Categorie: Meccanica quantistica Racconti di Vin-Census
Tags: I giorni che sconvolsero la Fisica principio di Heisenberg
Scritto da: Maurizio Bernardi
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I giorni che sconvolsero la Fisica (3)
Dopo il tuffo nel passato che, nel precedente episodio, ci ha riportato indietro di quasi un secolo, ai gloriosi giorni dei pionieri della Meccanica Quantistica, torniamo al tempo presente o poco più avanti, quel tanto che basta per veder comparire la luce di un nuovo orizzonte. Anche questa volta è l'alba di una nuova era, ancora indistinta, avvolta da veli di incertezza, indefinita ma percepibile ad una mente dotata, come le figure che Michelangelo "vedeva" imprigionate nei candidi blocchi di marmo grezzo. Il dialogo tra Mendez e Ortega, che costituisce questo capitolo, ci porterà ad un passo da questa svolta epocale...
Saragozza, domenica 17 dicembre 2017
Sull'ampio ripiano della scrivania il libro era aperto a pagina 19.
La frase in corsivo, all'inizio della pagina, era illuminata da una strisciata di pennarello giallo fluorescente:
per la prima volta nel corso della storia l'uomo ha di fronte a sé solo se stesso
A margine del testo, con una grafia minuta ma leggibile, una chiosa a matita aggiungeva:
E' impossibile spiegare un evento atomico facendo ricorso alla singola causa. Meglio descriverlo nei termini, assai meno deterministici, dell'interazione di cause. Prima fra le quali è il soggetto osservante.
E ancora più sotto un'altra annotazione:
«Nel mondo della nostra esperienza quotidiana noi possiamo osservare qualunque fenomeno e farne delle misure quantitative senza influire in modo rilevante sul fenomeno stesso. Ma su scala atomica non possiamo trascurare la perturbazione prodotta dall’introduzione dello strumento di misura» (G. Gamow )
Mendez non ebbe bisogno di chiudere il libro per leggere il titolo di “Natura e Fisica Moderna” di Werner Heisenberg. Le note le aveva evidentemente aggiunte pedantemente Raimundo Ortega detto el Memorion (ricorderete forse la sua performance nel corso dell'evento “Tocar la Ciencia”).
Chissà cosa aveva in mente il ragazzo, che ormai da diversi mesi era entrato nell'orbita dell'Istituto di Fisica e, grazie alle sue caratteristiche così peculiari, era rapidamente passato dallo stato di idiota sapiente a quello di assistente di Mendez.
Non ci fu molto da aspettare, Ortega apparve sulla porta dello studio reggendo tra le braccia una specie di torrione di libri. Evidentemente era stato in biblioteca a fare man bassa di testi che poi riusciva a leggere e a metabolizzare in tempi record.
“Ah professore, stavo proprio venendo a cercarla...”
“Cosa stai combinando adesso, Raimundo? Ti sei messo in testa di boicottare anche il principio di indeterminazione?”
“Eh, quello... E' piuttosto inossidabile, professor Mendez.”
“Meno male, se ti metti a picconarlo vien giù tutto il castello della meccanica quantistica e, per campare, ci toccherà andare a vendere tortillas nella Plaza de Toros, di fronte all'Arena.”
“Eppure... qualche ritocchino non farebbe male. Anche Heinsenberg, sotto sotto...”
“Cosa intendi dire?”
“Sì, la faccenda del margine di indeterminazione... la trovo abbastanza opinabile, forse le misure possono essere molto più precise di quello che pensava Heisenberg.”
La conversazione andava prendendo la piega che Mendez aveva temuto fin dall'inizio.
“Pensavo che, se potessimo misurare la polarizzazione del fotone, arrivando a stabilire di quanto può incidere l'effetto di disturbo sull'esperimento, provocato dall'apparato strumentale...”
El Memorion ormai era partito. Chi mai avrebbe saputo fermarlo?
“Certo, professore, che bisognerebbe misurare la polarizzazione del fotone prima che vada ad interagire con lo strumento, ma questo tentativo di misura influenzerebbe il fotone stesso. Un bel problema”.
Però, se si mettesse a punto una tecnica di misurazione “debole” che produca un effetto trascurabile,
eseguendo una misura prima dell'invio all'apparato strumentale e, successivamente ripetendola dopo l'interazione, dal confronto tra i due risultati potremmo trovare delle sorprese. Non mi stupirei se il disturbo non fosse poi così drammatico.”
Mendez emise un sospiro che sembrava più un gemito.
“Raimundo, ti rendi conto di quali implicazioni ci sono dietro queste tue fantasie?”
“Certo, professor Mendez, se invece di teorizzare i margini di incertezza della misura, si riesce a valutare la dimensione del disturbo, possiamo interpretare i risultati in modo quasi deterministico, insomma, con minore indeterminazione.”
“Già, una catastrofe...”
“Mi lasci fare un esempio nel mondo macroscopico. Se lei praticasse lo sport del tiro con l'arco e volesse esercitarsi all'aperto in una giornata di vento, che farebbe come prima cosa?”
“Suppongo che valuterei la direzione e l'intensità del vento, che produce ovviamente una interferenza sulla traiettoria della freccia e quindi sulla precisione con cui posso colpire il bersaglio. Così potrei correggere il mio tiro tenendo conto di questo disturbo.”
“Esatto. Non si limiterebbe a dire che, a causa del vento, probabilmente la sua freccia finirà a sinistra o a destra del bersaglio di una distanza maggiore o uguale ad una qualche costante limite, magari pure divisa per 4π. E ciao.”
“Effettivamente...”
Ortega partì all'attacco decisamente.
“Insomma, l'errore che ci aspettiamo non ha una causa sconosciuta. Questo è il punto. La causa dell'errore è proprio l'interferenza introdotta con la misura. Quindi ciò che misuro è una cosa diversa da ciò che era prima. Ma se misuro l'entità del disturbo arrecato dalla mia stessa misura, posso aggiustare il tiro. E non stia a dirmi che anche la misura-della-interferenza-della misura, essendo essa stessa una misura, introduce un errore di ordine superiore. Posso andare avanti all'infinito (si fa per dire) fino a tassi di interferenza inapprezzabili.”
“Ortega, anche se tu avessi ragione, e credo proprio di no, queste cose è meglio che ce le teniamo per noi. Mi capisci? A me mancano ancora 12 anni alla pensione, e non ho neppure una vaga idea di come si preparano le tortillas...”
“Via, professore, non posso credere che una persona come lei non provi la curiosità di andare fino in fondo...”
“E va bene, va bene, allora cerchiamo di ragionare su questa cosa, anche se sono novant'anni che pare che funzioni”.
“Se è per questo, il sistema tolemaico è durato più di mille anni, prima di essere abbandonato.”
Mendez si lasciò scappare un sorriso, aveva pensato la stessa cosa giusto un istante dopo aver parlato.
“Il nostro concetto di realtà è piuttosto limitato. Intendo dire che, per il fatto di essere immersi in uno spazio a tre dimensioni, vediamo solo tre dimensioni e cerchiamo di arrivare a delle conclusioni utilizzando solo ciò che vediamo. Scendendo a livello microscopico, per descrivere (senza capire) ciò che non vediamo, abbiamo trovato una via di uscita nelle leggi della probabilità. Non potendo analizzare singolarmente tutti i comportamenti di un numero incredibilmente grande di individui, abbiamo sostituito a questa irrealizzabile analisi dettagliata, una rappresentazione cumulativa del comportamento della “folla”. Il concetto è stato utilizzato nello studio delle leggi della termodinamica, nella spiegazione del moto Browniano e nella analoga formulazione ‘indeterminata’ della meccanica quantistica”
“Mi sembra una cosa inevitabile, che altro potremmo fare?”
Ortega proseguì imperterrito.
“Per esempio, l'entanglement... Se due particelle sono separate da una certa distanza, possiamo tracciare il segmento che le collega e dire che questa direzione rappresenta l'asse X. Possiamo anche immaginare il piano normale a questo asse, passante per una delle due particelle e dire che questo piano YZ contiene gli altri due assi della terna cartesiana, ed aggiungere che anche essi passano per il punto in cui si trova la particella che ho assunto come origine. Il vettore della distanza lo posso scomporre nei suoi componenti x y z, e solo x avrà un valore, y e z saranno nulli. La nostra definizione di distanza altro non è che la radice quadrata della somma dei quadrati dei tre componenti. Per il modo in cui abbiamo rappresentato la scena, la coppia di particelle esiste in una sola istanza. La loro separazione è misurata in una sola dimensione, nelle altre due esistono solo come proiezioni, ombre senza alcuna consistenza. Potremmo però dire, in altro modo, che lungo l'asse x le due particelle presentano una certa distanza, lungo l'asse y, in questo caso, una distanza nulla, e altrettanto lungo l'asse z. Se esse si allontanano o si avvicinano, muovendosi sempre e soltanto lungo la direzione di x, questa è la sola componente che cambia. Lo scambio di informazioni tra di loro, lungo x, richiede un tempo finito, non nullo, il cui valore è proporzionale all'entità della distanza e inversamente proporzionale alla velocità di trasmissione, che trova il suo limite invalicabile nella velocità della luce. Viceversa, lungo gli altri due assi, le particelle sono rimaste a contatto. La distanza che le separa è nulla e, qualsiasi sia la velocità della trasmissione, il tempo necessario a ricevere i messaggi che si scambiano sarà nullo.” (liberamente ispirato a questo articolo)
A questo punto Mendez si spostò dall'uscio e andò a sedersi alla scrivania. Ortega posò la pila di libri che teneva tra le braccia su una mensola già zeppa di riviste scientifiche e rapporti di ricerca, che sembrava sul punto di collassare, e si sedette di fronte al professore.
“Stavo dicendo... se oltre alle nostre tre dimensioni, in cui osserviamo il moto delle particelle, le acceleriamo, le convinciamo ad attraversare delle fenditure, le separiamo, le immergiamo in una folla di altre particelle che le spintonano in ogni direzione, esistesse almeno una dimensione ulteriore, sulla quale non abbiamo giurisdizione e, proprio in essa, le particelle che vediamo in moto e magari lontanissime tra loro, fossero, invece, a contatto?”
“Va bene, va bene, ma cosa c'entra tutto questo discorso con il principio di indeterminazione di Heinsenberg?”
Ortega estrasse il cellulare di tasca, gli diede un paio di tocchi e lo mostrò a Mendez.
“Guardi queste foto. Le ho fatte questa mattina, attraversando il parco per venire all'istituto. Sono storni”
Sono migliaia di esemplari che volano a pochi centimetri uno dall'altro, non esiste un leader ma utilizzano come punti di riferimento un ristretto numero di sei o sette compagni che possono anche allontanarsi ma che vengono sempre osservati nei loro movimenti.
In questo modo eludono attacchi di predatori e si muovono attraverso ostacoli ricompattandosi sempre molto velocemente”
“Sì, ricordo di aver letto una pubblicazione su questo argomento, non molto tempo fa...”
“Ebbene, mentre li fotografavo ho pensato che una cosa è muoversi da soli, uno alla volta, e un'altra è avere un collegamento ben preciso, come le nostre particelle che sono in grado di interagire istantaneamente. Essere appiattite su una dimensione extra, anche se invisibile per noi, le rende simili a questi stormi, determina un comportamento di “insieme”, un movimento guidato da una apparente logica.”
Mendez se ne stava in silenzio, ma non sembrava un silenzio ostile. Ortega concluse il suo discorso.
“L'interpretazione di Copenaghen di Heinsenberg potrebbe essere riformulata in una chiave più oggettiva e deterministica, questo è il dubbio su cui dovremmo ragionare, non crede?”
Mendez annuì, mentre riguardava le foto degli storni che scorrevano nella presentazione sullo smart phone di Ortega.
Quel demonio aveva aperto una breccia nella parete della caverna in cui l'umanità è relegata, e da quella crepa filtrava un po' di luce.
Poteva El Memorion accontentarsi di avere aperto una breccia? Ovviamente non poteva... cosa sta per accadere lo scoprirete nell'ultima puntata!
QUI tutti gli articoli dedicati ai giorni che sconvolsero la fisica
25 commenti
Guardando il programma Focus,nel quale si parlava della natura dello spazio e finendo per parlare ovviamente di materia e forza oscura,i vari scienziati si sono sprecati nell’ipotizzare multiversi a latere,davanti e dietro.Dimenticando per due righe come la pensano chi ne sa più di me in questo circolo,mi chiedo: non sarebbe meglio invece di prendere per assunto granitico che tutto quello che esiste è nell’universo in cui viviamo,ipotizzare che quest’ultimo sia influenzato da quello da cui è nato,e assumere quello che è più congeniale e logico,cioè che niente viene dal nulla e che quindi anche se non lo possiamo provare(come del resto che l’universo sia nato dal nulla)c’è probabilmente qualcosa che ha generato l’universo,qualunque cosa sia.Questo darebbe ancora più forza a fantasie, ma almeno darebbe più libertà anche al pensiero.Poi il comportamento del macro (tutto quello che è più grosso,materia ordinaria)è deterministico quello micro no.Sicuro.La particella è influenzata dalla misura,la misura è” macro”,rispetto alla particella.Il macro produce presente informandosi dal passato,ed apre una finestra in qualche luogo in conseguenza di questo.Ma è attraveso questa finestra che entra il Macro che influenzerà inevitabilmente l’azione dell’evento che ha aperto la finestra.Quindi vedo un parallelismo tra il micro e il macro,tra la meccanica quantistica e la materia ordinaria.
Caro Gianni, grazie per queste tue riflessioni e gli interrogativi che poni. Ne aggiungo un paio dei miei.
La visione deterministica sia pure al solo livello macro soffre del fatto che la nostra capacità di definire "prima" e "dopo" è limitata. Inoltre la conoscenza dei meccanismi e delle leggi non è completa (penso ad esempio ai fenomeni di turbolenza). Ambigua anche la definizione dello stato iniziale di un sistema, quante variabili vengono trascurate? E la conoscenza dei valori dei parametri fin dove arriva? Invece di predeterminare lo stato finale potremmo ritrovarci spettatori di fenomeni caotici. Anche la linea di demarcazione tra micro e macro è un bel problema. Quando applico una logica e quando l'altra? Forse dovrei parlare di probabilità di un comportamento più o meno frequente ma mai esclusivo. Quanto poi alle misure e alla loro dipendenza da metodi, strumenti, presenza di osservatori... Ebbene prendiamo come esempio la misura della temperatura del vuoto. Innanzi tutto cosa si intende per vuoto? Spazio delimitato da confini materiali? In tal caso i confini conterrebbero il vuoto. Allora uno spazio sconfinato, illimitato? Bene, ma quando ci metto il termometro è ancora vuoto? Forse sto misurando la temperatura del vuoto più... il termometro? Insomma abbiamo una notevole confusione, anche di linguaggio, ma questo rende le cose più interessanti e più divertenti.
Grazie Maurizio per avermi regalato ancora qualche altro...dubbio.
Caro Maurizio sto leggendo con interesse questi tuoi articoli.
Da questa discussione, però, mi sorge un dubbio.
Alcune considerazioni sembrano (probabilmente mi sbaglio ) resuscitare la critica di Einstein alla MQ, ossia mi sembrano riproporre il discorso deterministico delle variabili nascoste.
In sintesi Einstein (nel 1935) riteneva la MQ una teoria incompleta, che ricorreva all'analisi probabilistica (onde di probabilità e loro ampiezza) poiché ignorava l'esistenza di possibili variabili nascoste.
Della serie alcuni fenomeni ancora sconosciuti determinano i diversi comportamenti osservati...
A questa critica prova a rispondere Bell (1964) con un esperimento mentale, conosciuto come l'esperimento di Alice e Bob.
Tale esperimento mentale, si concentra sulla presunta località o non località di ciò che si definisce entaglement tra due particelle correlate.
L'esperimento mentale (diseguaglianze di Bell) sembra dar ragione alla MQ e non all'idea delle variabili nascoste.
Tale esperimento viene trasformato in qualcosa di concreto dal gruppo guidato da Alain Aspect che tra il 1981 e 1982 (usando la polarizzazione dei fotoni, misurata da diverse posizioni spaziali) conferma le previsioni della MQ, escludendo quella delle variabili nascoste.... o quantomeno conferma la non località del fenomeno dell'entaglement.
Chiedo scusa per aver citato argomenti non interamente trattati nel circolo...
Vorrei solo capire se il dubbio iniziale è fondato (tra l'altro non me la sento certo di contraddire il Memorion )... ma probabilmente le prossime splendide puntate chiariranno questo mio dubbio..
Paolo
Caro Paolo vedo con piacere che continui a seguire questa storia con la consueta, ammirevole attenzione.
Ti dico solo che quell' eretico di Ortega è stato ammaliato dalla interpretazione dell'esperimento di Aspect data da un altro eretico: David Bohm.
Aggiungo solo una riflessione sulla ingannevolezza delle apparenze: la mia banca mi ha fornito una chiavetta che genera dinamicamente numeri casuali per verificare la mia identità. Nel sistema centrale, lo stesso algoritmo genera contemporaneamente lo stesso numero, la distanza non conta. Ma non avviene alcuna comunicazione a velocità infinita. Bob e Alice recitano ben sincronizzati lo stesso copione, connessi passato presente e futuro da una regia unica.
“Secondo David Bohm nell' universo esisterebbe un “Ordine Implicito”, che non vediamo e che egli paragona ad un ologramma nel quale la sua struttura complessiva è identificabile in quella di ogni sua singola parte; e uno “Esplicito”, che è ciò che realmente vediamo; quest'ultimo sarebbe il risultato dell'interpretazione che il nostro cervello ci offre delle onde (o pattern) di interferenza che compongono l'universo. Secondo tale ipotesi, il principio di località risulterebbe perciò falso. Poiché David Bohm riteneva che l'universo fosse un sistema dinamico e quindi in continuo movimento, e siccome con il termine ologramma solitamente ci si riferisce ad una immagine statica, David Bohm preferiva descrivere l’universo utilizzando il termine, da lui creato, di Olomovimento. Dopo l'esperimento del 1982 di Alain Aspect che rivelò una comunicazione istantanea fra fotoni a distanze infinitamente grandi, David Bohm, che si era già confrontato con lo stesso problema durante la sua riformulazione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, ribadì come non vi fosse alcuna propagazione di segnale a velocità superiori a quella della luce, bensì che si trattasse di un fenomeno non riconducibile a misurazione spaziotemporale. Il legame tra fotoni nati da una stessa particella sarebbe quindi dovuto all'esistenza di un insieme di variabili nascoste che formano un ordine delle cose che noi normalmente non percepiamo, nel quale ogni cosa (particella) non è da considerarsi come cosa separata o autonoma, bensì come facente parte di un ordine a-temporale e a-spaziale universale, cioè l' Olomovimento. David Bohm scrisse che Noi dobbiamo imparare ad osservare qualsiasi cosa come parte di una Indivisa Interezza, cioè che tutto è uno”!
Il commento di Gianni richiederebbe solo un ringraziamento per avere aggiunto in modo molto puntuale i dettagli essenziali a cui mi sono ispirato per questa parte della storia.
Le idee di Bohm sono molto affascinanti e mi ricordano le battaglie di un altro grande eretico, Halton Arp, con le sue galassie anomale.
Grazie Gianni, è proprio ciò che è tanto piaciuto al Memorion...
Cari Maurizio e Gianni, vi ringrazio per le risposte...
Per quanto le mie conoscenze in materia siano limitate, trovo interessante il confronto tra la meccanica Bohmiana (in parte c'è anche lo zampino di De Broglie) e l'interpretazione di Copenaghen della MQ … per cui sono ben felice di seguire questi articoli e relativi commenti...
Non oso pensare cosa proporrà la prossima volta il Memorion....
Paolo
PS: Gianni, davvero un'ottima sintesi!
Concordo assolutamente, Paolo, de Broglie è stato fondamentale per tutti.
Un Nobel indiscutibilmente meritato.
A questo punto trovo inderogabile che il Professore , con l'aiuto del club dei Maghi, spieghi nel modo più semplice possibile la disuguaglianza di Bell che non è accessibile a tutti ma che definisce in pieno l'essenza della Quantistica.
caro Leandro... con questo caldo???!!!
In effetti, dovrei essere altruista e concedere ai maghi così quantizzati il piacere di descrivere l'esperimento che ha risposto ai dubbi di Albertino. Vediamo... in ogni modo un po' di pazienza (renderlo semplice non è semplice... )
Per farsi un’idea, a mio avviso, questo video (tratto da un seminario) mi sembra abbastanza semplice
https://www.youtube.com/watch?v=VYuVIWzuzHA
Paolo
Il video citato da Paolo è corredato di 26 diapositive scaricabili in PDF. Vale la pena di vederle. Consiglio anche di consultare i due articoli molto interessanti di Enzo ( di marzo e ottobre 2015 ) che si collegano all'argomento.
Certo che trovare efficaci analogie per spiegare in modo semplice una cosa così inquietante è una sfida molto attraente, nonostante il caldo (non locale)...
Operare delle ulteriori semplificazioni (limitandosi, ovviamente, agli aspetti qualitativi) mi sembra una bella sfida..
Intanto, nel mio piccolo, mi limito a linkare il materiale citato da Maurizio:
http://www.lnf.infn.it/edu/incontri/2014/slides/Mercoledi8/Bassi.pdf
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/03/26/particelle-intrecciate-e-il-tentativo-inutile-di-einstein-co-epr/
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/03/27/datemi-un-fotone-e-vi-intreccero-un-mondo-o-quasi/
segue
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/10/20/tu-chiamala-se-vuoi-intelligenza-io-preferisco-entanglement/
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/10/28/un-giochino-quantistico-alla-portata-di-tutti/
Paolo
Pensavo agli storni,e ai loro movimenti spettacolari,che hanno reso più facile il ragionamento di Ortega.In realtà è l'informazione che trasmette la luce che permette agli storni di guardarsi e guidarsi a vicenda.La luce è il filo del burattinaio che guida gli ucelli,e per estensione,che da movimento al tutto,facendo nascere,regolare e morire gli eventi.La luce con la sua informazione stratificata regola il movimento e l'evoluzione di un fenomeno.Mi sembra quasi che essa sia il tempo sotto mentite spoglie.
Grazie a tutti i colleghi sempre pronti ed efficaci!
Caro Gianni,
stiamo attenti ai giochi inattesi e un po' perfidi della luce. Essa è l'unica informazione dell'Universo, ma proprio quando si inizia a giocare duro (velocità relativistiche) ci fa vedere e fotografare fenomeni diversi da quelli che misureremmo se ne fossimo in grado. Qual è, allora, la realtà???? E cosa ne sappiamo realmente?
Per istinto,al 04/07/2017,la realtà è che essa non esiste,almeno come monolite concettuale.Ogni essere vivente e forse non,non può che percepire quello che sente,il suo simile più vicino già percepisce cose diverse.È realtà anche il sogno,l'immaginazione perché anchesso esiste e ci condiziona.È realtà anche il falso,perché la maggior parte dell'umanità(tanto per rimanere tra noi)ha agito ed agisce attraverso input non veri,costruiti sul niente o sul poco,eppure diventa concreto anche il falso diventando vero.A tutt'oggi l'evento quando finisce sparisce,anche noi viventi.Come scrisse l'autore dell'Amleto:"è tutta una recita",con un copione di cui noi non abbiamo coscienza.Alla fine per dirla con Quasimodo :"Ognuno è solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera"
Aggiungo il seguente link, relativo ai recenti risultati, nel 2016, di un esperimento molto interessante.
https://www.google.it/amp/s/www.wired.it/amp/121807/scienza/energia/2016/02/23/surrealismo-risolve-enigma-meccanica-quantistica/
https://youtu.be/nN3BWe4LanQ
Dopo avere guardato quell'interssante sito suggerito da Maurizio,suggerisco io un indirizzo you tube che credo sia uno dei più didatticamente riusciti tra i filmati proposti,è di Sassoli Bianchi e parla del principio di indeterminazione di Heisemberg e di non località poi spiega con logica facile ma precisa l' EPR.
Caro Maurizio risulto sempre più affascinato da questo tuo racconto. Caro Enzo, per rifarmi ad un tuo commento su un qualcosa che dicevo io, credo proprio che Gianni sia la persona giusta per poter, anche involontariamente , scoprire un qualcosa. Caro Gianni i tuoi commenti prendono molto e spesso anche più dell'articolo stesso, con tutto il profondo rispetto per chi scrive nel Circolo. Il tuo intreccio tra ragionamenti scientifici, commenti istintivi ma molto sensati, aspetti psicologici e , letteralmente, poetici, creano l'ambiente giusto per riflettere a mente libera ed andare veramente là dove nessuno è giunto prima.
Sono colpito da ciò che scrive Mario per quello che scrivo.Ti ringrazio Mario,sei molto buono con una mente disordinata e anche invadente,specialmente paragonata alla stragrande maggioranza dei nostri amici del circolo,che sono persone preparate e più istruite di me.Sono fortunato,come spesso quelli che osano senza troppi pregiudizi,ma anche consapevole che spesso,come si dice da noi,mi capita di "fare la pipì fuori dal vaso".
Caro Gianni sono io che ringrazio te, comunque, senza stare a fare troppi convenevoli, non puoi sapere quanto sei in buona compagnia per quello che riguarda l'impreparazione, il buttarsi comunque nel comprendere e nel commentare e così via. Per ciò che mi riguarda "fare la pipì fuori dal vaso" mi capita sovente ma mi butto e rischio perchè mi è comunque di stimolo all'affascinarmi al Mondo, alla Scienza, alla Comprensione, alla Vita.
Cari Gianni e Mario,
i vostri commenti non sono mai fuori dal vaso e sempre graditissimi... un fiore all'occhiello di questa oasi nel web nella quale ci si può esprimere con la massima serenità!
Prova ne è che vengono tollerati anche PapalScherzone e Oreste Pautasso (e dico poco...)