14/01/14

Un termometro per misurare l’abitabilità di un pianeta **

Una caratteristica della nostra atmosfera può diventare un ottimo “termometro” per misurare le possibilità di vita sugli esopianeti.

E’ ben noto che l’atmosfera terrestre mostra un andamento della propria temperatura abbastanza sorprendente. A mano a mano che ci si alza, la temperatura dell’aria decresce mentre l’atmosfera diventa sempre più rarefatta. Fin qui tutto bene, ma già nel 1902, Leon Teisseranc de Bort, usando palloni attrezzati con varia strumentazione, si accorse che tra i 12 e i 15 000 metri la temperatura ricominciava ad aumentare.

Lo stesso scienziato chiamò questo intervallo di “inversione di tendenza” tropopausa. Diede anche il nome di stratosfera alla parte superiore dell’atmosfera e troposfera a quella inferiore. Ancora oggi si usano questi termini. Negli anni ’80 si scoprì che anche i pianeti giganti mostravano la stessa caratteristica e perfino il satellite Titano. Inoltre, il punto di inversione termica si presentava allo stesso livello atmosferico, dove la pressione giungeva al valore di 0.1 bar, circa a un decimo di quella terrestre al suolo.

tropopausa
Il Sole è appena sotto all’orizzonte e crea un chiarore rosso-arancione sopra la superficie terrestre. Questa è la troposfera. La linea marroncina che la limita superiormente è la tropopausa, seguita dalla stratosfera e dagli strati più alti fino al nero assoluto dello spazio. (Fontet: NASA Johnson Space Center)

Oggi sembra proprio che la tropopausa sia presente su tutti i miliardi di esopianeti che abbiano un’atmosfera abbastanza spessa, ma soprattutto che si possano estrapolare i dati osservati fino a risalire alle condizioni presenti al suolo.

La spiegazione si basa sulla fisica delle radiazioni infrarosse. I gas atmosferici guadagnano energia assorbendo luce infrarossa dalla superficie illuminata di un pianeta roccioso o dalle parti più profonde delle atmosfere dei pianeti gassosi. Allontanandosi verso l’alto diminuisce la capacità di assorbimento termico e la temperatura diminuisce. Giunti a una certa pressione, l’atmosfera diventa trasparente alle radiazioni termiche e la situazione inizia a essere dominata dall’assorbimento della luce visibile  o ultravioletta solare. Si ha un aumento nella temperatura atmosferica in funzione della crescita dell’altezza (è maggiore la quantità di raggi assorbiti). Insomma, un passaggio da calore indotto dalla riflessione sulla superficie a quello dovuto all’assorbimento diretto delle radiazioni solari. Poi le cose si invertono di nuovo, ma è un’altra storia.

inversione termica
Profili di temperatura-pressione per pianeti e satelliti (Titano) circondati da una spessa atmosfera. Venere ha un andamento anomalo, ma il modello riesce a descriverlo e quindi dona informazioni anche per casi apparentemente non facili. Fonte: T.D.Robinson e D.C. Catling, Nature Geoscience, Dic. 2013

La vera scoperta non è tanto il processo in sé che era già stato individuato qualitativamente, ma l’individuazione di una pressione limite che inneschi il cambiamento di fenomenologia. E’ stato così creato un modello “ad hoc”  che permette di “tornare” indietro, verso la superficie, a partire dal valore critico della tropopausa. In altra parole, dalle condizioni atmosferiche presenti a quel livello è possibile estrapolare i parametri fino a stabilire  pressione e temperatura al suolo. Il meccanismo appare identico in tutti i pianeti conosciuti e dotati di atmosfera abbastanza spessa. Molto probabilmente può essere applicato a tutti gli esopianeti di analoga struttura. Partendo dalle condizioni termiche degli strati superiori atmosferici si potrebbe risalire alle condizioni al suolo e stabilire se sono quelle adatte a mantenere l’acqua allo stato liquido e se vi sono altri parametri favorevoli allo sviluppo della vita biologica.

Un termometro veramente particolare, utilizzabile per “pazienti” planetari qualsiasi, sempre che abbiano la “febbre” della tropopausa… ossia una densa atmosfera.

 

modello inversione termica
Schema della struttura termica di un pianeta dotato di una spessa atmosfera. Fonte: T.D.Robinson e D.C. Catling, Nature Geoscience, Dic. 2013

5 commenti

  1. beppe

    Molto interessante, le isotermiche sono direttamente proporzionali al logaritmo della pressione. Da alpinista dilettante sapevo che la perdita di temperature era circa 1 K (nota la finezza che non ho messo °  :mrgreen:) ogni 100 m di elevazione (applicabile agli strati bassi fino a circa 700 hPa)
    Mi chiedo se il fenomeno osservato si può applicare anche a sistemi extrasolari, dato che l'atmosfera di Venere si comporta in modo anomalo e se non dipenda anche dalla temperatura del Sole, quindi dal suo spettro elettromagnetico, quindi limitato a stelle di tipo G. 

  2. Mauro

    Carissimo Enzo, in un precedente articolo hai affermato che “in America Professori e studenti hanno rapporti ben più aperti e amichevoli che da noi”, sicuramente non è il tuo caso: non solo cerchi di divulgare  nel modo più semplice e comprensibile le tue immense conoscenze, ma addirittura rispondi sempre e in modo immediato alle domande anche banali che un qualsiasi appassionato come me ti pone e di questo ti sono infinitamente grato.
    Trovo interessante la possibilità di osservare la tropopausa dei pianeti,  mi chiedo come  il fenomeno si possa applicare anche a sistemi extrasolari, viste le enormi distanze e le piccolissime dimensioni delle atmosfere  planetarie.
     
    Mauro  

  3. grande Beppe! i gradi Kelvin sono sempre fonte di errori di quel tipo... La costanza di certe condizioni è un utile punto di partenza, ma ovviamente va integrato da altre informazioni. Da quanto ho capito io, però, il modello dovrebbe essere comunque indipendente dallo spettro stellare, ma solo dall'atmosfera, lavorando solo in base al raggiungimento di un certo valore, in cui dovrebbe essere già compresa la parte dovuta alla stella. Bisognerebbe vedere bene come è sviluppato il modello...

    Caro Mauro,
    innanzitutto ti ringrazio per avere perfettamente capito lo spirito di questo blog, dove nessuno deve dimostrare qualcosa, ma solo aiutare se stesso e  gli altri. Un lavoro culturale sena paure e timori, ma in piena libertà di pensiero. 
    Sulle atmosfere, le eclissi danno molte più informazioni di quanto si pensi. 
    Grazie ancora delle tue belle parole che mi stimolano sempre più a continuare. Sapessi quanto serve anche a me e quante cose imparo attraverso le vostre domande che mi "obbligano" a ricordare e a recuperare concetti magari un po' nascosti! :-P  

  4. Mario Fiori

    Riusciremo, caro Enzo, a studiare così a fondo le atmosfere dei pianeti extrasolari tanto da capire dove vi è una tropopausa e poter quindi ricostruire la temperatura  fino a livello della superficie? Sarebbe grande, ma gli strumenti ce lo possano permettere?

  5. penso proprio di sì Beppe... anche se non è cosa di domani...

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