Anche l'uomo è Universo, la natura ce lo insegna quotidianamente
Questo articolo è tutto fuorché “astronomico”. Tuttavia, ormai sappiamo bene che questo blog ha la pretesa (a volte) di andare oltre alla Scienza e di pensare all’Universo come a un contenitore che non raccoglie solo stelle, galassie e buchi neri, ma anche tutto ciò che è Natura, noi compresi con i nostri pregi e difetti. Siamo o non siamo figli delle stelle?
Vi parlerò del mio viaggio alle Hawaii (Maui e Kauai), in modo un po’ speciale, toccando sia le meraviglie delle Hawaii, ma anche -e soprattutto- le riflessioni e le emozioni che mi hanno suscitato. E’ stato molto indicativo il fatto che durante il “lungo” viaggio di andata abbia letto il durissimo libro “Il Signore delle Mosche”, ambientato proprio in un’isola sperduta del Pacifico. Per chi non lo avesse letto (consiglio di farlo), esso descrive il comportamento di un gruppo di ragazzini che, durante un’indistinta guerra mondiale, “naufraga” (probabilmente per la caduta dell’aereo che li trasportava) su un isola disabitata, senza adulti che possano indirizzare e guidare in qualche modo la loro inaspettata, meravigliosa e terribile esperienza.
Un’umanità pura e appena toccata dai pregiudizi e dalle regole del vivere comune? Pronta a immergersi e a essere conquistata e modellata da una Natura primigenia? Purtroppo no. Quel poco che il mondo “civile” gli ha insegnato li rende subito simili a mostri assetati di sangue e violenza. Essi rifiutano la Natura che li ha accolti e danno sfogo ai sentimenti più malvagi e distruttivi: una guerra peggiore di quella da cui cercavano di essere salvati. Hanno già ingerito, pur così piccoli, il seme della violenza o esso è proprio innato nella razza umana? Sarei portato a dire che il libro propende per la seconda che ho detto. Ma, forse, è una visione troppo pessimista ed estrema. Una nave verrà a salvarli poco prima dello scempio finale e tutto tornerà come prima. Sì, ma quale prima? Quello delle convenienze in cui la violenza umana è solo latente e sempre pronta a scoppiare? Quella di un’infanzia ormai corrotta dalla guerra degli adulti? In ogni caso l’innocenza è sparita o probabilmente non è mai esistita.
Vi sono diverse interpretazioni del libro. Io ho colto soprattutto quella dell’incapacità dell’uomo, per immaturo e innocente che sia, di riuscire a comprendere la Natura. Una tragica incapacità di far parte di quell’Universo di cose e creature che dovrebbero essere parte di ognuno di noi e che, invece, diventano solo un mezzo per il potere e il dominio. La magia dell’Universo viene subito corrotta e deformata per scopi gretti e limitati. Dato che il tutto capita durante una guerra globale degli adulti si potrebbe dare facilmente la colpa a loro. Penso, però, che il libro voglia andare oltre ed essere un atto di accusa più generale. Una sconfitta completa dell’umanità, un errore e un’incapacità di comprensione senza speranza.
Dobbiamo proprio essere così pessimisti? Spero proprio di no, malgrado io abbia una visione poco “gentile” dei comportamenti e delle aspirazioni fondamentali di gran parte delle creature umane.
Bene, le Hawaii (come altri -pochi- luoghi da sogno) mi hanno dimostrato che la Natura continua a volerci accogliere a braccia aperte e basterebbe ben poco per lasciarsi andare e vivere secondo regole più semplici e appaganti. L’umanità che si incontra nelle isole è soprattutto quella dei turisti, per di più americani, ricchi di pregiudizi e di comportamenti basati su una cultura mediatica assillante e ossessionante. Eppure, vi accorgete che tra di loro aleggia un sentimento indistinto di allegria, di gentilezza, di comprensione che ben difficilmente trovate nelle loro città di origine.
La magia della Natura fa un piccolo grande miracolo e riesce a toccare cuore e cervello. E fa capire perché i popoli delle isole del Pacifico siano stati (e forse lo sono ancora) un esempio splendido di unione tra Uomo e Universo. Poca terra e tanto mare. Gli animali del suolo sono quasi solo uccelli che per giungere hanno percorso migliaia di chilometri. Così come hanno fatto gli uomini che le hanno popolate nei secoli passati. Un hawaiano (autentico) mi diceva, molti anni fa: “Per mangiare avevamo la frutta e le radici. Bastava una piccola rete per aggiungere il pesce, ma anche solo delle mani rapide ed esperte. L’acqua da bere era limpida e copiosa. Il sale si trovava naturalmente nelle pozze vicine all’Oceano. Cosa potevamo volere di più? Perché non essere felici, allegri e riconoscenti?”.
Beh, quel sentimento gioioso pervade ancora le Hawaii, malgrado i vulcani e la loro roccia nera, aguzza e tagliente che si placa solo dentro al mare, dove viene trasformata e resa delicata e colorata dai giardini meravigliosi di corallo che la ricoprono. Lì si capisce perfettamente che l’uomo potrebbe benissimo far parte della Natura e che le mode, le ambizioni, la cattiveria e l’arroganza perdono di senso. A poche centinaia di metri dal chiasso moderno, il paesaggio è ancora incontaminato, selvaggio, gentile o severo, mai dominato o soggiogato dai nostri falsi miti. Gli edifici moderni, i campi da golf, i ristoranti e gli alberghi di lusso (le cui spiagge DEVONO sempre essere a disposizione di tutti) non riescono a scalfire la verità naturale delle isole e assumono il ruolo di visitatori esterni, facilmente rimovibili dagli occhi e dalla mente.
Sarà merito delle cascate incorniciate da una foresta impenetrabile o le spiagge dorate racchiuse tra pareti di roccia nera o rossastra. O, magari, il continuo canto degli uccelli e i colori dei fiori. Si, ma non solo. Chi rende tutto semplice e chiaro, limpido e nitido è il mondo dell’oceano, un mondo vivo e visibilmente popolato; le sue onde azzurre come il ghiaccio, potenti e flessuose; le mamme balene che insegnano ai cuccioli a saltare e a muoversi nel loro Universo d’acqua; i maschi che già si mettono in mostra per la futura stagione degli amori, compiendo salti inimmaginabili per creature che raggiungono i venti metri di lunghezza; le tartarughe verdi che sembrano non accorgersi dell’impeto ondoso e che, dopo aver pascolato nelle praterie marine, si stendono al Sole delle spiagge senza far caso a chi le circonda.
O, magari, le foche monache, che dopo una notte di caccia, trovano il sonno ristoratore sulla riva, senza temere quelle strane creature terrestri che la percorrono ed emettono suoni incomprensibili. Oppure i delfini “saltatori” che compiono piroette che nessun acquario potrebbe mai mostrare.
Forse è solo il fatto che immergendo la testa nell’acqua si entra in un mondo favoloso, passando un confine così labile e così drastico. La barriera è lì a due passi, popolata di enormi ricci colorati, di granchi e aragoste, di migliaia e migliaia di pesci di tutte le forme e colori. Talvolta un paio di tartarughe nuotano con voi e vi scrutano curiose o una murena si aggira nel fondo cercando una tana più sicura. Non vi stupite certo se ottantenni ancora pimpanti si immergono con pinne e maschera a pochi metri dalla spiaggia e sembrano cercare un tesoro sommerso, uscendo poi allegri e spensierati come bambini. Anche l’età perde gran parte del suo peso (ve lo dico per esperienza diretta).
Talvolta, dicono, si vede uno squalo (e non c’è da scherzare), ma la Natura ha i suoi gradini e non tutto è facile. Tuttavia, per gli antichi hawaiani lo squalo era un amico, un protettore che guidava le canoe in porto durante le tempeste. Ogni cosa va vista nella sua giusta luce.
Le Hawaii (e pochi altri posti al mondo) possono mostrare che l’uomo rimane parte integrante della Natura, malgrado le sue automobili rombanti, i suoi media, le sue piccolezze morali. Basta guardare verso l’orizzonte e sicuramente, dopo pochi minuti, un maschio di balena vi mostrerà un “bridge” favoloso, un salto arcuato prodigioso che rende tutto più leggero; una mamma spingerà col muso il suo cucciolo fuori dall’acqua ed esso piomberà tra i flutti in modo ancora un po’ goffo e innaturale; una tartaruga verde comparirà vicino alla riva con la sua testa simile a un periscopio; i pesci farfalla giallo splendente si vedranno volteggiare nelle zone più tranquille, anche da sopra uno scoglio.
Sì la Natura è proprio bella e dobbiamo essere orgogliosi di farne parte.
Va bene, ragazzi, vi ho detto ben poco di turistico… ma bisogna andare per capire. Provo con qualche foto, ma le emozioni non si fotografano. Purtroppo, non avevo camera sottomarina per i pesci tropicali.
21 commenti
Caro Enzo,
Bellissime foto e naturalmente una grande e sana invidia per la tua vacanza da parte mia (per il soggiorno, naturalemente: non ti invidio certo per il viaggio che vi siete fatti per arrivarci... ).
Posso dirti che ho avuto più o meno le tue stesse riflessioni quando sono andato in Islanda l'anno scorso, sebbene la situazione climatica fosse molto diversa da quella delle Hawaii.
A parte la grandiosità della Natura, tra le verdeggianti falesie della costa meridionale e i deserti vulcanici dell'interno che ti fanno credere di essere "ammartati", era sorprendente vedere come un popolo (comunque poco numeroso) riuscisse a vivere secondo uno stile di vita semplice ed essenziale, pur se dotato di tutte le comodità moderne e in armonia con le straordinarie bellezze naturali dell'isola. Ti racconteranno sempre la storia del vulcano dal nome impronunciabile che mise a terra tutti gli aerei in Europa ma al quale loro sopravvissero tranquillamente ("e che vuoi che sia un'eruzione vulcanica? Sempre ci sono state e sempre ci saranno, basta organizzarsi... Più o meno come il Vesuvio, insomma).
Tuttavia, a discolpa del nostro mondo "tecnologico", dobbiamo sempre ricordarci che la necessità aguzza l'ingegno e la curiosità: i popoli "primitivi" (lasciami usare questo termine che a prima vista sa di razzismo ma non mi viene in mente altro) erano e sono certamente in perfetta sintonia con il loro ambiente naturale, dal quale avevano/hanno tutto, e forse proprio per questo non hanno sentito il bisogno di sviluppare la Scienza e la Tecnologia: al contrario, noi il desiderio ce l'abbiamo avuto ed è grazie a questo che abbiamo potuto scoprire le Meraviglie del Cosmo.
Caro Pier,
hai sicuramente ragione. E' l'altro lato della medaglia... Tuttavia, basterebbe utilizzare il cervello in armonia con la Natura. Non è, infatti, obbligatorio vivere al di fuori di essa per fare Scienza. Anzi... sembra che il progresso imponga l'obbligo della perdita di identità con ciò che ci circonda. Ma nessuna legge lo impone. La voglia di sapere e di conoscere dovrebbe esistere anche -e soprattutto- vivendo in pace e semplicità. Utopia? Forse, ma non riesco a credere nella regola che solo una vita difficile possa far sviluppare le capacità cerebrali. Mi sembra contro Natura. Magari dovremmo provare, abolendo guerra, potere, arroganza e interessi personali. Ci riusciremo mai? In fondo gli islandesi sono moderni ma anche in armonia con ciò che li circonda.
Grazie per aver diviso con noi la tua meravigliosa esperienza, sei tornato dall'Eden, (non è che ti sei messo a singhiozzare come quella pubblicità di crociere?) Se quello non è il paradiso terrestre certo che ci è andato molto vicino. Certo che ci si pone delle domande sul progresso e la nostra civiltà. Si vive più comodi e più a lungo ma è una vita migliore?
Caro Enzo,
In effetti sono stato un po' semplicista, lo ammetto.
Forse più che di vita difficile, occorrerebbe parlare di esigenze. Per farti un esempio, ritengo che il cervello di un predatore sia più sviluppato di quello della preda: il ghepardo o la leonessa devono studiare la tattica per avvicinarsi alla preda senza farsi scoprire, inseguirla secondo la traiettoria migliore (per inciso: la stessa che seguono i missili guidati quando devono colpire l'aereo nuemico) e poi difendere il malloppo dagli altri rivali, mentre la gazzella deve fare solo una cosa: correre, oltre che brucare l'erba, disponibile in abbondanza senza troppa fatica. Non so cosa ne pensiate tu egli altri lettori ma mi sembra che Madre Natura abbia dotato i predatori di maggiori capacità cerebrali e le prede di altre caratteristiche (muscoli, mimetismo, veleni...) che non coinvolgono il cervello. E' altresì noto che un gattino è assai più curioso di un agnello e finisce per cacciarsi sempre nei guai...
Per questi motivi, mi viene da pensare che la vita del predatore sia più difficile della vita della preda e che pertanto le sue capacità cerebrali siano più sviluppate ma forse una gazzella ci direbbe che non è del tutto vero...
Nel caso degli esseri umani, sono d'accordo con te, in principio: non è obbligatoria la vita difficile per stimolare la curiosità e la voglia di conoscenza, eppure mi sembra di vederne sempre poca. Non so se dipende dal nostro benessere o piuttosto dal fatto che riceviamo messaggi deleteri dall' "alto" che ci suggeriscono che conoscere è una perdita di tempo, salvo poi stracciarci i marroni con le menate dell' "innovazione" e della "ricerca", detta da chi non sa nulla dell'una né dell'altra.
caro Pier,
il problema della preda e del predatore è molto interessante. Tuttavia, quello della gazzella e del felino è un caso un po' troppo "standard". La scimmia antropomorfa non è solitamente un predatore (gorilla, scimpanzé ...), ma in alcuni casi non è nemmeno preda. Eppure ha un cervello ben più sviluppato di molti predatori. Idem per il polpo. E che dire delle balene (non predatori se non di plancton) e delle orche e dei capodogli (predatori)? Entrambi sono molto intelligenti, ma hanno vite molto differenti e abitudini opposte. E gli squali? Predatori, ma nettamente meno evoluti di molti cetacei... Penso che l'argomento sia molto più complesso e variegato.
Bellissimo articolo Enzo,
anch'io sinceramente non capisco perchè l'uomo debba sempre cercare di avere tutto per credere di poter essere felice, secondo me questo è il modo migliore per essere infelice. Non si potrà mai avere tutto e di conseguenza si sarà sempre insoddisfatti... Posso parlare nel mio piccolo ma, da quando io stessa ho iniziato a dare più importanza alle piccole cose, come un bel tramonto, una gita in montagna con gli amici e la condivisione delle proprie passioni, mi sono resa conto che è per questo che una vita vale la pena di essere vissuta... Non certo il fatto di avere il telefonino all'ultimo grido o il vestito più bello, queste sono cose che fanno nascere in noi l'invidia e che ti rovinano la vita...
Abbiamo molto da imparare dalla Natura... ;)
Mamma mia che invidia che mi hai fatto venire Enzo... Purtroppo noi tutti non siamo altro che schiavi della società, dobbiamo fare quello che la società ci impone, dobbiamo avere un lavoro, avere dei soldi per pagare la casa gli affitti, mangiare, bere e "divertirsi"...certo, piace anche a me stare al calduccio a casa, bermi una bella bottiglia di vino e guardarmi un bel film mentre fuori piove...ma sono davvero sicuro che questa sia la vita che voglio vivere?
A volte davvero mi verrebbe voglia di mollare tutto, andarmene e cambiare vita...ma sarà la paura dell'ignoto, sarà il coraggio che manca...alla fine questo passo non l'ho ancora fatto e forse non lo farò mai. Anche perchè, in questa società, posso dire che veramente non c'è nulla che mi manchi...ma il problema è proprio quello, che ci siamo abituati a tarare i nostri bisogni e la nostra felicità in base a ciò che ci ha inculcato in testa questa società in cui quotidianamente viviamo.
C'è una frase in una canzone degli Aerosmith che secondo me è estremamente ricca di significato: "Life's a journey not a destination"...non dimentichiamocelo mai...
hai proprio ragione caro Lampone! A presto!
Grazie della condivisione e delle splendide immagini.
Caro Enzo è sempre un piacere leggerti, anche quando non parli di astronomia
Grazie per aver condiviso con noi questa tua emozionante esperienza, gli scatti sono meravigliosi e le tue parole ne amplificano la bellezza. La foca che si riposa sulla spiaggia, incurante della numerosa (seppur ordinata) presenza umana rende l'idea di come la Natura sia disposta ad accoglierci nella sua semplicità e senza pregiudizi. Quella semplicità che ogni giorno trascuriamo e non sappiamo apprezzare, tutti presi dal rincorrere l'inarrivabile felicità che deriva la possesso di beni materiali, dal denaro. Per questo ringrazio te e lo studio dell'astronomia, grazie alla quale ora vedo con un occhio diverso la Natura, il cielo, l'aria, il mare e tutto quello che mi circonda. In alcune foto, se non fosse per qualche cespuglio qua e là, sembrerebbe di trovarsi su Marte, ma per tutta una incredibile serie di circostanze favorevoli siamo qui a poter contemplare un simile spettacolo, a immortalare e poter descrivere un pezzo di Universo di cui facciamo orgogliosamente parte. Siamo davvero fortunati !!!
caro SMA,
come sempre sono in piena sintonia con te e non posso che ringraziarti... Speriamo di vederci presto (a maggio dovrei sicuramente essere da quelle parti)
Che posti magici, Enzo! Beato te, che ci sei andato con lo spirito giusto!
Curioso... Ho appena preso il film del '63 de "Il signore delle mosche", e non ho ancora avuto il tempo di vederlo. Mi ha sempre incuriosito, e mi dai uno stimolo in più per vederlo.
Comunque, non si può dire che William Golding consideri l'uomo una creatura benefica, visto che ha detto che "L'uomo produce il male come le api producono il miele"...
Io continuo a pensare che l'uomo sia esattamente come gli altri esseri della terra. Il predatore non si rende conto del male che fa alla preda, lo fa e basta. L'uomo è un predatore, e si comporta come tale, ma lo svantaggia il fatto di possedere una coscienza, e quindi la capacità di rendersi conto del male che fa ed il potere di evitarlo. E per questo, l'uomo è preda di un senso di colpa e di un senso di estraniamento dalla natura. La religione li fonde e li chiama in maniera figurata "peccato originale", frutto dell'albero del bene e del male.
Forse è per questi sensi di colpa e di estraniamento che alcuni uomini disprezzano la natura.
Ma è proprio la coscienza che ci da il potere di fare il bene. Di fatto. siamo contemporaneamente angeli e demoni. Cosa diventiamo, alla fine, dipende dalla nostra scelta...
caro Red,
non concordo completamente. Il predatore fa del male alla preda per poter sopravvivere, così come una stella risucchia materiale alla compagna. L'uomo uccide senza ragione naturale, ma solo per soddisfare il proprio Io. Non penso che questo tipo di soddisfazione possa rientrare nella normalità naturale. Se così fosse, l'uomo sarebbe nettamente diverso da tutte le altre creature. Purtroppo, io vedo questa capacità dell'uomo come un'anomala deviazione del proprio cervello ancora troppo imperfetto e non in grado di inserirlo nel suo giusto posto nell'Universo. Una specie di malattia o di pazzia, comune a tutti. Anche l'orca, se ha problemi di stabilità dovuti a una malattia, può capovolgere una barca, ma è un evento raro. Per l'uomo questa malattia è la norma o quasi. La mia impressione è che il cervello lavori in modo imperfetto per gran parte delle sue potenzialità, producendo ciò che noi chiamiamo sentimenti "cattivi", come potere, malvagità, egoismo, ecc., ecc. Tutto sta a vedere se saranno migliorabili con l'evoluzione o si dovrà ricominciare da una una nuova forma radicalmente diversa (insomma, siamo un ramo secco). Le ultime migliaia di anni fanno pensare alla seconda ipotesi (il cervello non è assolutamente migliorato in questo rispetto), ma forse sono ancora troppo poche... Boh...
Bentornato Enzo! Grazie per le bellissime foto
Interessantissime le vostre riflessioni, che in buona parte mi trovano in accordo.
L'unica cosa che mi sento di aggiungere alla bellissima discussione é che personalmente penso che sia tutta una questione della scelta(o non scelta) dello strumento che si preferisce usare.
Alla fine penso che il nostro cervello non sia altro che uno strumento sviluppato apposta per interagire in maniera ottimale con tutto ció che sta "fuori".
L'unico problema é che abbiamo la possibilitá di scegliere se utilizzare questo magnifico strumento o se preferiamo delegare a strumenti diversi per raggingere i nostri obbiettivi. Ovviamente alla radice c'é sempre il cervello, ma penso che la capacitá di raggiungere la soluzione delle varie problematiche che ci si presentano sia troppo spesso delegata ad altri mezzi.....magari per presunta comoditá o anche solo per abitudine o spesso solo perché ci permettono di fare piú alla svelta ( trascurando il piú delle volte le disastrose conseguenze che derivano da un approccio superficiale ai problemi).
Insomma io penso che dovremmo riconoscere al nostro cervello una prioritá su tutti gli altri strumenti e abituarci a usarlo in modo piú consono alle sue capacitá.....visto che, per quanto ignegnosi, non siamo ancora in grado di produrre uno strumento migliore (il cervello puó inventare qualcosa superiore a se stesso? )
Bentornato Enzo, grazie per le bellissime foto e per i tuoi pensieri, alla fine non abbiamo bisogno di voler per forza trovare altra vita nell'universo, ci basta e avanza quella che c'è sulla Terra.
mamma mia che posti....bellissime foto enzo e bellissime riflessioni come sempre....
ma il cielo notturno com'è là? si distingue bene a occhio la via lattea ?
caro Davide,
la costa è abbastanza popolata e ci sono molte luci, ma in montagna le cose diventano eccezionali. Non per niente il Mauna Kea ospita molti telescopi tra i più prestigiosi al mondo. Inoltre, più in basso, ci sono molte nuvole passeggere, ma oltre i 2000 metri il cielo è sempre sereno (o quasi).
Sei riuscito anche a vedere il Gegenschein??? Mi sa che io dovrò aspettare quest'estate, se il tempo migliora dalle mie parti....
no,no, anche alle Hawaii devi andare in alto per avere un grande cielo e -alla sera- noi andavamo a letto presto dopo le "fatiche" quotidiane...
Non voletemi male, ma non mi trovo completamente d'accordo con qualcuno dei commenti sopra riportati.
Credo, che il fatto di anelare una "vita semplice immersa nella Natura", sebbene auspicabile, sia in parte dovuta alla nostra comoda esistenza che fortunatamente soddisfa i nostri bisogni primari. E poi oggi e' vero che e' di moda lo smartphone di ultima generazione, ma e' innegabile anche una tendenza a volte, secondo me, forzata verso il naïve, il bío e la new age, che fa tanto 'figo'.
Sul concetto di natura e naturale, caro Enzo, abbiamo affrontato già l'argomento, in un'altra articolo: ma la 'cattiveria' dell'uomo non e' anch'essa naturale?
mmmm... Concetto... fammi porre la questione in questo modo:
l'uomo deve essere natura e quindi anche le sue esternazioni. Forse potremmo considerare la "cattiveria" come un qualcosa che va contro l'entropia "morale" dell'Universo. Per crearla bisogna compiere lavoro mentale, decidere di fare qualcosa che non segua la regola "normale". Pochi riescono in questo scopo... l'uomo per adesso sembra l'unico.
So di avere evitato l'ostacolo, ma ... di più non riusciamo a capire (per adesso almeno).
Riguardo alla tua visione della vita, hai sicuramente ragione. Ognuno riesce a trovare un equilibrio tra azioni e pensieri. Molto dipende dai propri scopi, illusioni, speranze... Non penso vi sia una sola soluzione o un solo modo per valutare.