Categorie: Stelle Supernove
Tags: Betelgeuse supergigante rossa supernova
Scritto da: Guido Ghezzi
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DAL RIBOLLIR DE’ STELLA*/**
La vecchiaia di una stella non sempre scorre via tranquillamente. Nel caso di Betelgeuse (α Orionis) l’ultima frangia di vita si sta rivelando particolarmente agitata con i noti episodi di variazione della luminosità che la rendono protagonista da anni.
La stella, una supergigante rossa di classe spettrale M1-M2, è un eccezionale candidato ad essere la prima supernova (di tipo II) appartenente alla Via Lattea indagabile con mezzi moderni e per questo motivo è sotto osservazione stretta da anni. Nonostante ciò, continuano a sussistere incertezze su alcune sue importanti caratteristiche, in particolare la distanza, la luminosità, il raggio, la massa e lo stato rotazionale. Queste incertezze rendono non semplice individuare lo stadio evolutivo attuale della stella e quindi anche fare ipotesi su quello futuro.
Le stime della distanza indicano un intervallo piuttosto ampio, con estremi 495 e 789 a. l., la massa attuale dovrebbe essere compresa tra 16.5 e 19 masse solari (stima 2020), anche le stime del raggio nella lunghezza d’onda del visibile sono affette da cospicue incertezze, definendo un intervallo con limiti di 702 e 880 raggi solari (dati 2020) che sembra inoltre essere inserito in una tendenza alla diminuzione (fig. 1).
Nell’ambito della tendenza al restringimento mostrata da Betelgeuse s’inserisce però un fenomeno particolare: la stella è una variabile pulsante. Le sue dimensioni cambiano come un palloncino soggetto all’alternarsi di fasi di gonfiaggio e sgonfiaggio, pertanto il raggio stellare è in questo caso un parametro che varia nel tempo seguendo una certa ciclicità con breve periodo: le osservazioni indicano un’evidente oscillazione, possibilmente affetta anche dalla non-sfericità dell’astro palesatasi in una ormai famosa immagine (fig. 2).
Anche a fronte delle notevoli incertezze sui valori dei parametri fisici della stella (incertezze di entità sorprendente se si considera quanto l’oggetto sia vicino e ciò dovrebbe far riflettere sulla validità in ambito astronomico della relazione “vicino=facile da studiare”) i modelli di evoluzione stellare non lasciano molti dubbi sulle sue ultime fasi di vita, che dovrebbero regalarci lo spettacolo di una supernova di eccezionale luminosità (come la Luna piena, secondo alcune stime).
La ghiotta occasione di una supernova nella Via Lattea (l’ultima osservata direttamente risale al 9 ottobre 1604, la “stella di Keplero”, supernova di tipo Ia) e per di più così prossima ai nostri occhi, attrae la comunità di astronomi, astrofili e semplici osservatori della volta celeste, ansiosi di cogliere segnali premonitori dell’immane esplosione, nel tentativo di prefigurare anche la luminosità massima che il fenomeno potrebbe raggiungere.
La luminosità massima di una supernova e la sua durata dipendono dalla massa stellare, dall’energia che viene liberata nell’esplosione e dal raggio della stella, l’esplosione di Betelgeuse dovrebbe quindi generare una supernova più o meno luminosa in funzione delle dimensioni assunte dalla stella proprio in quell’istante.
Sfortunatamente il modello “pulsante” di Betelgeuse non è semplice: nel caso specifico la pulsazione della superficie visibile della stella non è coordinata con la pulsazione dei suoi strati interni, preclusi all’osservazione diretta e da qui la notevole difficoltà di poter fare previsioni affidabili circa le modalità con cui si manifesterà la supernova semplicemente osservando la variazione delle dimensioni stellari (QUI maggiori dettagli).
L’osservazione della luminosità è invece più semplice, ed in particolare la variazione della luminosità nel tempo permette di rilevare “anomalie” che potrebbero preludere al parossismo della fase immediatamente precedente alla supernova.
Nel 2019 Betelgeuse iniziò a mostrare un andamento peculiare della luminosità (QUI, QUI e QUI una cronaca dell'evento): un affievolimento di gran lunga superiore a quelli dovuti alle sue caratteristiche pulsazioni con periodo 430 giorni; l’indebolimento della luce emessa dalla stella arrivò fino ad un fattore 2.5, raggiungendo il minimo a febbraio 2020 (fig. 3).
In realtà una analisi della variazione di luminosità su una scala temporale molto più lunga evidenzia che nel passato (attorno al 1952-53 e al 1985-86) furono registrati dalla AAVSO (American Association of Variable Star Observers) episodi di anomala diminuzione della luminosità (fig. 4), non pronunciati come il Great Dimming ma ad esso molto simili. Occorre però tener conto delle modalità di raccolta del dato, che potrebbe essere stato influenzato da affiliati della AAVSO poco oggettivi nelle rilevazioni visuali più datate.
L’evento del “Great Dimming” venne considerato come una possibile indicazione di un cambiamento nella stella, un evento precursore di una fase d’instabilità che accese subito la speranza di poter assistere allo spettacolo della supernova attesa da più di 400 anni (QUI).
Purtroppo Betelgeuse evidentemente non era ancora pronta a salire sul palcoscenico per il suo sfolgorante monologo: la stella in 4 mesi recuperò luminosità fino a toccare un massimo allineato ai precedenti per poi riprendere a pulsare con periodo dimezzato rispetto ai canonici 430 giorni (fig. 3). L’agognato spettacolo era rinviato a data da destinarsi (QUI) ma restava l’anomalo comportamento mostrato dalla stella durante il Great Dimming.
L’attenzione si è quindi concentrata sulle possibili spiegazioni. Il picco negativo di luminosità in effetti è avvenuto in concomitanza con un minimo del ciclo di 430 giorni ma qualche altro fattore deve aver influito approfondendo notevolmente il minimo di febbraio 2020.
Le ipotesi alternative sono state avanzate nei 2-3 anni seguenti, ma quasi in tutti i casi si è proposta una diminuzione di luminosità dovuta a fenomeni nella fotosfera o in prossimità di essa, quali un velo di polveri derivato dall’emissione di un getto di gas oppure la formazione di una vasta regione avente temperatura più bassa (circa 250 K in meno) della restante superficie fotosferica (fig. 5).
Ma se la diminuzione di luminosità non fu dovuta alle ultimissime fasi prima di arrivare alla formazione di nuclei di Fe, quale altro elemento più leggero stava (e forse sta ancora) fondendo nel nucleo?
Oggi qualche ipotesi può essere avanzata: il silicio sembra escluso, considerato che i 4 anni ormai trascorsi dal minimo sono troppi rispetto ad una stima anche molto approssimativa della durata della fase di fusione del silicio (dell’ordine di decine di giorni). Per lo stesso motivo anche le fasi della fusione del neon e dell’ossigeno probabilmente ancora non sono state raggiunte, e quindi il candidato che subito precede nella catena è il carbonio, che potrebbe sostenere la supergigante rossa ancora per decine o centinaia d’anni.
Recenti pubblicazioni specialistiche hanno affrontato la questione, strettamente connessa alla massa attuale di Betelgeuse ed alla sua massa iniziale, cioè al momento del suo ingresso nella sequenza principale (ZAMS – Zero Age Main Sequence), ipotizzata tra 18 e 21 masse solari (stima 2020).
Il valore della massa iniziale determina il percorso evolutivo entro la sequenza principale (fig. 6) ma influisce in parte anche sulla periodicità delle pulsazioni, come mostrato da simulazioni condotte sui modelli stellari, e quindi l’analisi delle periodicità può costituire una chiave per tentare di individuare una possibile fase evolutiva di Betelgeuse e ipotizzare quali siano le attuali condizioni di fusione nel nucleo.
La periodicità di Betelgeuse (fig. 7) non è però facile da studiare poiché sulla curva di luce osservata possono influire diversi fattori e non tutti dipendenti dalla dinamica interna (velocità di rotazione dell’astro, dischi di polveri, etc.).
Secondo alcuni autori (Saio H., Nandal D. et al.4) le pulsazioni di più lungo periodo (attorno a 2365, 420, 230 e 185 giorni) potrebbero dipendere dalla medesima origine (interna) ed essere di tipo radiale, il che le rende utili per indagare lo stadio evolutivo della supergigante confrontandole con i percorsi seguiti dai modelli evolutivi numerici dall’ignizione dell’H (istante ZAMS) fino all’esaurimento del carbonio nel nucleo.
Il risultato mostra che Betelgeuse potrebbe trovarsi nella fase di fusione del carbonio o in prossimità dell’esaurimento di questo combustibile nucleare (fig. 8, in particolare riquadro a destra).
Il caso di Betelgeuse evidenzia quali difficoltà si possono incontrare nel ricostruire un evento sporadico come il Great Dimming, dove si hanno a disposizione moltissimi dati osservativi della stella ma per buona parte affetti da incertezze rilevanti (distanza, temperatura fotosferica, massa, dimensioni etc.) che inevitabilmente condizionano i risultati degli studi.
In particolare la velocità di rotazione della superficie di Betelgeuse è oggetto di attenzione in quanto ritenuta troppo alta per una supergigante rossa: l’espansione conseguente all’esaurimento di H nucleare ed il successivo passaggio alla fusione di He nel nucleo dovrebbe infatti portare ad una cospicua diminuzione della velocità rotazionale originaria.
I modelli evolutivi evidenziano molto bene questa caduta di velocità che dovrebbe verificarsi in corrispondenza dell’esaurimento dell’idrogeno nucleare, tuttavia le velocità rotazionali di Betelgeuse ricavate con vari metodi a partire dalle rilevazioni sembrano non seguire i modelli (fig. 9).
E’ possibile che l’anomalia derivi dalla cattura di una stella compagna con piccola massa da parte di Betelgeuse, che di conseguenza avrebbe ereditato il momento angolare del sistema doppio ma non ci sono altre evidenze a sostegno dell’ipotesi se non la considerazione che sistemi doppi con supergiganti rosse non sono certo eccezioni nella popolazione stellare.
Ma, considerate le difficoltà incontrate nell’osservazione di Betelgeuse, quanto sono da ritenere affidabili i valori di velocità ricavati?
Una pubblicazione molto recente (Ma J., Chiavassa A. de Mink S. et al., luglio 2024, Max Planck Institute for Astrophysics)5 sottolinea efficacemente l’importanza della questione, suggerendo la possibilità, sostenuta dall’analisi dei dati di ALMA, che Betelgeuse non sia in rotazione ma che le osservazioni siano state interpretate come indicazioni di una rapida rotazione dove in realtà l’astro potrebbe invece essere sconvolto da macrocelle convettive (ampie quanto l’orbita terrestre!) che ne tantalizzano senza sosta la superficie.
La figura 10 sottostante mette a confronto 3 diversi modelli di Betelgeuse in cui l’effetto di spostamento verso il blu e verso il rosso rilevato in diversi settori della stella potrebbe dipendere dalla rotazione o, in alternativa, dalla presenza di immani macrocelle convettive, plausibili in stelle di questo tipo.
Gli autori hanno anche realizzato un breve video della loro simulazione numerica 3D davvero impressionante (NON si tratta di una creazione artistica).
- https://iopscience.iop.org/article/10.1088/0004-637X/697/2/L127/meta
- Standing on the Shoulders of Giants: New Mass and Distance Estimates for Betelgeuse through Combined Evolutionary, Asteroseismic, and Hydrodynamic Simulations with MESA - IOPscience
- https://www.researchgate.net/publication/371684845_Betelgeuse_a_Review
- https://www.researchgate.net/publication/371223155_The_evolutionary_stage_of_Betelgeuse_inferred_from_its_pulsation_periods
- https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/ad24fd
2 commenti
Non pensavo che in una stella cosí relativamente vicina potesse esserci una incertezza così grande sulla distanza, tra 495 e 789 al. Un 50% ! Ma é normale? Il sistema Polaris, ad esempio, dicono che disti 448 al, ma senza tutti questi dubbi. Cosa devo pensare allora sulle stime di galassie che distano miliardi di km? I 2,538 milioni di Andromeda decretati così precisamente sono solo una farsa?
Caro Albertone, ti faccio presente che la parallasse è di pochi mas e che basta un piccolo errore per cambiare di molto la stima. Inoltre, non è facile determinare accuratamente una posizione di un oggetto così luminoso e variabile come intensità... Dire che è vicina è un po' esagerato...