Categorie: Fisica classica
Tags: catena che cade forza normale impulso peso quantità di moto
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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C'è peso e peso... **
Quando vogliamo pesarci dobbiamo salire su una bilancia. Ma quello che leggiamo è veramente il nostro peso, ossia è veramente la nostra forza peso? Il terzo principio della dinamica ci dice che non è vero! Ciò che leggiamo è la forza che la bilancia esercita su di noi! Ossia quella che chiamiamo anche forza normale. Sì, va bene, ma dovrebbero essere la stessa cosa... cambia solo il verso della forza. Questo sarebbe vero solo se non agissero altre forze. Facciamo il caso banalissimo dell'ascensore... e mettiamo una bilancia sul suo pavimento, facendo entrare la nostra "cavia". Guardiamo il tutto dall'esterno, ossia in un riferimento inerziale, degno di fiducia.
Se l'ascensore fosse fermo, leggeremmo proprio la forza peso. D'altra parte, la cavia nell'ascensore è ferma e quindi la sua accelerazione deve essere nulla. Ciò vuol proprio dire che la forza normale che riceve DEVE essere uguale, in modulo, alla sua forza peso.
Se l'ascensore accelerasse verso l'alto o verso il basso, le cose cambierebbero di molto.
Nel primo caso, non possiamo che che concludere che la cavia sta accelerando verso l'alto e quindi la forza normale che subisce DEVE essere maggiore di quella precedente. Il che vuole anche dire che il peso dato dalla bilancia è aumentato.
Se l'ascensore scendesse con una certa accelerazione, concluderemmo il contrario e la bilancia ci darebbe, ovviamente, ragione: il peso è diminuito.
La stessa cosa succede anche alla cavia nel suo riferimento non inerziale. Vedrebbe anche lui la bilancia dare valori diversi, ma direbbe che in un caso sta subendo una forza diretta verso il basso, che la schiaccia verso il pavimento, e, nell'altro che la sta ricevendo verso l'alto. In ogni caso si sentirebbe più pesante o più leggero, ma non solo si "sentirebbe", ma lo sarebbe veramente, come dimostra la bilancia.
Nel caso dell' ascensore che scendesse con un accelerazione pari proprio all'accelerazione di gravità g, la bilancia darebbe un valore pari a zero. Per noi ciò deriva dal fatto che si è annullata la forza normale. Per l'uomo all'interno vorrebbe dire che è in caduta libera.
Abbiamo detto cose che chiunque dovrebbe sapere, anche un bambino, ma ricordiamoci, comunque, che proprio una caduta senza ascensore - che sarebbe come se anche l'ascensore cadesse seguendo la gravità- ha permesso a una mente geniale, creativa e fantasiosa di rivoluzionare per sempre la fisica. Capire questo semplice processo fisico vuole anche dire capire che un astronauta in orbita attorno alla Terra non sente alcun peso ed è libero di fluttuare all'interno della capsula in cui è sistemato. Non è sparita la gravità terrestre, ma è lui che si trova in caduta libera. Una caduta continua che è bilanciata dalla velocità orbitale, che lo mantiene sempre alla stessa distanza dalla Terra.
Quanto detto vale per oggetti che oltre alla gravità subiscono accelerazioni costanti, ossia che ci permettono di avere il tempo di leggere il peso sulla bilancia. Ovviamente, se l'accelerazione cambiasse cambierebbe anche la risposta della bilancia.
Cosa succederebbe, invece, se un oggetto cadesse da una certa altezza? Beh... durante la caduta avrebbe peso zero (caduta libera), ma al momento in cui toccasse la bilancia che è ferma e lo aspetta, non sentirebbe soltanto la reazione alla forza di gravità, ma anche la forza causata dalla variazione istantanea (o quasi) della quantità di moto. Ricordiamo, infatti, che una forza è proprio uguale alla variazione della quantità di moto e, quindi, improvvisamente subirebbe una forza diretta verso l'alto estremamente più grande della reazione alla sua forza peso. Una reazione che durerebbe "un attimo", ma quanto basta per causare deformazioni o rotture all'oggetto in caduta o, magari, alla bilancia.
Dato che questa forza impulsiva dipende dalla variazione della quantità di moto rispetto al tempo, più è lunga la durata dell'impatto e minore è la forza che si esercita . Non per niente, gli airbag agiscono proprio in tal senso, allungando il tempo in cui avviene il cambiamento della quantità di moto. Analogamente, la stessa cosa capiterebbe se cadesse su nn materasso invece che sul duro terreno.
Se, quindi, cadessimo su una bilancia dovremmo teoricamente leggere per un brevissimo tempo un peso enorme. In realtà la bilancia non farebbe a tempo a mostrarci il risultato, se il tempo d'impatto diventasse troppo breve, anche se noi lo sentiremmo e come! Teoricamente, una variazione di quantità di moto in un tempo uguale a zero dovrebbe comportare una forza infinita, ma ciò non avrebbe significato fisico, anche perché nessuna reazione può essere istantanea su un oggetto che ha certe dimensioni.
Questa banale serie di considerazioni ha permesso di costruire un dispositivo in grado di misurare il peso effettivo di un oggetto durante la sua caduta, allungando in qualche modo il tempo di lettura, anche se il tempo di assorbimento dell'urto fosse estremamente breve. Questo problema prende il nome di problema della catena e fa parte della dinamica della massa continua.
L'oggetto di cui vogliamo misurare il peso sulla bilancia deve essere qualcosa di simile a una catena formata da tanti anelli, molto piccoli, attaccati uno all'altro. In parole povere, vogliamo che la massa del nostro oggetto sia distribuita lungo una certa lunghezza non trascurabile, che non si comporti da corpo rigido, ma come un insieme di tante piccole parti indipendenti una dalle altre. Teoricamente dovremmo considerare una lunga serie di tratti infinitesimi di massa dm che cadono senza lasciare spazio tra di loro. Ogni piccolo tratto subirebbe la forza di gravità, seguendo le sue leggi.
Il problema, idealizzato in questo modo, comporta una soluzione sicuramente semplice che può tranquillamente essere riprodotta praticamente. In realtà, la faccenda è molto più complicata, ma limitiamoci al caso classico.
La catena è sospesa al soffitto e la sua lunghezza è uguale alla distanza L tra soffitto e bilancia. Immaginiamo di posare delicatamente tutta la catena sulla bilancia. Il peso che leggiamo è proprio uguale alla forza peso della catena (o meglio alla sua reazione). Chiamiamola Fr, forza a riposo. Se facessimo cadere la catena staccandola dal soffitto, alla fine dell'esperimento misureremmo proprio questa forza. Tuttavia, durante l'intera azione le cose vanno in modo ben diverso.
Prima di scrivere qualche formula che ci permetta di risolvere il problema, ragioniamo su cosa ci si deve aspettare...
Ogni anellino o trattino di catena percorre una distanza diversa: il primo in basso tocca subito la bilancia, mentre quello più in alto deve percorrere un tratto L. Questo fatto implica che ogni anello che tocca la bilancia causa una forza impulsiva sul piatto che deriva dalla variazione della sua quantità di moto, che è funzione della posizione x dell'anello della catena, dato che, a parità di massa, cambia la velocità dell'impatto v.
Un certo anello si trova, ad esempio, nella posizione x rispetto al piatto. Quando lui tocca la bilancia quest'ultima sta già mostrando il peso a riposo della parte di catena che è caduta fino a quel momento. Ne segue che ogni anello aggiuntivo implica una forza aggiuntiva che è funzione di x, così come è funzione di x anche la parte che è già arrivata. In altre parole, in un certo istante la bilancia ci mostra la forza peso della catena già arrivata, che ha una lunghezza x, più la forza impulsiva dell'anello che arriva in quel momento e che ha percorso la stessa distanza x, acquistando una certa velocità v.
In Fig. 1, consideriamo la caduta di un singolo anello della catena o, se preferiamo, un brevissimo tratto di massa dm.

La densità della catena è costante e la catena ha spessore trascurabile, in modo che la massa può essere espressa in termini di densità lineare ρ, ossia
dm = dx ρ .... (1)
Dato che la densità è costante possiamo riferire sia la massa dm che quella Mr (massa già a riposo) della catena arrivata alla massa M dell'intera catena e alla sua lunghezza L,. Possiamo scrivere:
Mr/x = M/L
Mr = x M/L
La forza peso di questa parte di catena vale, ovviamente:
Fr(x) = Mr g = x g M/L
Passiamo all'anello che cade. Come detto, esso deve percorrere una certa lunghezza x che dipende dalla sua posizione nella catena. Tuttavia, la sua legge del moto è sempre la stessa e l'anello arriva a toccare la bilancia dopo aver acquistato una certa velocità vx. E' immediato calcolare la velocità con cui tocca la bilancia, che è proprio la velocità acquisita per effetto della gravità nel tratto x. E' facile calcolarla ricorrendo alla conservazione dell'energia. Sappiamo già il risultato
vx = √(2 g x)
Ma possiamo ricavarla nuovamente, imponendo che la somma dell'energia cinetica e di quella potenziale al momento iniziale sia uguale a quella finale.
dm g x + 1/2dm vo2 = dmg 0 + 1/2 dm vx2
La velocità iniziale v0 è zero così come l'altezza finale, per cui, eliminando dm:
g x= 1/2 vx2
vx= √(2 g x)
Come detto, una certa quantità di moto si trasmette interamente alla bilancia al momento dell'impatto. Abbiamo visto che quest'azione causa una forza impulsiva che dura un tempo infinitesimo. La forza è data dalla variazione della quantità di moto e la chiamiamo Fs, forza di "stop":
Fs(x)= dm dv/dt
Durante l'impatto, la velocità deve passare da vx a 0, per cui la differenza di velocità è pari proprio a vx
Fs(x)= dm vx/dt
La massa dell'anellino dm può essere scritta (1) come dx ρ. Sostituendo...
Fs(x)= vx ρ dx/dt
La variazione di x rispetto al tempo non è altro che la velocità vx, per cui:
Fs (x)= vx2 ρ
Sapendo quanto vale la vx, possiamo scrivere
Fs(x) = 2g x ρ = 2 g x M/L
La forza Fs è il doppio di quella dovuta alla forza peso della parte di catena già arrivata sulla bilancia.
Ovviamente per x = L , ossia al termine della caduta:
Ftot = Fr + Fs = 3 gM.
In realtà, quando un anello tocca la bilancia, se la sua risposta fosse immediata dt andrebbe a zero e quindi la forza impulsiva sarebbe grandissima, praticamente infinita. Tuttavia dt non è mai zero e la velocità non può cambiare drasticamente da v a zero, per cui, a seconda della risposta della bilancia dovremmo avere una serie di picchi nella forza agente sulla bilancia seguiti da un improvviso crollo fino al valore a riposo. Tuttavia, essendo la massa continua, nel frattempo è già arrivato un altro anello che causa un nuovo picco e via dicendo. Effettuando praticamente l'esperimento non si leggono mai variazioni violente e si ha una specie di valore "medio" che rimane sostanzialmente sempre pari a tre volte il peso effettivo della corda già scesa.
Questo punto è abbastanza critico e ha dato luogo a visioni più complesse in cui si tiene anche in conto la tensione non nulla che la catena esercita sulla parte che sta scendendo. Tuttavia, a noi può bastare questa soluzione approssimativa, ma anche riscontrabile nella realtà dei fatti.
Infine, dato che l'unica accelerazione che compare è quella gravitazionale, possiamo ricordare che:
x = 1/2 gt2 e quindi, in funzione del tempo, la forza che si legge risulta:
Ftot = 3/2(M g2t2/L).
La risposta della bilancia in funzione del tempo, può quindi sintetizzarsi nel grafico che segue. Quando la catena è scesa completamente, la forza registrata cade ovviamente al valore della forza peso della catena in quiete.
La figura riporta ciò che è stato letto in un esperimento pratico che dimostra come l'approssimazione usata nell'approccio analitico sia più che accettabile.