Categorie: Astronomia Elementare
Tags: buchi neri gravità massa peso
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Il peso sulla Luna è la metà della metà ... *
Iniziamo questo articolo di astronomia elementare con una celebre canzone di Modugno del 1961 che contiene un errore veramente ... astronomico: il peso sulla Luna è la metà della metà. No, non è assolutamente vero!
Sappiamo tutti benissimo che la massa di un corpo è quella che è, mentre la forza peso a cui è soggetto dipende dalla massa del corpo celeste su cui si posiziona. Definiamo come "gravità" l'accelerazione di gravità, grandezza indipendente dalla massa che la subisce. Per un corpo situato sulla superficie terrestre essa vale
g = 9.8 m/s2
Un valore che è può essere considerato costante in tutti i punti della Terra dato che l'altezza delle montagne o delle depressioni è decisamente più piccola del raggio terrestre e, quindi, può essere trascurata.
Tanto per intenderci, diamo a questa accelerazione il nome di gravità superficiale. Non confondiamoci, però... il peso di un corpo è una forza e dipende anche dalla massa del corpo, ma se ci spostassimo su un altro pianeta, la massa non cambierebbe, mentre cambierebbe l'accelerazione di gravità, per cui è più che corretto usare proprio g come parametro che caratterizza la gravità. La diversa sensazione di peso sarebbe data proprio da g e non dalla massa. Ricordiamoci che
F = mg = mMG/R2
g = MG/R2 .... (1)
dove M è la massa del pianeta e R è il suo raggio.
Ne segue che se è doppia l'accelerazione g lo è di conseguenza anche il peso, dato che la massa rimane costante.
In poche parole, ciò che dice Modugno nominando il peso si trasferisce pari pari al concetto di gravità superficiale g. Ne consegue che la canzone dice proprio che g sulla Luna è la metà della metà e l'errore rimane invariato.
La relazione (1) ci permette di calcolare facilmente il rapporto tra la gravità di un pianeta e quella della Terra...
Per la Terra abbiamo
gT = GMT/RT2
per la Luna abbiamo
gL = GML/RL2
Facciamo il rapporto e otteniamo:
gL/gT = ML/RL2/(MT/RT2) = MLRT2/(RL2MT)
passando alle misure reali (masse in kg e raggi in km)
gL/gT = 7 1022 63782/(6 1024 17402) ≈ 0.16
ossia gL è circa 1/6 di quella terrestre e non 1/4 (metà della metà...).
Una banalissima formula come la (1) ci permette non solo di calcolare la gravità sugli altri pianeti, ma anche di proporre numerosi problemi. Ad esempio, essa ci dice che la stessa gravità superficiale può essere ottenuta cambiando opportunamente sia la massa che il raggio del pianeta. Il raggio compare al quadrato... il che vuol dire che se aumentassimo la massa di 100 volte, per ottenere la stessa gravità superficiale basterebbe aumentare il raggio di dieci volte.
Questa constatazione viene dimostrata facilmente considerando il pianeta Giove. Esso ha una massa che è circa 300 volte quella della Terra, ma ha un raggio che è circa 11 volte quello terrestre. Ne consegue che la sua gravità superficiale è soltanto 2.5 volte quella del nostro pianeta.
Saturno va ancora oltre e sfiora il caso limite. La sua massa è circa 100 volte quella terrestre mentre il suo raggio è soltanto 9 volte quello della Terra. Ne consegue una gravità superficiale quasi uguale alla nostra, appena appena più grande (1.1 volte).
Se potessimo camminare sulla superficie di Saturno ad occhi bendati non ci accorgeremmo del drastico cambiamento di ... luogo! Il peso su Saturno è uguale al peso sulla Terra.
Ben diversa sarebbe la situazione se ci trasferissimo su un asteroide, dove sia la massa che il raggio sarebbero più piccoli. Ovviamente, se concentrassimo tutta la massa della Terra in un corpo così piccolo, la faccenda cambierebbe ancora e ci avvicineremmo a gravità veramente mostruose. Facciamo un semplice conto...
gA = gT RT2/RA2 =
Assumiamo un asteroide con un raggio pari a un millesimo di quello della Terra, ossia circa 6 km...
gA = gT 1/(1/1000)2 =1.000.000 gT
Una situazione simile a quella di una bella passeggiata su una Nana Bianca. Eh sì, avremmo proprio bisogno di una bella cura ... dimagrante!
Abbiamo parlato di Nana Bianca e, allora, perché non andare ancora oltre e pensare direttamente ai buchi neri? Anche se il calcolo sarà giocoforza molto approssimativo, continuiamo ad utilizzare la fisica newtoniana.
La domanda che possiamo porci è la seguente: "E' più pericoloso avvicinarsi a un buco nero stellare o un buco nero galattico, capace di avere una massa pari a miliardi di volte quella del Sole?". La risposta è abbastanza scontata: "Molto meglio un mostro galattico!". Prima di dimostrare il perché dobbiamo definire in qualche modo la superficie di un buco nero. Ovviamente, non esiste una superficie che lo delimita, ma esiste una superficie che caratterizza il punto di non ritorno, ossia il limite per sperare ancora di uscirne. Questo limite è il ben noto Orizzonte degli Eventi. Se si superasse tale limite nemmeno la velocità della luce potrebbe portarci indietro.
Consideriamo, allora, proprio lui come superficie di un buco nero. Esiste una semplice formuletta che descrive questo "raggio":
RBN = 2GMBN/c2
dove oltre alla massa e al raggio, fa la sua comparsa la velocità della luce al quadrato.
Riprendiamo la (1) e, al posto del raggio del pianeta, inseriamo il raggio dell'orizzonte degli eventi:
g = MBNG/R2 = MBNG/(4G2MBN2/c4) = MBNG c4/4G2MBN2
g = c4/4GMBN
Fatti i dovuti calcoli potrebbe teoricamente esistere un buco nero galattico sulla cui "superficie" non sentiremmo un peso diverso da quello terrestre. La sua massa dovrebbe però essere uguale a 1012 masse solari. Un valore che sembra irraggiungibile secondo i modelli correnti. Il che, comunque, comporterebbe di stare a solo mezzo anno lice dalla vera singolarità.
Tuttavia, si sono scoperti buchi neri galattici che sfiorano le 1011 masse solari tali da avere una gravità superficiale di soli 27 g ... Niente di veramente eccezionale, simile a quella che abbiamo sulla superficie del Sole.
Facciamo, però, molta attenzione. Noi abbiamo usato la gravità newtoniana e non la relatività generale. In quest'ultima la gravità superficiale è qualcosa di non ben definito e dipende dalla metrica che si usa. Inoltre, il dire che potremmo non sentire la gravità non vuole assolutamente dire che potremmo tornare indietro sulla Terra. Solo per "restare" sulla superficie bisognerebbe avere un'energia infinita, mentre la velocità di fuga ci imporrebbe, comunque, di dover superare la velocità della luce.
Appendice elementare.
La relazione (1) vede entrare in ballo sia il raggio che la massa. Potremmo, però, scrivere la massa in funzione del raggio, introducendo la densità ρ. Assumendo una forma sferica, abbiamo che:
MP = 4/3πRP3 ρP
gP = 4/3GπRP3 ρP/RP2 = 4/3GπRP ρP
Considerando due pianeti di uguale raggio, se ne deduce che l'unica variabile che comanda la gravità superficiale risulta essere la densità. Aumentando il raggio basta, perciò, diminuire la densità per mantenere una gravità costante. Il che è risultato più che ovvio.
Ho espresso concetti veramente semplici, ma che potrebbero venire utili a qualche "novizio". Penso che di tanto in tanto rifarò questa esperienza.