogliere segnali premonitori dell’immane esplosione, nel tentativo di prefigurare anche la luminosità massima che il fenomeno potrebbe raggiungere.

La luminosità massima di una supernova e la sua durata dipendono dalla massa stellare, dall’energia che viene liberata nell’esplosione e dal raggio della stella, l’esplosione di Betelgeuse dovrebbe quindi generare una supernova più o meno luminosa in funzione delle dimensioni assunte dalla stella proprio in quell’istante.

Sfortunatamente il modello “pulsante” di Betelgeuse non è semplice: nel caso specifico la pulsazione della superficie visibile della stella non è coordinata con la pulsazione dei suoi strati interni, preclusi all’osservazione diretta e da qui la notevole difficoltà di poter fare previsioni affidabili circa le modalità con cui si manifesterà la supernova semplicemente osservando la variazione delle dimensioni stellari (QUI maggiori dettagli).

L’osservazione della luminosità è invece più semplice, ed in particolare la variazione della luminosità nel tempo permette di rilevare “anomalie” che potrebbero preludere al parossismo della fase immediatamente precedente alla supernova.

Nel 2019 Betelgeuse iniziò a mostrare un andamento peculiare della luminosità (QUI, QUI e QUI una cronaca dell'evento): un affievolimento di gran lunga superiore a quelli dovuti alle sue caratteristiche pulsazioni con periodo 430 giorni; l’indebolimento della luce emessa dalla stella arrivò fino ad un fattore 2.5, raggiungendo il minimo a febbraio 2020 (fig. 3).

Fig. 3. Cicli di luminosità di Betelgeuse da settembre 2016 a agosto 2023: è molto evidente l’anomala diminuzione di luminosità, indicata dall’aumento della magnitudine apparente (da +0.6 a oltre +1.6, nel grafico la scala delle ordinate cresce dall’alto verso il basso) tra fine 2019 ed inizio 2020, evento chiamato “Great Dimming”. Si noti che dopo il Great Dimming il periodo dei cicli è cambiato, passando da circa 430 giorni a circa 200 giorni. Fonte: AAVSO Light Curve Generator 2 (LCG2): https://www.aavso.org/LCGv2/

In realtà una analisi della variazione di luminosità su una scala temporale molto più lunga evidenzia che nel passato (attorno al 1952-53 e al 1985-86) furono registrati dalla AAVSO (American Association of Variable Star Observers) episodi di anomala diminuzione della luminosità (fig. 4), non pronunciati come il Great Dimming ma ad esso molto simili. Occorre però tener conto delle modalità di raccolta del dato, che potrebbe essere stato influenzato da affiliati della AAVSO poco oggettivi nelle rilevazioni visuali più datate.

Fig. 4. Registrazione centennale (1928-2021) delle variazioni di luminosità (banda del visibile) di Betelgeuse rilevate dalla AAVSO (i punti grigi sono le rilevazioni visuali, i punti blu sono misure fotometriche) ed integrate con i dati raccolti dallo strumento satellitare Solar Magnetic Ejection Imager (SMEI, punti rossi), sono evidenti oscillazioni di entità simile al Great Dimming attorno al 1952 e al 1986. La lunga serie di dati rende manifesta anche l’esistenza di oscillazioni con periodo molto più lungo dei 430 giorni. Fonte: Joyce M., Leung S. et al.2

L’evento del “Great Dimming” venne considerato come una possibile indicazione di un cambiamento nella stella, un evento precursore di una fase d’instabilità che accese subito la speranza di poter assistere allo spettacolo della supernova attesa da più di 400 anni (QUI).

Purtroppo Betelgeuse evidentemente non era ancora pronta a salire sul palcoscenico per il suo sfolgorante monologo: la stella in 4 mesi recuperò luminosità fino a toccare un massimo allineato ai precedenti per poi riprendere a pulsare con periodo dimezzato rispetto ai canonici 430 giorni (fig. 3). L’agognato spettacolo era rinviato a data da destinarsi (QUI) ma restava l’anomalo comportamento mostrato dalla stella durante il Great Dimming.

L’attenzione si è quindi concentrata sulle possibili spiegazioni. Il picco negativo di luminosità in effetti è avvenuto in concomitanza con un minimo del ciclo di 430 giorni ma qualche altro fattore deve aver influito approfondendo notevolmente il minimo di febbraio 2020.

Le ipotesi alternative sono state avanzate nei 2-3 anni seguenti, ma quasi in tutti i casi si è proposta una diminuzione di luminosità dovuta a fenomeni nella fotosfera o in prossimità di essa, quali un velo di polveri derivato dall’emissione di un getto di gas oppure la formazione di una vasta regione avente temperatura più bassa (circa 250 K in meno) della restante superficie fotosferica (fig. 5).

Fig. 5. La drammatica sequenza di immagini ottenuta con il VLT che testimonia l’indebolimento della luminosità dell’emisfero meridionale della stella, indicativa di un drastico cambiamento nella fotosfera (o nelle vicinanze di essa). Fonte: Wheeler J. C., Chatzopoulos E.3

Ma se la diminuzione di luminosità non fu dovuta alle ultimissime fasi prima di arrivare alla formazione di nuclei di Fe, quale altro elemento più leggero stava (e forse sta ancora) fondendo nel nucleo?

Oggi qualche ipotesi può essere avanzata: il silicio sembra escluso, considerato che i 4 anni ormai trascorsi dal minimo sono troppi rispetto ad una stima anche molto approssimativa della durata della fase di fusione del silicio (dell’ordine di decine di giorni). Per lo stesso motivo anche le fasi della fusione del neon e dell’ossigeno probabilmente ancora non sono state raggiunte, e quindi il candidato che subito precede nella catena è il carbonio, che potrebbe sostenere la supergigante rossa ancora per decine o centinaia d’anni.

Recenti pubblicazioni specialistiche hanno affrontato la questione, strettamente connessa alla massa attuale di Betelgeuse ed alla sua massa iniziale, cioè al momento del suo ingresso nella sequenza principale (ZAMS – Zero Age Main Sequence), ipotizzata tra 18 e 21 masse solari (stima 2020).

Il valore della massa iniziale determina il percorso evolutivo entro la sequenza principale (fig. 6) ma influisce in parte anche sulla periodicità delle pulsazioni, come mostrato da simulazioni condotte sui modelli stellari, e quindi l’analisi delle periodicità può costituire una chiave per tentare di individuare una possibile fase evolutiva di Betelgeuse e ipotizzare quali siano le attuali condizioni di fusione nel nucleo.

Fig. 6. Riquadro superiore: settore del diagramma H-R riportante 16 percorsi seguiti da una stella massiva (dall’ignizione dell’H fino all’esaurimento dell’He nel nucleo) in funzione di altrettanti valori della sua massa iniziale (da 10 a 25 masse solari, la legenda a destra indica colore e tipo di linea per ogni valore di massa iniziale). Riquadro inferiore: ingrandimento del riquadro superiore per meglio evidenziare i percorsi nell’intorno di 3560 K, temperatura effettiva (Teff) stimata per Betelgeuse. Fonte: Joyce M., Leung S. et al.2

La periodicità di Betelgeuse (fig. 7) non è però facile da studiare poiché sulla curva di luce osservata possono influire diversi fattori e non tutti dipendenti dalla dinamica interna (velocità di rotazione dell’astro, dischi di polveri, etc.).

Fig. 7. Spettro completo della magnitudine fotometrica di Betelgeuse, sono molto evidenti i picchi a varie frequenze, il primo (fLSP) corrisponde al ciclo con periodo di 2365 giorni. Fonte: Joyce M., Leung S. et al.2

Secondo alcuni autori (Saio H., Nandal D. et al.4) le pulsazioni di più lungo periodo (attorno a 2365, 420, 230 e 185 giorni) potrebbero dipendere dalla medesima origine (interna) ed essere di tipo radiale, il che le rende utili per indagare lo stadio evolutivo della supergigante confrontandole con i percorsi seguiti dai modelli evolutivi numerici dall’ignizione dell’H (istante ZAMS) fino all’esaurimento del carbonio nel nucleo.

Il risultato mostra che Betelgeuse potrebbe trovarsi nella fase di fusione del carbonio o in prossimità dell’esaurimento di questo combustibile nucleare (fig. 8, in particolare riquadro a destra).

Fig. 8. A sinistra: diagramma HR con vari percorsi evolutivi in funzione della massa iniziale (vari colori) e posizione di Betelgeuse (in rosso, con le barre d’errore). Le porzioni in blu corrispondono alle fasi di fusione del carbonio nel nucleo. A destra: diagramma periodo-luminosità riportante le 4 pulsazioni osservate nella curva di luce di Betelgeuse (periodi da P4 a P1) e le tracce restituite dai modelli evolutivi a partire da masse iniziali di 17, 18 e 19 masse solari per pulsazioni di periodo simile a P4, P3, P2 e P1 nella fase di fusione del carbonio nucleare e fino al suo esaurimento. Fonte: (Saio H., Nandal D. et al.4)

Il caso di Betelgeuse evidenzia quali difficoltà si possono incontrare nel ricostruire un evento sporadico come il Great Dimming, dove si hanno a disposizione moltissimi dati osservativi della stella ma per buona parte affetti da incertezze rilevanti (distanza, temperatura fotosferica, massa, dimensioni etc.) che inevitabilmente condizionano i risultati degli studi.

In particolare la velocità di rotazione della superficie di Betelgeuse è oggetto di attenzione in quanto ritenuta troppo alta per una supergigante rossa: l’espansione conseguente all’esaurimento di H nucleare ed il successivo passaggio alla fusione di He nel nucleo dovrebbe infatti portare ad una cospicua diminuzione della velocità rotazionale originaria.

I modelli evolutivi evidenziano molto bene questa caduta di velocità che dovrebbe verificarsi in corrispondenza dell’esaurimento dell’idrogeno nucleare, tuttavia le velocità rotazionali di Betelgeuse ricavate con vari metodi a partire dalle rilevazioni sembrano non seguire i modelli (fig. 9).

Fig. 9. L’improvvisa caduta della velocità rotazionale equatoriale prevista dai modelli evolutivi al passaggio dalla fusione dell’H a quella dell’He nucleari per stelle massive (12, 15, 18 e 21 masse solari) aventi varie velocità iniziali di rotazione (100, 200 e 300 km/s). Come si vede il caso di Betelgeuse (barra rossa) rappresenta un’anomalia eclatante: le velocità ricavate dalle misurazioni sono ben 2 ordini di grandezza superiori a quelle attese in base ai modelli (si noti che la scala delle ordinate è logaritmica). Fonte: Ma J., Chiavassa A., de Mink S. et al., luglio 2024, Max Planck Institute for Astrophysics)5

E’ possibile che l’anomalia derivi dalla cattura di una stella compagna con piccola massa da parte di Betelgeuse, che di conseguenza avrebbe ereditato il momento angolare del sistema doppio ma non ci sono altre evidenze a sostegno dell’ipotesi se non la considerazione che sistemi doppi con supergiganti rosse non sono certo eccezioni nella popolazione stellare.

Ma, considerate le difficoltà incontrate nell’osservazione di Betelgeuse, quanto sono da ritenere affidabili i valori di velocità ricavati?

Una pubblicazione molto recente (Ma J., Chiavassa A. de Mink S. et al., luglio 2024, Max Planck Institute for Astrophysics)5 sottolinea efficacemente l’importanza della questione, suggerendo la possibilità, sostenuta dall’analisi dei dati di ALMA, che Betelgeuse non sia in rotazione ma che le osservazioni siano state interpretate come indicazioni di una rapida rotazione dove in realtà l’astro potrebbe invece essere sconvolto da macrocelle convettive (ampie quanto l’orbita terrestre!) che ne tantalizzano senza sosta la superficie.

La figura 10 sottostante mette a confronto 3 diversi modelli di Betelgeuse in cui l’effetto di spostamento verso il blu e verso il rosso rilevato in diversi settori della stella potrebbe dipendere dalla rotazione o, in alternativa, dalla presenza di immani macrocelle convettive, plausibili in stelle di questo tipo.

Fig. 10. Differenti scenari possono spiegare l’effetto di spostamento verso il rosso rilevato da ALMA sulla superficie di Betelgeuse: a sinistra la rapida rotazione, al centro la presenza di grandi celle convettive e a destra treni di piccole celle convettive in movimento verso la superficie o verso il centro stellare. Fonte: Ma J., Chiavassa A. de Mink S. et al., luglio 2024, Max Planck Institute for Astrophysics)5

Gli autori hanno anche realizzato un breve video della loro simulazione numerica 3D davvero impressionante (NON si tratta di una creazione artistica).

  1. https://iopscience.iop.org/article/10.1088/0004-637X/697/2/L127/meta
  2. Standing on the Shoulders of Giants: New Mass and Distance Estimates for Betelgeuse through Combined Evolutionary, Asteroseismic, and Hydrodynamic Simulations with MESA - IOPscience
  3. https://www.researchgate.net/publication/371684845_Betelgeuse_a_Review
  4. https://www.researchgate.net/publication/371223155_The_evolutionary_stage_of_Betelgeuse_inferred_from_its_pulsation_periods
  5. https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/ad24fd

 

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